Mangia di stagione: interessante iniziativa della Provincia di Roma

Vi siete mai chiesti perché la frutta estiva è ricca d’acqua e quella invernale è più asciutta? Semplice: perché se quella estiva fosse asciutta si surriscalderebbe, mentre se quella invernale fosse ricca d’acqua gelerebbe.Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 004Non manca inoltre un’importante ragione nutrizionale, come vedremo al termine di questa premessa, necessaria per inquadrare la questione: come gran parte degli Italiani della mia generazione provengo da una famiglia di antiche origini contadine. Gli ultimi furono i miei nonni paterni: tra il Polesine e il Delta del Po si occupavano di agricoltura ed allevamento di bovini e anguille sino alla devastante alluvione del 1951, quando vendettero le terre e si ritirarono. Ma le tradizioni rimasero ed io, pur essendo nato in epoca successiva, ricordo che in concomitanza delle festività natalizie una delle prelibatezze era “l’uva di Natale”, bianca e decisamente dolce a causa dell’appassimento. Da quel momento e fino a settembre di uva non se ne parlava più. In primavera arrivavano a rotazione fragole, nespole, albicocche, ciliegie, fino all’apoteosi di pesche, meloni, angurie, lamponi, more e mirtilli, questi ultimi invero presenti tutto l’anno poiché opportunamente conservati venivano usati anche in cucina. Si chiudeva con pere, fichi, noci e uva, per passare a castagne, mele, arance e cachi.
Onnipresenti datteri, banane, ananas e frutta secca ma avocado, mango, tamarindo e via tropicando chi li ha mai visti sino ai primi anni Settanta?
Di pomodori e melanzane in inverno nemmeno a parlarne; cetrioli si, ma conservati in aceto e spezie all’uso tedesco. Crauti quanti ne volevamo: freschi in stagione, bianchi e rossi, in salamoia durante il resto dell’anno insieme con conserve di verdure miste sottaceto e barattoli di salsa di pomodoro. Le insalate, infine, marcavano le stagioni con i loro colori: il tarassaco – da noi detto pissacan – nelle sue progressionii di verde da marzo a ottobre, consumabile crudo e successivamente cotto; le lattughe, la riccia, la rucola sino al rosso del radicchio di Chioggia o di Treviso, o al bianco di quello mantovano.
Menzione speciale infine per la rucola, erba povera e spontanea sdoganata come si dice ora nelle preparazioni della cucina pseudopopolare riscoperta dall’intellighenzia ecochic degli anni Settanta. Quando mia nonna leggeva di certe ricette immancabilmente commentava con un “I g’ha scoverto l’acqua in canal” che sapeva di vetriolo…CC 2015.09.13 Mangia di stagione 001Oggi andiamo al supermercato ed in ogni momento dell’anno troviamo qualunque cosa, peraltro dalle provenienze più disparate.
Paleontologi ed archeologi fissano in 10mila anni fa la fine del Paleolitico con l’introduzione di agricoltura e allevamento presso alcune società euroasiatiche.
Ma ancora oggi tali pratiche non sono universalmente condivise: Pigmei, Boscimani, Indios amazzonici, Semang malesi vivono tuttora di quanto la natura offre loro spontaneamente. Per essere più precisi resistono all’apparentemente inesorabile avanzata delle società agricole e industrializzate. Il fatto che, ancora oggi, riescano a sopravvivere di sola caccia e raccolta significa che in determinate circostanze ambientali ciò rappresenta uno stile di vita efficiente: se la natura offre spontaneamente del cibo, perché compiere sforzi per procacciarsene altro?
Alle nostre latitudini, dove la natura è stata piegata dall’Uomo per sottostare alle sue esigenze, possiamo ancora trovare numerose specie vegetali selvatiche adatte all’alimentazione. Il loro numero è però in rapida diminuzione in ragione della costante perdita di biodiversità, dovuta principalmente alle logiche di mercato dell’agricoltura intensiva e al sacrificio di interi ecosistemi a favore di aree antropizzate.
La questione sembra apparentemente slegata dalla nostra quotidianità, e invece la nostra stessa esistenza è strettamente dipendente dalla biodiversità.
E così ho anch’io pronunciato il mantra catastrofista tanto caro a chi dovrebbe avere a cuore le sorti del pianeta, nonché i mezzi per potersene occupare salvo non andare oltre il blabla dei proclami e dei convegni…KL Cesec CV 2014.03.04 Ambiente maneggiare con curaIn ogni caso e come sempre le chiacchiere stanno a zero ma i numeri parlano chiaro: dall’anno 1900 ad oggi il 75% delle varietà vegetali è andato perduto, i tre quarti delle risorse alimentari mondiali dipendono da sole 12 specie vegetali e 5 animali e delle 75.000 specie conosciute solo 7.000 vengono usate in cucina. Delle 8.000 varietà censite in Italia nel 1899 ne sono rimaste 2.000.
Dalla fine della II Guerra Mondiale ad oggi delle 400 specie di grano esistenti il 90% sono scomparse. E che dire delle mele? Oltre un migliaio di antiche varietà ha ceduto il passo nell’80% dei casi a 4 varietà: due americane, una australiana e una neozelandese. Lo stesso vale per i pomodori: delle 300 cultivar commercializzate solo 20 sono autoctone. Stessa solfa per le altre solanacee, le cucurbitacee, i legumi e via elencando.
Il nostro Paese, con 57.000 specie animali, pari a un terzo di quelle europee, e 5.600 specie floristiche (il 50% di quelle europee) il 13,5% delle quali endemiche ha un patrimonio biodiverso fra i più importanti. Bene: 138 specie, il 92% delle quali animali, sono a rischio di estinzione a causa del consumo del suolo che erode gli habitat naturali, ed in ragione dell’intensificazione dei sistemi di produzione agricola. L’Italia, capeggiata dalla Lombardia, con il 43,8% di superficie coltivata è il Paese europeo con la maggior estensione di aree agricole. Ma l’abbandono dei sistemi tradizionali e naturali in favore di quelli industriali, l’impiego di sostanze chimiche dannose per il territorio, la logica della crescita infinita stanno abbattendo drasticamente il numero delle specie esistenti e, di quelle rimanenti, le qualità nutrizionali.
La delocalizzazione produttiva, nella quale noi italiani non siamo secondi a nessuno avendo da gran tempo acquisito direttamente o attraverso holding multinazionali immense estensioni di aree nel Sud del mondo, contribuisce inoltre a dare il colpo di grazia alla biodiversità.KL-Cesec - Supermercato - OrtofruttaLe nostre abitudini alimentari, rapportate a quelle dei nostri genitori e dei nostri nonni, sono state rivoluzionate nell’ultimo quarantennio attraverso il mutamento dello stile di vita, le aumentate disponibilità di cibo ed i trattamenti di raffinazione industriale: siamo le prime generazioni della storia ad avere il problema dell’obesità e del diabete sin dalla più tenera età.Cesec-CondiVivere 2014.12.03 Zingari 003Lo sviluppo delle produzioni intensive, delle monocolture e l’evoluzione delle capacità di trasporto hanno comportato che le disponibilità agroalimentari ci consentano di avere in ogni periodo dell’anno qualsiasi prodotto o perché coltivato in serra o perché proveniente da Paesi a stagioni rovesciate rispetto alle nostre.
I prodotti vengono però raccolti con largo anticipo rispetto alla loro disponibilità al banco, e la loro maturazione e conservazione avvengono spesso durante lo stoccaggio ed il trasferimento, non di rado grazie all’impiego di prodotti potenzialmente tossici.
Tutto questo si tramuta in un maggior costo:

