L’Expo che verrà: ci sarà da mangiare…

Però riguardo alla luce tutto l’anno nulla sappiamo… Inaugurazione dell’Expo di Milano prevista per il primo maggio prossimo: 130 paesi partecipanti e centinaia di aziende si daranno appuntamento per riflettere e pianificare il futuro dell’alimentazione, con l’obiettivo di nutrire il pianeta, focalizzandosi sull’asse principale del diritto ad un’alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti gli abitanti della Terra.Cesec-CondiVivere 2015.03.26 Expo 002Così dicono gli slogan, ma sarà la verità? Sui media leggeremo resoconti, ma difficilmente affidabili visto che molti di questi saranno profumantamente pagati dagli stessi organizzatori di Expo. Il nostro parere, per usare un garbato eufemismo, è che i presagi non sono buoni.
Anzitutto sarà l’Expo delle multinazionali. E non potrebbe essere diversamente. Basta scorrere l’elenco dei partecipanti per capire come dietro allo slogan nutrire il pianeta si celi lo stesso clan che da decenni il pianeta lo affama o lo (mal)nutre di cibo di dubbia qualità e di sicura insostenibilità ambientale. Pensiamo solo al fatto che anche McDonald’s sarà presente a Expo come espositore e come sponsor, ed alle altre grandi firme già in prima fila: Barilla, tramite la propria fondazione Barilla Center for Food & Nutrition, si occuperà addirittura di coordinare i lavori per la stesura del protocollo mondiale sul cibo, insieme di linee guida per la produzione sostenibile di cibo per il pianeta. Come chiedere all’oste se il vino è buono…
Ma Expo ha siglato anche una partnership con Nestlè che, attraverso la controllata San Pellegrino, diffonderà 150 milioni di bottiglie di acqua con la sigla Expo in tutto il mondo; l’impronta ecologica di ogni litro di acqua in bottiglia è da 200 a 300 volte più impattante di quella del rubinetto, non ci pare quindi una grande idea sponsorizzare un’ulteriore crescita dei consumi di plastica.
Nestlè inoltre, per chi non lo sapesse, promuove da qualche anno l’istituzione di una Borsa per l’acqua, strutturata esattamente come quella del petrolio. In pratica, come andiamo da tempo sostenendo, la borsa della sete, suscettibile addirittura di innescare conflitti armati per l’appropriazione di questo bene irrinunciabile. In parte già avviene a Chicago.Cesec-CondiVivere 2015.03.26 Expo 001E veniamo agli sponsor. Poiché Expo significa visibilità numerose multinazionali hanno donato grandi quantità di denaro all’organizzazione. Tra queste Ferrero con 3,8 milioni di euro, Coca-Cola con 6 mlioni e un contributo del 12% per ogni lattina venduta nel suo padiglione, Nestlè-San Pellegrino 5 milioni di euro, Illy 4,7 milioni e persino Martini con 1,2 milioni, in quanto è noto che gli aperitivi costituiscono un ottimo metodo per smorzare i morsi della fame, soprattutto nel terzo mondo. Non poteva mancare l’ineffabile Coop, che ha speso più di tutti: 12,4 milioni di euro per aggiudicarsi la qualifica di Official Food Distribution Premium Partner. Mica pizza e fichi, la qualifica consente di allestire all’interno dell’ambito fieristico uno spazio espositivo denominato Il supermercato del futuro.
Quanto alla comunicazione si sa, giornali e televisioni puttane sono, puttane restano e da puttane si comporteranno. Ce n’è per tutti: 5 milioni di euro per mamma Rai, 2 a Feltrinelli, 850mila euro a Mondadori, mezzo milione a Corriere della Sera e Repubblica, poco meno per Ansa, e poi a scendere Mediaset, Tm News, Il Sole 24 Ore, Il Foglio, Il Giorno. Seguono altri in ordine sparso, e non siamo al Giro d’itaGlia, senza dimenticare che 55 milioni sono già stati asssegnati a vari media nazionali in una operazione che puzza palesemente di investimento mirato a comprare un miglioramento nell’immagine di Expo dopo i tanti scandali. Giusto per dovere di cronaca: non è stata indetta nessuna gara d’appalto.
E con questo il rigore giornalistico nel denunciare eventuali nuovi scandali nell’organizzazione è garantito. Possiamo stare sereni.Cesec-CondiVivere 2015.03.26 Expo 003La grancassa mediatica ha sempre parlato, addirittura, di 100mila posti di lavoro. Si, come il milione di quelli berluscoidali… addirittura 102mila secondo una ricerca dell’Università Bocconi. A quanto pare gli unici ad aver trovato da lavorare durante l’Expo sono coloro che hanno accettato di farlo gratis: un esercito di oltre 16mila volontari, rimborsati con un buono pasto al giorno. E qui, ci dispiace dirlo, ma chi vuol esser schiavo sia…
Gli assunti regolari da parte dell’organizzazione sono solamente 793, con contratti a termine per la durata della fiera e con salari tra i 400 e i 500 euro mensili.
Però qualche vantaggio l’Expo lo ha comunque portato, alle imprese che hanno cementificato selvaggiamente, infierendo l’ennesimo colpo al già devastato territorio lombardo: 1.700.000 metri quadri di superficie per gli stand, 2.100.000 per strutture di servizio e supporto sull’area ex Alfa Romeo di Arese, opere ricettive per un fabbisogno stimato di 124.000 posti letto al giorno, realizzazione della terza pista a Malpensa e collegamento diretto Malpensa-Fiera, parcheggi presso il sito Expo e in corrispondenza di nuovi centri di interscambio, nuove tangenziali per Milano, Pedemontana e BreBeMi per complessivi 11 miliardi di investimenti per progetti già completati o in corso di realizzazione. Un’immane opera di smantellamento del patrimonio agricolo lombardo, destinata a segnare per secoli quella che un tempo era una delle pianure più verdi d’Italia.
Però ci saranno il laghetto circondato da prati e un nuovo naviglio che farà assomigliare tutto alla Venezia di Las Vegas. Non è vero: a tutt’oggi pare che il lago non vedrà mai la luce, mentre per quanto riguarda i nuovi navigli si stanno ancora cercando i soldi.
Se, inoltre, a un soggetto come Vittorio Sgarbi sono stati versati quasi due milioni per imprecisati progetti culturali, alla bolognese Best Union, strettamente collegata a Comunione e Liberazione è stata attribuita la vendita in esclusiva dei biglietti on-line. Ovvio, senza gara… ma che domande fate?
Per quanto riguarda il magistrato Raffaele Cantone, nominato come commissario straordinario anticorruzione quando i buoi erano già scappati, ha certificato anche grazie alla collaborazione della DNA, l’antimafia, come ben 46 aziende collegate alla malavita, 32 delle quali affiliate alla vera padrona di Milano, la ‘ndrangheta, siano riuscite ad aggiudicarsi appalti per oltre 100 milioni di euro.Cesec-CondiVivere 2015.03.26 Expo 004E se è vero che i posti di lavoro direttamente creati dall’Expo saranno solo una manciata e mal retribuiti pare però che migliaia ne arriveranno dall’indotto, tra bar, hotel, cooperative di costruzione, eccetera e sino alle immancabili slot. Sarà… fatto sta che per ora l’unico settore che incrementerà i propri guadagni sarà quello della prostituzione. Secondo un’inchiesta del Corsera saranno addirittura 15mila le professioniste del sesso a pagamento che sbarcheranno a Milano per allietare le pause dei milioni di turisti previsti per l’evento. E anche in questo caso, ovviam,ente, ci sarà lo zampino della malavita.
Bene, questo è quanto. Sono alcuni anni che ne parliamo, per la precisione da quando Milano presentò la propria candidatura. Siamo stati trattati da cinici e retrogradi profeti di sventura, esattamente come il mondo della politica e degli affari ha trattato i vari comitati territoriali che si sono opposti all’Expo.
E parliamoci chiaro: associazioni, comitati di quartiere, centri sociali, intellettuali (quelli non mancano mai) non servono più a niente. Dovevano svegliarsi prima, rischiando e battendosi come hanno fatto i Valsusini contro la TAV, non secondo la protesta alla milanese: a chiacchiere e spritz da Radetzky o al Rosmarino.

