Autocostruzione: scusate l’immagine, ma di mani pulite non ne ho trovate.

Fra le automobiline Politoys con le quali giocavo da bambino vi erano anche mezzi militari e, tra questi, un autoarticolato che trasportava Honest John. Ad onta del nome, Honest John era un missile.Mani sporcheHo scelto di introdurre così l’argomento dell’autocostruzione tradita. Non mi dilungo, se non per dire che, quando nacquero, i progetti di autocostruzione assistita parevano una modalità edilizia inedita, interessante, intelligente e socialmente utile: con il lavoro condiviso e la supervisione di personale specializzato si otteneva il risultato di offrire una casa ad un costo equo a famiglie giovani, selezionate per reddito all’interno di bandi pubblici, e contemporaneamente si favoriva l’integrazione sociale del condominio attraverso il lavoro condiviso di gruppi di famiglie, spesso con caratteristiche di multietnicità.
Sono un sostenitore dell’iniziativa privata, l’ho più volte affermato. Tutto ciò che è pubblico mi risuona di camarilla, malcostume, clientes, patente per respirare, malaffare. E infatti neppure l’autocostruzione è sfuggita al cooperativismo militante, all’onnegismo, ai bandi, alle graduatorie, ai concorsi, al blabla dei convegni tenuti da equosolidalilluminati. Naturalmente di rigorosa osservanza ecoeticosocialbiobau, e quanto all’appartenenza politica ciascun lettore ci metta quella che preferisce.
Perché dico questo? Semplice, perché poi succede che una Ong venga scelta per condurre progetti di edilizia sociale, e dopo avere intascato i finanziamenti pubblici e quelli delle famiglie, se ne vada senza più dover rendere conto a nessuno. E se a qualcuno dovesse soergere il dubbio che si tratta di casi isolati rispondo: è vero, ad oggi i casi isolati sono 22. Isolati come si fa con i virus? Nemmeno per sogno…
Oltre 200 famiglie truffate della propria casa, cantieri incompiuti sparsi un po’ ovunque lungo lo Stivale, 50 milioni di finanziamenti pubblici buttati e oltre un anno di silenzio da parte del Governo, che non ha ancora risposto ad una interrogazione posta da M5S in Senato dalla senatrice Elisa Bulgarelli su Alisei Ong, finanziata quando già era sottoposta a fermo amministrativo.
Intendiamoci bene: Alisei rappresenta la punta dell’iceberg e probabilmente non è esente da responsabilità (ma questo sta alla magistratura stabilirlo, non a me) ma sono molteplici le Ong e le Onlus che ricevono finanziamenti pubblici per opere che nel migliore dei casi si perderanno nella nebbia, mentre nessuno controlla il loro operato e, nel mondo della cooperazione italiana, nessuno denuncia questo malaffare. E, sia detto almeno una volta fuori dal coro, le responsabilità sono da ricercare anche e soprattutto nei comuni e nelle Aler.mani in pastaNon so se qualcuno tema che emergano scomode verità, o che altro e, sinceramente nemmeno mi interessa. Perché, e lo sosterrò sino a prova contraria, finché esisteranno persone disposte al lamento e all’implorazione: e lo Stato mi deve dare, fare, dire, assegnare, tutelare invece che consociarsi in un ambito di iniziativa privata, mettere in comune quel che si ha nel portafogli, poco o tanto che sia, andare in una banca – non necessariamente etica – per parlare di finanziamenti o ricorrere ad investitori privati o business angels (e ce ne sono), rimboccarsi le maniche e vangare invece che aspettare che siano altri a farlo, ed a metterci i quattrini, non potranno che avere luogo blablabla e malaffare. Inutile poi andare a piangere in televisione o sui giornali.
Diversamente finisce che si potrebbe pensare che l’autocostuzione sia definita assistita, in quanto lo è dagli avvocati dei truffati.
A proposito: sono quasi nove anni che non ho la televisione, ma ho saputo che sull’argomento mercoledì 5 novembre era andato in onda un servizio de Le Iene, visibile seguendo questo link.

Alberto C. Steiner

A 31: Questa autostrada s’ha da fare. Parola di ministro.

