NemicoPubblico. Pecorelle, lupi e sciacalli.

Non sempre le ciambelle riescono col buco. In questo caso nella montagna, per realizzare un’opera inutile, costosissima e suscettibile di creare notevoli danni ambientali e alla salute pubblica.
Ma sbattere il mostro in prima pagina funzionava all’epoca della carta stampata e funziona ancora meglio grazie a televisione, internet, social. Funziona grazie all’incapacità di discernimento, con sempre maggiore successo indotta da chi le notizie non le riferisce ma le monta per creare flussi di opinioni e, spesso, distogliere l’attenzione dalle questioni reali generando falsi obiettivi, clima di paura, nemici inventati di sana pianta.

La copertina del libro NemicoPubblico. Pecorelle, lupi e sciacalli

               La copertina del libro NemicoPubblico. Pecorelle, lupi e sciacalli

E’ il caso del bel libro NemicoPubblico. Pecorelle, lupi e sciacalli pubblicato da Spinta dal Bass, il movimento NoTav che da anni lotta in Valle Susa per contrastare la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino – Lione.
In 107 pagine scritte a più mani l’analisi di un attacco mediatico in piena regola che è riuscito a creare ad arte il “mostro” per distogliere l’attenzione dalla lotta alla TAV che, nel 2012, stava riscuotendo simpatie e solidarietà in tutta Italia. Una manovra subdola e perfettamente riuscita che seppe smuovere gli istinti più bassi e beceri degli itaGliani, annebbiando le loro già scarse e residue capacità di analisi e critica sui movimenti sociali e sui meccanismi di manipolazione dell’opinione pubblica.
Una spirale di “informazione” che sacrificò intenzionalmente l’obiettività alla soggettività, mostrando la parte decontestualizzata anziché il tutto. Un vortice gelatinoso che fagocitò tutti tanto da riuscire ad imporre senza coercizione quello che alla fine si configurò come un pericoloso pensiero unico. Nel vortice caddero tristemente anche la maggioranza degli operatori dell’informazione, compresi quelli della cosiddetta sinistra progressista, che con differente livello di intenzionalità e consapevolezza scelsero di amplificare l’eco di una non-notizia, a scapito della verità.
NemicoPubblico, il libro notav che ha fatto infuriare politici e magistrati, è liberamente scaricabile in formato Pdf dal sito spintadalbass, gratuitamente ma con un’avvertenza: “Tenete presente che pur essendo scaricabile e da far girare liberamente “una mano sul cuore e una sul portafoglio” per le spese legali sono ben accette“.

