Mangia di stagione: interessante iniziativa della Provincia di Roma

Vi siete mai chiesti perché la frutta estiva è ricca d’acqua e quella invernale è più asciutta? Semplice: perché se quella estiva fosse asciutta si surriscalderebbe, mentre se quella invernale fosse ricca d’acqua gelerebbe.Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 004Non manca inoltre un’importante ragione nutrizionale, come vedremo al termine di questa premessa, necessaria per inquadrare la questione: come gran parte degli Italiani della mia generazione provengo da una famiglia di antiche origini contadine. Gli ultimi furono i miei nonni paterni: tra il Polesine e il Delta del Po si occupavano di agricoltura ed allevamento di bovini e anguille sino alla devastante alluvione del 1951, quando vendettero le terre e si ritirarono. Ma le tradizioni rimasero ed io, pur essendo nato in epoca successiva, ricordo che in concomitanza delle festività natalizie una delle prelibatezze era “l’uva di Natale”, bianca e decisamente dolce a causa dell’appassimento. Da quel momento e fino a settembre di uva non se ne parlava più. In primavera arrivavano a rotazione fragole, nespole, albicocche, ciliegie, fino all’apoteosi di pesche, meloni, angurie, lamponi, more e mirtilli, questi ultimi invero presenti tutto l’anno poiché opportunamente conservati venivano usati anche in cucina. Si chiudeva con pere, fichi, noci e uva, per passare a castagne, mele, arance e cachi.
Onnipresenti datteri, banane, ananas e frutta secca ma avocado, mango, tamarindo e via tropicando chi li ha mai visti sino ai primi anni Settanta?
Di pomodori e melanzane in inverno nemmeno a parlarne; cetrioli si, ma conservati in aceto e spezie all’uso tedesco. Crauti quanti ne volevamo: freschi in stagione, bianchi e rossi, in salamoia durante il resto dell’anno insieme con conserve di verdure miste sottaceto e barattoli di salsa di pomodoro. Le insalate, infine, marcavano le stagioni con i loro colori: il tarassaco – da noi detto pissacan – nelle sue progressionii di verde da marzo a ottobre, consumabile crudo e successivamente cotto; le lattughe, la riccia, la rucola sino al rosso del radicchio di Chioggia o di Treviso, o al bianco di quello mantovano.
Menzione speciale infine per la rucola, erba povera e spontanea sdoganata come si dice ora nelle preparazioni della cucina pseudopopolare riscoperta dall’intellighenzia ecochic degli anni Settanta. Quando mia nonna leggeva di certe ricette immancabilmente commentava con un “I g’ha scoverto l’acqua in canal” che sapeva di vetriolo…CC 2015.09.13 Mangia di stagione 001Oggi andiamo al supermercato ed in ogni momento dell’anno troviamo qualunque cosa, peraltro dalle provenienze più disparate.
Paleontologi ed archeologi fissano in 10mila anni fa la fine del Paleolitico con l’introduzione di agricoltura e allevamento presso alcune società euroasiatiche.
Ma ancora oggi tali pratiche non sono universalmente condivise: Pigmei, Boscimani, Indios amazzonici, Semang malesi vivono tuttora di quanto la natura offre loro spontaneamente. Per essere più precisi resistono all’apparentemente inesorabile avanzata delle società agricole e industrializzate. Il fatto che, ancora oggi, riescano a sopravvivere di sola caccia e raccolta significa che in determinate circostanze ambientali ciò rappresenta uno stile di vita efficiente: se la natura offre spontaneamente del cibo, perché compiere sforzi per procacciarsene altro?
Alle nostre latitudini, dove la natura è stata piegata dall’Uomo per sottostare alle sue esigenze, possiamo ancora trovare numerose specie vegetali selvatiche adatte all’alimentazione. Il loro numero è però in rapida diminuzione in ragione della costante perdita di biodiversità, dovuta principalmente alle logiche di mercato dell’agricoltura intensiva e al sacrificio di interi ecosistemi a favore di aree antropizzate.
La questione sembra apparentemente slegata dalla nostra quotidianità, e invece la nostra stessa esistenza è strettamente dipendente dalla biodiversità.
E così ho anch’io pronunciato il mantra catastrofista tanto caro a chi dovrebbe avere a cuore le sorti del pianeta, nonché i mezzi per potersene occupare salvo non andare oltre il blabla dei proclami e dei convegni…KL Cesec CV 2014.03.04 Ambiente maneggiare con curaIn ogni caso e come sempre le chiacchiere stanno a zero ma i numeri parlano chiaro: dall’anno 1900 ad oggi il 75% delle varietà vegetali è andato perduto, i tre quarti delle risorse alimentari mondiali dipendono da sole 12 specie vegetali e 5 animali e delle 75.000 specie conosciute solo 7.000 vengono usate in cucina. Delle 8.000 varietà censite in Italia nel 1899 ne sono rimaste 2.000.
Dalla fine della II Guerra Mondiale ad oggi delle 400 specie di grano esistenti il 90% sono scomparse. E che dire delle mele? Oltre un migliaio di antiche varietà ha ceduto il passo nell’80% dei casi a 4 varietà: due americane, una australiana e una neozelandese. Lo stesso vale per i pomodori: delle 300 cultivar commercializzate solo 20 sono autoctone. Stessa solfa per le altre solanacee, le cucurbitacee, i legumi e via elencando.
Il nostro Paese, con 57.000 specie animali, pari a un terzo di quelle europee, e 5.600 specie floristiche (il 50% di quelle europee) il 13,5% delle quali endemiche ha un patrimonio biodiverso fra i più importanti. Bene: 138 specie, il 92% delle quali animali, sono a rischio di estinzione a causa del consumo del suolo che erode gli habitat naturali, ed in ragione dell’intensificazione dei sistemi di produzione agricola. L’Italia, capeggiata dalla Lombardia, con il 43,8% di superficie coltivata è il Paese europeo con la maggior estensione di aree agricole. Ma l’abbandono dei sistemi tradizionali e naturali in favore di quelli industriali, l’impiego di sostanze chimiche dannose per il territorio, la logica della crescita infinita stanno abbattendo drasticamente il numero delle specie esistenti e, di quelle rimanenti, le qualità nutrizionali.
La delocalizzazione produttiva, nella quale noi italiani non siamo secondi a nessuno avendo da gran tempo acquisito direttamente o attraverso holding multinazionali immense estensioni di aree nel Sud del mondo, contribuisce inoltre a dare il colpo di grazia alla biodiversità.KL-Cesec - Supermercato - OrtofruttaLe nostre abitudini alimentari, rapportate a quelle dei nostri genitori e dei nostri nonni, sono state rivoluzionate nell’ultimo quarantennio attraverso il mutamento dello stile di vita, le aumentate disponibilità di cibo ed i trattamenti di raffinazione industriale: siamo le prime generazioni della storia ad avere il problema dell’obesità e del diabete sin dalla più tenera età.Cesec-CondiVivere 2014.12.03 Zingari 003Lo sviluppo delle produzioni intensive, delle monocolture e l’evoluzione delle capacità di trasporto hanno comportato che le disponibilità agroalimentari ci consentano di avere in ogni periodo dell’anno qualsiasi prodotto o perché coltivato in serra o perché proveniente da Paesi a stagioni rovesciate rispetto alle nostre.
I prodotti vengono però raccolti con largo anticipo rispetto alla loro disponibilità al banco, e la loro maturazione e conservazione avvengono spesso durante lo stoccaggio ed il trasferimento, non di rado grazie all’impiego di prodotti potenzialmente tossici.
Tutto questo si tramuta in un maggior costo:

  • economico, in quanto il prodotto deve ripagare dei maggiori investimenti compiuti per realizzarlo fuori stagione, per conservarlo o per farlo giungere da lontano fino al nostro Paese;
  • ambientale, in quanto si ha un dispendio di energia e un maggiore sfruttamento di risorse naturali (ad esempio il gasolio usato per riscaldare le serre);
  • nutrizionale, perché ogni tipo di frutta o verdura nasce, indipendentemente dalla volontà umana, per rinfrescare d’estate e riscaldare d’inverno. Pomodori e cetrioli, per esempio, sono tipicamente estivi per tale ragione, mentre carciofi e verze sono tipicamente invernali per la ragione opposta.

