Ancora sinistre luci su una coop: sequestrati impianti fotovoltaici per 16 milioni.

Quando nel 1976 avvenne il famoso sorpasso del PCI, ottenuto in particolare grazie ai voti dell’elettorato siciliano, Montanelli scrisse su Il Giornale un vero e proprio aforisma, che non ho dimenticato. Attribuendo la dichiarazione ad un anziano boss mafioso isolano, del quale ho dimenticato il nome forse proprio perché inesistente, virgolettò: “Con i calabresi non abbiamo niente da spartire perché sono dei selvaggi, ma meglio loro dei camorristi. I napoletani non sono gente seria, affiliano persino i vigili urbani.”CC 2015.10.12 Coopcoopcoop 001Trascorso un quarantennio non posso che verificare quanto le parole di Montanelli fossero profetiche: la criminalità organizzata, sempre più disorganizzata perché tanto la qualità non serve (non ci sono più i mafiosi di una volta…) assolda avvocaticchi e politici di seconda fila, pseudoimprenditori e puttanazze, traffichini pezzenti.
Insomma, l’italico trinomio pizza-mandolino-mafia è andato a farsi fottere: nella pizza nessuno batte più gli egiziani, il mandolino non lo suonano più nemmeno nei matrimoni di paese e, quanto alla mafia, con la concorrenza russa e cinese, siamo alla canna del gas.
Giusto a proposito di gas: la cooperativa Concordia, nome evidentemente infausto, già inquisita per il metanodotto di Ischia in collusione con la Camorra (no, che cazzo, camorra maiuscolo…. un minimo di decenza, che diamine!) è di nuovo nei guai.
Questa volta per il fotovoltaico, come riferiscono diversi quotidiani ed in particolare Il Fatto Quotidiano del 2 ottobre: “Cpl Concordia, nuova inchiesta su coop rossa: Fotovoltaico, truffa da 16 milioni”.CC 2015.10.12 Coopcoopcoop 002E così una nuova inchiesta colpisce Cpl Concordia, la coop rossa accusata di rapporti con la camorra casalese. La Guardia di Finanza ha sequestrato impianti fotovoltaici e conti correnti per 16 milioni di euro a progettisti e rappresentanti di società operanti nel fotovoltaico in Puglia. Secondo gli inquirenti, gli impianti sono intestati a soggetti diversi, ma sono in realtà riconducibili a Cpl Concordia. Sono 14 gli avvisi di garanzia emessi dal Gip di Modena – l’azienda ha sede a Concordia sulla Secchia – su richiesta della procura.
E così facciamo onore anche alle tradizioni: una leggenda modenese vuole che la secchia fosse stata rapita. Ora possiamo immaginare cosa contenesse.
Gli avvisi di garanzia sono stati notificati dai finanzieri della compagnia di Monopoli – e poi qualcuno sostiene che in nomen omen non significhi niente… – per i reati di associazione a delinquere, falso ideologico in atto pubblico e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Le indagini hanno indicato un’anomala concentrazione di impianti fotovoltaici in alcune aree dei Comuni di Turi e Noci, in provincia di Bari. Impianti che, secondo l’accusa, benché suddivisi e formalmente riconducibili a soggetti economici diversi, erano di fatto riferibili ad un unico centro di interessi economici, vale a dire la Cpl.
Secondo gli inquirenti, tre parchi fotovoltaici di grandi dimensioni erano stati solo formalmente frazionati in più impianti di piccola potenza, con l’obiettivo di aggirare la complessa procedura prevista per il rilascio della autorizzazione unica regionale (Aur, anzi: Ahuuuurr!). L’operazione, oltre a semplificare le procedure autorizzative, assicurava un indebito vantaggio legato al conto energia, il meccanismo che premia con tariffe incentivanti l’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici per un periodo di 20 anni. I pagamenti indebiti erogati dallo Stato alle 10 società sono stati quantificati in 16 milioni di euro, il valore dei beni sequestrati.CC 2015.10.12 Coopcoopcoop 003Piccolo inciso: in quel tempo i vantaggi erano conseguibili a partire da una potenza nominale – si badi bene nominale – di 1MW, ridotta ai nazionalpopolari 250 kW quando gli incentivi erano finiti.
Naturalmente il consiglio d’amministrazione di Cpl ha deciso di sospendere, in via cautelativa e con effetto immediato, i dipendenti coinvolti dall’indagine. Della serie: stai a casa, non rompere le palle che tanto il posto non te lo tocca nessuno, questi sono diecimila euro per le piccole spese e stai tranquillo per l’avvocato.
Ho conosciuto un tranquillo, quando frequentavo San Vittore: gli avevano dato trent’anni.
Ovviamente Cpl Concordia, nel mentre conferiva mandato ad un collegio di difesa, ha ribadito il massimo rispetto e la piena fiducia nell’attività della magistratura modenese.
E fin qui la notizia. Se qualcuno aveva dubbi sulle truffe del fotovoltaico è bene che scenda dal pero: non è la fonte di energia più antieconomica che c’è, ma lo è diventata perché nessuno la installerebbe senza i contributi statali, e i contributi vengono spartiti tra erogatori e fruitori. Non ci sono controlli, il costo delle componenti viene ricaricato del 1000 per cento. Ops, volevo scrivere dieci ma sono scappati due zeri…
E, è matematico in itaGlia: dove ci sono incentivi c’è puzza di bruciato.
Comunque non fasciamoci la testa prima del tempo: si tratta sicuramente di una mela marcia in un paniere altrimenti rigoglioso e virtuoso.
Ah già, preso dalla favola bella che un giorno li illuse stavo dimenticando un dettaglio: l’avevo detto io, a un noto istituto di credito emiliano, che quei terreni che venivano valutati quasi come residenziali di pregio, non valevano in realtà un legume. Per la precisione una fava.
Fine della pièce teatrale, credits a Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Alberto C. Steiner