Alberto C. Steiner

Segni particolari: Cohouser

Il cohousing è la storia di un’utopia diventata realtà. Ha a che fare con il vivere insieme condividendo spazi e servizi con i vicini di casa: lavanderia e stireria, ludoteca, biblioteca, orto, giardino, palestra, mezzi di trasporto e chi più ne ha più ne metta pur mantenendo la dimensione privata nel proprio appartamento.Cesec-CondiVivere 2014.11.21 Identikit Cohouser 001L’idea non è così nuova per chi ha vissuto la ventata degli anni a cavallo tra i Sessanta e i Settanta, ma le neotribù attuali non sono certamente formate né da nipoti dei Figli dei Fiori né da idealisti newage che praticano comunione dei beni, amore libero con chitarre e cannoni, piuttosto da un panorama eterogeneo di single giovani e meno giovani, coppie senza figli e famiglie più o meno numerose, anziani in cerca di socialità.
E non si chiamano più comune o casa collettiva ma Cohousing, che sta a significare, per l’appunto, abitare insieme in modo organizzato, vivendo in edifici pensati o recuperati per più nuclei, scegliendosi i vicini di casa.Cesec-CondiVivere 2014.11.21 Identikit Cohouser 002Si abbattono i costi fissi di alcune aree perché uso e proprietà sono ripartiti su più persone, la convivenza intergenerazionale è facilitata e sono favoriti gli scambi di vicinato.
Altro valore forte il basso impatto: gli edifici sono pensati per consumare poco o addirittura pochissimo attraverso tecniche costruttive o ricostruttive che vanno sotto la denominazione di casa clima, casa passiva, bioarchitettura.
Abitare in cohousing vuol dire molte cose, una in particolare: ritrovarsi tra persone interessate a un modo comune di concepire la vita a partire dalla dimensione quotidiana; ogni gruppo fa storia a sè e il percorso intrapreso è sempre su misura.
Il cohousing è spesso anche ecovillaggio, e tante sono le ragioni per viverci, e non certamente protesta verso il sistema, sogno romantico, utopia ma, più semplicemente, una scelta razionale motivata a dare priorità nella propria vita ad aspetti quali il senso di comunità, l’ecologia, una dimensione più spirituale.
L’idea non è né recente né innovativa trattandosi della naturale evoluzione del villaggio tradizionale, dove l’essere umano durante gran parte della sua storia ha vissuto in armonia con la natura, non consapevolmente ma in quanto ciò rappresentava l’unica possibilità. L’ecovillaggio odierno è una comunità intenzionale di persone pienamente consapevoli di vivere remando in direzione contraria alla spinta degli ultimi bagliori della società consumista e indifferente alla violenza perpetrata nei confronti della Natura. Il sentimento di appartenenza ad una comunità viene da lontano, è innato nella natura umana. Per certi aspetti, non ci stancheremo mai di dirlo, gli abitanti di un ecovillaggio si preparano ad affrontare il medioevo prossimo venturo.Cesec-CondiVivere 2014.11.21 Identikit Cohouser 004La tecnologia, l’organizzazione sociale, la nascita delle metropoli, la corsa verso il successo individuale han dato l’illusione che il nuovo essere umano non avesse più bisogno dell’appoggio di una comunità, creando la spinta verso una vita sempre più individualista e solitaria. Evoluzione ben rappresentata dall’anonimo palazzone cittadino, dove un numero svariato di vite sono rinchiuse tra queste mura, cercando una nicchia di intimità dietro spesse porte blindate di appartamenti tutti uguali, ignorando completamente l’esistenza di vicini sovente visti solo come una molestia. La vita di comunità è l’opposto, è il compromesso di vivere in un gruppo, di solito non troppo numeroso in modo che tutti i membri si conoscano personalmente.
Alcuni ecovillaggi praticano la comunione dei beni, ma la vera essenza di comunità, più che nell’ottimizzazione dei beni materiali che ovviamente è ricercata, è esaltata nell’appoggio reciproco.
Un gruppo su cui contare vuol dire migliorare la qualità di vita, per esempio attraverso la cura condivisa dei bambini, la possibilità di facilitare e rendere più attraenti lavori comunitari, la creazioni di posti di lavoro all’interno della comunità. Inoltre la vita comunitaria è un costante stimolo alla crescita personale, poiché persone a stretto contatto quotidiano sono obbligate a confrontarsi su scelte in comune, a discutere, a parlare apertamente dei problemi che invariabilmente sorgono e questo migliora la comunicazione con gli altri e con se stessi ed aiuta a vedere con più chiarezza il nostro misterioso mondo inconscio. L’armonia della vita comunitaria si ripercuote conseguentemente nella cura dell’ambiente circostante. La concezione di tutela ambientale si attua prevalentemente tentando di produrre la maggior parte del cibo che si consuma, coltivando orti vicino alle case, affidandosi a energie rinnovabili, riducendo i consumi e limitando l’utilizzo delle automobili.
Pensiamo solo ai bambini, che in un ecovillaggio possono trascorrere le giornate scorrazzando per strade prive di auto, giocando nei giardini comuni, senza necessità della miriade di giochi che popolano la vita dei bambini cresciuti negli appartamenti.
Infine la spiritualità, che racchiude aspetti controversi in quanto storicamente fraintesa con la religione. La spiritualità è ben altro: accompagna in modo naturale il rallentamento dei ritmi e il contatto con la natura, poiché il materialismo non è sufficiente a saziare l’innata curiosità dell’essere umano.Cesec-CondiVivere 2014.11.21 Identikit Cohouser 003Il movimento degli ecovillaggi, infine, si associa spesso ad altri movimenti quali la permacultura o la decrescita, termini che in tanta gente evocano scenari di ristrettezze, di ritorno all’età della pietra e di rinuncia. Nulla di tutto ciò, significa semplicemente ricercare il benessere attraverso forme che prediligono l’armonia con la natura e l’ambiente, senza escludere il ricorso a risorse tecnologiche, a condizione che non siano impattanti o invasive.