Per rieducare ad un consumo alimentare responsabile, salutare ed ecosostenibile l’Assessorato alle Politiche dell’Agricoltura della Provincia di Roma ha promosso una lodevole iniziativa diffondendo un simpatico volumetto di 34 pagine, dal titolo La stagionalità dei prodotti agricoli nella provincia di Roma.CC 2015.09.13 Mangia di stagione 002Di agevole consultazione e gradevolmente illustrato descrive mese per mese i prodotti stagionali, concludendosi con un interessante capitolo sulle conserve e con uno di utili indicazioni che aiutano a consumare prodotti quanto più possibile sani e ricchi dei loro nutrienti naturali. Il volume è scaricabile in formato pdf a questo indirizzo.
Pur esulando dall’argomento della stagionalità, accenno in chiusura alla questione della filiera corta: le sue caratteristiche consentono rispetto della stagionalità, migliore qualità e freschezza del prodotto; l’assenza di intermediari permette inoltre un più adeguato compenso degli addetti, spesso schiacciati dalle politiche della grande distribuzione.

Alberto C. Steiner

Sharing economy: una pericolosa “alternativa”.

A fronte di 90mila italiani che affittano per brevi periodi la propria casa evitando così di essere costretti a saltare le rate del mutuo, duemila Bed & Breakfast accetterebbero di essere pagati con un baratto senza presentare il conto agli ospiti.
E se centinaia di migliaia di persone abbattono le spese di viaggio del 75% caricando in auto passeggeri che non conoscono, sette milioni di persone nel mondo dormono gratuitamente in casa d’altri al posto di pagare un albergo. Numerosissime famiglie tedesche, invece di fare la spesa, consumano alimenti da altri ritenuti superflui,  risparmiando 400 euro mensili.Cesec-CondiVivere 2015.06.06 sharing economy pericolosa alternativa 001Ma non è finita: questi sono solo alcuni esempi della sharing economy, l’economia della condivisione che sta diventando il nuovo paradigma economico basato sullo scambio, sulla condivisione e sulla collaborazione che, secondo alcune stime, sembra valga almeno 110 miliardi di euro e sia in crescita del 25 per cento ogni anno.
È la tesi sostenuta da Gea Scancarello in Mi fido di te, libro edito da Chiarelettere che si definisce un viaggio nelle opportunità create dai nuovi network che offrono servizi legati all’economia collaborativa. Il tutto raccontato direttamente da chi ha provato house sharing, carpooling, social eating, foodsaving e via condividendo.
Concordo sul fatto che, nel pieno della crisi che attanaglia sistemi produttivi e consumatori, l’economia dello scambio contribuisca a ripensare il capitalismo in una logica redistributiva, nella quale i costi si trasformano in risorse e le persone possono riappropriarsi di occasioni economiche e sociali.
Ma, a parte il fatto che sarebbe stato bello leggere questo libro in italiano invece che infarcito di inutili anglicismi, in tutto devono esserci dei limiti. Primi fra tutti la propria integrità, ovvero il proprio Spazio Sacro, e la consapevolezza che non tutto ciò che viene contrabbandato come alternativo è oro che luccica. Mi spiego: questo modello ci porta a diventare accattoni credendo di essere fuori dal coro, ci fa smarrire il senso del lavoro e della sua dignità, non ci fa alzare la mattina determinati a costruire perché qualcosa comunque accadrà.
Ovvero: non preoccupiamoci se il nostro diritto al lavoro verra’ gradualmente smantellato, del resto il lavoro è pena, costrizione e sfruttamento e, mettendo insieme un po’ di reddito di cittadinanza e un po’ di elemosina barattata in giro, dovremmo riuscire a sfangare la fine del mese.
E poi io, scusate, ma non mi fido di uno che non solo non so come guida, non so se e come sia assicurato e non so infine se nel portabagagli trasporti un quintale di fumo.
E se i gestori di B&B vogliono svilire la loro professionalità regalando il soggiorno in cambio… in cambio di che? Dormo due notti e gli ridipingo le pareti? Ma figuriamoci, loro dimostrano di non valorizzare adeguatamente la risorsa imprenditoriale sulla quale hanno investito, e io in compenso so di non valere nulla come imbianchino.
Trovo che questo libro, al di là delle buone intenzioni, sia un inno al pressapochismo ed alla mancanza di professionalità ma, se decidiamo di vivere in una comune o in una setta di matrice orientaleggiante dove la condivisione è totale abbiamo fatto bingo. Peccato che gli hippies siano morti di vecchiaia e di stenti, tranne i più furbi che son diventati guru, e siano rimasti solo gli straccioni con la presunzione di insegnare agli altri come essere alternativi.
Oltretutto seguendo il percorso indicato nel libro si fa il gioco del potere più bieco, quello che oggi non è più neppure capitalista ma iperfinanziario, che vuole una massa di beoti non pensanti, amorfi, privi di iniziativa e massificati in ogni senso verso il basso come i negri (sissignori, ho scritto negri: consultare il Devoto-Oli) ridotti a vivere in attesa degli aiuti umanitari. L’iniziativa, signori, non consiste nello svegliarsi la mattina per andare a cercare la carità mascherata da new economy. Da delettare, libro e modello.

