L’Expo che verrà: ci sarà da mangiare…

Però riguardo alla luce tutto l’anno nulla sappiamo… Inaugurazione dell’Expo di Milano prevista per il primo maggio prossimo: 130 paesi partecipanti e centinaia di aziende si daranno appuntamento per riflettere e pianificare il futuro dell’alimentazione, con l’obiettivo di nutrire il pianeta, focalizzandosi sull’asse principale del diritto ad un’alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti gli abitanti della Terra.Cesec-CondiVivere 2015.03.26 Expo 002Così dicono gli slogan, ma sarà la verità? Sui media leggeremo resoconti, ma difficilmente affidabili visto che molti di questi saranno profumantamente pagati dagli stessi organizzatori di Expo. Il nostro parere, per usare un garbato eufemismo, è che i presagi non sono buoni.
Anzitutto sarà l’Expo delle multinazionali. E non potrebbe essere diversamente. Basta scorrere l’elenco dei partecipanti per capire come dietro allo slogan nutrire il pianeta si celi lo stesso clan che da decenni il pianeta lo affama o lo (mal)nutre di cibo di dubbia qualità e di sicura insostenibilità ambientale. Pensiamo solo al fatto che anche McDonald’s sarà presente a Expo come espositore e come sponsor, ed alle altre grandi firme già in prima fila: Barilla, tramite la propria fondazione Barilla Center for Food & Nutrition, si occuperà addirittura di coordinare i lavori per la stesura del protocollo mondiale sul cibo, insieme di linee guida per la produzione sostenibile di cibo per il pianeta. Come chiedere all’oste se il vino è buono…
Ma Expo ha siglato anche una partnership con Nestlè che, attraverso la controllata San Pellegrino, diffonderà 150 milioni di bottiglie di acqua con la sigla Expo in tutto il mondo; l’impronta ecologica di ogni litro di acqua in bottiglia è da 200 a 300 volte più impattante di quella del rubinetto, non ci pare quindi una grande idea sponsorizzare un’ulteriore crescita dei consumi di plastica.
Nestlè inoltre, per chi non lo sapesse, promuove da qualche anno l’istituzione di una Borsa per l’acqua, strutturata esattamente come quella del petrolio. In pratica, come andiamo da tempo sostenendo, la borsa della sete, suscettibile addirittura di innescare conflitti armati per l’appropriazione di questo bene irrinunciabile. In parte già avviene a Chicago.Cesec-CondiVivere 2015.03.26 Expo 001E veniamo agli sponsor. Poiché Expo significa visibilità numerose multinazionali hanno donato grandi quantità di denaro all’organizzazione. Tra queste Ferrero con 3,8 milioni di euro, Coca-Cola con 6 mlioni e un contributo del 12% per ogni lattina venduta nel suo padiglione, Nestlè-San Pellegrino 5 milioni di euro, Illy 4,7 milioni e persino Martini con 1,2 milioni, in quanto è noto che gli aperitivi costituiscono un ottimo metodo per smorzare i morsi della fame, soprattutto nel terzo mondo. Non poteva mancare l’ineffabile Coop, che ha speso più di tutti: 12,4 milioni di euro per aggiudicarsi la qualifica di Official Food Distribution Premium Partner. Mica pizza e fichi, la qualifica consente di allestire all’interno dell’ambito fieristico uno spazio espositivo denominato Il supermercato del futuro.
Quanto alla comunicazione si sa, giornali e televisioni puttane sono, puttane restano e da puttane si comporteranno. Ce n’è per tutti: 5 milioni di euro per mamma Rai, 2 a Feltrinelli, 850mila euro a Mondadori, mezzo milione a Corriere della Sera e Repubblica, poco meno per Ansa, e poi a scendere Mediaset, Tm News, Il Sole 24 Ore, Il Foglio, Il Giorno. Seguono altri in ordine sparso, e non siamo al Giro d’itaGlia, senza dimenticare che 55 milioni sono già stati asssegnati a vari media nazionali in una operazione che puzza palesemente di investimento mirato a comprare un miglioramento nell’immagine di Expo dopo i tanti scandali. Giusto per dovere di cronaca: non è stata indetta nessuna gara d’appalto.