  • economico, in quanto il prodotto deve ripagare dei maggiori investimenti compiuti per realizzarlo fuori stagione, per conservarlo o per farlo giungere da lontano fino al nostro Paese;
  • ambientale, in quanto si ha un dispendio di energia e un maggiore sfruttamento di risorse naturali (ad esempio il gasolio usato per riscaldare le serre);
  • nutrizionale, perché ogni tipo di frutta o verdura nasce, indipendentemente dalla volontà umana, per rinfrescare d’estate e riscaldare d’inverno. Pomodori e cetrioli, per esempio, sono tipicamente estivi per tale ragione, mentre carciofi e verze sono tipicamente invernali per la ragione opposta.

Per rieducare ad un consumo alimentare responsabile, salutare ed ecosostenibile l’Assessorato alle Politiche dell’Agricoltura della Provincia di Roma ha promosso una lodevole iniziativa diffondendo un simpatico volumetto di 34 pagine, dal titolo La stagionalità dei prodotti agricoli nella provincia di Roma.CC 2015.09.13 Mangia di stagione 002Di agevole consultazione e gradevolmente illustrato descrive mese per mese i prodotti stagionali, concludendosi con un interessante capitolo sulle conserve e con uno di utili indicazioni che aiutano a consumare prodotti quanto più possibile sani e ricchi dei loro nutrienti naturali. Il volume è scaricabile in formato pdf a questo indirizzo.
Pur esulando dall’argomento della stagionalità, accenno in chiusura alla questione della filiera corta: le sue caratteristiche consentono rispetto della stagionalità, migliore qualità e freschezza del prodotto; l’assenza di intermediari permette inoltre un più adeguato compenso degli addetti, spesso schiacciati dalle politiche della grande distribuzione.

Alberto C. Steiner

Consapevolmente autosufficienti: vivere in piccoli borghi ci salverà dal Medioevo prossimo venturo.