Riprendo la cronaca di un avvenimento riportato ieri dal quotidiano Il Mattino di Padova.
Non saranno trentatre trentini a fermare le magnifiche sorti e progressive, perché “Sarà pure una provincia autonoma, ma fino a prova contraria Trento è in Italia e non può bloccare un’opera strategica per la nazione e per l’Europa: nel prossimo Consiglio dei Ministri scavalcheremo ogni obiezione sulla Valdastico Nord” ha affermato il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi, accorso l’altro ieri nel Rodigino per l’inaugurazione del nuovo tratto di Valdastico Sud che dal Polesine porta verso Vicenza.CC 2014.12.17 Valdastico 001E, con ineffabile bonomia, profonda coscienza ecologica e rispetto per la volontà popolare gli ha fatto eco il governatore della Regione Veneto Luca Zaia: “Tavoli inutili, al prossimo ci andrò con la motosega”. Bum.
Sono passati quarant’anni, ma è nel secondo decennio del ventunesimo secolo che la nuova autostrada, che viene definita A31 Nord, pare diventata fondamentale, un investimento imprescindibile.CC 2014.12.17 Valdastico 002Il 10 novembre scorso, in una riunione del CIPE, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, il governo ha proposto di far ripartire il progetto superando, cancellandola con un colpo di spugna, la contrarietà espressa dalle comunità locali. Il governo ripartirebbe quindi dagli anni Settanta, cioè da Pi.Ru.Bi ovvero Flaminio Piccoli, Mariano Rumor e Antonio Bisaglia, i tre ministri democristiani originari rispettivamente di Trento, Vicenza e Rovigo che furono i promotori dell’opera.
La val d’Astico, una delle più belle e verdi vallate vicentine, rischia nuovamente di essere deturpata dalla realizzazione del tratto autostradale A31 Valdastico Nord. Quest’opera si caratterizza per un costo di realizzazione stimato in oltre due miliardi di Euro, pari a 49mln €/km, e flussi di traffico modesti, ma provocherebbe danni ambientali gravissimi e difficili da contenere.CC 2014.12.17 Valdastico 004Viene proposta e sostenuta solo dalla società che gestisce la A4 Brescia-Padova. In un’ottica di progresso sostenibile e di alternative al trasporto su gomma, numerosi comitati di cittadini e la stessa Provincia Autonoma di Trento sono fortemente contrari al completamento dei lavori.
In particolare la Provincia Autonoma di Trento si è sempre opposta all’intera opera sostenendo che il completamento porterebbe un aggravio dei problemi di traffico dell’autostrada A22 e della viabilità esterna senza risolvere i problemi della SS47 della Valsugana. Un’ulteriore ragione che la provincia autonoma di Trento adduce al suo no è la politica seguita dall’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino per il trasferimento delle merci su rotaia, che oltre sull’investimento nella galleria di base del Brennero, si fonda sul lavoro dell’interporto di Verona che verrebbe bypassato dal traffico pesante diretto a nord proveniente dalle aree di Padova-Ferrara e Venezia-Udine.
Nel frattempo sabato 15 novembre a Besenello, in Trentino, è stata inaugurata una statua: una scultura alta tre metri in legno di cedro, del peso di oltre quattro quintali denominata Guerriero contro la Pi.Ru.Bi.CC 2014.12.17 Valdastico 003La vicenda della A31 è stata segnata anche dal ritrovamento rifiuti speciali industriali e scarti di fonderia, che ha comportato il rallentamento dei lavori per effetto di alcune indagini portate avanti dalla Direzione nazionale antimafia di Venezia. Nell’area attorno all’autostrada furono rinvenuti scarti di lavorazione industriale in mezzo alle coltivazioni, e notevoli quantità di cromo riversato nei canali di irrigazione del granoturco. I sospetti partirono dopo che un cane morì intossicato e con l’intestino perforato per aver bevuto acqua da un fosso vicino al letto dell’autostrada. Dalle analisi realizzate emerse che cianuri, arsenico e piombo presenti nel terreno fossero ben superiori ai limiti di legge: rispettivamente 20, 35 e 30 µg/l, microgrammi per litro, oltre il limite. Ma anche nichel, 2 µg/l, cobalto, 4,70 µg/l, cadmio. 2 µg/l, cromo, 4,70 µg/l, selenio, 8 µg/l, mercurio, 0,3 µg/l, e amianto, 5 mg/l.
Il 31 luglio 2012 la Commissione Europea venne informata del rischio rifiuti nel timore che alcune norme europee in materia ambientale e di salute pubblica fossero state raggirate, ad esempio non considerando come rifiuti i materiali di scavo contaminati.
Il 6 luglio 2013 vennero iscritte nel registro degli indagati 27 persone per i reati di falso ideologico e traffico illegale di rifiuti in forma organizzata. Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Venezia, nel solo tratto da Agugliaro a Longare sarebbero stati sversati illegalmente oltre 150.000 m³ di rifiuti nocivi.
Il 12 febbraio 2010, il presidente della Provincia di Vicenza nonché dell’autostrada Brescia-Padova Attilio Schneck, annunciò di aver dato corso ad un bando europeo per la progettazione del tronco nord dell’autostrada da Piovene Rocchette all’Autobrennero, con innesto della Valdastico previsto presso il comune di Besenello, tra Rovereto e Trento.
L’8 agosto 2012 la Regione Veneto approva in via definitiva i lavori sulla Valdastico Nord, incurante dei ricorsi di Trento e nonostante che una sentenza della Corte Costituzionale, che il 21 febbraio 2011 ribadisse che qualsiasi opera, atto o progetto dell’arteria non potesse essere realizzato senza la preventiva intesa con la provincia autonoma di Trento.
Il 18 marzo 2013 il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica approva l’avvio dei lavori di prosecuzione da Piovene Rocchette sino ai confini col Trentino e, da quella data a tutt’oggi, il Trentino continua a ribadire di essere contro il progetto del traforo della Valdastico.

Alberto C. Steiner

Tiere, Menschen und 7.000 Jahre Kulturlandschaft

Una recensione? Si, e in questo caso aggiungo decisamente. Questo libro di 336 pagine, scritto da Günter Jaritz ed uscito nello scorso settembre per i tipi della casa editrice austriaca Anton Pustet con il titolo Seltene Nutztiere der Alpen, 7.000 Jahre geprägte Kulturlandschaft la merita a pieno titolo.thumb_nutziere_cover_neu_650_Il suo tema conduttore, come riporta la prefazione, sono Tiere, Menschen und 7.000 Jahre Kulturlandschaft: animali, uomini e settemila anni di paesaggio culturale.
Le Alpi non sono solo spazio economico e culturale per oltre 13 milioni di persone, ma anche l’habitat di 110 razze antiche di animali a rischio di estinzione. E con loro una cultura contadina antica di 7mila anni.
In questo lavoro di ricerca, che costituisce un eccezionale punto di riferimento e un vero e proprio compendio di razze censite a partire dalla Slovenia e, seguendo un percorso da oriente a occidente  lungo tutte le valli alpine, sino alla Provenza ed alla Costa Azzurra, incontriamo idealisti, esperti e pensatori creativi che si dedicano amorevolmente ai loro animali minacciati di estinzione.
L’autore di questo lavoro riccamente illustrato ha viaggiato per tre anni nelle diverse regioni alpine raccogliendo un’ampia messe di notizie dalla ricca esperienza di allevatori, contadini e pastori. In questo libro lo seguiamo incantati e sorpresi tra gli ultimi cani da pastore e i piccoli suini neri di montagna, gli asini di Provenza o le rare capre blu del Tirolo.
Per chi volesse approfondire sono stati inseriti link e, dove possibile, indirizzi per contatti.

ACS

L’Africa morirà. Questo come la fa sentire? Non colpevole.