Lorenzo Pozzi

L’Expo che verrà: ci sarà da mangiare…

Però riguardo alla luce tutto l’anno nulla sappiamo… Inaugurazione dell’Expo di Milano prevista per il primo maggio prossimo: 130 paesi partecipanti e centinaia di aziende si daranno appuntamento per riflettere e pianificare il futuro dell’alimentazione, con l’obiettivo di nutrire il pianeta, focalizzandosi sull’asse principale del diritto ad un’alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti gli abitanti della Terra.Cesec-CondiVivere 2015.03.26 Expo 002Così dicono gli slogan, ma sarà la verità? Sui media leggeremo resoconti, ma difficilmente affidabili visto che molti di questi saranno profumantamente pagati dagli stessi organizzatori di Expo. Il nostro parere, per usare un garbato eufemismo, è che i presagi non sono buoni.
Anzitutto sarà l’Expo delle multinazionali. E non potrebbe essere diversamente. Basta scorrere l’elenco dei partecipanti per capire come dietro allo slogan nutrire il pianeta si celi lo stesso clan che da decenni il pianeta lo affama o lo (mal)nutre di cibo di dubbia qualità e di sicura insostenibilità ambientale. Pensiamo solo al fatto che anche McDonald’s sarà presente a Expo come espositore e come sponsor, ed alle altre grandi firme già in prima fila: Barilla, tramite la propria fondazione Barilla Center for Food & Nutrition, si occuperà addirittura di coordinare i lavori per la stesura del protocollo mondiale sul cibo, insieme di linee guida per la produzione sostenibile di cibo per il pianeta. Come chiedere all’oste se il vino è buono…
Ma Expo ha siglato anche una partnership con Nestlè che, attraverso la controllata San Pellegrino, diffonderà 150 milioni di bottiglie di acqua con la sigla Expo in tutto il mondo; l’impronta ecologica di ogni litro di acqua in bottiglia è da 200 a 300 volte più impattante di quella del rubinetto, non ci pare quindi una grande idea sponsorizzare un’ulteriore crescita dei consumi di plastica.
Nestlè inoltre, per chi non lo sapesse, promuove da qualche anno l’istituzione di una Borsa per l’acqua, strutturata esattamente come quella del petrolio. In pratica, come andiamo da tempo sostenendo, la borsa della sete, suscettibile addirittura di innescare conflitti armati per l’appropriazione di questo bene irrinunciabile. In parte già avviene a Chicago.Cesec-CondiVivere 2015.03.26 Expo 001E veniamo agli sponsor. Poiché Expo significa visibilità numerose multinazionali hanno donato grandi quantità di denaro all’organizzazione. Tra queste Ferrero con 3,8 milioni di euro, Coca-Cola con 6 mlioni e un contributo del 12% per ogni lattina venduta nel suo padiglione, Nestlè-San Pellegrino 5 milioni di euro, Illy 4,7 milioni e persino Martini con 1,2 milioni, in quanto è noto che gli aperitivi costituiscono un ottimo metodo per smorzare i morsi della fame, soprattutto nel terzo mondo. Non poteva mancare l’ineffabile Coop, che ha speso più di tutti: 12,4 milioni di euro per aggiudicarsi la qualifica di Official Food Distribution Premium Partner. Mica pizza e fichi, la qualifica consente di allestire all’interno dell’ambito fieristico uno spazio espositivo denominato Il supermercato del futuro.
Quanto alla comunicazione si sa, giornali e televisioni puttane sono, puttane restano e da puttane si comporteranno. Ce n’è per tutti: 5 milioni di euro per mamma Rai, 2 a Feltrinelli, 850mila euro a Mondadori, mezzo milione a Corriere della Sera e Repubblica, poco meno per Ansa, e poi a scendere Mediaset, Tm News, Il Sole 24 Ore, Il Foglio, Il Giorno. Seguono altri in ordine sparso, e non siamo al Giro d’itaGlia, senza dimenticare che 55 milioni sono già stati asssegnati a vari media nazionali in una operazione che puzza palesemente di investimento mirato a comprare un miglioramento nell’immagine di Expo dopo i tanti scandali. Giusto per dovere di cronaca: non è stata indetta nessuna gara d’appalto.
E con questo il rigore giornalistico nel denunciare eventuali nuovi scandali nell’organizzazione è garantito. Possiamo stare sereni.Cesec-CondiVivere 2015.03.26 Expo 003La grancassa mediatica ha sempre parlato, addirittura, di 100mila posti di lavoro. Si, come il milione di quelli berluscoidali… addirittura 102mila secondo una ricerca dell’Università Bocconi. A quanto pare gli unici ad aver trovato da lavorare durante l’Expo sono coloro che hanno accettato di farlo gratis: un esercito di oltre 16mila volontari, rimborsati con un buono pasto al giorno. E qui, ci dispiace dirlo, ma chi vuol esser schiavo sia…
Gli assunti regolari da parte dell’organizzazione sono solamente 793, con contratti a termine per la durata della fiera e con salari tra i 400 e i 500 euro mensili.
Però qualche vantaggio l’Expo lo ha comunque portato, alle imprese che hanno cementificato selvaggiamente, infierendo l’ennesimo colpo al già devastato territorio lombardo: 1.700.000 metri quadri di superficie per gli stand, 2.100.000 per strutture di servizio e supporto sull’area ex Alfa Romeo di Arese, opere ricettive per un fabbisogno stimato di 124.000 posti letto al giorno, realizzazione della terza pista a Malpensa e collegamento diretto Malpensa-Fiera, parcheggi presso il sito Expo e in corrispondenza di nuovi centri di interscambio, nuove tangenziali per Milano, Pedemontana e BreBeMi per complessivi 11 miliardi di investimenti per progetti già completati o in corso di realizzazione. Un’immane opera di smantellamento del patrimonio agricolo lombardo, destinata a segnare per secoli quella che un tempo era una delle pianure più verdi d’Italia.
Però ci saranno il laghetto circondato da prati e un nuovo naviglio che farà assomigliare tutto alla Venezia di Las Vegas. Non è vero: a tutt’oggi pare che il lago non vedrà mai la luce, mentre per quanto riguarda i nuovi navigli si stanno ancora cercando i soldi.
Se, inoltre, a un soggetto come Vittorio Sgarbi sono stati versati quasi due milioni per imprecisati progetti culturali, alla bolognese Best Union, strettamente collegata a Comunione e Liberazione è stata attribuita la vendita in esclusiva dei biglietti on-line. Ovvio, senza gara… ma che domande fate?
Per quanto riguarda il magistrato Raffaele Cantone, nominato come commissario straordinario anticorruzione quando i buoi erano già scappati, ha certificato anche grazie alla collaborazione della DNA, l’antimafia, come ben 46 aziende collegate alla malavita, 32 delle quali affiliate alla vera padrona di Milano, la ‘ndrangheta, siano riuscite ad aggiudicarsi appalti per oltre 100 milioni di euro.Cesec-CondiVivere 2015.03.26 Expo 004E se è vero che i posti di lavoro direttamente creati dall’Expo saranno solo una manciata e mal retribuiti pare però che migliaia ne arriveranno dall’indotto, tra bar, hotel, cooperative di costruzione, eccetera e sino alle immancabili slot. Sarà… fatto sta che per ora l’unico settore che incrementerà i propri guadagni sarà quello della prostituzione. Secondo un’inchiesta del Corsera saranno addirittura 15mila le professioniste del sesso a pagamento che sbarcheranno a Milano per allietare le pause dei milioni di turisti previsti per l’evento. E anche in questo caso, ovviam,ente, ci sarà lo zampino della malavita.
Bene, questo è quanto. Sono alcuni anni che ne parliamo, per la precisione da quando Milano presentò la propria candidatura. Siamo stati trattati da cinici e retrogradi profeti di sventura, esattamente come il mondo della politica e degli affari ha trattato i vari comitati territoriali che si sono opposti all’Expo.
E parliamoci chiaro: associazioni, comitati di quartiere, centri sociali, intellettuali (quelli non mancano mai) non servono più a niente. Dovevano svegliarsi prima, rischiando e battendosi come hanno fatto i Valsusini contro la TAV, non secondo la protesta alla milanese: a chiacchiere e spritz da Radetzky o al Rosmarino.

Alberto C. Steiner

Consapevolmente autosufficienti: vivere in piccoli borghi ci salverà dal Medioevo prossimo venturo.