Alberto C. Steiner

Agriasilo: i bambini? Mandiamoli a zappare!

Non stiamo apologizzando la riesumazione della pratica che nella miserrima Italia dei bei tempi andati, vale a dire negli anni successivi all’unità, imponeva che i minori, spesso anche di soli 6 o 7 anni, venissero utilizzati nei campi e nelle miniere, nei cantieri edili e nelle filature o nelle fabbriche finché quelli di sesso maschile sopravvissuti a incidenti, malaria, colera, scrofola, pellagra ed altre malattie crescessero il necessario per essere mandati a morire ammazzati nelle trincee della I Guerra Mondiale.Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 003No, stiamo pensando ai bambini odierni, a quelli che vivono nelle nostre città. Esclusi pochi fortunati che frequentano scuole sperimentali – il Trotter a Milano, per esempio – a parte sortite nei parchi, in qualche bosco o fattoria didattica, i bambini vivono rinchiusi dal mattino al pomeriggio in cubi di cemento dotati di un patetico giardino attrezzato con qualche gioco di plastica.Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 001Credono che i polli nascano tutto petto o tutta coscia, e che i mirtilli spuntino in un guscio di plastica nera cellofanata in una serra che si chiama supermercato, insieme con gli alberi degli ombrelli. E respirano quello che respirano.
Fortunatamente, oltre alla meritoria iniziativa chiamata Piedibus e della quale seguiamo attentamente gli sviluppi, esistono scuole materne ed elementari inserite in un contesto verde.
Ma anche gli asili si stanno attrezzando: stanno nascendo gli agriasili, asili a tutti gli effetti ma situati all’interno di un agriturismo. La differenza rispetto a un asilo tradizionale sta nel tempo che si passa all’aria aperta svolgendo tante attività come coltivare le piante, socializzare con gli animali e imparare a conoscere i ritmi dei contadini.
Neanche a dirlo: sono nati nel Nord Europa, in particolare in Danimarca, ed hanno conosciuto un’ampia diffusione in Svizzera. In italia, dopo una partenza in Trentino, Veneto e Piemonte, si stanno timidamente diffondendo e sono già un centinaio le strutture private censite.Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 005Possono essere considerati un’evoluzione della fattoria didattica e costituiscono ambienti educativi informali dove anche i più piccoli possono stare quotidianamente a contatto con la natura assimilando una cultura dell’attenzione alla qualità della vita e alla sostenibilità ambientale.
Persino i giocattoli, in un agrinido, si costruiscono con quello che si recupera dagli scarti: legno, cartone, stoffa e via di colla, forbici e fantasia!Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 006Si mangiano i prodotti locali, che (tenerezza!) gli stessi piccolini hanno contribuito a coltivare e, nel limite delle loro pasticciose possibilità, a preparare. Si vive vicino agli animali imparando a conoscerli e a rispettarli. In un agrinido i bambini si avvicinano progressivamente all’ambiente agricolo, interagendo quotidianamente con la natura e facendo esperienza nella coltivazione delle piante e nell’allevamento. Inventano storie che recitano al Teatro nella Natura e giocano nell’agriludoteca, un posto magico dove essi stessi realizzano giochi fantastici utilizzando esclusivamente prodotti naturali reperibili in loco.
L’agrinido è sempre più esplicitamente inserito nelle attività agricole previste dai piani di sviluppo rurale regionali e sta crescendo il riconoscimento delle finalità sociali delle fattorie, sostenute nelle loro iniziative per l’educazione anche con interventi economici per adeguare gli edifici ai rigidi standard stabiliti dalle normative nazionali per i servizi destinati alla prima infanzia.Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 002Questo significa che presso l’azienda agricola possono trovare allocazione micronidi, ma anche servizi integrativi e sperimentali per la prima infanzia e servizi di ludoteche oltre ai nidi in famiglia. Non è affatto trascurabile, inoltre, il fatto che i progetti di questo tipo aiutino aziende agricole e cascine a riciclarsi per affrontare la crisi economica in modo innovativo.
A questo punto il dado (bio) è tratto: se in campagna è facile, in città non è impossibile. E non solo nelle aree verdi periferiche come Vettabbia, Parco Sud, Forlanini, Lambro, Nord, Groane, Bosco in Città per citare alcune realtà milanesi. Anche in quartieri più centrali è tecnicamente possibile, dove esistono adeguate aree dismesse che non abbisognano di particolari bonifiche dei suoli poiché le precedenti attività non vi rilasciavano sostanze pericolose o nocive.
Un’ipotesi progettuale da non trascurare, suscettibile di dare verde, serenità, socialità e conoscenza ai più piccoli e creare opportunità di lavoro. Senza dimenticare che in un contesto di cohousing, sia esso urbano oppure di campagna o montano, un agrinido ci sta benissimo.Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 004Noi abbiamo deciso di pensarci seriamente. Questo scritto è solo la proposta di un’idea che possiamo sviluppare in modo diffuso: abbiamo l’opportunità di individuare strutture acquistabili a costi sensibilmente inferiori ai valori di mercato e possediamo le necessarie capacità progettuali, organizzative e di sostegno finanziario attraverso business angels, investitori, individuazione di sostegni pubblici agevolati.
Chi ha voglia di seguirci perché anche nella propria località di residenza nascano asili nell’orto o nel bosco?