Inizio citando Nietzsche: “Non vuoi oggi salire su un alto monte? L’aria è pura e puoi scorgere più mondo che mai”.
Attraverso lo sfaldamento delle identità locali e dei sentimenti nazionali parrebbe che l’Unione Europea stia attuando una strategia mirata a costituire una Paneuropa feudale propugnando simboliche eurocentriche: Euro, bandiera, passaporto, Inno alla gioia eletto ad inno europeo, passaporto e Stati artificiali.
Taluni sostengono come tale processo sia iniziato nel 1990 con la disintegrazione della ex-Yugoslavia e che sia tuttora evidente in Belgio, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna  e persino in Italia attraverso l’ascesa dei partiti autonomisti.
A me tutto questo, detto molto semplicemente, non interessa.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 FioreDa quando sono salito sulla cima del monte iniziando a respirare aria pulita, a camminare più lentamente – perché in montagna bisogna prestare attenzione alle asperità del terreno – ed a vivere di ciò che mi è necessario e mi fa stare bene, ho compreso quante siano le sovrastrutture che ammorbano l’esistenza umana. Tra queste l’eccessiva attenzione al giudizio, alle vicende politiche, al timore di complotti, all’identificarci in ciò che facciamo piuttosto che in ciò che siamo, cadendo nel tranello di individuare nel diverso, chiunque esso sia, un nemico per crederci migliori esorcizzando così le nostre paure più o meno ancestrali, ma soprattutto quella di non piacerci, di non accettarci, di essere abbandonati da soli di notte nella foresta. Questa è spazzatura, creata non da un Grande Vecchio ma dal basso per il basso.
Secondo me non vanno mai dimenticate le battute scambiate nel film Guardie e ladri tra Aldo Fabrizi, brigadiere dei Carabinieri, e Totò, ladro, durante un inseguimento a piedi:

Fabrizi: Fermati altrimenti ti sparo!
Totò: Non puoi … puoi sparare solo per legittima difesa: io non offendo.
Fabrizi: E allora sparo in aria a scopo intimidatorio!
Totò: E io non mi intimido.

Ecco… E’ anche per tale ragione che ho scelto di rivoltarmi come un calzino per seguire la mia Visione piuttosto che lasciarmi condizionare dai metodi di asservimento delle masse, dalle scie chimiche, dai vari deliri d’impotenza e dall’anestesia del lamento.
Limitandomi all’aspetto professionale, questo percorso mi ha portato a credere nella realizzazione di villaggi ecosostenibili e comunità coresidenziali, nel ridare vita a borghi e territori abbandonati: campo ugualmente, anzi meglio di prima perché incontro desideri, sogni, sorrisi e vibrazioni sintoniche con la mia Energia.
Diventare consapevoli, o risvegliati per usare un termine oggi tanto trendy, significa altresì essere coscienti che il peace&love ed il politicamente corretto ad ogni costo sono merce d’accatto, buona per ottundere le coscienze ed impedire che qualcuno osi alzare la testa dal trogolo. Ma soprattutto che non siamo tutti uguali: c’è chi dorme o è morto, credendo però di essere sveglio e vivo e, in difetto di drastici cambiamenti che devono promanare dall’interno, non potrà in un futuro più o meno prossimo che ingrossare le schiere di quella che sarà un’imponente massa vagante alla deriva, mossa ormai solo da pulsioni primordiali. Tra queste la ricerca del cibo.

Si vis pacem…
Desidero citare un vecchio libro, Il Medioevo prossimo venturo scritto da Roberto Vacca, che nel 1970 ipotizzò un’improvvisa regressione della civiltà umana, dovuta al blocco tecnologico e all’esplosione demografica, tali da costringere l’umanità a ritornare a forme di vita e di lotta simili a quelle medioevali.
Curiosamente, nel 1989 uscì un libro dal titolo identico, che lessi e che mi colpì molto: autore uno statunitense sul quale non sono riuscito a recuperare notizie, sembra quasi che non sia mai esistito…Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Medioevo prossimo venturoLa tesi sostenuta è che a causa del depauperamento dissennato delle risorse non rinnovabili in tempi compatibili con l’esistenza umana – in ragione dell’utilizzo massiccio che le tecnologie ne avrebbero richiesto – nonché della deforestazione e dell’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, la terra non avrebbe più potuto sfamare i suoi abitanti nonostante, anzi proprio in conseguenza, del massiccio ricorso agli organismi geneticamente modificati poiché avrebbero reso definitivamente sterili molte specie ed improduttivo il suolo.
Le risorse alimentari si sarebbero vieppiù ridotte, diventando privilegio di pochi, le città si sarebbero trasformate in bolge infernali sempre più pericolose e sempre meno vivibili, e le campagne sarebbero state percorse da vere e proprie bande di predoni decisi ad assalire chiunque possedesse cibo, di qualunque natura esso fosse. All’occorrenza anche umana.
L’umanità avrebbe dovuto fare i conti con una delle più ataviche fra le paure: la fame.
L’autore ipotizzava inoltre due fenomeni che si stanno puntualmente verificando: lo scioglimento progressivo dei ghiacciai e l’innalzamento del livello degli oceani, rendendo inabitabili non solo città costiere, ma anche insediamenti lontani dal mare sino ad altitudini non trascurabili: per quanto riguarda l’Italia, secondo tale previsione non solo città come Genova, Napoli, Palermo e Venezia avrebbero cessato di esistere, ma anche Firenze, Milano, Pavia, Rovigo. La sicurezza avrebbe potuto essere conseguita a partire dai 400 metri di altitudine.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Venezia sommersaA quel punto gli esseri umani avrebbero avuto un’unica possibilità di sopravvivenza: riunirsi in piccoli insediamenti autosufficienti sotto il profilo energetico ed alimentare, sfruttando le risorse del territorio ed acquisendo la capacità di difendersi da eventuali attacchi.
Libro profetico, tranne che per i tempi ipotizzati: le prime avvisaglie sono già presenti in tutta la loro evidenza.
Come salvare noi, le nostre famiglie, la nostra serenità da tutto questo? La risposta esiste. Si chiama condivisione, cohousing, rispetto del territorio, utilizzo selettivo e responsabile delle risorse. Non fra trenta, cinquanta o cento anni ma ORA. Perché oggi siamo di fronte ad un’opportunità irripetibile: quella di crescere interiormente rivedendo la scala dei bisogni reali e presunti, mentre la decrescita alla quale volenti o nolenti siamo costretti può contribuire a riqualificare i rapporti tra le persone.
Oggi esiste anche una possibilità, che non so se ed in quale misura potrà presentarsi domani: scegliersi serenamente e con tranquillità fra simili per decidere chi avere come vicini, come coabitanti del nostro futuro ecovillaggio.
Tutto questo non potrà, a mio avviso, prescindere da una chiave, non solo di lettura: quel piccoli insediamenti autosufficienti di cui ho scritto sopra. Autosufficienti e, piaccia o meno, in grado di difendersi. Credo che questa sorta di neofeudalesimo, per certi aspetti somigliante ad un neomonachesimo, probabilmente non avrà più i caratteri che abbiamo studiato sui libri di storia; magari sarà un Federalesimo o un Consorzianesimo, insomma un’alleanza fra borghi, villaggi, territori, comprensori. Ma soprattutto fra Persone che avranno scelto l’autodeterminazione, grazie alla profonda consapevolezza ed alla capacità di sentire con il cuore di quelli che immagino saranno gli abitanti dei borghi sorti dal recupero di insediamenti abbandonati.
Essi terranno certamente in alta considerazione la cultura dell’accoglienza del viandante ma, mi permetto di suggerire, senza dimenticare le parole di Cromwell: “Abbiate fiducia in Dio e nel prossimo, ma tenete asciutte le polveri”.