Aumenta tutto in Italia, ma nulla batte le sofferenze bancarie.

Stanno crescendo a ritmi superiori al 20%: sono le sofferenze delle banche italiane, passate in pochi anni da 40 miliardi a 200.
Una montagna di crediti con scarsa probabilità di recupero integrale, diventata l’oggetto del desiderio di investitori esteri specializzati nei cosiddetti NPL, Non Performing Loans, che se ne stanno in agguato a pelo di melma come i coccodrilli, pronti a balzare sulla preda: osservano immobili e silenziosi, valutano sapendo che le banche italiane prima o poi dovranno disfarsene per ripulire i bilanci.CC 2015.10.12 Sofferenze 002I fondi esteri stanno solo aspettando che le valutazioni tra chi compra e chi vende si avvicinino, perché sino ad oggi la distanza eccessiva tra i valori netti scritti dalle banche (dedotto quel 40-55% di rettifiche) e i prezzi offerti dal mercato era troppo ampia.
Se fossero stati applicati i prezzi di mercato le banche avrebbero subito eccessive minusvalenze nei bilanci. E questa, solo questa, è quasi certamente la vera ragione che ha impedito la volontà comune di creare una bad bank italiana, sulle orme di altre estere: non potevano sopportare altre perdite, alcune avrebbero perso troppo capitale. E proprio l’ipotesi di una bad bank, tornata di moda recentemente per le aspettative sull’esito degli stress test, è lo spauracchio degli acquirenti di NPL, che si vedrebbero sottrarre di colpo il ghiotto pasto al quale si stanno preparando da tempo.
Perché il mercato delle sofferenze è così attraente per gli investitori? Prima di tutto perché è gigantesco, poi perché questo potrebbe essere il momento migliore per comprare, prima che la ripresa cominci e che risalgano le percentuali di recupero dai debitori, oggi alquanto modeste.
Perciò non stupitevi di leggere che Fortress abbia dichiarato recentemente di volere fare grandi investimenti in Italia, che lo specialista dell’immobiliare REAG abbia annunciato l’entrata nel mercato NPL, o che il fondo Tages con Fonspa stia facendo di tutto e di più pur di mettere le mani sui 3-4 miliardi di sofferenze esplose nel bilancio di Banca Marche. Poi c’è anche Saviotti: attende di rimettere sul mercato Release, la società che contiene tutti i disastri di Italease e Unicredit. Ma la lista è molto più lunga e i valori in gioco importanti.
La corsa alle sofferenze italiane era già stata segnalata nel 2013 dagli specialisti, e nello scorso luglio da un articolo di Bloomberg Business Week. Le operazioni stanno cominciando, probabilmente a partire da portafogli selezionati con maggiori garanzie e più elevata probabilità di recupero.
Intanto la fabbrica delle sofferenze produce a pieno ritmo, continuando a sfornarne ogni mese. Che sia colpa degli imprenditori poco abili o delle banche che li hanno fatti indebitare e poi non hanno saputo frenare il tracollo poco importa. La situazione del sistema bancario italiano è spaventosa, anche a confronto con il resto d’Europa e alcune banche si segnalano per una posizione estremamente vulnerabile.
Tutte le banche italiane, ad eccezione del virtuoso Credem hanno capitalizzazioni di borsa inferiori al valore contabile di libro, e la pattuglia tricolore – in questo caso veramente acrobatica – si segnala per valore molto elevati di crediti deteriorati sul patrimonio tangibile a fine 2013. In evidenza, da anni, la gravissima posizione di Montepaschi.
Ma di sofferenze sono imbottite anche le banche di seconda fila, con enormi differenze tra banche pluri-regionali come l’eccellente Credem e come Banca Marche. Carige e Banca Etruria notoriamente in difficoltà, insieme con Popolare Vicenza e Veneto Banca. E persino i piccoli Crediti Cooperativi su base locale piangono, alcuni fiumi di lacrime.
Perciò i fondi aspettano soddisfazioni anche in provincia, visitando e rivisitando i contenziosi delle banche e facendo offerte che non avranno mai pubblicità né sui prezzi preventivati né su quelli concordati. Forse la combinazione di un’altra tornata di alte rettifiche e la fine della recessione potrà aiutare a fare esplodere sul serio e una volta per tutte questo anomalo, triste e tristo mercato.
E noi, in questa bufera, dove siamo? Noi, con il nostro piccolo legno, abbiamo ammainato e disalberato, barra libera quanto basta e andiamo dove ci portano i marosi: scopriremo sicuramente Fuochi di Sant’Elmo e mari in amore, coste arroccate e spiagge sommerse.CC 2015.10.12 Sofferenze 003Accosteremo sfilando giganti e carrette del mare, spesso vere navi fantasma. Abbiamo acqua e viveri, brandy e sigarette, qualche gioco per trascorrere in Quadrato il tempo libero dai turni.
Nel frattempo stiamo portando avanti una complessa valutazione di cespiti immobiliari agricoli, da anni privi di mercato. Li accorperemo ad un fondo, di dimensioni assolutamente minuscole se parametrato ai colossi e che non prevede la rinegoziazione prima che sia trascorso almeno un triennio. Ma prevede una progettualità all’insegna della realizzazione di complessi abitativi coresidenziali, ecovillaggi ed aziende agricole d’eccellenza, stutture destinate ad accogliere attività a sfondo sociale.
Per ora è tutto. Quando sarà il momento ne riparleremo.

Alberto C. Steiner

Non crediamo in bio: da non credere!