Alberto C. Steiner

Agriturismo, anche no.

In ragione della mia attività professionale mi occupo di immobili ed appezzamenti di terreno suscettibili di essere interpretati nell’ambito di una visione agroalimentare, ricettiva, didattica o del cohousing rurale. Se fino a ieri non avevo alcuna ritrosia ad inventare soluzioni o progettare attività nel comparto agrituristico, oggi tendo a dissuadere clienti ed investitori che sento non particolarmente forti nell’intento dall’imbarcarsi in tale avventura, in particolare se neofiti e soprattutto se intendono acquistare un immobile ed un appezzamento di terreno appositamente per svolgerla.Cesec-CondiVivere 2014.10.08 Agriturismi anche no 002Non sono un benefattore e non vivo di prana, sia chiaro: semplicemente ritengo corretto non sottacere i rischi che inventarsi oggi tale lavoro comporta, soprattutto quello di essere costantemente presi a tirare la cinghia, non poter effettuare investimenti per restare al passo e quindi perdere terreno rischiando il fallimento. Preferisco consigliare altre opportunità, più remunerative del capitale investito e che consentano una maggiore serenità.
Non è più il tempo dello spontaneismo, bensì è piuttosto arrivato il momento delle attività polifunzionali riunite sotto lo stesso tetto da soggetti diversi, ciascuno con la propria specificità, sinergiche in un contesto pensato e progettato sulla base di una concreta analisi dei bisogni del territorio sul quale insisterà il nuovo insediamento. Ciò significa altresì che, se si vuole campare rivolgendosi al mercato, termine in un certo contesto assai vituperato ma unico giudice in grado di sentenziare se è possibile svolgere l’attività da tanto tempo sognata in modo da poterla sviluppare e consolidare, è più che mai necessario sceglierne con estrema attenzione l’ubicazione tenendo conto di numerosi fattori, in particolare di quelli logistici.Cesec-CondiVivere 2014.10.08 Agriturismi anche no 003Scrivevo il 28 febbraio scorso, in un articolo intitolato Come gestire una fattoria didattica, che secondo i dati Confcommercio-Confagri nel corso del 2013 sugli oltre 20mila agriturismi censiti ha cessato l’attività il 22% mentre il 16% risulta inoperante. Analizzando le aziende agricole in vendita giudiziaria ed i dati diffusi dalle numerose associazioni di categoria per superficie di terreno disponibile, tipo di coltivazioni o allevamenti, capacità ricettiva ed offerta di attività aggregate emergeva una constatazione: gli agriturismi che hanno chiuso erano prevalentemente alberghi di campagna con l’orticello, non aziende agricole che all’attività principale abbinavano la capacità ricettiva.
Poiché dal 2007 al 2012 la crescita degli agriturismi sembrava inarrestabile, ho voluto in quell’occasione riprendere un’indagine svolta da Agriturismo.it nel settembre 2012 su un campione di 310.000 persone e che aveva raccolto 2.778 risposte, rapportandola con una analoga svolta dall’Istat l’anno successivo, per sintetizzare un aspetto che si sta sempre più delineando nel mercato della ricettività agrituristica.
Per non appesantire il testo riporto esclusivamente i valori riferiti all’anno 2013, rimandando per nozioni più appprofondite ai siti agriturismo.it e istat.it .
Dal 53% degli intervistati l’agriturismo veniva percepito come un luogo dove trascorrere una o più notti piuttosto che come un ristorante con prodotti tipici, ed il 44% dei turisti rurali ricercava proprio l’ambiente familiare e l’ospitalità offerti dalle aziende agrituristiche. Nel 30% dei casi si ritenevano migliorate la percezione generale nei confronti dell’agriturismo e l’idea che potesse evolversi mantenendo lo spirito iniziale, pur se un preoccupante 34% lamentava menu banali e non legati al territorio ed il 24%, vale a dire quasi un quarto dei clienti, la poca chiarezza sui prezzi.
Tra le mete più gettonate calavano Toscana ed Umbria, rispettivamente dal 64% al 58% e dal 44% al 35% delle preferenze, mentre le altre restavano sostanzialmente invariate.
La crisi ha inciso sul 70% degli intervistati: nel 2007 il 69% andava in agriturismo almeno quattro volte l’anno, ma già nel 2009 solo il 54% dichiarava di soggiornarvi più di una volta, ed all’epoca dell’indagine lo faceva solo il 41 per cento, vale a dire che si è perso il 41% dei fruitori.
Nel frattempo si è elevata nel quinquennio l’età media degli agrituristi, registrando un forte aumento degli over 50 ed un sensibile calo degli under 35, che passavano dal 20 al 10% mentre i primi crescevano dal 30 al 39 per cento. Questo dato non sta a significare che l’agriturismo è una meta per vecchietti, piuttosto che tra gli under 35 risiede massimamente la fascia di coloro che hanno poco lavoro ed ancor meno denaro. Significativo infatti come gli over 50 siano caratterizzati nel 31% dalla minore attenzione al budget rispetto ai più giovani.
Che l’utenza invecchi lo dimostra anche il tipo di compagnia scelta per la vacanza: se nel 2007 il 67% privilegiava un partner anche occasionale, nel 2009 il 57% sceglieva decisamente il partner fisso ed oggi nel 65% preferisce soggiornare in agriturismo con tutta la famiglia, bambini compresi, che nel 55% dei casi hanno meno di 10 anni.
Ciò comporta che il 67% degli intervistati senza figli dichiari che preferisce evitare l’agriturismo, o quanto meno certi agriturismi, proprio per non ritrovarsi in un Kinderheim. Il dato sembra veritiero se gli stessi intervistati, rispondendo ad una domanda di verifica, dichiarano che preferiscono evitare, nel 56% dei casi, di trascorrere vacanze con amici che hanno figli, ma ciò non costituisce una novità: coloro che hanno figli tendono a frequentarsi tra loro per uniformità di tempi, argomenti ed esigenze.
Il cliente alberghiero e della ristorazione senza figli è tradizionalmente quello maggiormente disposto a spendere; l’abbandono di chi non ha figli, anche se non motivato da ragioni economiche, ma magari semplicemente perché portando il bambino a cavalcare nella fattoria sotto casa vi si trova bene trascorrendovi la giornata, costituisce pertanto un dato da osservare nella dinamica del fatturato degli agriturismi. Soprattutto considerando che numerosi pacchetti prevedono il soggiorno gratuito o semigratuito per i bambini, e che numerosi agriturismi hanno investito molto per attrarre famiglie con figli piccoli.Cesec-CondiVivere 2014.10.08 Agriturismo anche no 001Ma passiamo alle motivazioni: gli italiani scelgono l’agriturismo all’insegna del mangiar sano nell’84% dei casi e del risparmio nel 91%, mentre la possibilità di immergersi nella natura stimola il 38% degli ospiti anche se solo il 16% tende a provare un po’ tutte le possibilità offerte da questo tipo di vacanza: natura, enogastronomia, relax, attività olistiche per il benessere fisico e spirituale. Corsi ed altre iniziative proposte dentro e fuori l’agriturismo seguono a distanza, segno che chi le frequenta non le vive come una componente del pacchetto vacanza bensì come la ragione per recarsi nel luogo dove vengono tenute, indipendentemente dal fatto che si tratti o meno di un agriturismo.
Gli stranieri cercano invece nella vacanza in agriturismo la tranquillità (84%) e l’attenzione all’ambiente (79%) oltre che la possibilità di visitare attrazioni naturalistiche o storiche nei dintorni (36%) e svolgere attività nell’azienda (24%) comprese quelle legate all’agricoltura ed all’allevamento.
Italiane o straniere, le famiglie sono nel 48% dei casi  attente agli agriturismi che offrono un ambiente familiare e nel 38% spazi e attività dedicati ai bambini. Fra le attività possibili l’equitazione è quella preferita dal 34% degli intervistati mentre le altre seguono in ordine sparso.
I profili sin qui descritti non sono quelli dei trentenni con figli piccoli, bensì quelli dei 40-50enni: va tenuto presente che oggi i figli si hanno massimamente non prima dei trentacinque anni di età.Cesec-CondiVivere 2014.10.08 Agriturismi anche no 004Oggi l’agriturismo è scelto anche per festeggiare matrimoni, cresime e comunioni, purché situato in un contesto d’atmosfera e non lontano dalla città.
Nell’estate del 2013 sono stati 3 milioni gli italiani che hanno scelto di trascorrere almeno quattro giorni di vacanza in uno dei ventimila agriturismi, con una flessione del 17 per cento rispetto alle aspettative dei gestori.
I prezzi andavano dai 14 ai 27 euro per un pasto e dai 22 ai 49 per un pernottamento, con punte di 90 che riguardavano però resort assolutamente particolari. Un’analisi a campione da me svolta nello scorso mese di settembre su 109 insediamenti distribuiti fra Lombardia, Toscana e Umbria, Emilia, Veneto e Trentino Alto Adige mi ha fatto comprendere come i prezzi abbiano subito un incremento medio del 19 per cento con punte del 27 nelle province di Arezzo, Belluno, Bolzano, Brescia, Perugia e Verona.
Tornando all’indagine precedente, il 74% degli intervistati dichiarava di considerare eque tariffe giornaliere non superiori ai 36 euro comprensive di pernottamento e trattamento di mezza pensione.
Non va dimenticato che un importante indotto per l’agriturismo è rappresentato dalla vendita dei prodotti tipici: ortaggi ma soprattutto vini, formaggi, salumi e prodotti dell’artigianato locale. Ma anche in questo caso il calo delle vendite nel 2013 è stato del 39%, un abisso.
E quando finisce l’estate ci si prepara all’autunno, ancora clemente, e poi al freddo, mai amico.Cesec-CondiVivere 2014.10.08 Agriturismi anche no 005Se, secondo l’Istat, nel 2013 gli italiani hanno effettuato 63.154.000 viaggi e pernottamenti nazionali (-19,8% rispetto al 2012) e se gli agriturismi subiscono per forza di cose una sosta forzata almeno trimestrale, è chiaro come i dati delle frequentazioni e delle aspettative, parametrati ai costi, lascino intendere come l’attività di agriturismo non sia più da considerare remunerativa.
E i dati disponibili a fine settembre di quest’anno non incoraggiano: complice il tempo inclemente le aspettative estive dei gestori si sono concretizzate solo nella misura del 53 per cento. Un disastro. Di pari passo i contenziosi bancari per mutui o finanziamenti non pagati si sono incrementati del 29% in un solo quadrimestre; e l’ipotesi, per nulla irreale, che entro un anno un ulteriore quota di aziende possa chiudere e le proprietà finire nei canali delle vendite giudiziarie, dove peraltro le vendite del settore languono da anni per mancanza di acquirenti, è tutt’altro che remota.
L’unica possibilità di fare agriturismo rimane pertanto, a ben vedere, quella di abbinarla ad una reale attività agricola, agroalimentare o di allevamento costituente la fonte primaria di reddito. E ancora meglio se edifici e terreni sono di famiglia da generazioni, soprattutto se si è sorretti dall’ormai imprescindibile capacità di reinventarsi ogni giorno.
Come dire che siamo tornati all’ottocentesco detto toscano senza lilleri un si lallera? Temo sia così, in una visione non catastrofista ma soltanto improntata a maggiore consapevolezza: è meglio tenerli stretti, i lilleri, perché il tempo degli sprechi è finito. E’ arrivato il tempo di badare all’essenziale.
E questo vale a maggior ragione per chi intende aprire attività in territori impervi o di montagna non facilmente raggiungibili dai clienti.