Alberto C. Steiner

Solo catastrofismo?
Non saprei dire se Madre Terra sia irritata, per non dir di peggio, da tutte le nefandezze che stiamo combinando ma di certo sta cambiando faccia: la crosta terrestre si sta muovendo sotto i nostri piedi e in varie parti del mondo si stanno aprendo nel suolo fenditure lunghe chilometri e larghe decine di metri.
Le placche terrestri sono uscite da un’era di relativo stallo geologico e si stanno spostando abbastanza rapidamente, una inevitabile trasformazione che stiamo vivendo e che ha già causato devastanti terremoti.
Più in particolare i movimenti della placca Indo-Australiana stanno provocando l’affondamento di Bangladesh, Pakistan e di gran parte dell’Indonesia; conseguentemente, la placca Pacifica si sta spostando verso ovest ed il Sud America sta iniziando a propria volta a migrare verso occidente: lo dimostrano le fenditure nella crosta terrestre osservate in Cile, Bolivia, Perù.
Il Nord America spingerà sulle placche di Cocos, di Nazca e su quella Caraibica, determinando terremoti, eruzioni vulcaniche e tsunami in tutto il Centro America; uno di proporzioni devastanti è previsto che avvenga nella regione della New Madrid Fault Line e se ciò accadrà, oltre a svilupparsi uno tsunami che si espanderà verso l’Europa,  si verificherà anche lo spostamento della placca Africana verso sud e verso ovest, con relative conseguenze nel bacino Mediterraneo.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Italia innalzamento acquePropongo un link interessante: http://quakes.globalincidentmap.com/ e questa cartina, che rappresenta l’Italia allorché il livello del mare si sarà innalzato di circa 60 metri, come previsto in seguito ad uno tsunami europeo.
Ma, giusto per stare tranquilli, è inoltre previsto che il livello delle acque marine si elevi di ulteriori 200 metri nell’arco dei due anni successivi. ACS