Alberto C. Steiner

Green economy? L’ha inventata il Duce: si chiamava Autarchia

Premessa: se ciò che sto per scrivere sarà causa di turbamenti per i figli dei figli dei fiori, vale la risposta che Jack Nicholson, nei panni del colonnello dei Marines Nathan R. Jessep, diede al suo vice, tenente colonnello Matthew Andrew Markinson, nel film Codice d’Onore.
Ieri sera, breve attesa di un atterraggio. Deambulo presso il Careàs International Airport de Öre al Sère, Bèrghem, e in un cestone dell’edicola libreria, la modica cifra di 14 Euro oltretutto scontati del 50 per cento mi consente di illuminarmi sui temi rifiuti zero, rincorsa a un’economia a basso impatto ecologico, ricerca di una riduzione dei consumi e degli sprechi, riciclaggio totale dei rifiuti, dieta povera di carne che privilegi i vegetali, bioedilizia, città a misura di bicicletta, carburanti alternativi, energia solare…
Il programma elettorale di un partito ambientalista? La ricetta di un guru dell’ecologia? Nulla di tutto questo, sto parlando dell’Italia del 1935, quando il tema era all’ordine del giorno. E pensare che di rifiuti se ne producevano meno di un terzo rispetto a quelli attuali.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 001Il libro Autarchia verde, un involontario laboratorio della green economy di Marino Ruzzenenti edito da Jaca Book nel 2011 e, per quel che ne so, passato sotto assoluto silenzio (perché fuori dall’ortodossia che vede l’intellighenzia sinistrorsa-chic unica detentrice dei temi ecosostenibili? chissà…) prende semplicemente atto in meno di duecento pagine di piacevolissima lettura di come la crisi del 1929 prima e le sanzioni economiche poi abbiano fatto sì che l’Italia fascista si trovasse a dover affrontare negli anni Trenta molte di quelle sfide delle risorse, a partire dai carburanti, che ora attanagliano per ben diverse ragioni i Paesi cosiddetti avanzati.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 002E se in quel periodo molte nazioni, a partire dagli Stati Uniti del New Deal di Roosevelt che non faceva mistero di apprezzare le scelte economiche mussoliniane, furono costrette a mettere in campo scelte simili, solo in Italia si arrivò a una teorizzazione precisa e molto vicina agli ideali di alcuni fan della moderna sostenibilità ambientale.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 005“E poiché la fonte prima della produzione è la terra, la gran madre, quella che se lavorata non tradisce… combatteremo e vinceremo la battaglia dell’autarchia, intesa nel settore rurale a ricavare dalla terra prodotti che essa ci può dare” scriveva in proposito Benito Mussolini. Se è indubbio che molti esperimenti autarchici si rivelarono delle vere stupidisie, come scrive Giorgio Nebbia nella prefazione, altri avevano una solida base scientifica.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 006Il regime coinvolse da subito nel comparto energetico Guglielmo Marconi, il Cnr e almeno tre figure di grandi scienziati ebrei: Guido Segre dal quale nacque Carbonia, Mario Giacomo Levi per gli studi sul metano, Camillo Levi per quelli sul tessuto nazionale. Purtroppo, in quanto Ebrei vennero successivamente perseguitati ed allontanati dai loro studi e dal loro entusiasmo.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 007Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 004Ma la loro eredità ebbe modo di protrarsi, come ci ricorda per esempio e niente affatto banalmente la rassegna Pitti Immagine Uomo del 2008, quando la griffe Milky Wear presentò abiti realizzati da derivati del latte, morbidi come un abbraccio, vale a dire una riedizione del Lanital realizzato in periodo fascista. Allo stesso modo moltissimi esperimenti pionieristici sull’eolico e sul solare furono cantierizzati e brevettati proprio in quegli anni. Per non parlare di una nuova visione del trasporto ferroviario.
Leggendo il libro di Marino Ruzzenenti mi sembra di sfogliare una moderna rivista ecologista: risparmio energetico, riciclaggio estremo dei rifiuti, raccolta porta a porta, lotta allo spreco, studio di nuovi materiali ecologici e sostenibili. Tutto questo lo ritroviamo nella fase autarchica degli anni ’30 in Italia, forse l’unico momento storico che, depurato dalle incrostazioni dovute all’ideologia fascista, in cui il nostro Paese ha potuto veramente definirsi una nazione sostenibile. Non solo ho riscontrato un rigoroso studio che mira a rivisitare le realizzazioni del periodo autarchico italiano, nella prospettiva di limitatezza dello sviluppo dovuto proprio alla connotazione del nostro Pianeta, ma anche la proposta di una chiave di lettura che offre interessanti spunti d’iniziativa che permetterebbero di uscire dall’impasse economico-ambientale in cui ci troviamo oggi.
Autarchia Verde mette peraltro in evidenza i limiti di alcune idee che si stanno facendo strada in alcuni settori ambientalisti come, ad esempio, una sperata autosufficienza alimentare del nostro Paese. L’Italia nel periodo antecedente alla seconda guerra mondiale contava circa 42 milioni di abitanti che riuscivano a malapena a sfamarsi, pur mettendo in campo quanto di meglio poteva offrire l’impegno autarchico. Come potrebbe essere autosufficiente oggi con 60 milioni di abitanti e con una fetta importante del territorio nazionale sacrificata alla cementificazione?
Stesso discorso vale per le materie prime. Si seppe trasformare il carbone in petrolio, tuttavia bisognava avere del carbone. Si rimpiazzò il carbone con la legna, in ogni caso bisognava averne a sufficienza. Il problema era: con che cosa ci si scaldava? Con il carbone? Ma allora, bisognava rinunciare ad utilizzarlo per fare del carburante.
Si rimpiazzò la seta con il rayon, ma bisognava avere la cellulosa. Se ne deduce quindi come l’Italia dovesse non solo pianificare delle strategie decrescenti, ma anche realizzare fitte reti di scambio con altri Paesi proponendo ciò che poteva offrire: allora come oggi eccellenze, cultura, arte e turismo senza per questo diventare un paese di ristoratori e camerieri.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 008Nonostante le numerose difficoltà da affrontare Giorgio Nebbia nella prefazione del libro ricorda che un’autarchia va oggi praticata perché abitiamo tutti in un’unica nazione, il Pianeta Terra, i cui confini sono chiusi: “Possiamo trarre quello che ci occorre soltanto dal suo interno e la nazione planetaria soffre degli stessi limiti che affliggevano i paesi in guerra nel XX Secolo. Contare sulle proprie forze, fare di più con meno non sono capricci, ma linee della politica economica da adottare nel XXI secolo”.
In conclusione, se è comprensibile che l’autarchia sia stata oggetto di ostracismo a causa dei suoi ccessi e del suo orientamento alla preparazione della guerra, uno dei meriti principali di questo libro è rammentarci che negli stessi anni, nei paesi democratici, le stesse politiche – come il citato New Deal di Roosevelt – avevano invece l’obiettivo di salvare la pace. Persino Keynes, nell’opuscolo intitolato La fine del laissez-faire, lo scrive chiaramente: “Inclino a credere che, quando il percorso di transizione si sarà compiuto, una certa misura di autarchia o di isolamento economico tra le nazioni, maggiore di quello che esisteva nel 1914 possa piuttosto servire che danneggiare la causa della pace”.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 003E gli attuali ecovillaggi non sono altro che l’emblema della ricerca di uno tile di vita rallentato all’insegna della decrescita a km zero: in altre parole comunità e autarchia.