Inizio citando Nietzsche: “Non vuoi oggi salire su un alto monte? L’aria è pura e puoi scorgere più mondo che mai”.
Attraverso lo sfaldamento delle identità locali e dei sentimenti nazionali parrebbe che l’Unione Europea stia attuando una strategia mirata a costituire una Paneuropa feudale propugnando simboliche eurocentriche: Euro, bandiera, passaporto, Inno alla gioia eletto ad inno europeo, passaporto e Stati artificiali.
Taluni sostengono come tale processo sia iniziato nel 1990 con la disintegrazione della ex-Yugoslavia e che sia tuttora evidente in Belgio, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna  e persino in Italia attraverso l’ascesa dei partiti autonomisti.
A me tutto questo, detto molto semplicemente, non interessa.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 FioreDa quando sono salito sulla cima del monte iniziando a respirare aria pulita, a camminare più lentamente – perché in montagna bisogna prestare attenzione alle asperità del terreno – ed a vivere di ciò che mi è necessario e mi fa stare bene, ho compreso quante siano le sovrastrutture che ammorbano l’esistenza umana. Tra queste l’eccessiva attenzione al giudizio, alle vicende politiche, al timore di complotti, all’identificarci in ciò che facciamo piuttosto che in ciò che siamo, cadendo nel tranello di individuare nel diverso, chiunque esso sia, un nemico per crederci migliori esorcizzando così le nostre paure più o meno ancestrali, ma soprattutto quella di non piacerci, di non accettarci, di essere abbandonati da soli di notte nella foresta. Questa è spazzatura, creata non da un Grande Vecchio ma dal basso per il basso.
Secondo me non vanno mai dimenticate le battute scambiate nel film Guardie e ladri tra Aldo Fabrizi, brigadiere dei Carabinieri, e Totò, ladro, durante un inseguimento a piedi:

Fabrizi: Fermati altrimenti ti sparo!
Totò: Non puoi … puoi sparare solo per legittima difesa: io non offendo.
Fabrizi: E allora sparo in aria a scopo intimidatorio!
Totò: E io non mi intimido.

Ecco… E’ anche per tale ragione che ho scelto di rivoltarmi come un calzino per seguire la mia Visione piuttosto che lasciarmi condizionare dai metodi di asservimento delle masse, dalle scie chimiche, dai vari deliri d’impotenza e dall’anestesia del lamento.
Limitandomi all’aspetto professionale, questo percorso mi ha portato a credere nella realizzazione di villaggi ecosostenibili e comunità coresidenziali, nel ridare vita a borghi e territori abbandonati: campo ugualmente, anzi meglio di prima perché incontro desideri, sogni, sorrisi e vibrazioni sintoniche con la mia Energia.
Diventare consapevoli, o risvegliati per usare un termine oggi tanto trendy, significa altresì essere coscienti che il peace&love ed il politicamente corretto ad ogni costo sono merce d’accatto, buona per ottundere le coscienze ed impedire che qualcuno osi alzare la testa dal trogolo. Ma soprattutto che non siamo tutti uguali: c’è chi dorme o è morto, credendo però di essere sveglio e vivo e, in difetto di drastici cambiamenti che devono promanare dall’interno, non potrà in un futuro più o meno prossimo che ingrossare le schiere di quella che sarà un’imponente massa vagante alla deriva, mossa ormai solo da pulsioni primordiali. Tra queste la ricerca del cibo.

Si vis pacem…
Desidero citare un vecchio libro, Il Medioevo prossimo venturo scritto da Roberto Vacca, che nel 1970 ipotizzò un’improvvisa regressione della civiltà umana, dovuta al blocco tecnologico e all’esplosione demografica, tali da costringere l’umanità a ritornare a forme di vita e di lotta simili a quelle medioevali.
Curiosamente, nel 1989 uscì un libro dal titolo identico, che lessi e che mi colpì molto: autore uno statunitense sul quale non sono riuscito a recuperare notizie, sembra quasi che non sia mai esistito…Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Medioevo prossimo venturoLa tesi sostenuta è che a causa del depauperamento dissennato delle risorse non rinnovabili in tempi compatibili con l’esistenza umana – in ragione dell’utilizzo massiccio che le tecnologie ne avrebbero richiesto – nonché della deforestazione e dell’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, la terra non avrebbe più potuto sfamare i suoi abitanti nonostante, anzi proprio in conseguenza, del massiccio ricorso agli organismi geneticamente modificati poiché avrebbero reso definitivamente sterili molte specie ed improduttivo il suolo.
Le risorse alimentari si sarebbero vieppiù ridotte, diventando privilegio di pochi, le città si sarebbero trasformate in bolge infernali sempre più pericolose e sempre meno vivibili, e le campagne sarebbero state percorse da vere e proprie bande di predoni decisi ad assalire chiunque possedesse cibo, di qualunque natura esso fosse. All’occorrenza anche umana.
L’umanità avrebbe dovuto fare i conti con una delle più ataviche fra le paure: la fame.
L’autore ipotizzava inoltre due fenomeni che si stanno puntualmente verificando: lo scioglimento progressivo dei ghiacciai e l’innalzamento del livello degli oceani, rendendo inabitabili non solo città costiere, ma anche insediamenti lontani dal mare sino ad altitudini non trascurabili: per quanto riguarda l’Italia, secondo tale previsione non solo città come Genova, Napoli, Palermo e Venezia avrebbero cessato di esistere, ma anche Firenze, Milano, Pavia, Rovigo. La sicurezza avrebbe potuto essere conseguita a partire dai 400 metri di altitudine.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Venezia sommersaA quel punto gli esseri umani avrebbero avuto un’unica possibilità di sopravvivenza: riunirsi in piccoli insediamenti autosufficienti sotto il profilo energetico ed alimentare, sfruttando le risorse del territorio ed acquisendo la capacità di difendersi da eventuali attacchi.
Libro profetico, tranne che per i tempi ipotizzati: le prime avvisaglie sono già presenti in tutta la loro evidenza.
Come salvare noi, le nostre famiglie, la nostra serenità da tutto questo? La risposta esiste. Si chiama condivisione, cohousing, rispetto del territorio, utilizzo selettivo e responsabile delle risorse. Non fra trenta, cinquanta o cento anni ma ORA. Perché oggi siamo di fronte ad un’opportunità irripetibile: quella di crescere interiormente rivedendo la scala dei bisogni reali e presunti, mentre la decrescita alla quale volenti o nolenti siamo costretti può contribuire a riqualificare i rapporti tra le persone.
Oggi esiste anche una possibilità, che non so se ed in quale misura potrà presentarsi domani: scegliersi serenamente e con tranquillità fra simili per decidere chi avere come vicini, come coabitanti del nostro futuro ecovillaggio.
Tutto questo non potrà, a mio avviso, prescindere da una chiave, non solo di lettura: quel piccoli insediamenti autosufficienti di cui ho scritto sopra. Autosufficienti e, piaccia o meno, in grado di difendersi. Credo che questa sorta di neofeudalesimo, per certi aspetti somigliante ad un neomonachesimo, probabilmente non avrà più i caratteri che abbiamo studiato sui libri di storia; magari sarà un Federalesimo o un Consorzianesimo, insomma un’alleanza fra borghi, villaggi, territori, comprensori. Ma soprattutto fra Persone che avranno scelto l’autodeterminazione, grazie alla profonda consapevolezza ed alla capacità di sentire con il cuore di quelli che immagino saranno gli abitanti dei borghi sorti dal recupero di insediamenti abbandonati.
Essi terranno certamente in alta considerazione la cultura dell’accoglienza del viandante ma, mi permetto di suggerire, senza dimenticare le parole di Cromwell: “Abbiate fiducia in Dio e nel prossimo, ma tenete asciutte le polveri”.