Premetto che la rivista Altroconsumo non gode della mia stima, soprattutto da quando un paio di anni fa ha perorato le istanze di una coppia che, dopo aver goduto in Grecia di numerosi benefits per compensare una sistemazione alberghiera alternativa a quella prenotata, una volta tornata a casa ha chiesto i danni all’albergo.CC 2015.10.05 Altroconsumo BioMa questa volta a mio parere hanno proprio, come si dice, pisciato fuori dal secchio. Mi riferisco all’articolo Non crediamo in bio (leggibile qui) pubblicato nel numero di settembre che, puntualmente ha suscitato sconcerto e riprovazione.
Non sono un sostenitore del bio a prescindere, ma sono perfettamente consapevole dei rischi che si corrono alimentandosi con prodotti non controllati quanto a salubrità. Oltre che dei rischi che corre il territorio.
Potrei citare le numerosissime repliche ricevute dall’articolo. Preferisco limitarmi a riportare un parere, che ritengo tanto qualificato quanto pacato nella sua esternazione, pubblicando per esteso la lettera scritta dalla dottoressa Renata Alleva, presidente dell’ISDE di Ascoli Piceno e dalla dottoressa Patrizia Gentilini, specialista in oncologia ed ematologia generale, del Comitato Scientifico Associazione dei Medici per l’Ambiente ISDE Italia.
«Gentile Direttore,
Sono rimasta profondamente sconcertata sia come cittadino che cerca di fare scelte consapevoli, ma soprattutto come medico che ha a cuore la salute umana. Non le nascondo inoltre che ho provato una profonda delusione nel vedere affrontato in modo quanto meno superficiale da una rivista che vorrebbe porsi a tutela del consumatore un tema tanto delicato.
Dall’articolo emerge molto chiaramente una “bocciatura” del biologico, che del resto risultava lampante già dal titolo, perché, in base alle vostre indagini condotte su mele, fragole, carote e pomodori ciliegini, non vi sarebbero differenze sostanziali fra i due gruppi in termini di nutrienti e vitamine ed i pesticidi riscontrati sarebbero sempre ben al di sotto dei limiti di legge nei prodotti da agricoltura convenzionale. Unica eccezione di un campione di fragole in cui è presente una sostanza vietata per questa coltura quale il carbaril, presente ben oltre i limiti di legge.
In realtà a ben esaminare i vostri risultati si può giungere invece a conclusioni nettamente opposte: voi avete esaminato 71 campioni bio e non bio di mele, fragole, carote e pomodori ciliegini : fra i prodotti biologici 8 campioni hanno presentato la presenza di 1 residuo ( 1 di fragola e 7 fra i pomodori ciliegini), mentre fra i prodotti non bio ben 63 presentavano residui ed in 6 casi vi era più di un residuo, addirittura fino a 5 diversi pesticidi in un campione di fragole!
Nell’articolo viene ripetutamente sottolineato che tutti residui sono comunque “entro i limiti”, ad eccezione di due campioni di fragole fuori legge entrambi contenenti carbaril, pesticida non ammesso ed in quantità superiore ai limiti consentiti (in uno dei due campioni, inoltre erano presenti anche altri due pesticidi). In realtà facendo solo un piccolo conteggio – visto che è raccomandabile introdurre giornalmente una grande varietà di frutta e verdura – chi si alimenta in modo non biologico introduce qualche decina di diversi pesticidi al giorno!