Alberto C. Steiner

Consapevolmente autosufficienti: vivere in piccoli borghi ci salverà dal Medioevo prossimo venturo.

Inizio citando Nietzsche: “Non vuoi oggi salire su un alto monte? L’aria è pura e puoi scorgere più mondo che mai”.
Attraverso lo sfaldamento delle identità locali e dei sentimenti nazionali parrebbe che l’Unione Europea stia attuando una strategia mirata a costituire una Paneuropa feudale propugnando simboliche eurocentriche: Euro, bandiera, passaporto, Inno alla gioia eletto ad inno europeo, passaporto e Stati artificiali.
Taluni sostengono come tale processo sia iniziato nel 1990 con la disintegrazione della ex-Yugoslavia e che sia tuttora evidente in Belgio, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna  e persino in Italia attraverso l’ascesa dei partiti autonomisti.
A me tutto questo, detto molto semplicemente, non interessa.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 FioreDa quando sono salito sulla cima del monte iniziando a respirare aria pulita, a camminare più lentamente – perché in montagna bisogna prestare attenzione alle asperità del terreno – ed a vivere di ciò che mi è necessario e mi fa stare bene, ho compreso quante siano le sovrastrutture che ammorbano l’esistenza umana. Tra queste l’eccessiva attenzione al giudizio, alle vicende politiche, al timore di complotti, all’identificarci in ciò che facciamo piuttosto che in ciò che siamo, cadendo nel tranello di individuare nel diverso, chiunque esso sia, un nemico per crederci migliori esorcizzando così le nostre paure più o meno ancestrali, ma soprattutto quella di non piacerci, di non accettarci, di essere abbandonati da soli di notte nella foresta. Questa è spazzatura, creata non da un Grande Vecchio ma dal basso per il basso.
Secondo me non vanno mai dimenticate le battute scambiate nel film Guardie e ladri tra Aldo Fabrizi, brigadiere dei Carabinieri, e Totò, ladro, durante un inseguimento a piedi:

Fabrizi: Fermati altrimenti ti sparo!
Totò: Non puoi … puoi sparare solo per legittima difesa: io non offendo.
Fabrizi: E allora sparo in aria a scopo intimidatorio!
Totò: E io non mi intimido.