Alberto C. Steiner

Solo catastrofismo?
Non saprei dire se Madre Terra sia irritata, per non dir di peggio, da tutte le nefandezze che stiamo combinando ma di certo sta cambiando faccia: la crosta terrestre si sta muovendo sotto i nostri piedi e in varie parti del mondo si stanno aprendo nel suolo fenditure lunghe chilometri e larghe decine di metri.
Le placche terrestri sono uscite da un’era di relativo stallo geologico e si stanno spostando abbastanza rapidamente, una inevitabile trasformazione che stiamo vivendo e che ha già causato devastanti terremoti.
Più in particolare i movimenti della placca Indo-Australiana stanno provocando l’affondamento di Bangladesh, Pakistan e di gran parte dell’Indonesia; conseguentemente, la placca Pacifica si sta spostando verso ovest ed il Sud America sta iniziando a propria volta a migrare verso occidente: lo dimostrano le fenditure nella crosta terrestre osservate in Cile, Bolivia, Perù.
Il Nord America spingerà sulle placche di Cocos, di Nazca e su quella Caraibica, determinando terremoti, eruzioni vulcaniche e tsunami in tutto il Centro America; uno di proporzioni devastanti è previsto che avvenga nella regione della New Madrid Fault Line e se ciò accadrà, oltre a svilupparsi uno tsunami che si espanderà verso l’Europa,  si verificherà anche lo spostamento della placca Africana verso sud e verso ovest, con relative conseguenze nel bacino Mediterraneo.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Italia innalzamento acquePropongo un link interessante: http://quakes.globalincidentmap.com/ e questa cartina, che rappresenta l’Italia allorché il livello del mare si sarà innalzato di circa 60 metri, come previsto in seguito ad uno tsunami europeo.
Ma, giusto per stare tranquilli, è inoltre previsto che il livello delle acque marine si elevi di ulteriori 200 metri nell’arco dei due anni successivi. ACS

Polli con 4 cosce? Gina Lollobrigida li produceva nel 1968

Che la salvezza sia nell’utopia condita da humor, in questo caso nero,  perché permette di fluttuare sugli oceani della massificazione? Forse… e chissà che non costituisca addirittura un paradigma etico, in un contesto dove “la perversione sessuale costituisce l’unica via di fuga possibile” come afferma Giulio Questi: regista, scrittore, ex-partigiano, attore nel film La dolce vita e sceneggiatore Giulio Questi, bergamasco classe 1924, che nel 1968 diresse il film La morte ha fatto l’uovo.Cesec CV 2014.07.23 La morte ha fatto l'uovo 001Un dramma noir stupefacente, a suo tempo pesantemente censurato  e successivamente dimenticato, incentrato sulla figura dei protagonisti: Anna e Marco. Lei una navigata e conturbante Gina Lollobrigida, ricca imprenditrice nel settore del pollame e lui, un complesso Jean Louis Trintignant, di qualche anno più giovane, dirigente d’azienda con il vizietto di inscenare a pagamento l’accoltellamento di prostitute.
La coppia, apparentemente felice, vive in una sontuosa villa ospitando la bella e giovane cugina di lei: Gabri, interpretata da Ewa Aulin, che naturalmente ha una relazione con Marco e, contemporaneamente, con un consulente pubblicitario dal gusto tamarro fissato con l’idea di far fuori la ricca imprenditrice ed il marito per mettere le mani sull’azienda. Ma le cose non andranno esattamente come preventivato…
Nel complesso un ottimo thriller psicologico, con atmosfere degne del miglior Dario Argento, agghiacciante nel proporre situazioni folli ed inserito nell’Italia del boom, post-moderna, impersonale e alienata. Architetture futuristiche in vetro e acciaio, motel automatizzati, l’azienda di polli un mostro metallico senza più operai rendono l’immagine di in un mondo psicotico e straniante dove si consumano orrori personali: la follia è nelle macchine ma la mano è quella dell’uomo con tutto il campionario di debolezze, perversioni, regressioni, repressioni e vizi.
Perché parliamo di questo film dimenticato? Perché le macchine che macinano e distribuiscono mangine, i rulli che conducono le uova, migliaia e migliaia di galline che becchettano rumorose e ritmiche in mangiatoie di metallo tenute costantemente sveglie da una stimolazione musicale a ritmo di Samba portano direttamente al laboratorio dove chimica e genetica sono al servizio del profitto creando polli con quattro cosce e mangimi alterati nella loro composizione genetica. A nostro avviso solo un genio poteva parlare di OGM mezzo secolo fa.
In un’intervista il regista Questi affermò: “Erano gli anni del boom economico, l’industrializzazione era una marea montante che travolgeva tutto, un inno al futuro, un frenetico impacchettamento di prodotti, senza distinzione tra inanimato e animato. I prodotti ancora vivi gridavano di terrore e di dolore. I grandi allevamenti di polli ne erano un simbolo. Ogni pollo era un uomo, ogni gallina una donna, ogni pulcino un bambino. Su di loro si costruiva la ricchezza. E su tutto trionfava l’uovo, bianco, liscio, perfetto, con la vita chiusa dentro. La perversione sessuale rimaneva l’unica via di fuga possibile“.
La scena finale costituisce a nostro avviso un cult e un monito: Jean Luis Trintignant scivola nel tritacarne che serve a preparare il becchime, ed i suoi resti sbriciolati vengono mangiati dalle galline.
Fine del film: pipì, caffè, sigaretta e brivido lungo la strada di casa, presi dalla consapevolezza che oggi ci siamo. Oggi è così che funziona.