Accade di parlare della devastazione di cui sono preda i paesi del Sud del mondo e, inevitabilmente, il discorso vira puntando ai sensi di colpa che attanaglia certi occidentali: colpa nostra se sono ridotti così, li abbiamo per secoli colonizzati, sfruttati, ridotti in schiavitù.Cesec-CondiVivere 2014.12.06 Africa 001Per quanto mi riguarda mi dichiaro non colpevole. Penso anzi che per certi aspetti l’epoca delle colonie fu migliore di quella attuale, almeno le cose erano chiare e non esistevano democrazie di paglia, in realtà feudo di satrapi locali fantocci rapaci e feroci nelle mani di istituzioni finanziarie internazionali. Meglio ancora se li avessero lasciati in pace, ma questo è un altro discorso.
Oggi assistiamo ad una nuova colonizzazione di quei paesi, perpetrata da paesi che furono a loro volta colonizzati: e trattasi di una colonizzazione senza né pudore né ritegno, che va sotto il nome di land grabbing.Cesec-CondiVivere 2014.12.06 Land grabbingE la finanza dai denti a sciabola, indossato il vestitino ecosostenibile nonché solidale per non lasciarsi sfuggire il pallino e il boccone, ci marcia. Lanciando social impact investment, massiccie campagne di fund raising e via enumerando. Della serie: der Wolf, das Haar verliert… Non mi dilungo, ne ho scritto esaustivamente il 29 novembre 2013 nell’articolo Land Grabbing e vergini dai candidi manti dove, chi avrà voglia di leggerlo, ҄troverà illuminanti considerazioni sul povero negretto espresse da un amico di origine centroafricana, presidente di un’associazione che tenta di dare una mano alle popolazioni dell’Africa più povera.
E vengo al punto. Serge Latouche, avversario tra i più noti dell’occidentalizzazione del pianeta e sostenitore della decrescita e del localismo, racconta nelle sue memorie che un giorno un’anziana donna del Benin gli chiese: “Ma quando tornate voi francesi?” a significare che il paradosso africano seguiterà a congiungersi tragicamente a quello occidentale fintanto che la cultura occidentale si manterrà solo grazie al desiderio del resto del mondo di entrare a farne parte.Cesec-CondiVivere 2014.12.06 Africa 002Un progetto globale di socetà autonoma e fondata sulla decrescita deve ormai interessare anche i Paesi del Sud del mondo, considerato che oggi siamo di fronte all’evidenza di quanto Albert Tévoédjrè denunciò già nel 1978 nel volume La povertà, ricchezza dei popoli: l’assurdità del mimetismo culturale e industriale, i falsi bisogni, l’assenza di misura della società della crescita, la disumanizzazione dei rapporti sociali dominati dal denaro, la distruzione dell’ambiente elogiando nel contempo la sobrietà dell’autoproduzione delle piccole comunità tradizionali, come quella africana da lui ben conosciuta.
L’auto-organizzazione degli esclusi dalla modernità costituisce un esempio di costruzione di società autonoma, ed economa, in condizioni di infinita precarietà, che non deve quasi nulla alle élite locali. Un’alternativa autentica, costretta suo malgrado a subire la persistente minaccia di una globalizzazione arrogante e bellicosa.Cesec-CondiVivere 2014.12.06 Africa 003Dopo aver corrotto l’Africa ufficiale, la colonizzazione dell’immaginario minaccia sempre più anche quell’altra: media internazionali, radio, televisione, internet, finanza assistenzialista erodono la coesione sociale al punto che – ancora oggi – i paradisi posticci del Nord del mondo appaiono ai giovani ben più appetibili rispetto al loro inferno locale.
L’invasione di beni di consumo cinesi a prezzi stracciati mette anche qui in crisi quegli artigiani del riciclo che avevano battuto la concorrenza delle esportazioni europee, mentre i processi di emulazione minano la solidarietà che cementava l’universo alternativo.
E infine: macchine scassate, telefonini fuori uso, computer riciclati, rifiuti di ogni sorta dell’Occidente. Una società dei consumi di seconda mano che come un cancro divora le esistenze, segnata da un inquinamento dilagante senza né misura né ritegno. Chi in queste condizioni non sarebbe incazzato e divorato dal desiderio di rivalsa?
E tutto questo senza abdicare a quanto scrissi su queste stesse pagine il 14 marzo scorso nell’articolo intitolato Africa: quando i regali sono inutili.
L’unica speranza rimane la crisi in atto: che colpisca definitivamente i paesi del Nord, in tempo per lasciare al resto del mondo un po’ di speranza.
Certo, noi Occidentali non andremo più in vacanza alle Seychelles. Del resto già oggi è sempre più difficile andarci alle condizioni che ci siamo imposti nell’età dell’oro del consumismo chilometrico, che appartiene ormai al passato.
Chi si ricorda più di quando il compassato Financial Times sottotitolò Il turismo sarà considerato sempre più il nemico pubblico numero uno dell’ambiente l’articolo Welcome to the age of less a firma di Richard Tomkins pubblicato il 10 novembre 2006? Accadde allorché Richard Branson, fondatore di Virgin, lanciò l’idea dei viaggi turistici spaziali.
Che il gusto di viaggiare e il desiderio di avventura siano parte dell’animo umano va benissimo. Costituiscono una fonte di arricchimento che non deve inaridirsi, ma la curiosità legittima e il desiderio di conoscenza si sono trasformati in consumo commerciale e distruttivo dell’ambiente, della cultura e del tessuto sociale dei paesi target dell’industria turistica. Oggi qualsiasi bifolco, purché possa permetterselo, può andare ovunque e tornare sentenziando “ho fatto” lo Yucatan, piuttosto che lo Yemen o il Chenesò senza aver visto altro che il resort nel quale era confinato e il paesaggio dal finestrino del Land Cruiser che lo porta spot da qualche parte, può ammorbare vicini, conoscenti e amici con i propri inutili selfies, senza aver compreso un accidente del luogo che non ha visitato, e non lasciare nulla di suo, tranne qualche dollaro di elemosina in mance, acquisti di paccottiglia o, nei casi peggiori, uso sessuale di minorenni.
La mania di spostarsi sempre più lontano, sempre più rapidamente, sempre più spesso, e spendendo sempre meno, questo bisogno in gran parte artificiale indotto dal nulla, esacerbato dai media, sollecitato dai tour operator e da tutto l’indotto della macchina turistica deve essere ridimensionato.
Essendo di rapina, questo turismo non è rispettoso dei paesi visitati e dei loro abitanti, e non è assolutamente vero che costituisca un aiuto: per ogni 1.000 Euro spesi per una vacanza solo poco più di 150 rimangono nel paese ospite.
In futuro, anzi già sta accadendo ora, la penuria di risorse energetiche ed economiche, i cambiamenti climatici, le tensioni politiche e sociali ci imporranno di viaggiare sempre meno lontano, meno spesso e meno rapidamente. E a prezzi sempre più alti.
In realtà la prospettiva è drammatica solo per chi deve colmare il vuoto e il disincanto indotti da chi tenta di farci vivere sempre più virtualmente, viaggiando però concretamente a spese del pianeta.Cesec-CondiVivere 2014.12.06 Africa 004Forse è arrivato il momento di riappropriarci della saggezza. Ma come sempre 90/10: ci sarà chi soccomberà e chi no.
Intendiamoci, non sono un Templare della Decrescita, però possiedo una grave limitazione: penso. Oltretutto con la mia testa, e non mi importa il classico accidente se le mie opinioni, e soprattutto il mio sentire, sono fuori dal coro. Anzi.
In ogni caso non mi piacciono i fervorini annegati nella melassa dello sviluppo sostenibile, che denunciano la frenesia delle attività umane o l’imballarsi del macchinario del progresso del quale, se sicuramente non siamo il motore, siamo però gli ingranaggi e perfino i lubrificatori e gli addetti al rifornimento.
Andremo a sbattere contro il muro, prima o poi, ed io sinceramente spero più prima che poi, in modo che questo Moloch criminale e criminogeno vada in pezzi. Così potremo, con qualche utile frammento recuperato, ricostruire un mondo veramente sostenibile. Fino alla prossima volta.
Oggi ci vengono proposti obbrobri come lo sviluppo sostenibile, continuamente invocati in modo incantatorio e che mi sono stancato di chiamare ossimori ma ai quali preferisco attribuire il nome che meritano: truffe, per convincerce del cambiamento in corso attraverso una rottura tranquilla, utile solo a mascherare il non cambiamento. Per mantenere intonsi i profitti, evitare il mutare delle abitudini e cambiare rotta di pochi gradi, giusto per far vedere ai crocieristi che la scia si è modificata, mentre il pianista nel salone delle feste strimpella con sempre maggiore fervore.
Forse la verità è che si preoccupano per noi e non vogliono renderci infelici… E invece sarebbe una gran cura, addirittura la migliore delle cure possibili: una bella stramusata di realtà che ci metta una volta per tutte di fronte alla fatica di vivere, allo specchio dove riflettere tutta l’inutilità dei giocattolini dei quali ci circondiamo per compensare l’orrore del vuoto, il terrore del silenzio.