Ecco… E’ anche per tale ragione che ho scelto di rivoltarmi come un calzino per seguire la mia Visione piuttosto che lasciarmi condizionare dai metodi di asservimento delle masse, dalle scie chimiche, dai vari deliri d’impotenza e dall’anestesia del lamento.
Limitandomi all’aspetto professionale, questo percorso mi ha portato a credere nella realizzazione di villaggi ecosostenibili e comunità coresidenziali, nel ridare vita a borghi e territori abbandonati: campo ugualmente, anzi meglio di prima perché incontro desideri, sogni, sorrisi e vibrazioni sintoniche con la mia Energia.
Diventare consapevoli, o risvegliati per usare un termine oggi tanto trendy, significa altresì essere coscienti che il peace&love ed il politicamente corretto ad ogni costo sono merce d’accatto, buona per ottundere le coscienze ed impedire che qualcuno osi alzare la testa dal trogolo. Ma soprattutto che non siamo tutti uguali: c’è chi dorme o è morto, credendo però di essere sveglio e vivo e, in difetto di drastici cambiamenti che devono promanare dall’interno, non potrà in un futuro più o meno prossimo che ingrossare le schiere di quella che sarà un’imponente massa vagante alla deriva, mossa ormai solo da pulsioni primordiali. Tra queste la ricerca del cibo.