ACS

Tra tanti fiori di lillà la bellezza riscopre la tradizione

Cesec CV 2014.07.11 Cosmesi 1Dopo l’apoteosi chimica che ha contrassegnato gli anni Ottanta e Novanta la bellezza si scopre green friendly. Fosse anche solo per opportunitstiche scelte di marketing, resta il fatto che spa a km zero, creme al tarassaco, alla salvia o alla calendula, vacanze relax in campagna stanno trovando uno spazio sempre più ampio nel settore cosmetico.
La bellezza riscopre la tradizione e i numeri delle vendite, non solo nelle erboristerie, dimostrano come sempre più spesso i clienti si orientino verso la Natura.
E non è solo il retail a dirlo, ma anche la sempre maggiore richiesta di soggiorni o anche solo di sessioni gionaliere, in campagna che, convenientemente attrezzata, torna ad essere un luogo privilegiato in cui ritrovare benessere ed equilibrio regalandosi ritmi rallentati ed appagando vista, odorato e voglia di farsi coccolare.Cesec CV 2014.07.11 Cosmesi 3Del resto i dati di Coldiretti parlano chiaro: 12 miliardi di euro spesi nel 2013 per il turismo ecologico, che nel nostro Paese offre 871 aree protette ed oltre 20.500 agriturismi, pur considerando la falcidia che lo scorso anno ne ha visti chiudere ben il 22 per cento: ma non si trattava di agriturismi, bensì poco più che di osterie di campagna, senza o con poca terra sulla quale non producevano nulla e che non avevano saputo o voluto rinnovarsi con offerte accattivanti.
L’approccio verde che oggi nella cosmetica si incontra sempre più spesso non è solo una modo, ma un preciso orientamento di consumo mutuato da una sempre più diffusa consapevolezza che i prodotti naturali sono migliori rispetto a quelli di sintesi chimica.pure drops of waterErbe officinali, aloe, olio di oliva, lavanda, l’immancabile salvia, tarassaco oltre a fieno, cortecce, radici e prodotti a base di vino, nel quale si può anche fare un bagno dalle incredibili proprietà costituiscono ormai un must irrinunciabile per chi voglia offrire un trattamento di qualità ai propri ospiti.
E’ quello che accadrà anche nella nostra cascina, nel silenzio dei campi a meno di un’ora da Milano.