Alberto C. Steiner

Green economy? L’ha inventata il Duce: si chiamava Autarchia

Premessa: se ciò che sto per scrivere sarà causa di turbamenti per i figli dei figli dei fiori, vale la risposta che Jack Nicholson, nei panni del colonnello dei Marines Nathan R. Jessep, diede al suo vice, tenente colonnello Matthew Andrew Markinson, nel film Codice d’Onore.
Ieri sera, breve attesa di un atterraggio. Deambulo presso il Careàs International Airport de Öre al Sère, Bèrghem, e in un cestone dell’edicola libreria, la modica cifra di 14 Euro oltretutto scontati del 50 per cento mi consente di illuminarmi sui temi rifiuti zero, rincorsa a un’economia a basso impatto ecologico, ricerca di una riduzione dei consumi e degli sprechi, riciclaggio totale dei rifiuti, dieta povera di carne che privilegi i vegetali, bioedilizia, città a misura di bicicletta, carburanti alternativi, energia solare…
Il programma elettorale di un partito ambientalista? La ricetta di un guru dell’ecologia? Nulla di tutto questo, sto parlando dell’Italia del 1935, quando il tema era all’ordine del giorno. E pensare che di rifiuti se ne producevano meno di un terzo rispetto a quelli attuali.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 001Il libro Autarchia verde, un involontario laboratorio della green economy di Marino Ruzzenenti edito da Jaca Book nel 2011 e, per quel che ne so, passato sotto assoluto silenzio (perché fuori dall’ortodossia che vede l’intellighenzia sinistrorsa-chic unica detentrice dei temi ecosostenibili? chissà…) prende semplicemente atto in meno di duecento pagine di piacevolissima lettura di come la crisi del 1929 prima e le sanzioni economiche poi abbiano fatto sì che l’Italia fascista si trovasse a dover affrontare negli anni Trenta molte di quelle sfide delle risorse, a partire dai carburanti, che ora attanagliano per ben diverse ragioni i Paesi cosiddetti avanzati.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 002E se in quel periodo molte nazioni, a partire dagli Stati Uniti del New Deal di Roosevelt che non faceva mistero di apprezzare le scelte economiche mussoliniane, furono costrette a mettere in campo scelte simili, solo in Italia si arrivò a una teorizzazione precisa e molto vicina agli ideali di alcuni fan della moderna sostenibilità ambientale.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 005“E poiché la fonte prima della produzione è la terra, la gran madre, quella che se lavorata non tradisce… combatteremo e vinceremo la battaglia dell’autarchia, intesa nel settore rurale a ricavare dalla terra prodotti che essa ci può dare” scriveva in proposito Benito Mussolini. Se è indubbio che molti esperimenti autarchici si rivelarono delle vere stupidisie, come scrive Giorgio Nebbia nella prefazione, altri avevano una solida base scientifica.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 006Il regime coinvolse da subito nel comparto energetico Guglielmo Marconi, il Cnr e almeno tre figure di grandi scienziati ebrei: Guido Segre dal quale nacque Carbonia, Mario Giacomo Levi per gli studi sul metano, Camillo Levi per quelli sul tessuto nazionale. Purtroppo, in quanto Ebrei vennero successivamente perseguitati ed allontanati dai loro studi e dal loro entusiasmo.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 007Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 004Ma la loro eredità ebbe modo di protrarsi, come ci ricorda per esempio e niente affatto banalmente la rassegna Pitti Immagine Uomo del 2008, quando la griffe Milky Wear presentò abiti realizzati da derivati del latte, morbidi come un abbraccio, vale a dire una riedizione del Lanital realizzato in periodo fascista. Allo stesso modo moltissimi esperimenti pionieristici sull’eolico e sul solare furono cantierizzati e brevettati proprio in quegli anni. Per non parlare di una nuova visione del trasporto ferroviario.
Leggendo il libro di Marino Ruzzenenti mi sembra di sfogliare una moderna rivista ecologista: risparmio energetico, riciclaggio estremo dei rifiuti, raccolta porta a porta, lotta allo spreco, studio di nuovi materiali ecologici e sostenibili. Tutto questo lo ritroviamo nella fase autarchica degli anni ’30 in Italia, forse l’unico momento storico che, depurato dalle incrostazioni dovute all’ideologia fascista, in cui il nostro Paese ha potuto veramente definirsi una nazione sostenibile. Non solo ho riscontrato un rigoroso studio che mira a rivisitare le realizzazioni del periodo autarchico italiano, nella prospettiva di limitatezza dello sviluppo dovuto proprio alla connotazione del nostro Pianeta, ma anche la proposta di una chiave di lettura che offre interessanti spunti d’iniziativa che permetterebbero di uscire dall’impasse economico-ambientale in cui ci troviamo oggi.
Autarchia Verde mette peraltro in evidenza i limiti di alcune idee che si stanno facendo strada in alcuni settori ambientalisti come, ad esempio, una sperata autosufficienza alimentare del nostro Paese. L’Italia nel periodo antecedente alla seconda guerra mondiale contava circa 42 milioni di abitanti che riuscivano a malapena a sfamarsi, pur mettendo in campo quanto di meglio poteva offrire l’impegno autarchico. Come potrebbe essere autosufficiente oggi con 60 milioni di abitanti e con una fetta importante del territorio nazionale sacrificata alla cementificazione?
Stesso discorso vale per le materie prime. Si seppe trasformare il carbone in petrolio, tuttavia bisognava avere del carbone. Si rimpiazzò il carbone con la legna, in ogni caso bisognava averne a sufficienza. Il problema era: con che cosa ci si scaldava? Con il carbone? Ma allora, bisognava rinunciare ad utilizzarlo per fare del carburante.
Si rimpiazzò la seta con il rayon, ma bisognava avere la cellulosa. Se ne deduce quindi come l’Italia dovesse non solo pianificare delle strategie decrescenti, ma anche realizzare fitte reti di scambio con altri Paesi proponendo ciò che poteva offrire: allora come oggi eccellenze, cultura, arte e turismo senza per questo diventare un paese di ristoratori e camerieri.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 008Nonostante le numerose difficoltà da affrontare Giorgio Nebbia nella prefazione del libro ricorda che un’autarchia va oggi praticata perché abitiamo tutti in un’unica nazione, il Pianeta Terra, i cui confini sono chiusi: “Possiamo trarre quello che ci occorre soltanto dal suo interno e la nazione planetaria soffre degli stessi limiti che affliggevano i paesi in guerra nel XX Secolo. Contare sulle proprie forze, fare di più con meno non sono capricci, ma linee della politica economica da adottare nel XXI secolo”.
In conclusione, se è comprensibile che l’autarchia sia stata oggetto di ostracismo a causa dei suoi ccessi e del suo orientamento alla preparazione della guerra, uno dei meriti principali di questo libro è rammentarci che negli stessi anni, nei paesi democratici, le stesse politiche – come il citato New Deal di Roosevelt – avevano invece l’obiettivo di salvare la pace. Persino Keynes, nell’opuscolo intitolato La fine del laissez-faire, lo scrive chiaramente: “Inclino a credere che, quando il percorso di transizione si sarà compiuto, una certa misura di autarchia o di isolamento economico tra le nazioni, maggiore di quello che esisteva nel 1914 possa piuttosto servire che danneggiare la causa della pace”.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 003E gli attuali ecovillaggi non sono altro che l’emblema della ricerca di uno tile di vita rallentato all’insegna della decrescita a km zero: in altre parole comunità e autarchia.