E con questo il rigore giornalistico nel denunciare eventuali nuovi scandali nell’organizzazione è garantito. Possiamo stare sereni.Cesec-CondiVivere 2015.03.26 Expo 003La grancassa mediatica ha sempre parlato, addirittura, di 100mila posti di lavoro. Si, come il milione di quelli berluscoidali… addirittura 102mila secondo una ricerca dell’Università Bocconi. A quanto pare gli unici ad aver trovato da lavorare durante l’Expo sono coloro che hanno accettato di farlo gratis: un esercito di oltre 16mila volontari, rimborsati con un buono pasto al giorno. E qui, ci dispiace dirlo, ma chi vuol esser schiavo sia…
Gli assunti regolari da parte dell’organizzazione sono solamente 793, con contratti a termine per la durata della fiera e con salari tra i 400 e i 500 euro mensili.
Però qualche vantaggio l’Expo lo ha comunque portato, alle imprese che hanno cementificato selvaggiamente, infierendo l’ennesimo colpo al già devastato territorio lombardo: 1.700.000 metri quadri di superficie per gli stand, 2.100.000 per strutture di servizio e supporto sull’area ex Alfa Romeo di Arese, opere ricettive per un fabbisogno stimato di 124.000 posti letto al giorno, realizzazione della terza pista a Malpensa e collegamento diretto Malpensa-Fiera, parcheggi presso il sito Expo e in corrispondenza di nuovi centri di interscambio, nuove tangenziali per Milano, Pedemontana e BreBeMi per complessivi 11 miliardi di investimenti per progetti già completati o in corso di realizzazione. Un’immane opera di smantellamento del patrimonio agricolo lombardo, destinata a segnare per secoli quella che un tempo era una delle pianure più verdi d’Italia.
Però ci saranno il laghetto circondato da prati e un nuovo naviglio che farà assomigliare tutto alla Venezia di Las Vegas. Non è vero: a tutt’oggi pare che il lago non vedrà mai la luce, mentre per quanto riguarda i nuovi navigli si stanno ancora cercando i soldi.
Se, inoltre, a un soggetto come Vittorio Sgarbi sono stati versati quasi due milioni per imprecisati progetti culturali, alla bolognese Best Union, strettamente collegata a Comunione e Liberazione è stata attribuita la vendita in esclusiva dei biglietti on-line. Ovvio, senza gara… ma che domande fate?
Per quanto riguarda il magistrato Raffaele Cantone, nominato come commissario straordinario anticorruzione quando i buoi erano già scappati, ha certificato anche grazie alla collaborazione della DNA, l’antimafia, come ben 46 aziende collegate alla malavita, 32 delle quali affiliate alla vera padrona di Milano, la ‘ndrangheta, siano riuscite ad aggiudicarsi appalti per oltre 100 milioni di euro.Cesec-CondiVivere 2015.03.26 Expo 004E se è vero che i posti di lavoro direttamente creati dall’Expo saranno solo una manciata e mal retribuiti pare però che migliaia ne arriveranno dall’indotto, tra bar, hotel, cooperative di costruzione, eccetera e sino alle immancabili slot. Sarà… fatto sta che per ora l’unico settore che incrementerà i propri guadagni sarà quello della prostituzione. Secondo un’inchiesta del Corsera saranno addirittura 15mila le professioniste del sesso a pagamento che sbarcheranno a Milano per allietare le pause dei milioni di turisti previsti per l’evento. E anche in questo caso, ovviam,ente, ci sarà lo zampino della malavita.
Bene, questo è quanto. Sono alcuni anni che ne parliamo, per la precisione da quando Milano presentò la propria candidatura. Siamo stati trattati da cinici e retrogradi profeti di sventura, esattamente come il mondo della politica e degli affari ha trattato i vari comitati territoriali che si sono opposti all’Expo.
E parliamoci chiaro: associazioni, comitati di quartiere, centri sociali, intellettuali (quelli non mancano mai) non servono più a niente. Dovevano svegliarsi prima, rischiando e battendosi come hanno fatto i Valsusini contro la TAV, non secondo la protesta alla milanese: a chiacchiere e spritz da Radetzky o al Rosmarino.

Alberto C. Steiner

Ci sarà da mangiare… per 6 intere settimane.

Natale è passato, l’Epifania pure, i Magi sono sulla via del ritorno in sella alle loro Harley e Gesù-Giuseppe-Maria, per riprendersi dallo stress post-partum e dai conseguenti impegni sociali, sono riusciti a trovare un volo per Sharm, scortati da contractors già agenti del Mossad perché di questi tempi non si sa mai.
