Acqua pubblica: alla piccola Marta hanno tolto il diritto di sognare

“Toglieranno l’acqua da sotto la pancia delle anatre? Metteranno il cartellino con il prezzo a ogni goccia di pioggia? E quanto costerà la rugiada?” Queste ed altre domande se le poneva Marta, la bimba protagonista di Marta e l’acqua scomparsa, la favola bella, intelligente ed ecologica scritta da Emanuela Bussolati, della quale scrissi in uno degli articoli che considero più belli e toccanti: Quanto costerà guardare l’arcobaleno? pubblicato nel giugno 2013 sulla home page di Kryptos Life&Water e richiamato in queste pagine il 6 ottobre 2014.CC - 2015.12.23 Acqua pubblica 001Anche se da tempo non ne parlo, non ho mai abbandonato studi e progetti tendenti a favorire un uso consapevole dell’Oro Blu.
Torno oggi sull’argomento per il desiderio di fare una sorta di punto della situazione, per verificare dove siamo, come ci siamo arrivati, cosa accadrà nell’immediato futuro e quali saranno le ricadute economiche e sociali nel lungo termine. Nell’ultimo biennio il governo ha varato numerosi provvedimenti tendenti a perseguire l’evidente finalità di rilanciare la cessione al mercato dei servizi pubblici locali e dei beni comuni: decreto Sblocca Italia, legge di stabilità, riforma della pubblica amministrazione, spinta impressa a livello internazionale a favore dei trattati T-tip e Tisa.
Il decreto Sblocca Italia evidenzia un piano complessivo di aggressione ai beni comuni tramite il rilancio di grandi opere, misure per favorire la dismissione del patrimonio pubblico, nuove regolamentazioni concernenti l’incenerimento dei rifiuti, ammissione delle perforazioni per la ricerca di idrocarburi, costruzione di gasdotti, semplificazione e deregolamentazione della procedura delle bonifiche.
Nell’ambito edilizio, quello che mi interessa più da vicino, lo stesso programma che verrà discusso a gennaio in materia di consumo del suolo è già superato nei fatti da numerose norme regionali – Lombardia e Piemonte costituiscono in questo senso un chiaro esempio – che ammettono nei fatti il disboscamento selvaggio, ampliando le superfici fruibili riducono le distanze e statuendo un’autocertificazione farsa.
Limitando l’analisi all’acqua, si impone una precisazione: cresce lo stress idrico e oltre due miliardi di persone non hanno acqua, poiché questo bene primario che dovrebbe essere considerato pubblico e agevolmente disponibile, lo è invece sempre più in funzione delle capacità economiche e tecnologiche. Mi astengo da commenti e giudizi politici o di merito, mi limito a segnalare che alla Borsa di Chicago sono quotate società finanziarie che speculano, letteralmente, sulla sete. E non sono io a dirlo: girovagate nel Web e troverete innumerevoli riferimenti, oltre a proposte di investimento nei paesi del Sud del mondo.Cesec-CondiVivere 2014.09.30 Marta e l'acqua scomparsa 003Bene, anzi male. Ciò premesso tutte le norme e le direttive presenti e future sono destinate a creare un meccanismo per cui, attraverso processi di aggregazione e fusione, i quattro colossi multiutilities attuali collocati in Borsa: la milanese A2A, le emiliane Iren e Hera, la romana Acea potranno inglobare tutte le società di gestione dei servizi idrici, ambientali ed energetici, divenendo i campioni nazionali in grado di competere sul mercato globale. In pratica regrediremmo ai primi del Novecento, quando a gestire acqua, elettricità e servizi pubblici erano pochi monopoli privati.Cesec-Condivivere 2014.10.20 Squali della finanza sostenibileIntendiamoci: rimango un sostenitore del modello più impresa e meno stato, e non certamente dei carrozzoni pubblici o, peggio, pseudo cooperativistici marcatamente ispirati al modello paternalistico tanto caro a preti ed ex-comunisti. Ma il mio è un concetto di impresa etica, un concetto che prevede la responsabilità morale dell’imprenditore.
Lasciamo stare le utopie, e torniamo a considerare come sia evidente che il governo intenda indicare la direzione della privatizzazione dei servizi pubblici, attraverso esplicite dismissioni di quote detenute dalle amministrazioni locali comuni e favorendo economicamente soggetti privati e processi di aggregazione. Detto in altri termini: costruendo il palinsesto di un ricatto nei confronti degli enti locali che, una volta strangolati dai tagli, verrebbero spinti alla cessione delle loro quote al mercato azionario e relegati ad un esclusivo ruolo di controllo: esterno, formale, inutile.
Se qualcuno pensa che io esageri, basta guardare i numeri per avere la certezza del colpo mortale inferto all’esito referendario del giugno 2011, nel totale disprezzo per la volontà dei cittadini e – va detto – nella totale indifferenza dei cittadini zombies. Della serie: ciascuno raccoglie quel che semina.
Sto parlando dell’aprile scorso, quando passò sotto silenzio la mirabile sintonia fra Hera, Acea, governo  e orientamenti della grande maggioranza delle amministrazioni locali incentrate sul Pd, in primis quelle emiliane del triangolo rosso, nell’intento di procedere entro la fine di quel mese, con il piè veloce che sembra essere la cifra di questa stagione controriformatrice, a far scendere la quota di proprietà pubblica dal 57 per cento al 38, arrivando così per la prima volta sotto la maggioranza assoluta, da sempre propagandata come elemento di garanzia per il controllo pubblico delle aziende.
Queste manovre creano un muro destinato a dividere la società: da una parte le grandi aziende, i mercati finanziari e gli istituti bancari, dall’altra i cittadini non più degni di tale appellativo ma tornati ad essere servi della gleba. E non trascuriamo di osservare come, all’interno di questa divisione, sia evidente come le istituzioni nazionali ed europee si prodighino diligentemente nell’applicare politiche di austerità che si traducono in tagli al welfare e ai diritti, ed in cessione di porzioni di sovranità al mercato.
In questi anni i vari movimenti per l’acqua hanno combattuto quotidianamente per affermare il diritto all’acqua pubblica, ponendo la massima attenzione al ciclo integrato di questo bene e costruendo il referendum attraverso il quale la cittadinanza si è espressa contro la privatizzazione e per una gestione pubblica dell’acqua e dei servizi pubblici locali. Da noi non se ne parla, presi dall’interesse per qualche bifolco miliardario in mutande che tira calci ad un pallone o dal perché Belen e Stefano si siano lasciati, ma anche negli altri paesi europei vi sono persone che continuano ostinatamente ad affermare quei principi, costruendo nuovi legami e relazioni sui territori, costruendo una conoscenza diffusa, studiando e progettando modelli alternativi, ponendo le basi per un modello sociale che superi la dicotomia tra pubblico e privato.
Sulla base di queste considerazioni è stato organizzato l’evento nel quale il 7 e 8 novembre scorsi si è argomentato, non per slogan ma scientificamente e come momento di confronto e riflessione di “Diritto all’acqua, diritto al futuro – Agorà dell’acqua e dei beni comuni”. Ne avete sentito parlare? No, vero? Ne ero sicuro.CC - 2015.12.23 Acqua pubblica 002Ma è ovvio: alla stampa serva non serviva riferire che qualche suonato ha affermato a livello europeo la necessità della fuoriuscita dalla finanziarizzazione dell’economia e della società, ad intendere un sistema naturale in maniera olistica, che va tutelato specialmente di fronte ad una crisi ambientale senza precedenti come quella attuale. E a che serve la serva se non serve? recita una famosissima battuta di Totò.
Insomma, tanto per cambiare concludo con una delle affermazioni che mi sono tanto care: il medioevo prossimo venturo è già iniziato. Però questa volta parlo del medioevo delle coscienze.
Pipipì-pì-pì-pò-sgnòff-tirititì-ping-ping-ping-sbrang …. no scusate è un’interferenza: è il fanciullo che è in me, ha sette anni e sta pistolando in metrò sull’i-phone sotto lo sguardo amorevole di mammà, tronfia di guardare fingendo di nulla se qualcuno osserva invidioso il fiammante ritrovato tecnologico in mano al creaturo. Così è, se vi pare.