Anima in Cammino

Nel borgo di Chiaravalle una casa per donne vittime di violenza

Riportiamo questa notizia poiché a nostro parere l’iniziativa si situa a pieno titolo nel concetto di CondiVivere, in questo caso una nuova qualità della Vita improntata alla speranza.Cesec CV 2014.04.07 Chiaravalle casa per donne 001Nell’antico borgo di Chiaravalle Milanese l’edicola che ospita un’immagine della Madonna, posta alla confluenza tra le vie Sant’Arialdo e San Bernardo, sembra vigilare su un edificio risalente agli anni Venti del secolo scorso e che un tempo ospitava una scuola materna, ed in seguito un oratorio.
Dismessa quell’ultima funzione l’edificio rimase per lungo tempo abbandonato finché non venne concesso in uso ad un’associazione di volontariato il cui scopo era quello di accogliere detenuti in misura alternativa, ex-detenuti ed alcune ragazze madri straniere.
Successivamente l’edificio venne posto sotto la responsabilità della Fondazione Fratelli di San Francesco d’Assisi assistiti da Fondazione Cariplo per le incombenze economiche.
Nella casa di via San Bernardo verrà attuato il progetto Ricomincio da Me, che prevede di aprire presto un luogo di accoglienza protetta per donne vittime di stalking o violenza domestica, anche con figli minori a carico.
La struttura potrà ospitare venti donne inviate dalla magistratura, che verranno seguite nel loro percorso di rinascita da un team di professionisti  per un periodo fino a sei mesi.
La Fondazione Fratelli di San Francesco è una presenza istituzionale a Milano, poiché gestisce sin dal 1999 centri di accoglienza, mense, docce e guardaroba per poveri, dormitori, asili nido, convitti e centri di formazione per persone disagiate, nonché servizi sociosanitari rivolti in particolare agli anziani e agli emarginati.Cesec CV 2014.04.07 Chiaravalle casa per donne 002Un altro passo verso la soluzione di situazioni di degrado nel quartiere di Chiaravalle, in particolare in questa piazzetta che con l’edicola votiva e  il laghetto costituisce la porta d’ingresso e il biglietto da visita del borgo di Chiaravalle.

Malleus

Dynamo Camp: noi andiamo a portare Amore. Chi viene?

Ogni anno in Italia oltre diecimila minori sono affetti da patologie gravi o croniche. Se dovessimo dar retta al mito dell’efficientismo, all’ossessione della perfezione dell’involucro ci converebbe buttarli, in quanto difettati.
No, forse è meglio se li curiamo…
Ok, cominciamo da uno dei mostri sacri della bellezza holliwoodiana: sembra che, marinaio nel Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale, vide il fungo atomico di Hiroshima da molte miglia di distanza e che in seguito non amasse affatto parlarne. Dopo aver mietuto numerosi successi come attore e regista, nel 1982 fondò un’azienda alimentare, tuttora esistente, specializzata in produzioni biologiche i cui ricavati vengono devoluti in beneficenza per scopi umanitari ed educativi.
KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 001Ma fu anche un apprezzato pilota automobilistico: nel 1995 si aggiudicò la 24 Ore di Daytona mettendo però all’asta il premio, un orologio, che venne battuto per 39mila dollari devoluti in beneficienza.
Nel 2006, infine, venne in Italia per inaugurare la locale sezione della fondazione Dynamo Camp, nata dall’iniziativa che egli stesso attuò nel 1988 per accogliere bambini affetti da patologie gravi e croniche. Stiamo parlando di Paul Newman.KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 004Dynamo Camp è un luogo dove i bambini con gravi patologie tornano ad essere bambini, un luogo di vacanza dove la vera cura è ridere e la medicina è l’allegria. Dynamo Camp è un luogo magico dove si fa terapia ricreativa, il primo in Italia appositamente strutturato per ospitare per periodi di vacanza e svago bambini e ragazzi malati dai 6 ai 17 anni, in terapia o nel periodo di post ospedalizzazione. In modo assolutamente gratuito intende offrire loro la possibilità di riappropriarsi della propria infanzia attraverso un programma che, in totale sicurezza ed allegria, li porti a ritrovare e acquisire fiducia in loro stessi e nelle proprie potenzialità.KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 005A Dynamo Camp i ragazzi possono sviluppare le proprie capacità sperimentando numerose attività creative e sportive, a contatto con la splendida natura dell’oasi di Limestre, in provincia di Pistoia, affiliata al WWF nella quale il Camp è inserito. Possono condividere momenti indimenticabili con altri ragazzi che hanno vissuto esperienze simili alle loro senza sentirsi diversi. Collaborando e divertendosi traggono reciproco sostegno, spesso scoprendo di poter riuscire laddove non ritenevano di essere capaci, concentrandosi così sulle loro abilità piuttosto che sulle disabilità, e ritrovando autostima e fiducia in loro stessi.
Si tratta infatti di minori che devono sottoporsi a terapie spesso invasive e di lunga durata che li costringono a trascorrere molto tempo in ospedale, e la condizione della malattia li porta ad affrontare paura, stanchezza, effetti correlati alle terapie che spesso vincolano anche la loro socializzazione con i coetanei compromettendo inevitabilmente spensieratezza ed allegria.KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 006Chiunque può contribuire a fare in modo che i bambini trascorrano gratuitamente una settimana a Dynamo Camp. Non dimenticheranno questa settimana di divertimento in un ambiente protetto, dove la massima sicurezza è sempre garantita da un’assistenza medica di eccellenza e dalla costante supervisione di personale qualificato: medici ed infermieri in grado di intervenire tempestivamente, ma non casualmente l’infermeria è discretamente nascosta ed allegramente colorata.
La struttura è attiva tutto l’anno ed offre anche programmi specifici rivolti all’intero nucleo familiare e ai fratelli sani, coinvolgendo così tutta la famiglia che si trova ad affrontare la delicata situyazione della malattia.KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 003KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 002Dynamo Camp nasce dall’esperienza di SeriousFunChildren’s Network, che ad oggi ha sostenuto 440.000 bambini, che con le loro famiglie hanno partecipato a programmi di  in tutto il mondo. I Camp sono 17 diffusi in Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Irlanda, Ungheria, Israele mentre 11 sono i Global Parnership Programs, programmi di Terapia Ricreativa promossi dall’associazione in Africa, Asia e Sud America.KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 008Per sostenere l’attività, oltre a donazioni in denaro, beni e servizi, è ammessa la possibilità di prestare servizio volontario per un giorno, un week-end, una settimana: “Entri con la presunzione di poter ‘lasciare il segno’ per poi accorgerti che il segno è stato lasciato proprio dai ragazzi, ‘tatuato’ indelebilmente nel cuore: un bimbo gioioso a cavalcioni del mondo.” ha lasciato scritto una volontaria.KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 007