Noi, visto che non lo faceva nessuno, abbiamo pensato bene di dare una rassettata alla stalla: poiché siamo nel Tertium Millennium non vi dico cosa non abbiamo trovato nella mangiatoia!
Oltre alla paglia vi erano residui di cereali, in particolare mais, ma anche frumento, riso, segale, orzo, luppolo, avena. E l’immancabile soia.
Abbiamo pensato di nutrirvi le nostre bestie dette anche, secondo il linguaggio caro alle Sacre Scritture, armenti.
Miracolo! vitelli, maialini e polli sono immediatamente cresciuti a dismisura… i vitelli, in particolare, a otto mesi sembravano manzi di due anni, i maialini diventavano belli sodi e patinati come la Peppa Pig, i polli mitragliavano uova con la cadenza di una slot-machine impazzita… come, i polli? Si, per non parlare dei tacchini, grandi come struzzi ma il cui latte non era però particolarmente buono da bere…
Messe in pentola, inoltre, le carni sfrigolavano, sobbollivano, rilasciavano un liquido strano, una specie di siero acquoso e colloso, e non erano particolarmente saporite.
KL-Cesec - Frankenstein ogmInoltre, osservando alcuni bambini, abbiamo notato che anch’essi crescevano immediatamente come canotti gonfiati ma con una pelle sottile, quasi trasparente, l’occhio vacuo, marcati caratteri femminili nei maschi e pochissima resistenza a sforzi e malattie. Ma per quelle, si sa, ci sono gli antibiotici…
Quindi, pur esprimendo gratitudine per quest’abbondanza di piaceri della carne, ci siamo domandati cosa ci sia in realtà nella mangiatoia di vitelli e scrofe, polli e tacchini.
Abbiamo proposto i nostri dubbi ad amministratori pubblici, stampa e studiosi, autorità agricole. In alcuni casi non abbiamo ricevuto risposta, anzi qualche interlocutore ha ostentato il miglior stile del raìs mediorientale, in altri abbiamo ottenuto ampie rassicurazioni che i nostri timori erano assolutamente infondati (proprio così: assolutamente) poiché il mais importato proviene da paesi che non coltivano varietà ogm, e che pertanto i nostri prodotti tipici: culatelli e strologhini, taleggi e parmigiani, latte e uova derivano da animali nutriti da mais tradizionali. Ah… e dove sono finiti gli avanzi di cucina, il famoso pastone delle galline, le bucce di patata e di mela e tutti gli altri scarti che normalmente finivano nel trogolo?
No, non stiamo facendo i finti ingenui, la nostra è solo provocazione perché a dire il vero non ci hanno mica tanto convinti con le loro rassicurazioni. Mais. E il resto, che fine fa? E poi, già che ci siamo, a quanto ammonta la quota per consumo alimentare  e qual è quella destinata alla zootecnia?
Pertanto, nonostante cotanti inoppugnabili pareri, abbiamo voluto curiosare nelle statistiche ufficiali, tenendo presente che il mercato cerealicolo ha una cadenza che copre due esercizi e si chiude tradizionalmente il 30 giugno. Proponiamo pertanto di seguito i dati ufficiali integrati da alcuni commenti.KL-Cesec - Campo grano 001Una cosa ci ha colpiti, tenendo presente che la nostra finalità era quella di tentare un’analisi del mercato non ogm. Tra i paesi esportatori mancano San Marino e Città del Vaticano ma quelli improbabili ci sono tutti: Belgio, Malta, Austria, Groenlandia… L’elenco delle fonti di approvvigionamento impone l’incredulità davanti a paesi che o non producono una spiga di mais o a loro volta importano, per l’esiguità della produzione, la quota preminenete del proprio fabbisogno. Per non parlare della soia.
L’impressione è quella di una spasmodica ricerca, in ogni recesso del pianeta, di chi può fornire qualche tonnellata di mais dichiarato non ogm qualunque sia il prezzo di acquisto e di trasporto. Il risultato di questa follia importatrice è l’elevato costo medio del totale importato (nonostante che nell’anno appena trascorso i prezzi siano calati mediamente del 30% in ragione di una sovraproduzione) al quale si debbono aggiungere i maggiori oneri di trasporto. Per capirci: il costo di trasferimento per tonnellata di mais in container dal Peru è palesemente quattro volte il costo di una tonnellata caricata alla foce del Mississippi, su un cargo da 8.000 tonnellate dal più funzionale sistema di imbarco del Globo.KL-Cesec - Frumento 001Romacereali è il tradizionale incontro tra gli imprenditori della filiera cerealicola operanti sui mercati internazionali, per aggiornare i consuntivi e le previsioni nei passaggi di consegne tra le varie campagne. Nel nostro caso passaggio dalla campagna di commercializzazione 2012-2013, conclusasi il 30 giugno, a quella 2013-2014.