Si vis pacem…
Desidero citare un vecchio libro, Il Medioevo prossimo venturo scritto da Roberto Vacca, che nel 1970 ipotizzò un’improvvisa regressione della civiltà umana, dovuta al blocco tecnologico e all’esplosione demografica, tali da costringere l’umanità a ritornare a forme di vita e di lotta simili a quelle medioevali.
Curiosamente, nel 1989 uscì un libro dal titolo identico, che lessi e che mi colpì molto: autore uno statunitense sul quale non sono riuscito a recuperare notizie, sembra quasi che non sia mai esistito…Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Medioevo prossimo venturoLa tesi sostenuta è che a causa del depauperamento dissennato delle risorse non rinnovabili in tempi compatibili con l’esistenza umana – in ragione dell’utilizzo massiccio che le tecnologie ne avrebbero richiesto – nonché della deforestazione e dell’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, la terra non avrebbe più potuto sfamare i suoi abitanti nonostante, anzi proprio in conseguenza, del massiccio ricorso agli organismi geneticamente modificati poiché avrebbero reso definitivamente sterili molte specie ed improduttivo il suolo.
Le risorse alimentari si sarebbero vieppiù ridotte, diventando privilegio di pochi, le città si sarebbero trasformate in bolge infernali sempre più pericolose e sempre meno vivibili, e le campagne sarebbero state percorse da vere e proprie bande di predoni decisi ad assalire chiunque possedesse cibo, di qualunque natura esso fosse. All’occorrenza anche umana.
L’umanità avrebbe dovuto fare i conti con una delle più ataviche fra le paure: la fame.
L’autore ipotizzava inoltre due fenomeni che si stanno puntualmente verificando: lo scioglimento progressivo dei ghiacciai e l’innalzamento del livello degli oceani, rendendo inabitabili non solo città costiere, ma anche insediamenti lontani dal mare sino ad altitudini non trascurabili: per quanto riguarda l’Italia, secondo tale previsione non solo città come Genova, Napoli, Palermo e Venezia avrebbero cessato di esistere, ma anche Firenze, Milano, Pavia, Rovigo. La sicurezza avrebbe potuto essere conseguita a partire dai 400 metri di altitudine.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Venezia sommersaA quel punto gli esseri umani avrebbero avuto un’unica possibilità di sopravvivenza: riunirsi in piccoli insediamenti autosufficienti sotto il profilo energetico ed alimentare, sfruttando le risorse del territorio ed acquisendo la capacità di difendersi da eventuali attacchi.
Libro profetico, tranne che per i tempi ipotizzati: le prime avvisaglie sono già presenti in tutta la loro evidenza.
Come salvare noi, le nostre famiglie, la nostra serenità da tutto questo? La risposta esiste. Si chiama condivisione, cohousing, rispetto del territorio, utilizzo selettivo e responsabile delle risorse. Non fra trenta, cinquanta o cento anni ma ORA. Perché oggi siamo di fronte ad un’opportunità irripetibile: quella di crescere interiormente rivedendo la scala dei bisogni reali e presunti, mentre la decrescita alla quale volenti o nolenti siamo costretti può contribuire a riqualificare i rapporti tra le persone.
Oggi esiste anche una possibilità, che non so se ed in quale misura potrà presentarsi domani: scegliersi serenamente e con tranquillità fra simili per decidere chi avere come vicini, come coabitanti del nostro futuro ecovillaggio.
Tutto questo non potrà, a mio avviso, prescindere da una chiave, non solo di lettura: quel piccoli insediamenti autosufficienti di cui ho scritto sopra. Autosufficienti e, piaccia o meno, in grado di difendersi. Credo che questa sorta di neofeudalesimo, per certi aspetti somigliante ad un neomonachesimo, probabilmente non avrà più i caratteri che abbiamo studiato sui libri di storia; magari sarà un Federalesimo o un Consorzianesimo, insomma un’alleanza fra borghi, villaggi, territori, comprensori. Ma soprattutto fra Persone che avranno scelto l’autodeterminazione, grazie alla profonda consapevolezza ed alla capacità di sentire con il cuore di quelli che immagino saranno gli abitanti dei borghi sorti dal recupero di insediamenti abbandonati.
Essi terranno certamente in alta considerazione la cultura dell’accoglienza del viandante ma, mi permetto di suggerire, senza dimenticare le parole di Cromwell: “Abbiate fiducia in Dio e nel prossimo, ma tenete asciutte le polveri”.

Alberto C. Steiner

Solo catastrofismo?
Non saprei dire se Madre Terra sia irritata, per non dir di peggio, da tutte le nefandezze che stiamo combinando ma di certo sta cambiando faccia: la crosta terrestre si sta muovendo sotto i nostri piedi e in varie parti del mondo si stanno aprendo nel suolo fenditure lunghe chilometri e larghe decine di metri.
Le placche terrestri sono uscite da un’era di relativo stallo geologico e si stanno spostando abbastanza rapidamente, una inevitabile trasformazione che stiamo vivendo e che ha già causato devastanti terremoti.
Più in particolare i movimenti della placca Indo-Australiana stanno provocando l’affondamento di Bangladesh, Pakistan e di gran parte dell’Indonesia; conseguentemente, la placca Pacifica si sta spostando verso ovest ed il Sud America sta iniziando a propria volta a migrare verso occidente: lo dimostrano le fenditure nella crosta terrestre osservate in Cile, Bolivia, Perù.
Il Nord America spingerà sulle placche di Cocos, di Nazca e su quella Caraibica, determinando terremoti, eruzioni vulcaniche e tsunami in tutto il Centro America; uno di proporzioni devastanti è previsto che avvenga nella regione della New Madrid Fault Line e se ciò accadrà, oltre a svilupparsi uno tsunami che si espanderà verso l’Europa,  si verificherà anche lo spostamento della placca Africana verso sud e verso ovest, con relative conseguenze nel bacino Mediterraneo.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Italia innalzamento acquePropongo un link interessante: http://quakes.globalincidentmap.com/ e questa cartina, che rappresenta l’Italia allorché il livello del mare si sarà innalzato di circa 60 metri, come previsto in seguito ad uno tsunami europeo.
Ma, giusto per stare tranquilli, è inoltre previsto che il livello delle acque marine si elevi di ulteriori 200 metri nell’arco dei due anni successivi. ACS