Alberto C. Steiner

Se la violenza è funzionale

Parto da una stupidaggine per introdurre un discorso serio. Naturalmente la premessa è inventata.
Da qualche tempo il mio computer fa i capricci: nulla di grave, beninteso, però mi causa fastidio. Un amico esperto, dopo aver analizzato tutte le componenti ed avere accertato l’assenza di virus, malware e simili nefandezze ha emesso il verdetto: “Tutto ok, la DDR3 perfetta, il clock apposto, la RAM va bene… il problema casomai è la ROM: dovresti scegliertene una decente”. Ecco… e così ora sono in imbarazzo: quale Rom scegliere? Questa della foto può andare, penso…Cesec-CondiVivere 2014.12.03 Zingari 001Lo zingaro: quel mostro laido dedito al furto, al borseggio ed ai più loschi commerci sin dall’infanzia. Peggio ancora la zingara: quella lurida e mefitica strega, inquietante e forse un po’ puttana, dedita all’accattonaggio e che ruba i bambini. Per non parlare di quelle tribù allocate nelle nostre periferie, alle quali vengono regalate case e utenze mentre noi che ci sudiamo il pane… e che ammorbano il panorama con le loro sconcezze da selvaggi fornendo un pessimo biglietto da visita durante i percorsi di avvicinamento alle nostre città. Notoriamente, se non ci fossero i campi nomadi, i nostri suburbi visti dall’autostrada o dalla ferrovia apparirebbero ben più accoglienti e ordinati di un paesaggio svizzero da cartolina.
Come sempre è vero tutto e il contrario di tutto, e con questo non voglio dire che gli zingari siano dei santi, caso mai sono Sinti…Cesec-CondiVivere 2014.12.03 Zingari 005Credo però che se non esistessero, gli zingari, bisognerebbe inventarli, della serie: forza, diamo in pasto al popolo un nemico in modo che concentri l’attenzione su un falso obiettivo.
Il servo teme il servo e noi, da sempre servi e massimamente incolti, temiamo chiunque attenti anche solo immaginificamente al nostro orticello. Il quotidiano più letto in Italia non è Il Corriere della Sera, e non si disputa il palmares con La Repubblica. Nossignori, il quotidiano più letto è la “Gazza”, e non credo sia un caso.
Oh intendiamoci, noi italiani non siamo razzisti. Lo premettiamo sempre, in ogni discorso: “Non è per essere razzista ma…” Vero, non siamo noi ad essere razzisti, sono loro che, di volta in volta, sono negri o zingari, mussulmani demmerda o culattoni, veganimalardi o mangiacadaveri.
Italiano brava gente… anche quelli che nel 1935 bombardarono con i gas asfissianti gli Abissini per liberarli dal barbone nero, re africano. Già, ma il maresciallo Graziani era un fascista. Beh, il fascismo non lo avevano ancora inventato il primo novembre del 1911, quando la prima bomba lanciata da un aereo, una granata a mano Haasen di fabbricazione danese, esplose su un’oasi alla periferia di Tripoli, per opera del sottotenente pilota marchese Giulio Gavotti.
Per non farla troppo lunga arrivo al punto. La verità è che la crescita economica e demografica vengono solitamente espresse in percentuali, il che nasconde l’essenziale: la crescita economica in termini di merci e servizi avviene soprattutto nel mondo già ricco, quella demografica in quello povero.
Sempre più persone nascono con una prospettiva di ignoranza, povertà e fame: sono superflue, senza valore nell’economia della dipendenza reciproca, e tuttavia esposte ai suoi effetti. E sempre più nascono con la violenza come unica via d’uscita.
Tutti i modi tentati fino a oggi per dare sussistenza, si badi bene: sussistenza, a un numero più alto di persone elevando il loro livello di vita hanno consumato e consumano risorse limitate e caricano suolo, aria, acqua di scorie, pattume, liquami.Cesec-CondiVivere 2014.12.03 Zingari 002In questo secolo, ed in quello da poco trascorso, si è chiarito che il livello di vita dei paesi industrializzati o per meglio dire ex-industrializzati non può essere mantenuto ed esteso a tutta la popolazione mondiale. Ci siamo creati un modo di vivere che deve essere forzatamente limitato ad una minoranza.
In questa minoranza, fino a non molti anni fa costituita da un’ampia classe media in un numero limitato di paesi e da una esigua classe superiore in quelli restanti, i membri si riconoscevano dalla capacità di acquisto. Essi avevano un comune interesse a conservare i loro privilegi, se si fosse reso necessario anche ricorrendo alla violenza. Anche loro, quindi, nascevano con una prospettiva di violenza.
Come se non bastasse, bastava leggere Keynes o Ford per saperlo, si sono affacciate al mercato del consumo nuove realtà, nuovi attori che rappresentano potenzialmente quasi un terzo della popolazione mondiale. E questi, per dirla con Aldo, Giovanni e Giacomo, ci ciulano il cibo.Cesec-CondiVivere 2014.12.03 Zingari 003È da questa violenza, quella esercitata, quella sopita e quella delegata a chi fa il lavoro sporco camuffato da missione di pace, che germogliano i sogni di genocidio. Le ingiustizie che difendiamo ci costringono a mantenere armi di sterminio con le quali le nostre fantasie possono in qualsiasi momento diventare realtà.
La violenza globale costituisce in realtà il nocciolo duro della nostra esistenza, e non possiamo gesuiticamente fingere che non sia vero.
Si, ma cosa c’entra la Rom decente in tutto questo? C’entra per uno di quegli accadimenti che a me piacciono, quelle storie minori che la cronaca non registra perché non istiga al rancore.
C’entra perché la Rom decente è addirittura una stilista e una modella. Tutto iniziò a Carbonia, in Sardegna, nell’ottobre del 2011: dai campi nomadi all’atelier di alta moda sfidando i cliché sugli zingari e superando diffidenze e ruggini, il sogno di nove ragazze Rom di etnia serba e bosniaca divenne realtà attraverso il progetto Zingarò, una formazione nel settore della moda che dopo un periodo di apprendistato avrebbe consentito alle partecipanti di entrare con un ruolo da protagoniste nel mondo del lavoro sartoriale.Cesec-CondiVivere 2014.12.03 Zingari 004Inizialmente venne avviata una bottega all’interno della comunità San Lorenzo di Iglesias e e successivamente fu creata un’impresa: sartoria per uomo, donna e bambino con il marchio autoironico Zingarò. Ed ora le Rom decenti, rimaste in cinque e che spesso presentano i loro modelli indossandoli personalmente e che anche quest’anno chiuderanno il bilancio con significativo utile netto, stanno per aprire uno show room a Roma, dopo essersi fatte notare anche nelle piu’ importanti passerelle italiane ed europee. Certo, tuttiicriminidegliimmigrati o imolaoggi non ne hanno parlato, e nemmeno il misfatto quotidiano.

ACS

“Vedo che voi ragazzi vi state avvelenando con i vostri stessi gas”. Italia, un cimitero di armi chimiche.