Davvero il fatto che le singole sostanze siano entro i limiti di legge può rassicuraci? E che dire della consistente presenza di multiresidui in singoli campioni? Quest’ultimo problema non è affatto trascurabile ed è crescente nella Comunità Scientifica la consapevolezza che la valutazione di rischio delle miscele di agenti chimici (in primis i pesticidi) è ampiamente sottostimato. Proprio per questo è stato di recente avviato in Francia uno studio (PERICLES) che si propone di valutare su linee cellulari umane e test di laboratorio gli effetti di 79 residui di pesticidi in 7 diverse miscele (da 2 a 6) presenti abitualmente nella dieta dei francesi ed i primi risultati mostrano come svariate funzioni cellulari vengono compromesse da questi cocktail con effetti che non possono in alcun modo essere compiutamente previsti sulla base dell’azione della singola sostanza. (The PERICLES research program: An integrated approach to characterize the combined effects of mixtures of pesticide residues to which the French population is exposed.Crépet A, Héraud F, et al. Toxicology 2013). Sempre a questo proposito credo che i lettori dovrebbero essere adeguatamente informati e messi a conoscenza che:
• i test tossicologici per la registrazione di queste sostanze vengono eseguiti sul principio attivo e non sul formulato commerciale (spesso molto più tossico come, ad esempio, nel caso del glifosate in cui nel prodotto commerciale è presente una serie di adiuvanti come il polyoxyethylene amine (POEA) molto più tossici del principio attivo (Williams et al., 2000; Howe et al., 2004; Santos et al., 2005; Jasper et al. 2012, Mesnage et al., 2012).
• l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) incaricata di queste valutazioni non dispone di propri laboratori ma esamina le indagini autonomamente condotte dalle aziende proponenti, indagini in genere condotte su animali di laboratorio per periodi molto brevi (non per tutta la durata della vita dell’animale)
• gli studi vengono condotti per singola sostanza e non sui cocktail di molecole cui siamo stabilmente espostià
• esiste una possibile diversità di effetti tossici fra composti originari e loro metaboliti: ad es l’acido aminometilfosfonico (AMPA) metabolita del glifosate è dotato di genotossicità e persistenza nell’ambiente maggiore del Glifosate (Manas et al., 2009).
• possono essere presenti effetti anche per dosi inferiori ai limiti consentiti e per esposizioni minimali: questo è stato dimostrato per l’atrazina e per il glifosate è emerso che viene alterata l’attività del citocromo P450 su cellule placentari umane a dosi 100 volte inferiori di quelle ammesse in agricoltura
• esiste ovviamente una diversa suscettibilità individuale in relazione a fattori genetici, età, genere, stato nutrizionale, abitudini personali etc
• I limiti sono stabiliti su adulti di 70 kg in buona salute quando è ben noto che negli organismi in via di sviluppo, in particolare nel periodo embrio fetale, nei neonati e nei bambini la suscettibilità è enormemente maggiore.
Tutto questo per ribadire che le dosi “piccole” e ripetute nel tempo non sono affatto scevre da rischi per la salute: noi tutti, ancor prima di nascere, siamo sottoposti all’azione di centinaia di molecole di sintesi che sono presenti nei corpi dei nostri genitori e, come nel caso delle molecole con azione di “interferenti endocrini” ( quali sono moltissimi pesticidi) agiscono per definizione proprio a dosi minimali e possono alterare i gameti (spermatozoi ed ovociti), con danni che si trasmettono da una generazione all’altra. L’esposizione prosegue poi nel grembo materno perché queste sostanze passano dalla madre al feto ed ovviamente si prolunga per tutto il resto della vita.