Anima in Cammino

Solo attraverso profondi cambiamenti individuali il nostro Paese potrà rinascere

Stiamo vivendo un momento assolutamente particolare, forse unico: c’è chi dedica le proprie energie a diffondere una cultura delle regole, chi si impegna nella difesa dell’ambiente, chi si mobilita nel volontariato, chi affronta la fatica di un periodo di lavoro o di studio all’estero o semplicemente impara una lingua straniera in più, magari il cinese, il russo, l’arabo.CC 2014.04.30 Rinascere 001Nel segno di un’Energia nuova e pulita sono tante le riforme dal basso che ciascuno di noi può avviare da subito, e costituiscono un antidoto alla lagnanza, alla rassegnazione, al senso di impotenza che non è mai nelle cose ma dentro di noi. Sono quell’impotenza, quella rassegnazione che respiriamo oggi in Italia nell’attesa sempre delusa di grandi cambiamenti, svolte, catarsi collettive, rinascite nazionali. Che dovrebbe essere sempre qualcun altro ad attuare.
Questo aticolo nasce sulla scia di interessanti scritti pubblicati recentemente dal sito partner Consulenza-Finanziaria.it argomentando di competitività estera e di malcostume delle aziende nostrane, oltre che di gestione del credito bancario.
Iniziamo accennando al tanto vituperato cuneo fiscale che fa occupare al nostro Paese un posto niente affatto invidiabile nella classifica Ocse ma che, senza entrare nella disamina dei numeri – per quella basta leggere i siti del Sole 24 Ore e dell’Istat – è comunque inferiore a quelli tedeschi o francesi. Pertanto se Germania e Francia sono più competitive dell’Italia sui mercati mondiali non è certamente in ragione delle tasse sul lavoro.
Non a caso tiriamo in ballo la Germania, oggi da noi nuovamente nel mirino di una propaganda strumentale, che non esitiamo a definire sconcia, tendente a spostare l’attenzione dai problemi veri per raccattare voti nell’imminenza delle elezioni europee.
Per comprendere da dove deriva la minore competitività del nostro Paese rispetto ai due concorrenti bisogna considerare i dati della produttività per addetto, e prima di tutto nelle aziende manifatturiere, cioè quelle globali per definizione. Qui i dati parlano da soli: la produttività manifatturiera per occupato è pressoché identica in Germania e Francia ed è vicina ai 65mila euro. In Italia è pari a 48mila, inferiore di circa un quarto.ALSTOM TRANSPORT CORADIA MERIDIAN FITTING IN SAVIGLIANI , ITALYE la differenza non dipende dal fatto che i francesi sono bravi a fare treni e tram ed i tedeschi auto e frigoriferi, beni a tecnologia intermedia o elevata, e gli italiani lo sono a fare scarpe e cravatte, cioè beni tecnologicamente semplici.KL Cesec CV 2014.04.30 Consapevolezza e cambiamento 003KL Cesec CV 2014.04.30 Consapevolezza e cambiamento 002Se osserviamo attentamente l’intero settore manifatturiero ci accorgiamo che le produttività tedesca e francese sono quasi sempre più elevate rispetto alla nostra, per esempio in uno dei settori tipici del Made in Italy: tessile, abbigliamento e calzature, tradizionalmente considerato a più bassa produttività rispetto alla media economica europea. Ma in Germania e Francia la produttività annua per occupato è pari rispettivamente a 43 e 46mila euro, mentre da noi siamo a 33mila. Quindi inferiore del 25% circa. Come nel resto dell’economia.
Questa premessa per dire che, visto dal nostro Paese, il mondo appare immenso e fa paura. E’ un mondo che sta cambiando a velocità inaudita, nel quale sono entrati di prepotenza nuovi protagonisti ben più grandi di noi, dove antichi equilibri si sono alterati, gerarchie di potere improvvisamente stravolte, in cui nuovi pericoli incombono, mentre sfide e problemi mai incontrati prima chiedono una soluzione.
E’ già accaduto che per provincialismo, miopia e furbizia dei nostri attori politici ed imprenditoriali l’Italia sia arrivata impreparata di fronte a grandi svolte, perdendo tempo prezioso, e sta per accadere di nuovo: se non saremo pronti ad intuire gli scenari del futuro, se non sapremo valutare la direzione del cambiamento nelle tendenze di lungo periodo, rischieremo di prendere una volta di più le decisioni sbagliate.KL Cesec CV 2014.04.30 Consapevolezza e cambiamento 004Tanto è vero che invasione è la parola più usata dagli attuali predicatori dell’Apocalisse prossima ventura: invasione di immigrati clandestini, di prodotti cinesi, di capitali stranieri che ci colonizzano. E non ci accorgiamo che tutto ciò che temiamo è in realtà già accaduto.
Sia chiaro, di fronte ad ogni cambiamento la paura è legittima perché le grandi novità spaventano, possono nascondere delle incognite e il riflesso più spontaneo è difendersi. O negare il cambiamento.
Ma qual è esattamente la natura dei pericoli che ci minacciano? E qual è il modo per difenderci attaccando, per vincere la sfida senza accontentarci semplicemente di limitare i danni?
Imprenditori illuminati (ne esistono anche da noi) ed osservatori dell’Impero di Cindia possono tentare di rispondere a queste domande offrendoci punti di vista nuovi e in un certo senso rivoluzionari: le scelte da fare non riguardano solo governi, classi imprenditoriali e dirigenti.
Riguardano prima di tutto la vita quotidiana di ciascuno di noi, che inevitabilmente si ripercuote nelle famiglie e nelle imprese, di qualunque dimensione esse siano.
Siamo noi che, con maturata consapevolezza, impegno civile, consumi responsabili, andiamo in cerca, anzi costruiamo, il nostro futuro. Detto in altri termini: è solo attraverso una profonda revisione dei nostri modelli produttivi, di consumo, sociali che possiamo agire per scuotere i sistemi politico e produttivo.
Ma se continuiamo a lamentarci attribuendo a chicchessia la responsabilità dei nostri fallimenti e del nostro non andare avanti, non solo resteremo al palo, ma inevitabilmente ci attende una regressione: economica, sociale, delle coscienze.
Non ci sono alternative: o ci risvegliamo da quello che alcuni hanno definito sonno verticale, aprendoci ad un mondo nuovo, dove il punto di riferimento non è più il pil bensì la decrescita più o meno felice, un nuovo approccio alla qualità della vita, o saremo già morti senza saperlo.KL Cesc CV 2014.04.30 Consapevolezza e cambiamento 005Ed i cimiteri che potremo visitare saranno alla portata di chiunque avrà occhi per vedere e cuore per sentire: autobus e metropolitane, centri commerciali, le strade dove passeggeranno torme di zombies.
Dall’insieme delle decisioni individuali, decentrate, che ciascuno di noi compie ogni giorno possono nascere gli innumerevoli stimoli che possono spingere il nostro Paese all’ormai indifferibile cambiamento.

Alberto C. Steiner

Table: siamo ciò che mangiavamo

Cosa mangiavano i nostri antenati? Cosa mangiamo noi e, attraverso l’apparentemente semplice atto del mangiare, chi siamo? Ce lo racconta Table, una mostra, anzi una grande installazione artistica, realizzata dall’Assessorato alle Politiche Culturali in collaborazione con Wood*ing che dal 12 aprile all’8 giugno occuperà la sala esposizioni dell’Arengario di Monza.KL Cesec CV 2014.04.08 Table 001Spreco alimentare, agricoltura familiare, migliori pratiche di nutrizione e biodiversità saranno i temi affrontati.
L’ingresso è gratuito, come i numerosi laboratori esperienziali a tema. Ne elenchiamo alcuni fra i più interessanti: Dal seme al pane, laboratorio di panificazione artigianale con lievito madre per bambini a partire dai 6 anni; Piante spontanee in cucina, per imparare ad apprezzare e cucinare quello che la natura ci offre stagionalmente; Annusiamo! laboratorio sensoriale sulle erbe per bambini a partire dai 3 anni; La cucina sostenibile, per imparare ad utilizzare in cucina scarti di frutta e verdura; Tisane, balsami e oleoliti, per imparare l’uso delle piante aromatiche e officinali per il benessere personale. Sono previste inoltre visite guidate a cascine della zona.KL Cesec CV 2014.04.08 Table 002Wood*ing nasce dalle  passioni di Valeria Margherita Mosca: la natura, l’esplorazione e il cibo attraverso l’indagine delle biodiversità e le mutevoli caratteristiche del territorio.
Valeria ha scelto di vivere tra montagne e boschi per avere la possibilità di studiare la natura e le sue infinite possibilità in materia di scienze alimurgiche, etnobotanica e tradizioni. Riconoscendo la l’etnogeografia  come fondamento gastronomico raccoglie con rispetto ciò che è disponibile stagionalmente, esplorando così il nostro ambiente commestibile e le materie prime spontanee della nostra regione.KL Cesec CV 2014.04.08 Table 003Indagando le potenzialità nutrizionali e organolettiche, i metodi di raccolta e d’uso, di cottura e di conservazione include nel suo ambito d’interesse anche i prodotti artigianali che ci parlano della storia culinaria della nostra terra e dei metodi di lavorazione nei tempi passati. Attraverso ingredienti semplici, freschi e spontanei, si generano così sapori che parlano delle nostre origini e del nostro ambiente, creando non solo un concetto di cucina ma anche un vero e proprio modo d’essere nuovo, che ci collega a questo luogo e al nostro tempo.