La superficie coltivata è aumentata del 3% e la quantità prodotta del 3,8 a fronte di stock iniziali valutati -9,1% rispetto ai fabbisogni ma che hanno presentato un saldo finale di +1,1%.
I consumi per utilizzo segnano un incremento pari a 0,6% quelli per commercio un -2,2%.
Passando a valutare la situazione degli stock per l’intero settore cerealicolo, secondo i dati dell’IGC, International Grains Council, la campagna 2013-2014 si è aperta il 1° luglio all’insegna di stock iniziali ridotti.KL-Cesec - Cereali 001All’apertura il frumento nel suo complesso presentava a livello mondiale stock iniziali pari a 179 milioni di tonnellate (-9,1% rispetto a quelli presenti all’avvio della campagna 2012-2013) che, rispetto agli utilizzi attesi (678 milioni di tonnellate), rappresentavano una copertura media per 3,1 mesi . A livello Europa a 27, gli stock iniziali del frumento nel complesso si collocavano a 10 milioni di tonnellate (-11% rispetto al livello della campagna 2012-2013) che, a fronte di un consumo atteso di 120 milioni di tonnellate, offrivano una copertura di 1 mese.
Relativamente al frumento gli andamenti delle semine e dei raccolti si presentavano positivi, con una previsione produttiva IGC che recuperava 25 milioni di tonnellate rispetto alla campagna precedente, attestandosi ad una produzione di 680 milioni di tonnellate (+3,8%). La superficie destinata a frumento avrebbe dovuto passare dai 215,3 milioni di ettari del 2012-2013 a 221,9 milioni di ettari nella campagna 2013-2014 (+3%). L’utilizzo di frumento per l’alimentazione animale è atteso in calo del 2,3% mentre aumenta l’impiego industriale (+5,3%) e si colloca a +1,1% la domanda per l’alimentazione umana. A livello Europa a 28, secondo IGC, la produzione di frumento totale aumenterebbe a 138,1 milioni di tonnellate nella campagna 2013-2014 (+5%). La superficie investita a frumento nell’EU28 è prevista aumentare del 2% (26,1 milioni di ettari). Secondo le stime la produzione 2013-2014 nell’UE28 si collocherebbe a 135,9 milioni di tonnellate (+2,5%).
Il mais, a livello mondiale, si collocava con stock iniziali 2013-2014 di 116,5 milioni di tonnellate (-10,5% ) che, a fronte di un utilizzo atteso pari a 912 milioni di tonnellate (che costituisce un record), offrivano una copertura di 1,5 mesi. A livello Europa a 27, gli stock iniziali di mais 2013-2014 avrebbero dovuto assommare a 4,1 milioni di tonnellate (-38,8% rispetto al livello della campagna 2012-2013) che, a fronte di usi stimati per 67 milioni di tonnellate, avrebbero garantito una copertura di soli 21 giorni.
Per la campagna 2013-2014 la domanda mondiale di mais è prevista in aumento, 912 milioni di tonnellate a fronte di 864 milioni nella campagna 2012-2013 (+5,5%): un risultato che emergerebbe dall’aumento del 7% nelle destinazioni per l’alimentazione animale ed un più contenuto incremento degli utilizzi per etanolo (+4,0%). In EU27 la produzione 2013-2014 è prevista crescente rispetto al livello della campagna precedente: 65,8 milioni di tonnellate (+7,5%), soprattutto per l’incremento delle rese. In Ucraina è prevista la conferma dell’andamento della campagna 2012-2013 che aveva segnato un aumento della superficie del 40% ed una produzione di 4,4 milioni di tonnellate.
L’orzo apriva la campagna mondiale 2013-2014 con stock di 23,4 milioni di tonnellate (-9,6%) che, considerando consumi pari a 132 milioni di tonnellate (-2,6% rispetto al livello della campagna 2012-2013), sarebbero stati in grado di garantire una copertura per 2,1 mesi. A livello Europa a 27, gli stock iniziali erano pari a 6,5 milioni di tonnellate (-13,3% rispetto alla campagna precedente) che, a fronte di consumi attesi per 48 milioni di tonnellate, garantivano una copertura di 1,6 mesi.