Nella comunità scientifica la preoccupazione per le patologie correlate ai pesticidi è massima, come dimostrano i circa 20.000 lavori scientifici pubblicati a questo riguardo su riviste scientifiche. Segnalo che a questi temi è stato dedicato un convegno ad Arezzo nello scorso ottobre i cui atti sono scaricabili qui.
In sintesi vorrei rammentare che ad esposizione cronica a pesticidi (professionale e non) è correlato un incremento statisticamente significativo del rischio delle seguenti patologie: asma professionale, bronchite cronica e BPCO, Morbo di Parkinson, Morbo di Alzheimer, Sclerosi laterale amiotrofica, diabete, patologie cardiovascolari, patologie autoimmuni, patologie renali, disordini riproduttivi, malformazioni e difetti di sviluppo, malattie della tiroide, alterazioni dello sviluppo cognitivo, motorio e neurocomportamentale nei bambini , cancro (tutti i tumori nel loro complesso, tumori del sangue, cancro al polmone, pancreas, colon, retto, vescica, prostata, cervello, melanoma).
In particolare sono proprio le donne in gravidanza quelle che maggiormente dovrebbero essere preservate da esposizioni anche minimali a queste sostanze: un recente studio ha valutato che ogni anno in Europa si perdano ben 13.000.000 (sì, 13 milioni!) di punti di Quoziente di Intelligenza (QI) e si contino 59.300 casi di disabilità intellettiva per esposizione a pesticidi organofosfati in gravidanza (Trasande L1, Zoeller RT, Hass U Estimating burden and disease costs of exposure to endocrine-disrupting chemicals in the European union. J Clin Endocrinol Metab. 2015 Apr;100(4):1245-55). Ancora, ad esempio, è emerso che il rischio di leucemia per la prole è più che raddoppiato se l’esposizione è avvenuta in utero (Residential exposure to pesticides and childhood leukaemia: a systematic review and meta-analysis Residential exposure to pesticides and childhood leukaemia: a systematic review and meta-analysis Environ Int. 2011 Jan;37(1):280-91).
Vorrei anche sottolineare che l’assunzione di pesticidi non avviene solo attraverso frutta e verdura, ma anche attraverso carne e derivati (latte, formaggi etc) provenienti da animali alimentati con mangimi OGM. Anche di questo i lettori dovrebbero essere informati, perché oltre l’85% dei mangimi importati ed utilizzati nel nostro paese è rappresentato da mais e soia geneticamente modificati per essere resistenti ad erbicidi (glifosate) che quindi vengono utilizzati in quantitativi sempre maggiori anche per insorgenza di resistenze. Questo problema è emerso recentemente in una prestigiosa rivista medica, il New England Journal of Medicine, in cui si sottolinea come il glifosate sia stato classificato dalla IARC come cancerogeno probabile (2A) (GMOs, Herbicides, and Public Health Philip J. Landrigan, M.D., and Charles Benbrook, Ph.D.N Engl J Med 2015; 373:693-695 August 20, 2015). Queste sostanze in definitiva si accumulano nelle carni degli animali o nei loro prodotti di cui poi ci nutriamo e studi dimostrano come maggiori livelli dei loro metaboliti siano presenti nelle urine di chi si alimenta di questi prodotti rispetto a chi invece utilizza prodotti da allevamenti biologici. Perché non dare queste informazioni alle persone visto che ad es. il glifosate non è solo cancerogeno ma alcuni studi lo correlano a patologie in crescente aumento come la celiachia?
All’inizio dell’articolo viene giustamente sottolineato come l’agricoltura biologica sia più rispettosa della salubrità del terreno, in quanto vengono previste le rotazioni delle colture, non utilizzi fertilizzanti chimici che nel lungo termine impoveriscono il terreno, tuteli la biodiversità – basti pensare alla moria di insetti utili (le api!) correlata all’uso di neonicotinoidi etc., ma poi si afferma che chi fa la scelta del biologico lo fa più per una scelta egoistica personale che non per motivazioni etico/ambientali. Personalmente non condivido affatto questa valutazione perché, fortunatamente, chi fa la scelta del biologico lo fa non solo per motivi di salute personale (che, contrariamente a quanto asserito nell’articolo, credo siano più che dimostrati), ma perché ha maturato la consapevolezza che “non possiamo semplicemente più continuare a produrre cibo senza prenderci cura del nostro suolo, dell’acqua e della biodiversità”, per cui ” aumentare la percentuale di agricoltura che utilizza metodi biologici e sostenibili non è una scelta, è una necessità” come recentemente affermato da Claire Kremen dell’Universtà di Berkeley in una revisione di 115 ricerche scientifiche per confrontare agricoltura biologica e convenzionale e pubblicato dalla Royal Society.
Per cui, Gentile Direttore, in conclusione, la invito a fornire una più corretta informazione ai lettori, e soprattutto a documentarsi in maniera adeguata perché “credere in Bio” non è un atto di fede, ma una scelta consapevole e responsabile per la sostenibilità ambientale e la salute umana!»