Rieccoli: dopo Sanremo ritorna il Treno Verde

Se è giunto alla sessantaquattresima edizione il Festival di Sanremo, non vediamo ragione perché non debba accadere anche per il Treno Verde, quest’anno alla sua ventiseiesima passerella su e giù per le vie (ferrate) dello Stivale.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 002La campagna di Legambiente e Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane dedicata al rilevamento dell’inquinamento atmosferico e acustico, pensata per informare, sensibilizzare e promuovere tra i cittadini le buone pratiche per una mobilità sostenibile ed affidata ad un treno di quattro vetture (età media 30 anni) è partita il 13 febbraio da Palermo e, dopo aver toccato Cosenza, Potenza, Caserta, Roma, Pescara e, domani e dopodomani Ancona, giungerà a Verona dove il convoglio non verrà attestato a Porta Nuova, bensì nella ben più intima Porta Vescovo. Il 20 marzo stazionerà infine a Milano Porta Garibaldi per concludere il tour, passando prima da Varese, a Torino dove potrà essere visitato dal 25 al 27 marzo.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 001Durante le tappe il Treno Verde, grazie alla mostra interattiva ospitata a bordo dei suoi rotabili, incontrerà studenti, cittadini e amministrazioni per promuovere la qualità dei territori, l’innovazione nei centri urbani e l’attenzione negli stili di vita.
Il ministero dell’Ambiente, che si è recentemente aggiunto la specifica …e della Tutela del Territorio e del Mare (manca l’Aria ma ne comprendiamo la ragione; volete mettere, non sia mai qualcuno si metta a declamare cose turpi tipo: Ministeri di Terra, del Mare e dell’Aria!…) sostiene Treno Verde perché, come afferma il suo attuale titolare pro-tempore: “Riteniamo che sia un’iniziativa che diffonde un’idea di sostenibilità, dal punto di vista della mobilità, della produzione di energia e del modo in cui si vive il territorio, che corrisponde all’impostazione che abbiamo cercato di dare nel corso di questi mesi e che guarda all’Italia come a un Paese che ce la può fare se rivede profondamente il suo modello di sviluppo e se affronta la grande questione ambientale come un’occasione di modernizzazione” e, blablando chiosa circa l’importanza dell’accordo di programma sottoscritto per il bacino padano: “Accordo di grande importanza sul fronte delle emissioni, dell’attività agricola e dei trasporti, di cui abbiamo già siglato la prima tranche con le regioni interessate. Ora, è molto importante passare alla seconda fase dell’accordo di programma sull’inquinamento da Pm10 perché lì credo si debba affrontare il nodo della mobilità sostenibile e di come guardare al nuovo ciclo dei finanziamenti Ue, che partono quest’anno, come a un’occasione per sostenere il passaggio verso la mobilità sostenibile in particolare dalla gomma al ferro“.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 003Come opporre obiezioni a cotanta ecobanalità?
L’amministratore delegato di Ferrovie Italiane, per non essere da meno dichiara: ‘‘Il nostro sostegno alla campagna del Treno Verde diventa ogni anno sempre più convinto perché tutti i dati e i riscontri oggettivi confermano che la ferrovia è sempre più il fulcro irrinunciabile di una mobilità pubblica moderna e sostenibile. Guardiamo, ad esempio, al sistema delle Frecce, alla crescita esponenziale di viaggiatori registrata in pochi anni“.
Eh certo, grazie al sistema delle frecce… non fa niente se, per pagare gli spropositati costi delle infrastrutture ad alta velocità si sta lasciando andare in malora la ferrovia dei comuni mortali e la sua manutenzione, e non fa niente se la frequentazione delle frecce, in ragione delle tariffe e ad onta delle promozioni, è ormai sotto il 44%, e si sta sempre più sviluppando la concorrenza aerea.
Però, sempre secondo l’ineffabile Moretti all’uopo intervistato da La Repubblica: “Stiamo dimostrando che, laddove ci è data possibilità di esprimere in pieno le nostre capacità e potenzialità, i benefici per l’ambiente, per l’economia e per il turismo, sono incomparabili. Nel 2013 i 42 milioni di passeggeri che hanno preferito le Frecce all’auto privata o all’aereo hanno consentito di abbattere di oltre un milione di tonnellate le emissioni di Co2 nell’ambiente. E l’effetto positivo si dilata nelle città, grazie alle sinergie che stiamo incentivando con mezzi di trasporto privato, condiviso e pubblico a basso impatto ambientale“.
Come no, la città di Reggio Emilia, per esempio, ha visto grazie alla nuova stazione un’impennata tale di visitatori che non sa più dove metterli… NTV dal canto suo, si proprio quella di Italo, ha scoperto invece di avere un buco di 76 milioni e sta per chiedere ammortizzatori sociali per evitare licenziamenti. Della serie, i profitti me li pappo, i problemi li scrollo addosso alla collettività nella miglior tradizione dell’imprenditoria nazionale. Anche questo è inquinamento…KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 004Ma vediamo com’è fatto il Treno Verde. Premesso che l’ingresso è gratuito e ci mancherebbe, la prima vettura è dedicata al tema della mobilità sostenibile, dal trasporto su ferro alla mobilità elettrica, dall’urbanistica all’intermodalità, passando per le zone a traffico limitato, le piste ciclabili e le zone 30.
Alla città è invece dedicata la seconda carrozza, all’interno della quale l’allestimento è stato pensato per raccontare un’urbanistica che risponde alle esigenze dei cittadini e dell’ambiente.
Tema centrale della terza carrozza sono gli stili di vita: in questo vagone saranno forniti tanti piccoli accorgimenti per essere cittadini attenti e più smart. Ad esempio verrà spiegato come isolare l’abitazione per renderla efficiente, come fare una spesa sostenibile, come tenere sotto controllo i consumi domestici e, soprattutto, come differenziare e riciclare i rifiuti.
La quarta vettura, infine, è un vero e proprio parco urbano perché la città, secondo Legambiente, è più verde se con spazi pubblici attrezzati che consentono di passare il tempo libero, e non solo quello, respirando aria pulita o coltivando orti, riappropriandosi di tutti quegli spazi verdi spesso lasciati all’incuria e all’abbandono.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 005Se ci gira, e se non abbiamo cose più importanti da fare, il 20 facciamo un salto a Porta Garibaldi…

Malleus

Ci sarà da mangiare… per 6 intere settimane.