Il filmato relativo all’immagine sovrastante è visibile all’indirizzo
http://www.youtube.com/watch?v=g5MiyWwapho#t=36

Come avviene con i membri dello staff, anche i volontari vengono scelti accuratamente, e ricevono una formazione intensiva prima delle sessioni in modo da garantire ai ragazzi una supervisione adeguata e costante, per regalare loro un soggiorno indimenticabile. Ciascuno può portare capacità ed esperienze: ,shiatsu piuttosto che yoga, reiki o ayurveda, tiro con l’arco, nuoto, arrampicata, equitazione ed altre discipline sportive, saper far ridere inventando situazioni, giochi e teatri improvvisati. I limiti sono costituiti da cuore e fantasia.
Noi abbiamo deciso di andarci, probabilmente a pasqua. Porteremo Amore e torneremo arricchiti. Chi viene?

Anima in Cammino – Arcani

Non muore la movida ma nasce la social street

CondiVivere è anche questo. Qualcuno ricorderà l’articolo pubblicato il 5 febbraio scorso sul nostro blog Riabitare Antiche Pietre intitolato Monza: la pace di una clinica svizzera a due passi dal centro. Ne riportiamo l’inizio: “Avrebbe dovuto diventare la via della Movida, ma visto che a parte uno storico negozio di biciclette, una gelateria, una vetreria artistica, qualche bottega etnochic, due pub (chiusi) e ristorantini tipici (non occorre fissare il tavolo), nonché le immancabili agenzie immobiliari, non si è mai… movida, è tornata ad essere la strada sonnacchiosa di sempre. Anzi, più di sempre: trasformata in isola semipedonale, riselciata in cubetti di porfido, abbellita da qualche vasca piantumata e chiuso il passaggio a livello in passato all’origine di tanti incidenti a incauti pedoni, è diventata un’oasi di tranquillità a due passi dal centro. Stiamo parlando della via Bergamo: strada riqualificata, case ristrutturate che però mantengono l’impronta vagamente Bohèmienne pur se, ad onor del vero, con un’atmosfera serale più ginevrina che parigina…KL Cesec RAP 2014.02.04 Monza via BergamoCantava de André, nell’indimenticabile Via del Campo: dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.
Senza pensare a tanto mi piace però immaginare che sia andata così: due persone una mattina chattano, nel mortorio dei propri negozi deserti. Ad un certo punto una sporge la testa oltre lo schermo, e vede la faccia dell’altra dietro la vetrina del negozio di fronte. Mollano il computer e si incontrano in mezzo alla strada. Una terza persona che svogliatamente seguiva la chat da casa propria scende in strada, seguita da una quarta, e da una quinta addirittura in ciabatte. E così decidono di esserci, toccarsi, annusarsi, condividere un caffè per davvero. E di fare qualcosa per evitare di rintanarsi nuovamente dietro la lucina azzurra.
Nella realtà è accaduto che qualcuno, ed in particolare l’associazione Proiezione 180 che si occupa di disabilità e disagio e che, guarda caso, ha sede proprio in una vecchia corte di via Bergamo, ha provato ad importare nel sonnacchioso capoluogo brianteo l’idea della social street nata un anno fa a Bologna. E sembra che ci stia riuscendo.Monza Social StreetPer ora c’è una pagina su Facebook, via bergamo socievole, già cult tra i monzesi e destinata a traghettare a costo zero dall’estraneità alla condivisione, dallo striminzito buongiorno tra vicini alla consapevolezza di far parte di un gruppo con l’obiettivo di trasformare la via in una palestra di buone pratiche, una community del buon vicinato: lezioni di pianoforte in cambio di un’ora di inglese, il materasso che da una cantina trasloca in casa di chi non ce l’ha, seggiolini per bimbi in prestito, sos per computer in panne, contrasto allo spreco alimentare. Un’ottima occasione utile per risolvere i problemi quotidiani di tutti, tenere la via viva e pulita, aiutare le persone sole e in difficoltà. I cittadini sono stati veramente in gamba organizzandosi in completa autonomia, senza offrirsi per fare da claque a tavoli, osservatori, congreghe.
Un segno che l’Energia della gente stia cambiando, che veramente si stia aprendo il Portale? Chissà… Resta il fatto che si tratta di una splendida iniziativa, perché è noto che da quando sono spariti i cortili, la tendenza è di interessarsi ognuno ai fatti propri.
E per le ore 19 di mercoledì 26 marzo è stato organizzato un aperitivo, dove tutti potranno incontrarsi, conoscersi meglio, gettare le basi delle innumerevoli iniziative che potranno nascere.
Nascerà anche qualche amore? Perché no, niente di più facile… e anche vita più facile per la movida che, ne siamo sicuri, risorgendo e crescendo assomiglierà sempre di meno a quella milanese di corso Como.

ACS

I nostri figli faranno tanta strada. A piedi.