ACS

Piccoli eco-militanti crescono. Ecomilitanti?

Il caso ha voluto che non potessi partecipare, ieri, al Green Festival, evento all’insegna dell’ecosostenibilità che si è tenuto a Verona ed al quale ero stato invitato.
Rifuggo normalmente da convegni ed eventi perché li trovo inutili e noiosi e, se proprio devo, partecipo con lo stesso spirito con il quale Montanelli esortò a votare DC: turandosi il naso. Ed anche questa volta, avendo letto il resoconto ed avendo visto le immagini delle solite facce ecoincazzate, ringrazio il caso che non fa mai le cose a caso, e penso sia stato meglio così.CC 2015.10.05 EcobioSolito clima ascientifico e lontano da soluzioni tecnologiche non fantasiose, salvo le ormai stucchevoli case in paglia e, per non farsi mancare nulla, soliti anatemi no-ogm e fervorini pro bio a prescindere, promossi da persone molto note, soprattutto fra loro, come scrisse Fortebraccio, l’indimenticabile contrappunto di Montanelli.
Ma ciò che mi ha lasciato letteralmente allibito era il tema di Spazio per piccoli eco-militanti, uno dei laboratori che hanno avuto luogo: “I bambini immagineranno tante azioni da veri eco-eroi e le comunicheranno agli adulti, fabbricando manifesti eco e riciclati, nella migliore tradizione militante.” Splendido, nella migliore tradizione eco-chic.
Senza tirare in ballo l’ormai ritrita preparazione del compost, che poi al massimo lo puoi utilizzare per i gerani sul balcone, sarebbe forse stato più educativo condurre i bambini a pulire un sentiero o un parco, piuttosto che venisse spiegato loro a non sprecare il cibo, a muoversi a piedi ed a chiudere il rubinetto mentre si spazzolano i denti.

ACS