Alle ore 19:15 del 2 dicembre 1943 centocinque bombardieri Junker 88 della Luftwaffe affondarono diciassette navi mercantili ancorate nel porto di Bari. Una di queste, il mercantile statunitense John Harvey, esplose con il suo carico pari a circa cento tonnellate di bombe all’iprite del tipo Levinstein H, un gas devastante dagli effetti mortali, provocando la fuoriuscita di sostanze tossiche che contaminarono le acque del porto. L’iprite frammista alla nafta in fiamme sull’acqua generò un’enorme nube tossica che investì l’intero porto e la città vecchia, rendendo micidiale l’aria.Cesec-CondiVivere 2014.12.02 Arni chimiche 006Il bilancio fu di oltre un migliaio di vittime tra militari e civili ma la reale portata delle conseguenze umane ed ambientali legate a questa vicenda storica, nota come il più grave disastro di guerra chimica del secondo conflitto mondiale, non è mai stata appurata.Cesec-CondiVivere 2014.12.02 Armi chimiche 007Fu quella notte che da Radio Berlino, emittente della propaganda tedesca in lingua inglese si udì la voce suadente, sensuale e vellutata ma nel contempo affilata come un kirpan, il pugnale Sikh, della commentatrice Mildred Elizabeth Gillars soprannominata Axis Sally, che pronunciò la frase rimasta nella storia: “Vedo che voi ragazzi vi state avvelenando con i vostri stessi gas” per insinuare tra le truppe alleate il messaggio di morte finalizzato a metterne in crisi il morale.
Fu il più grande disastro subito dalla Marina degli Stati Uniti dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour, ma quella sera del dicembre 1943 si consumò anche il più grave atto di guerra chimica di tutto il secondo conflitto mondiale, definito l’unico disastro chimico avvenuto in un Paese occidentale ma che i governi alleati classificarono come top secret e sul quale, nonostante le opere di bonifica passate e in corso, tuttora grava un discreto silenzio.Cesec-CondiVivere 2014.12.02 Armi chimiche 008Nel dopoguerra la Marina Militare Italiana provvide alla bonifica recuperando gli ordigni presenti nel mare antistante il porto barese facendone brillare alcuni e riaffondandone altri più al largo oltre i mille metri di profondità, secondo una consuetudine molto praticata in tutto il mondo fino a trenta anni fa.
Il recupero delle bombe sommerse fu intrapreso anche da civili al fine di recuperare il costoso esplosivo in esse contenuto. Ma se venivano pescati ordigni carichi di iprite, sostanza di scarsissimo valore economico, questi venivano puntualmente ributtati a mare senza alcun controllo delle autorità militari. Per tale ragione molte bombe si trovano tuttora a basse profondità e solo oggi si inizia a disporre di una loro parziale mappatura. Del resto, a parte un convegno tenutosi a Bari lo scorso anno in occasione del 70°anniversario, tra la popolazione non restano tracce emotive della vicenda, considerata semplicemente uno dei tanti tragici eventi che segnarono la guerra, anche se nei decenni trascorsi sono stati accertati almeno 250 casi di contaminazione, alcuni mortali, fra pescatori che hanno rinvenuto nelle reti bombe cariche degli agenti chimici con i quali sono venuti a contatto.Cesec-CondiVivere 2014.12.02 Armi chimiche 004Su sollecitazione di alcune associazioni ambientaliste il Ministero dell’Ambiente ha recentemente avviato il Progetto ACAB, Armi Chimiche Affondate e Benthos, un lavoro affidato all’ICRAM, Istituto Centrale per la Ricerca Applicata al Mare, in collaborazione con le Università di Bari e di Siena per localizzare gli ordigni e studiarne le conseguenze sull’ecosistema marino e successivamente bonificare l’area.
La prima fase esecutiva del progetto ha individuato alcuni punti caldi, tra questi il tratto di mare antistante Molfetta a circa 35 miglia dalla costa, tra i 200 e i 400 metri di profondità. Sono state individuate anche diverse sostanze delle quali si stanno analizzando gli impatti sull’habitat marino, che presenta evidenze di pesci mutogeni.
Il tioetere del cloroetano o solfuro di etile biclorurato è un gas dal vago colore senape, da cui la denominazione di gas mostarda, noto come Iprite dalla località di belga di Ypres dove il 12 luglio 1917 fu impiegato per la prima volta a scopi bellici con effetti devastanti.
L’iprite attacca tutte le cellule con le quali viene in contatto distruggendole completamente: agisce sulle mucose e sulla pelle producendo infiammazioni, vesciche e ulcerazioni difficili da guarire. Agisce violentemente sulle mucose degli occhi e, quando vengono respirati, i suoi vapori entrano nel circolo sanguigno distruggendo i globuli rossi ed uccidendo quasi all’istante. Essendo liposolubile, una volta penetrata nell’organismo attraverso la pelle l’iprite si fissa ai tessuti e intossica l’intero organismo in meno di 24 ore. La dose mortale è pari a 10 milligrammi e negli anni ’40 la biologa tedesca Charlotte Auerbach scoprì che alcune sostanze tra quelle appartenenti al gruppo dell’iprite presentavano azione mutagenica.