Alberto C. Steiner

Guardate queste foto: potrebbero essere le ultime

Le cascate valtellinesi dell´Acquafraggia potrebbero scomparire: la finanza dai denti a sciabola, travisata con la mascherina dell’ecosostenibilità, le ha puntate funzionalmente alla realizzazione dell’ennesimo bacino imbrifero valtellinese destinato alla produzione di energia idroelettrica.CC 2015.12.17 Acquafraggia 001La comunità potrà tornare a beneficiare delle acque reflue, opportunamente depurate, però dietro pagamento di un canone in barba al referendum del 2011 attraverso il quale gli italiani hanno scelto che l’acqua, considerata bene primario irrinunciabile, non possa essere oggetto di acquisizioni e speculazioni.
Sono state naturalmente fornite ampie rassicurazioni che il canone sarà calmierato, che il suo ammontare coprirà solo i costi dell’ordinaria gestione e che nessuno guadagnerà o, peggio, speculerà sull’acqua. Come no.
Non dimentichiamo che la Valtellina gode di una legge speciale di salvaguardia, pensata proprio per le sue acque funzionalmente all’utilizzo per finalità produttive. Verrà puntualmente disattesa, ne siamo certi.CC 2015.12.17 Acquafraggia 002Le cascate si trovano a Borgonuovo, e le parti visibili dalla strada sono solamente le più suggestive, ma certamente non le uniche.
Il bacino dell´Acqua Fraggia costituisce un patrimonio ambientale, energetico e scenografico senza eguali: è situato all´imbocco ovest della Val Bregaglia, solcata dal torrente omonimo che nasce dal Pizzo di Lago a quota 3.050 in un punto di spartiacque alpino fondamentale per l’ecosistema europeo poiché vi sgorgano e discendono fiumi che sfociano nel mare del Nord, nel mar Nero e nel Mediterraneo. Nel suo percorso verso il fondovalle il fiume percorre due valli sospese di origine glaciale, la prima situata a quota duemila e l´altra sui mille metri di altitudine. Ed ecco l´Acqua Fraggia, che forma una serie di cascate, di cui quelle più in basso con il loro doppio salto sono solo le più suggestive. Deriva da qui il toponimo di Acqua Fraggia, da acqua fracta, vale a dire torrente continuamente interrotto da cascate.CC 2015.12.17 Acquafraggia 003Le cascate, con il loro maestoso spettacolo, impressionarono pure Leonardo da Vinci che trovandosi a passare per Valle di “Ciavenna” ne ammirò la bellezza selvaggia e così le menzionò nel suo Codice Atlantico: “Su per detto fiume si truova chadute di acqua di 400 braccia le quale fanno belvedere…”
Dalla sommità delle cascate si può percorrere un sentiero attrezzato tra castagni, ginestre e rocce, dal quale è possibile ammirare da vicino questo stupendo spettacolo naturale, unico nel suo genere per bellezza e imponenza. Una breve deviazione sulla destra porta ad un ampio terrazzo, a pochi metri dal fragoroso turbinio delle acque.
Ma questo alle varie Edison, A2A, Électricité de France, Intesa San Paolo, Unicredit, Crédit Immobilier de France, Cariparma Crédit Agricole non interessa un accidente.

Alberto C. Steiner