Anima in Cammino

Rieccoli: dopo Sanremo ritorna il Treno Verde

Se è giunto alla sessantaquattresima edizione il Festival di Sanremo, non vediamo ragione perché non debba accadere anche per il Treno Verde, quest’anno alla sua ventiseiesima passerella su e giù per le vie (ferrate) dello Stivale.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 002La campagna di Legambiente e Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane dedicata al rilevamento dell’inquinamento atmosferico e acustico, pensata per informare, sensibilizzare e promuovere tra i cittadini le buone pratiche per una mobilità sostenibile ed affidata ad un treno di quattro vetture (età media 30 anni) è partita il 13 febbraio da Palermo e, dopo aver toccato Cosenza, Potenza, Caserta, Roma, Pescara e, domani e dopodomani Ancona, giungerà a Verona dove il convoglio non verrà attestato a Porta Nuova, bensì nella ben più intima Porta Vescovo. Il 20 marzo stazionerà infine a Milano Porta Garibaldi per concludere il tour, passando prima da Varese, a Torino dove potrà essere visitato dal 25 al 27 marzo.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 001Durante le tappe il Treno Verde, grazie alla mostra interattiva ospitata a bordo dei suoi rotabili, incontrerà studenti, cittadini e amministrazioni per promuovere la qualità dei territori, l’innovazione nei centri urbani e l’attenzione negli stili di vita.
Il ministero dell’Ambiente, che si è recentemente aggiunto la specifica …e della Tutela del Territorio e del Mare (manca l’Aria ma ne comprendiamo la ragione; volete mettere, non sia mai qualcuno si metta a declamare cose turpi tipo: Ministeri di Terra, del Mare e dell’Aria!…) sostiene Treno Verde perché, come afferma il suo attuale titolare pro-tempore: “Riteniamo che sia un’iniziativa che diffonde un’idea di sostenibilità, dal punto di vista della mobilità, della produzione di energia e del modo in cui si vive il territorio, che corrisponde all’impostazione che abbiamo cercato di dare nel corso di questi mesi e che guarda all’Italia come a un Paese che ce la può fare se rivede profondamente il suo modello di sviluppo e se affronta la grande questione ambientale come un’occasione di modernizzazione” e, blablando chiosa circa l’importanza dell’accordo di programma sottoscritto per il bacino padano: “Accordo di grande importanza sul fronte delle emissioni, dell’attività agricola e dei trasporti, di cui abbiamo già siglato la prima tranche con le regioni interessate. Ora, è molto importante passare alla seconda fase dell’accordo di programma sull’inquinamento da Pm10 perché lì credo si debba affrontare il nodo della mobilità sostenibile e di come guardare al nuovo ciclo dei finanziamenti Ue, che partono quest’anno, come a un’occasione per sostenere il passaggio verso la mobilità sostenibile in particolare dalla gomma al ferro“.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 003Come opporre obiezioni a cotanta ecobanalità?
L’amministratore delegato di Ferrovie Italiane, per non essere da meno dichiara: ‘‘Il nostro sostegno alla campagna del Treno Verde diventa ogni anno sempre più convinto perché tutti i dati e i riscontri oggettivi confermano che la ferrovia è sempre più il fulcro irrinunciabile di una mobilità pubblica moderna e sostenibile. Guardiamo, ad esempio, al sistema delle Frecce, alla crescita esponenziale di viaggiatori registrata in pochi anni“.
Eh certo, grazie al sistema delle frecce… non fa niente se, per pagare gli spropositati costi delle infrastrutture ad alta velocità si sta lasciando andare in malora la ferrovia dei comuni mortali e la sua manutenzione, e non fa niente se la frequentazione delle frecce, in ragione delle tariffe e ad onta delle promozioni, è ormai sotto il 44%, e si sta sempre più sviluppando la concorrenza aerea.
Però, sempre secondo l’ineffabile Moretti all’uopo intervistato da La Repubblica: “Stiamo dimostrando che, laddove ci è data possibilità di esprimere in pieno le nostre capacità e potenzialità, i benefici per l’ambiente, per l’economia e per il turismo, sono incomparabili. Nel 2013 i 42 milioni di passeggeri che hanno preferito le Frecce all’auto privata o all’aereo hanno consentito di abbattere di oltre un milione di tonnellate le emissioni di Co2 nell’ambiente. E l’effetto positivo si dilata nelle città, grazie alle sinergie che stiamo incentivando con mezzi di trasporto privato, condiviso e pubblico a basso impatto ambientale“.
Come no, la città di Reggio Emilia, per esempio, ha visto grazie alla nuova stazione un’impennata tale di visitatori che non sa più dove metterli… NTV dal canto suo, si proprio quella di Italo, ha scoperto invece di avere un buco di 76 milioni e sta per chiedere ammortizzatori sociali per evitare licenziamenti. Della serie, i profitti me li pappo, i problemi li scrollo addosso alla collettività nella miglior tradizione dell’imprenditoria nazionale. Anche questo è inquinamento…KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 004Ma vediamo com’è fatto il Treno Verde. Premesso che l’ingresso è gratuito e ci mancherebbe, la prima vettura è dedicata al tema della mobilità sostenibile, dal trasporto su ferro alla mobilità elettrica, dall’urbanistica all’intermodalità, passando per le zone a traffico limitato, le piste ciclabili e le zone 30.
Alla città è invece dedicata la seconda carrozza, all’interno della quale l’allestimento è stato pensato per raccontare un’urbanistica che risponde alle esigenze dei cittadini e dell’ambiente.
Tema centrale della terza carrozza sono gli stili di vita: in questo vagone saranno forniti tanti piccoli accorgimenti per essere cittadini attenti e più smart. Ad esempio verrà spiegato come isolare l’abitazione per renderla efficiente, come fare una spesa sostenibile, come tenere sotto controllo i consumi domestici e, soprattutto, come differenziare e riciclare i rifiuti.
La quarta vettura, infine, è un vero e proprio parco urbano perché la città, secondo Legambiente, è più verde se con spazi pubblici attrezzati che consentono di passare il tempo libero, e non solo quello, respirando aria pulita o coltivando orti, riappropriandosi di tutti quegli spazi verdi spesso lasciati all’incuria e all’abbandono.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 005Se ci gira, e se non abbiamo cose più importanti da fare, il 20 facciamo un salto a Porta Garibaldi…