Natale è passato, l’Epifania pure, i Magi sono sulla via del ritorno in sella alle loro Harley e Gesù-Giuseppe-Maria, per riprendersi dallo stress post-partum e dai conseguenti impegni sociali, sono riusciti a trovare un volo per Sharm, scortati da contractors già agenti del Mossad perché di questi tempi non si sa mai.
Noi, visto che non lo faceva nessuno, abbiamo pensato bene di dare una rassettata alla stalla: poiché siamo nel Tertium Millennium non vi dico cosa non abbiamo trovato nella mangiatoia!
Oltre alla paglia vi erano residui di cereali, in particolare mais, ma anche frumento, riso, segale, orzo, luppolo, avena. E l’immancabile soia.
Abbiamo pensato di nutrirvi le nostre bestie dette anche, secondo il linguaggio caro alle Sacre Scritture, armenti.
Miracolo! vitelli, maialini e polli sono immediatamente cresciuti a dismisura… i vitelli, in particolare, a otto mesi sembravano manzi di due anni, i maialini diventavano belli sodi e patinati come la Peppa Pig, i polli mitragliavano uova con la cadenza di una slot-machine impazzita… come, i polli? Si, per non parlare dei tacchini, grandi come struzzi ma il cui latte non era però particolarmente buono da bere…
Messe in pentola, inoltre, le carni sfrigolavano, sobbollivano, rilasciavano un liquido strano, una specie di siero acquoso e colloso, e non erano particolarmente saporite.
KL-Cesec - Frankenstein ogmInoltre, osservando alcuni bambini, abbiamo notato che anch’essi crescevano immediatamente come canotti gonfiati ma con una pelle sottile, quasi trasparente, l’occhio vacuo, marcati caratteri femminili nei maschi e pochissima resistenza a sforzi e malattie. Ma per quelle, si sa, ci sono gli antibiotici…
Quindi, pur esprimendo gratitudine per quest’abbondanza di piaceri della carne, ci siamo domandati cosa ci sia in realtà nella mangiatoia di vitelli e scrofe, polli e tacchini.
Abbiamo proposto i nostri dubbi ad amministratori pubblici, stampa e studiosi, autorità agricole. In alcuni casi non abbiamo ricevuto risposta, anzi qualche interlocutore ha ostentato il miglior stile del raìs mediorientale, in altri abbiamo ottenuto ampie rassicurazioni che i nostri timori erano assolutamente infondati (proprio così: assolutamente) poiché il mais importato proviene da paesi che non coltivano varietà ogm, e che pertanto i nostri prodotti tipici: culatelli e strologhini, taleggi e parmigiani, latte e uova derivano da animali nutriti da mais tradizionali. Ah… e dove sono finiti gli avanzi di cucina, il famoso pastone delle galline, le bucce di patata e di mela e tutti gli altri scarti che normalmente finivano nel trogolo?
No, non stiamo facendo i finti ingenui, la nostra è solo provocazione perché a dire il vero non ci hanno mica tanto convinti con le loro rassicurazioni. Mais. E il resto, che fine fa? E poi, già che ci siamo, a quanto ammonta la quota per consumo alimentare  e qual è quella destinata alla zootecnia?
Pertanto, nonostante cotanti inoppugnabili pareri, abbiamo voluto curiosare nelle statistiche ufficiali, tenendo presente che il mercato cerealicolo ha una cadenza che copre due esercizi e si chiude tradizionalmente il 30 giugno. Proponiamo pertanto di seguito i dati ufficiali integrati da alcuni commenti.KL-Cesec - Campo grano 001Una cosa ci ha colpiti, tenendo presente che la nostra finalità era quella di tentare un’analisi del mercato non ogm. Tra i paesi esportatori mancano San Marino e Città del Vaticano ma quelli improbabili ci sono tutti: Belgio, Malta, Austria, Groenlandia… L’elenco delle fonti di approvvigionamento impone l’incredulità davanti a paesi che o non producono una spiga di mais o a loro volta importano, per l’esiguità della produzione, la quota preminenete del proprio fabbisogno. Per non parlare della soia.
L’impressione è quella di una spasmodica ricerca, in ogni recesso del pianeta, di chi può fornire qualche tonnellata di mais dichiarato non ogm qualunque sia il prezzo di acquisto e di trasporto. Il risultato di questa follia importatrice è l’elevato costo medio del totale importato (nonostante che nell’anno appena trascorso i prezzi siano calati mediamente del 30% in ragione di una sovraproduzione) al quale si debbono aggiungere i maggiori oneri di trasporto. Per capirci: il costo di trasferimento per tonnellata di mais in container dal Peru è palesemente quattro volte il costo di una tonnellata caricata alla foce del Mississippi, su un cargo da 8.000 tonnellate dal più funzionale sistema di imbarco del Globo.KL-Cesec - Frumento 001Romacereali è il tradizionale incontro tra gli imprenditori della filiera cerealicola operanti sui mercati internazionali, per aggiornare i consuntivi e le previsioni nei passaggi di consegne tra le varie campagne. Nel nostro caso passaggio dalla campagna di commercializzazione 2012-2013, conclusasi il 30 giugno, a quella 2013-2014.