L’impiego dell’iprite fu bandito dalla Convenzione di Ginevra del 1925 ma la micidiale sostanza continuò ad essere segretamente utilizzata, unitamente ad altre ancora più pericolose e moderne: Sarin e VX come armi chimiche letali; DM, BZ, CN, CS come armi chimiche inabilitanti; acido calcolitico ed agenti, bianco, blu e arancione, quest’ultimo noto anche al grande pubblico come il defoliante utilizzato in Vietnam.
Gli effetti ambientali di tali armi chimiche sui vari ecosistemi, sono poco noti. A causa anche della scarsità di ricerca scientifica da sempre ostacolata da segreti militari.
Ma nel nostro Paese abbondano i veleni di origine bellica, e la storia delle armi chimiche italiane non è mai stata approfondita. Gli impianti italiani per la produzione di armi chimiche erano i più importanti esistenti in Europa dopo quelli tedeschi. Nel dopoguerra nessuna città italiana ha mai effettuato analisi mirate o monitoraggi dei danni provocati dalle armi chimiche a livello epidemiologico ed ambientale.Cesec-CondiVivere 2014.12.02 Armi chimiche 009Le fabbriche di armi chimiche possono produrre anche antiparassitari, detergenti, solventi, pigmenti, addirittura farmaci o abbigliamento e questo comporta una sorta di invisibilità.Cesec-CondiVivere 2014.12.02 Armi chimiche 002 Infatti numerosi impianti di produzione di armi chimiche hanno continuato a lavorare anche dopo la fine della guerra. Alcuni, come quelli di Foggia e di Napoli, sono stati distrutti dai tedeschi in ritirata ma per decenni nessuno è andato a sondare la situazione. Dal 1967, anno in cui la ex-Rumianca di Pieve Vergonte venne travolta dal fallimento della SIR di Nino Rovelli, al 1981, quando venne affidata all’ANIC per decreto governativo, nessuno mise più il naso nello stabilimento.Cesec-CondiVivere 2014.12.02 Armi chimiche 005Lo stesso accedeva a Chemical City, definita così dall’intelligence inglese negli anni ’40, un sito militare a poche decine di metri dal lago di Vico, in provincia di Viterbo. Vi si trova uno dei più importanti bunker di produzione di armi chimiche impiantato nel Ventennio: iprite mescolata ad arsenico, fosgene, admsite. Un magazzino di materiali per la Difesa NBC, Nucleare, Batteriologico, Chimico rimasto per decenni nell’ombra fino al 1996 quando, durante la prima operazione di bonifica condotta nel più assoluto segreto, un ciclista venne investito da una nube tossica fuoriuscita dal centro chimico, svelando la dimensione del problema. Negli anni successivi le autorità militari e Legambiente hanno evidenziato in alcuni punti concentrazioni di arsenico e altri metalli pesanti superiori alla soglia di contaminazione. Nel novembre 2012 sono state avviate le operazioni per la bonifica definitiva.Cesec-condiVivere 2014.12.02 Armi chimiche 001Ma molti impianti di produzione militare agivano senza nessuna cautela per l’ambiente, lasciando pesanti eredità nel suolo e nell’acqua. Come accadde per esempio a Melegnano, dove nella seconda metà degli anni ’90 venne realizzato, sull’area di una ex-fabbrica nella zona denominata Piana dei Giganti dalla battaglia che vi ebbe luogo nel settembre 1515, un complesso immobiliare dall’impresa di proprietà dell’allora presidente degli agenti immobiliari: i casi di intossicazione di operai non si contarono, vennero rinvenuti fusti arrugginiti e fessurati dai quali un liquame verdastro colava nel terreno e l’intero complesso rischiò il sequestro.Cesec-CondiVivere 2014.12.02 Armi chimiche 003Tutti in zona sapevano come a guerra finita il fiume che scorreva accanto alla fabbrica fosse pieno di sostanze chimiche letali, però nessuno fece mai nulla.
Da alcuni anni è attivo il Comitato bonifiche armi chimiche, operativo grazie alla collaborazione delle forze armate italiane e straniere che stanno mettendo a disposizione i propri archivi storici. Segno di una mutata consapevolezza riguardo al problema, certamente. Ma la vera questione sono i soldi: occorrono fondi ingentissimi per vedere quante sostanze sono state prodotte e quante ne sono state gettate per mare e per terram, calcolando con criteri moderni quali sono i rischi ancora oggi esistenti per la popolazione e per le coltivazioni ed infine procedere alle bonifiche.
E stando così le cose a me sembra di sentirla adesso, la voce di Axis Sally che, sensuale, gelida e terribile come uno snuff movie, commenta che ci stiamo avvelenando con i nostri stessi gas: in fondo è quello che noi italiani stiamo facendo da settant’anni.