Malleus

Contro la fame… a Natale 440mila tonnellate di cibo nella spazzatura

2013 anno europeo contro lo spreco alimentare? Certo, infatti tra natale e capodanno solo in Italia 440mila tonnellate di cibo sono finite nella spazzatura. Evviva.KL-Cesec - Presepe spazzaturaSecondo i dati diffusi da Food We Want, campagna contro lo spreco alimentare promossa dall’Istituto Oikos, le famiglie italiane hanno buttato letteralmente nell’immondizia l’equivalente di 50 euro per un totale di 1,32 miliardi di euro. In pratica, acquistiamo una quantità eccessiva di alimenti che non mangiamo e che poi buttiamo via sotto forma di avanzi, nonostante trasmissioni televisive, libri, siti web trabocchino di consigli e trucchi contro gli sprechi e per spendere bene il denaro, iniziative per aiutare chi ha più bisogno. Ma paradossalmente, specialmente se si pensa alla crisi economica con la quale da anni ci troviamo a convivere, invertire questa tendenza sembra tutt’altro che semplice. La realtà è che, nonostante le esortazioni ad assumere stili di vita ecosostenibili, attenti al portafogli ed al rispetto per il pianeta, continuiamo ad acquistare molto più di quanto consumiamo.
Il periodo natalizio…
… è quello in cui si spreca di più rispetto al resto dell’anno, e non consumare il cibo gettandolo nei rifiuti significa, oltretutto, sprecare risorse naturali sempre più preziose: pensiamo soltanto che per produrre un chilo di carne bovina servono 15mila litri d’acqua, per non parlare di quanti potrebbero beneficiare di quel cibo – un terzo di quello prodotto nel mondo viene perduto – degli 870 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame.
Ma non di solo cibo…
… In pattumiera finiscono anche migliaia di tonnellate di carta, plastica, vetro ed ogni sorta di materiali. Neanche a dirlo, specialmente durante le appena trascorse festività gli imballaggi hanno fatto la parte del leone: nastri, pacchi e fiocchi, lustrini e nastrini che si sono aggiunti a vecchi elettrodomestici, eliminati per far posto a quelli nuovi, divani e persino porte e scaldabagni. Con buona pace dei luoghi appositamente realizzati per il conferimento dei rifiuti speciali.
Siamo un paese di ecocompatibilai, da noi si contano a migliaia i Rambo dell’antispecismo militante e le Anna Howard Shaw dell’antiqualcosa, ma fino a quando non ci tocca alzare il fondoschiena, caricare in macchina le nostre schifezze e conferirle al punto di raccolta, e persino i comuni di seimila abitanti ne possiedono uno: allora ci prende la tetraparesi…
Indulgo ad un breve ricordo personale…
… Abitavo da poco in uno dei punti più belli del Naviglio, in quegli anni non ancora diventato un luna-park. Dalle finestre di casa vedevo il ponte di via Corsico e, d’infilata, il Vicolo Lavandai. Magico, specialmente alla sera. Ma una notte di settembre mi svegliai… avevano fatto “l’asciutta”, vale a dire il prosciugamento del canale per la rituale pulizia. E fu così che il mio sguardo potè commuoversi alla vista di un televisore, una lavatrice, una bici e di quel che restava di un divano.
Secondo Legambiente…
… in Italia la quota di raccolta differenziata di rifiuti urbani è del 27,5 per cento (42% al Nord, 20% al Centro, 12% al Sud) e con un po’ di buona volontà i sacchetti di spazzatura indifferenziata che invadono le nostre città potrebbero diminuire insieme al fabbisogno di discariche.
Un recente sondaggio Ipsos-Comieco ha rivelato che otto italiani su dieci fanno regolarmente la raccolta differenziata, il problema però è che molti non la fanno nel modo corretto. I buoni propositi ci sono ma, se si sbaglia a dividere i materiali, risultano poco efficaci. Un caso tipico riguarda i sacchetti di plastica: spesso usati per trasportare carta e vetro fino ai contenitori condominiali o stradali, finiscono nel cassonetto insieme a loro. Altro errore comune riguarda le confezioni in cui si mescolano cartone, plastica e, a volte, parti metalliche. Ogni elemento dovrebbe essere separato dagli altri e buttato in contenitori diversi. Un esempio: la confezione di una banale lampadina (rifiuto speciale) è costituita da carta e platica termosaldata, che dovrebbero essere separate.KL-Cesec - Brontolo e PuffoA mio parere non servirà proprio a nulla…
… il decreto 205/2010 entrato in vigore proprio il giorno di natale, che commina maxisanzioni per chi abbandona rifiuti in strada o li butta in fiumi o mari elevando le multe sino a 3mila euro. Nessuna legge serve se non c’è la volontà interiore di rispettarla, in questo caso vale a dire la consapevolezza e la determinazione di non voler vivere in un letamaio.
La nuova legge, recependo la direttiva comunitaria 2008/98, si propone di creare, nell’ambito di una società europea del riciclaggio, il Pinpas, Piano nazionale di prevenzione dei rifiuti, il cui gruppo di lavoro si riunirà per la prima volta il prossimo 5 febbraio, che sarà dichiarato Giornata Nazionale contro lo Spreco Alimentare.
Alè, altro tavolo, altra commissione, altre chiacchiere… In casa nostra le celebrazioni non mancano mai, quando basterebbe invece soltanto un poco di buon senso e la consapevolezza che non esistiamo solo noi ma, si sa, fa più figo farsi vedere in piazza con cartelli, palloncini e sonagli per poi mandare la foto agli amici di Facebook.
Dai, prima di concludere…
… facciamo un ripasso delle regole da seguire per la raccolta differenziata; sono certo che sarà letto avidamente.
Carta
Qui vanno depositati carta, cartone, cartoncini, giornali, riviste, sacchetti, scatole, quaderni, libri e, in alcuni comuni, il tetrapak. Vanno nell’indifferenziata, invece, i tovaglioli e qualsiasi altro tipo di carta sporca o con residui di cibo. Occhio agli scontrini: sono carta chimica e devono finire, anche loro, nell’indifferenziata.
Plastica
E’ il posto per contenitori, pellicole, imballaggi, sacchetti della spesa, vaschette, flaconi, bottiglie e tappi. No a bicchieri, piatti e posate usa e getta. I pezzi voluminosi andrebbero schiacciati e i residui sempre eliminati.
Vetro
E’ la palestra dell’ardimento, a causa di tappi, etichette, corone. La raccolta del vetro varia da comune a comune. In alcuni si segue il metodo multimateriale con plastica e metalli, in altri il monomateriale talvolta con la distinzione tra vetro bianco e colorato. Si possono gettare bottiglie, bicchieri, barattoli, contenitori. Tutto, ovviamente, in vetro. No a specchi, lampadine, ceramiche e porcellana, che potrebbero andare nell’indifferenziata anche se sarebbe meglio portarle negli ecositi comunali.
Metallo
Acciaio, alluminio, barattoli, lattine, scatolette, tubetti, coperchi, tappi, bombolette, vaschette vengono spesso raccolti o con la plastica o con il vetro.
Elettrodomestici
A parte, sottoscala, vicoli più o meno bui, strade, piazze, parchi ed alvei dei fossi, vale a dire i luoghi dove questi rifiuti vengono oggi reperiti in maggior misura, le norme prevedono tre possibilità: portarli negli ecositi comunali, farli ritirare dal comune previo accordo telefonico, consegnarli al rivenditore al momento dell’acquisto di un modello equivalente.
Ed eccoci a pile, farmaci, lampadine
Non vanno buttati nell’indifferenziata ma, pile e farmaci, negli appositi contenitori in strada, nei supermercati o nelle farmacie. Le lampadine vanno invece portate negli ecositi o consegnate ai commercianti quando si acquista un’altra lampadina.
Giocattoli
Apoteosi del dopo natale… vanno nell’indifferenziata dopo aver tolto eventuali batterie.
Organico
Sorprendente: non tutti i comuni lo prevedono. Comprende avanzi di cibo, scarti alimentari, sacchetti biodegradabili, terriccio, legno non trattato, foglie e rifiuti simili, fondi di caffè e the (una menzione particolare per i sacchetti filtro: vanno separati dal contenuto).
Io odio la raccolta differenziata…
… afferma il Puffo brontolone nell’immagine a corredo di questo scritto, mentre il vecchio Brontolo alza sconsolato lo sguardo al cielo. Forte della sua esperienza di minatore e uomo dei boschi sa bene come evitare la raccolta differenziata: non buttando ma riciclando.
La raccolta differenziata è stata un’invenzione encomiabile ma ci siamo mai chiesti quanto risparmieremmo, in termini  di denaro, inquinamento, consumo del suolo e delle risorse se riciclassimo tutto ciò che può essere riutilizzato? No, forse no: non siamo ancora diventati abbastanza poveri per pensarci.

Malleus