Conversazione semiseria e un po’ inventata con un’amica niente affatto inventata.
L’amica, sposata ed acerrima contrastatrice della sola idea di avere figli, mi confidò tanti anni fa: “La differenza tra non avere e avere figli è che, nel primo caso, nessuno ti rompe così hai tutto il tempo di occuparti di te e del tuo uomo, vai e vieni come e quando ti pare. Prendi X (una comune amica) per esempio: sempre sciatta, di corsa, stressata, il marito che si lamenta di non esistere più. Guarda me e Carlo (il marito, nome inventato) invece: week-end quando e come ci pare, usciamo e torniamo quando e se ne abbiamo voglia, andiamo e veniamo da Sharm tutte le volte che ci pare. Ma” aggiunse “mi sono chiesta, che ci facciamo sempre a Sharm? Si, guarda, nessuno ti rompe, così hai tutto il tempo per romperti da sola…
Come dite? Com’è andata a finire? Ah, niente, deve aver compreso un po’ di cose su se stessa e sui nodi della propria infanzia che aveva da sciogliere. Ora lei e il marito hanno due figli. Non vanno più a Sharm, so che sono andati a Capo nord in camper e, quando il maschietto ha compiuto 7 anni e la bambina 5 sono spariti per un mese perché volevano togliersi lo sfizio della Transiberiana. Quest’estate, visto che i bambini sono fissati con il film Madagascar, andranno in Madagascar. E’ stato proibito loro di andarci come avrebbero voluto: in moto, un figlio per ciascuno, legato alla schiena come un cotechino.
E lei? Ah, lei è tutt’altro che sciatta. Sempre più curata e, quando le ho chiesto: ma come fai con scuola, piscina, palestra, danza, tutte quelle cose, insomma, che schiavizzano le madri?
Mi ha guardato come se fossi l’aliena della piadina: “Piscina? Palestra? Danza? Ma sei matta? Io non ho bisogno di promuovermi socialmente mandando i miei figli a smarronarsi e diventando schiava di me stessa e a parlare di pappe, cacche, pediatri, peppepig e altre stupidaggini. Veronica (nome inventato) ha scoperto la lettura, e sai che a cacciarla fuori di casa ci vogliono i lacrimogeni. L’ho portata a una lezione di danza l’anno scorso perché me lo aveva chiesto. E’ uscita dicendo kekifo… Lei disegna, costruisce mondi con i suoi bambolotti. E riceve le amiche… Fede invece è un bambino estremamente sociale, figuriamoci cosa gli può importare di uno sport, il nuoto, che farebbe da solo. Quando e se ne avranno voglia saranno loro a dirmi cosa vogliono fare. E a scuola ci vanno da soli: abitiamo nell’isola pedonale e sia la scuola materna che quella elementare sono nello stesso isolato, in più fanno gli stessi orari. Fede prende la sorella, la accompagna e la va a riprendere. Così crescono e imparano che, là fuori, c’è il mondo. Si, ogni tanto vado a prenderli o li accompagno, oppure Carlo ma diventa un gioco, una sorpresa, non un obbligo.KL-Cesec - Piedibus 002Chiarissimo il concetto. Ora io non so se dipenda dal fatto che la mia amica è originaria di San Pietroburgo, è ingegnere, è arrivata in Italia da adulta, ne ha passate di ogni e non ha la benché minima intenzione di abdicare al proprio lavoro conquistato letteralmente con le unghie e con i denti… certamente è una tosta, diversamente non sarebbe amica mia.
Vabbè, non sapevo da dove cominciare e ho scelto questo quadretto familiare, che non casualmente termina con la scuola.
Uno dei timori che maggiormente impediscono ad un genitore di considerare la possibilità che i propri figli vadano a scuola da soli è rappresentato dal traffico intenso, soprattutto in prossimità degli edifici scolastici. Questi disagi spingono i genitori ad usare sempre più spesso l’auto creando cosi una situazione di causa/effetto.
Ma vi sono, in realtà, altri presunti fattori di rischio che concorrono a questa decisione tra i quali: la paura degli sconosciuti, le condizioni climatiche, l’inquinamento. Il genitore arriva così a prendere la macchina per proteggere i propri figli per questioni di sicurezza e per difenderlo dall’inquinamento, inquinando a propria volta ed creando di fatto nei figli il convincimento che il mondo esterno è qualcosa di alieno, oscuro, pericoloso. Insomma, chi so io direbbe: tirando su delle mezze seghe…
In ogni caso adesso arrivo al dunque, parlando di una famiglia decisamente allargata e che si sta allargando sempre più….
A Polistena, in Calabria, c’è il nonno o, se preferite, il decano; in provincia di Piacenza non c’è nessuno (a differenza del resto dell’Emilia-Romagna) e, per quanto ne so, nemmeno in Valle d’Aosta, Molise, Basilicata e Sicilia; ad Acquarica del Capo, in provincia di Lecce, I ragazzi si fanno strada; gli altri fratelli e cugini sono sparsi più o meno per tutta la Penisola; A Brugherio, Concorezzo, Villasanta e Vimercate si segnalano i nuovi nati mentre a Besate, in provincia di Milano, c’è la parente dal nome più eccentrico: la cugina Piedipolitana.
Sto parlando del Piedibus, che funziona come un vero autobus con un proprio itinerario, orari e fermate precise e stabilite, funziona tutti i giorni indipendentemente dalle condizioni atmosferiche ed è funzionale al calendario scolastico oltre che a conseguire i seguenti benefici:

Per fare movimento
Imparare a circolare
Esplorare il proprio quartiere
Diminuire traffico e inquinamento
Insieme per divertirsi
Bambini più allegri e sicuri di sè
Un buon esempio per tutti
Svegliarsi per bene e arrivare belli vispi a scuolaKL-Cesec -Piedibus 001I bambini si fanno trovare alla fermata per loro più comoda indossando una pettorina ad alta visibilità e, se un bambino ritarda, è responsabilità dei genitori accompagnarlo a scuola invece che dei due addetti volontari: l’autista che apre la fila e il controllore che la chiude, compilando un giornale di bordo dove segna i bambini presenti ad ogni viaggio.
Il servizio, generalmente gratuito tranne che per la pettorina luminescente che deve essere acquistata, può essere utilizzato anche dai bambini che abitano troppo lontano per raggiungere la scuola a piedi, a condizione che i genitori li portino ad una fermata.
Tutto qui. Come tutte le cose semplici e geniali mi sembra un ottimo esempio di ecosostenibilità del fare, senza trascurare la riscoperta dei nonni che molto spesso costituiscono gli equipaggi dopo aver frequentato un apposito corso. Per chi volesse saperne di più consiglio una visita al sito, divertentissimo oltre che utile, www.piedibus.it.

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