La superficie coltivata è aumentata del 3% e la quantità prodotta del 3,8 a fronte di stock iniziali valutati -9,1% rispetto ai fabbisogni ma che hanno presentato un saldo finale di +1,1%.
I consumi per utilizzo segnano un incremento pari a 0,6% quelli per commercio un -2,2%.
Passando a valutare la situazione degli stock per l’intero settore cerealicolo, secondo i dati dell’IGC, International Grains Council, la campagna 2013-2014 si è aperta il 1° luglio all’insegna di stock iniziali ridotti.KL-Cesec - Cereali 001All’apertura il frumento nel suo complesso presentava a livello mondiale stock iniziali pari a 179 milioni di tonnellate (-9,1% rispetto a quelli presenti all’avvio della campagna 2012-2013) che, rispetto agli utilizzi attesi (678 milioni di tonnellate), rappresentavano una copertura media per 3,1 mesi . A livello Europa a 27, gli stock iniziali del frumento nel complesso si collocavano a 10 milioni di tonnellate (-11% rispetto al livello della campagna 2012-2013) che, a fronte di un consumo atteso di 120 milioni di tonnellate, offrivano una copertura di 1 mese.
Relativamente al frumento gli andamenti delle semine e dei raccolti si presentavano positivi, con una previsione produttiva IGC che recuperava 25 milioni di tonnellate rispetto alla campagna precedente, attestandosi ad una produzione di 680 milioni di tonnellate (+3,8%). La superficie destinata a frumento avrebbe dovuto passare dai 215,3 milioni di ettari del 2012-2013 a 221,9 milioni di ettari nella campagna 2013-2014 (+3%). L’utilizzo di frumento per l’alimentazione animale è atteso in calo del 2,3% mentre aumenta l’impiego industriale (+5,3%) e si colloca a +1,1% la domanda per l’alimentazione umana. A livello Europa a 28, secondo IGC, la produzione di frumento totale aumenterebbe a 138,1 milioni di tonnellate nella campagna 2013-2014 (+5%). La superficie investita a frumento nell’EU28 è prevista aumentare del 2% (26,1 milioni di ettari). Secondo le stime la produzione 2013-2014 nell’UE28 si collocherebbe a 135,9 milioni di tonnellate (+2,5%).
Il mais, a livello mondiale, si collocava con stock iniziali 2013-2014 di 116,5 milioni di tonnellate (-10,5% ) che, a fronte di un utilizzo atteso pari a 912 milioni di tonnellate (che costituisce un record), offrivano una copertura di 1,5 mesi. A livello Europa a 27, gli stock iniziali di mais 2013-2014 avrebbero dovuto assommare a 4,1 milioni di tonnellate (-38,8% rispetto al livello della campagna 2012-2013) che, a fronte di usi stimati per 67 milioni di tonnellate, avrebbero garantito una copertura di soli 21 giorni.
Per la campagna 2013-2014 la domanda mondiale di mais è prevista in aumento, 912 milioni di tonnellate a fronte di 864 milioni nella campagna 2012-2013 (+5,5%): un risultato che emergerebbe dall’aumento del 7% nelle destinazioni per l’alimentazione animale ed un più contenuto incremento degli utilizzi per etanolo (+4,0%). In EU27 la produzione 2013-2014 è prevista crescente rispetto al livello della campagna precedente: 65,8 milioni di tonnellate (+7,5%), soprattutto per l’incremento delle rese. In Ucraina è prevista la conferma dell’andamento della campagna 2012-2013 che aveva segnato un aumento della superficie del 40% ed una produzione di 4,4 milioni di tonnellate.
L’orzo apriva la campagna mondiale 2013-2014 con stock di 23,4 milioni di tonnellate (-9,6%) che, considerando consumi pari a 132 milioni di tonnellate (-2,6% rispetto al livello della campagna 2012-2013), sarebbero stati in grado di garantire una copertura per 2,1 mesi. A livello Europa a 27, gli stock iniziali erano pari a 6,5 milioni di tonnellate (-13,3% rispetto alla campagna precedente) che, a fronte di consumi attesi per 48 milioni di tonnellate, garantivano una copertura di 1,6 mesi.
La produzione mondiale di orzo per la campagna 2013-2014 è stimata dall’IGC in 138 milioni di tonnellate (+6%, circa 8 milioni di tonnellate) rispetto alla campagna precedente. Il comparto si presenta alquanto stabile per stock, commercio e destinazioni d’uso, con un lieve incremento dell’incidenza della mangimistica. Nell’EU27 è prevista una lieve diminuzione delle superfici investite, da 12,4 a 12,2 milioni di ettari, con un corrispondente decremento della produzione che da 54,7 scenderebbe a 54,4 milioni di ettari, a causa delle non favorevoli condizioni climatiche.