La produzione mondiale di orzo per la campagna 2013-2014 è stimata dall’IGC in 138 milioni di tonnellate (+6%, circa 8 milioni di tonnellate) rispetto alla campagna precedente. Il comparto si presenta alquanto stabile per stock, commercio e destinazioni d’uso, con un lieve incremento dell’incidenza della mangimistica. Nell’EU27 è prevista una lieve diminuzione delle superfici investite, da 12,4 a 12,2 milioni di ettari, con un corrispondente decremento della produzione che da 54,7 scenderebbe a 54,4 milioni di ettari, a causa delle non favorevoli condizioni climatiche.
E’ interessante notare come il 21 gennaio 2013 abbiano debuttato alla Borsa italiana di Piazza Affari i contratti future sul frumento duro. Il nuovo segmento di mercato, denominato Agrex, opera su lotti di grano duro da 50 tonnellate. I mesi di consegna sono marzo, maggio, settembre e dicembre con cinque scadenze previste per i contratti in negoziazione. La consegna fisica della merce è a Foggia e fa perno su un silos autorizzato con una capacità di 240.000 tonnellate. Banca Imi, Gruppo Casillo e Granite Negoce hanno assunto il ruolo di market maker, mentre tra i grandi acquirenti (operatori diretti ma non market maker) figurano anche Barilla e Divella.
KL-Cesec - Sequestrati ogmDurante l’analisi è emersa una notizia curiosa: alcuni ricercatori volevano stabilire se un certo tipo di mais ogm predisponesse a tumori o gravi malattie, ed i risultati sono stati chiarissimi: i ratti nutriti con questo tipo di mais, morivano tutti di cancro entro breve tempo. A fronte di tale constatazione la Russia avrebbe risposto  in modo netto ed immediato, decidendo di sospendere le importazioni di mais geneticamente modificato e creando così un grave disagio ad una nota multinazionale dell’agro-alimentare. Tuttavia la nota multinazionale ha risposto minimizzando i danni e dicendo che la Russia ha adottato questa strategia non tanto per tutelare la salute dei cittadini e dei consumatori, quanto per fare concorrenza in quanto la stessa Russia è esportatrice di cereali. La verità? Chissà dov’è…
Le tabelle ufficiali dimostrano peraltro che l’ambizioso risultato di cancellare gli Stati Uniti ed i loro ogm dalla lista dei fornitori sarebbe stato gloriosamente conquistato. Increduli, abbiamo interpellato autorevoli esperti del nostro interscambio agricolo, che ci hanno spiegato che a tutto il mondo del commercio è noto che i nostri fornitori maggiori, Moldavia, Ucraina, Bielorussia sarebbero, tuttora, paesi in cui ogni legge è poco più che una chimera. Essi stessi acquisterebbero sul mercato mondiale sementi di mais ogm vendendoceli certificati come non ogm. Per disposizioni superiori nessun laboratorio pubblico controllerebbe, all’arrivo, in provetta; la maggior parte del mais importato sarebbe quindi mais ogm da sementi americane, oltreuttto importato ad un costo superiore del 60% rispetto al prodotto USA. Se così fosse, questa sarebbe la strada migliore per annientare economicamente qualunque allevamento.
Come si vede non abbiamo riferito nomi perché, nonostante i nostri tentativi di approfondimento, non siamo riusciti a venire a capo di nulla: voci contrastanti, silenzi rigorosi quando non sdegnati e dati che si smentiscono a vicenda non ci hanno permesso di stabilire la veridicità di tali affermazioni. Pubblichiamo pertanto queste note semplicemente come indicatrici del caos e della disinformazione che presiedono ad un aspetto fondamentale dell’alimentazione umana. E, sinceramente, la nostra piccola esperienza ci ha fatto comprendere quanto, in tutto questo, i danni peggiori non siano causati da dolo bensì da disinformazione, posizioni arroccate, sentito dire, luoghi comuni, pressapochismo e dogmi.
E, giusto per dirla tutta una volta per tutte: gli ogm non sono quel mostro dalle sette teste a prescindere, come si vuol far credere… Ma per affrontare questo argomento come merita ci riserviamo una trattazione apposita.