Alberto C. Steiner

Scelgo il concubinaggio!

Chi so io è appena partita per l’Olandia e, accompagnandola in aeroporto, ho provato un’insopprimibile pulsione, che mi accomuna ad innumerevoli italici maschi: vado a caccia di femmine.
Con alcune particolarità. Anzitutto devono essere quattro. E poi non ho voglia di una botta e via, perciò le ospiterò a casa mia il più a lungo possibile.Cesec-CondiVivere 2014.12.01 Galline spazzine 003Le nutrirò con scarti e avanzi di cucina ma non fraintendetemi, non sono né un micragnoso Scrooge né un cultore del sadomaso. Disporranno anzi di una casetta tutta per loro, una sorta di minuscolo gineceo, munito di ogni confort compatibilmente con il loro status.
Certo, pur non essendo affatto schiavo del giudizio altrui mi rendo conto di come non sia forse opportuno farmi vedere a passeggio con loro lungo la via principale della città dove risiedo, ma un modo perché non restino perennemente rinchiuse in casa e possano anzi praticare un po’ di moto lo escogiterò.
Presterò loro la più adeguata assistenza sanitaria ove necessario, ma ammetto che quanto ai temi culturali ho deciso di soprassedere: in fondo quest҄o genere di femmine ha pur sempre un cervello da gallina.
Non sono un santo, ed è quindi ovvio che mi aspetto qualcosa in cambio… infatti mi aspetto che le mie attenzioni siano ricompensate, possibilmente ogni giorno, con qualche uovo fresco.le uova nel nido In ogni caso avrò risolto una questione che trovo sempre più fastidiosa: la raccolta dell’umido.
Ormai viviamo in un mondo di ossimori. Tra questi il commercio equo e il prezzo giusto, senza dimenticare lo sviluppo sostenibile e l’associazione delle imprese umane. Ma, come nei famosi misteri goliardici, si contemplano imprese quasi sempre disumane, commerci iniqui, prezzi indifferenti alla giustizia e naturalmente sviluppo insostenibile, che costituisce un’autentica impostura, una presa in giro persino mentre utilizzi gli orinatoi lungo le autostrade o nei centri commerciali: “questo pisciatoio contribuisce allo sviluppo sostenibile“.
Di questa e di altre consimili menzogne ho parlato più volte su queste pagine, e pure l’argomento che sto, brevemente, per affrontare non è nuovo alla mia penna: in modo ben più esaustivo venne affrontato il 3 gennaio scorso nell’aricolo Contro la fame… a Natale 440mila tonnellate di cibo nella spazzatura che qui richiamo brevemente, giusto per ricordare che nel 2013, tra natale e capodanno, noi italiani abbiamo buttato nella spazzatura 440mila tonnellate di cibo.
Nonostante l’imperante crisi, che spesso serve solo a riempire certe bocche di parole inutili e di luoghi comuni, il periodo natalizio è quello in cui si spreca di più rispetto al resto dell’anno, e mi dà fastidio pensare a quanti potrebbero beneficiare di quel cibo, che fa parte a pieno titolo di quel 30 per cento che a livello mondiale viene perduto, considerando che quasi 900 milioni di persone soffrono, letteralmente, la fame e che i 26,4 milioni di famiglie italiane hanno buttato letteralmente nell’immondizia l’equivalente di 50 euro ciascuna, per un totale di 1,32 miliardi di euro.
Ma, pur attraverso una maggiore consapevolezza, la questione degli scarti alimentari permarrebbe. Ed ecco entrare in gioco le galline concubine: ciò che buttiamo nel sacchetto dell’umido non sono solamente gli avanzi, ma anche bucce di frutta e verdura, foglie, torsoli, noccioli, ossa, cartilagini e chi più ne ha più ne metta.Cesec-CondiVivere 2014.12.01 Galline spazzine 001Sono fermamente convinto, e gli esperimenti condotti in alcune realtà locali lo dimostrano, che disporre di semplici galline, a livello individuale o di quartiere, alle quali conferire tali scarti consentirebbe un notevole guadagno persino in termini di inquinamento ambientale: un camioncino in meno per ogni quartiere che viene a prelevare l’umido, meno emissioni per lo smaltimento. In un anno una gallina mangia circa 150 chilogrammi di rifiuti alimentari domestici (pane secco, scarti di frutta e verdura, persino piccole ossa) produce 200 uova e una discreta quantità di escrementi, utilizzabili come ottimo concime, per esempio per piccoli orti privati, condominiali o di quartiere dove abbinare autoproduzione, prossimità alla Natura ed in un certo senso anche una forma di terapia anti-stress.
Senza dimenticare l’economia dello scambio che si verrebbe a creare favorendo relazioni, in una logica di decrescita, vale a dire esattamente l’opposto di un truffaldino sviluppo sostenibile. Certo in piccolo, anzi in piccolissimo. Il piccolo di ciascuno di noi, quel piccolo controllabile, quel piccolo che, proprio in quanto non è predabile dalla democrazia rappresentativa, non può essere utilizzato per ricamarvi concioni, proclami o imbonimenti. Ditemelo: sono un sognatore?

ACS