E’ interessante notare come il 21 gennaio 2013 abbiano debuttato alla Borsa italiana di Piazza Affari i contratti future sul frumento duro. Il nuovo segmento di mercato, denominato Agrex, opera su lotti di grano duro da 50 tonnellate. I mesi di consegna sono marzo, maggio, settembre e dicembre con cinque scadenze previste per i contratti in negoziazione. La consegna fisica della merce è a Foggia e fa perno su un silos autorizzato con una capacità di 240.000 tonnellate. Banca Imi, Gruppo Casillo e Granite Negoce hanno assunto il ruolo di market maker, mentre tra i grandi acquirenti (operatori diretti ma non market maker) figurano anche Barilla e Divella.
KL-Cesec - Sequestrati ogmDurante l’analisi è emersa una notizia curiosa: alcuni ricercatori volevano stabilire se un certo tipo di mais ogm predisponesse a tumori o gravi malattie, ed i risultati sono stati chiarissimi: i ratti nutriti con questo tipo di mais, morivano tutti di cancro entro breve tempo. A fronte di tale constatazione la Russia avrebbe risposto  in modo netto ed immediato, decidendo di sospendere le importazioni di mais geneticamente modificato e creando così un grave disagio ad una nota multinazionale dell’agro-alimentare. Tuttavia la nota multinazionale ha risposto minimizzando i danni e dicendo che la Russia ha adottato questa strategia non tanto per tutelare la salute dei cittadini e dei consumatori, quanto per fare concorrenza in quanto la stessa Russia è esportatrice di cereali. La verità? Chissà dov’è…
Le tabelle ufficiali dimostrano peraltro che l’ambizioso risultato di cancellare gli Stati Uniti ed i loro ogm dalla lista dei fornitori sarebbe stato gloriosamente conquistato. Increduli, abbiamo interpellato autorevoli esperti del nostro interscambio agricolo, che ci hanno spiegato che a tutto il mondo del commercio è noto che i nostri fornitori maggiori, Moldavia, Ucraina, Bielorussia sarebbero, tuttora, paesi in cui ogni legge è poco più che una chimera. Essi stessi acquisterebbero sul mercato mondiale sementi di mais ogm vendendoceli certificati come non ogm. Per disposizioni superiori nessun laboratorio pubblico controllerebbe, all’arrivo, in provetta; la maggior parte del mais importato sarebbe quindi mais ogm da sementi americane, oltreuttto importato ad un costo superiore del 60% rispetto al prodotto USA. Se così fosse, questa sarebbe la strada migliore per annientare economicamente qualunque allevamento.
Come si vede non abbiamo riferito nomi perché, nonostante i nostri tentativi di approfondimento, non siamo riusciti a venire a capo di nulla: voci contrastanti, silenzi rigorosi quando non sdegnati e dati che si smentiscono a vicenda non ci hanno permesso di stabilire la veridicità di tali affermazioni. Pubblichiamo pertanto queste note semplicemente come indicatrici del caos e della disinformazione che presiedono ad un aspetto fondamentale dell’alimentazione umana. E, sinceramente, la nostra piccola esperienza ci ha fatto comprendere quanto, in tutto questo, i danni peggiori non siano causati da dolo bensì da disinformazione, posizioni arroccate, sentito dire, luoghi comuni, pressapochismo e dogmi.
E, giusto per dirla tutta una volta per tutte: gli ogm non sono quel mostro dalle sette teste a prescindere, come si vuol far credere… Ma per affrontare questo argomento come merita ci riserviamo una trattazione apposita.
In compenso, per la soia il quadro è estremamente cristallino, con buona pace dei nostri amici vegani: tracciarlo non impone di godere delle confidenze anonime di importatori e mangimisti. Importiamo 1,5 milioni di tonnellate di semi dai quali ricaviamo olio e farina zootecnica, e 2,1 milioni di tonnellate di farina, acquistando i primi essenzialmente dal Paraguay, e la seconda da Argentina e Brasile. Non ci risulta che tra il Rio delle Amazzoni e il Mar del Plata venga seminato ormai un solo campo di soia che non sia ogm. Siamo felicemente (quasi) certi che ogm non sia la farina ottenuta da soia coltivata in Italia, che però rappresenta solo un decimo del totale, collocato peraltro a prezzi astronomici.
Del resto, facendo un paragone con l’olio, già un decennio fa alcuni produttori liguri e toscani attenti all’ecosostenibilità ci confidavano di non poterlo vendere direttamente al consumo, eliminando quindi ogni passaggio intermedio, ad un prezzo inferiore a 7 euro al litro.
In conclusione, chi si occupa di coltivazioni di nicchia biodinamiche e naturali è considerato, nel mondo della logica dei numeri, poco più che un hobbista. Ma a noi non interessa il Pil, bensì la decrescita felice, che non è un ossimoro come lo sviluppo sostenibile…

Malleus