In compenso, per la soia il quadro è estremamente cristallino, con buona pace dei nostri amici vegani: tracciarlo non impone di godere delle confidenze anonime di importatori e mangimisti. Importiamo 1,5 milioni di tonnellate di semi dai quali ricaviamo olio e farina zootecnica, e 2,1 milioni di tonnellate di farina, acquistando i primi essenzialmente dal Paraguay, e la seconda da Argentina e Brasile. Non ci risulta che tra il Rio delle Amazzoni e il Mar del Plata venga seminato ormai un solo campo di soia che non sia ogm. Siamo felicemente (quasi) certi che ogm non sia la farina ottenuta da soia coltivata in Italia, che però rappresenta solo un decimo del totale, collocato peraltro a prezzi astronomici.
Del resto, facendo un paragone con l’olio, già un decennio fa alcuni produttori liguri e toscani attenti all’ecosostenibilità ci confidavano di non poterlo vendere direttamente al consumo, eliminando quindi ogni passaggio intermedio, ad un prezzo inferiore a 7 euro al litro.
In conclusione, chi si occupa di coltivazioni di nicchia biodinamiche e naturali è considerato, nel mondo della logica dei numeri, poco più che un hobbista. Ma a noi non interessa il Pil, bensì la decrescita felice, che non è un ossimoro come lo sviluppo sostenibile…

Malleus

Scommettiamo che… e se fosse l’Acqua il prossimo eldorado della finanza creativa?

Risale all’anno 1983 Trading places, in italiano Una poltrona per due, girato da John Landis ed interpretato da Dan Aykroyd, Eddie Murphy e Jamie Lee Curtis; il film, estremamente istruttivo sotto il profilo sociologico, propone nella non casuale scenografia della Borsa di Chicago, dove vennero inventati, uno spaccato del mercato dei futures e delle commodities, nel caso specifico relativi al mercato del succo d’arancia.

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Dal film alla realtà: negli ultimi tempi le vicende legate al Monte dei Paschi di Siena hanno posto per l’ennesima volta sotto i riflettori quella nuova frontiera o, meglio, terra di nessuno costituita dalla finanza creativa dei derivati e dell’utilizzo spregiudicato e pericolosissimo che se ne fa. Ma ciò che i mezzi di informazione riferiscono è nulla rispetto a quanto già sta accadendo nei chiaroscuri dell’alta finanza: un modo assurdo di fare soldi a palate scommettendo sulle nostre paure più ancestrali. Considerato che non c’è nulla di più catastrofico che scommettere sulle riserve mondiali di cibo, che sia il caso di cominciare a domandarsi quale risorsa globale costituirà il prossimo derivato finanziario? Se fosse arrivata la volta dell’acqua?
In realtà l’Acqua è da tempo nel mirino della speculazione: banche d’affari, fondi di investimento, multinazionali ed altri attori economici mondiali, compresi FMI e Banca Mondiale, sono già pronti a mettere la mani su questa fonte primaria per la vita umana. La mafia lo fa già da tempo…
Friedrick Kaufman, professore presso la City University di New York, in un articolo apparso sulla testata britannica Nature e ripreso il 21 diembre 2012 da Internazionale sostiene che la prossima grande risorsa mondiale non sarà costituita da oro, grano o petrolio bensì da acqua. L’acqua potabile, poiché entro un ventennio almeno tre miliardi di persone avranno problemi a reperire quella necessaria per vivere.

Questo scenario, scandito dall’ossessione per la penuria idrica mentre estati interminabili e caldissime si ripetono con cadenza allarmante rappresenta il massimo che uno speculatore possa desiderare. Gli investitori adorano le situazioni apocalittiche: violenza e caos nascondono sempre possibilità di guadagno e creare denaro speculando sulla mancanza d’acqua in un’area geografica o in un settore, non è una previsione fantascientifica bensì una realtà molto vicina.
E per la finanza creativa – che produce molto di più del Pil mondiale ed è passata dai 500 miliardi di dollari del 1980 agli oltre 60 trilioni di dollari di oggi, cifra che molti hanno sentito pronunciare solo da Zio Paperone – la paura è sempre un ottimo affare. Oggi i grandi profitti, generati da strumenti finanziari totalmente separati dalla realtà, non nascono più dalla compravendita di oggetti e di beni: case, grano, auto ma dalla manipolazione di concetti eterei come rischio e collateralizzazione del debito. Ed a quanto pare investire in un indice del mercato dell’acqua sta diventando un’idea sempre più appetibile.

ACS