Emilia-Romagna: stop alle trivellazioni

Il titolo di questo articolo avrebbe dovuto essere: Rapporto Ichese: Vasco Vasco, io non ci casco… ma noi siamo dei tesorucci. Lungi pertanto da noi qualsiasi vis polemica.
Dunque, la Regione Emilia-Romagna ha deciso di fermare le nuove trivellazioni alla ricerca di idrocarburi, temendo un nesso con il disastroso sisma che colpì il Modenese, con ripercussioni anche in Lombardia e Veneto, nel maggio 2012.
Attenzione: le nuove trivellazioni.KL Cesec CV 2014.04.17 Ichese 002Secondo il rapporto della Commissione Ichese, istituita l’11 dicembre 2012 e consegnato alla Regione Emilia-Romagna nello scorso febbraio ma da questa diffuso solamente il 12 corrente e messo online martedì 15 con l’ingannevole titolo del link:
http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/notizie/primo-piano/commissione-ichese-on-line-il-rapporto-integrale mentre in realtà risultano online l’appendice, in inglese: Appendices – Report on the Hydrocarbon Exploration and Seismicity in Emilia Region e il Capitolo 9 – Conclusioni del Report dalla pag. 188 alla pag. 197 in lingua italiana, sembrerebbe di si.
Ci domandiamo: se il rapporto non fosse stato anticipato dalla rivista Science, sarebbe stato messo online?KL Cesec CV 2014.04.17 Ichese 001Comunque, poiché con i se non si fa la Storia, la risposta alla domanda se vi sia un nesso fra trivellazioni e terremoto è certamente no per il sito di Rivara, mentre servono approfondimenti per il Pozzo Cavone.
In base a tali conclusioni è stata pertanto decisa una moratoria per le nuove perforazioni. Trivelle ferme, quindi, come annunciato l’altro ieri nell’Aula Consiliare dall’assessore regionale alla protezione civile Paola Gazzolo, illustrando all’assemblea le linee principali del rapporto della Commissione Ichese.
Non potendo fare altro non ci resta (che piangere? ma su, cosa andate a pensare? non siate pessimisti…) che considerare che siamo solo ingegneri. E’ che ci pare di rammentare di quando la geologia e l’ingegneria mineraria facessero un tempo parte delle scienze quasi esatte: se buchi qui viene giù tutto, se crei un vuoto lì implode, la faglia va da qui a lì ed è profonda tot, il fondo calcareo, la placca tufacea non regge la dolomite e blabla… Ma forse non è più così, tant’è che le conclusioni dello studio sono, in buona sostanza, che “non è possibile escludere un collegamento tra le attività estrattive e i terremoti che nel maggio del 2012 colpirono Emilia Romagna, Lombardia e Veneto”. Evviva.
Una curiosità: quanto è costato lo studio ai contribuenti?

Malleus

Campo, un progetto che non decolla

 Con Deliberazione Regionale n.2802 del 23 novembre 2010 avente come oggetto: Comune di Brenzone – Recupero e valorizzazione storico-culturale, paesaggistica, turistica e ambientale di Brenzone – località Campo; Approvazione della Convenzione relativa alle modalità di attuazione dell’intervento ai sensi della L.R. 13/1999 venne stanziato un importo di 760.000 €.
cesec,condivivere,campodibrenzone,borgo,cohousing,lagodigardaNell’agosto 2011, fu approvata dal Consiglio Europeo, e conseguentemente ritenuta finanziabile, la proposta di massima finalizzata al salvataggio di Campo per farne un’accademia del restauro ed un centro di eccellenza per la tutela delle tradizioni artigianali locali, eventualmente non disgiunto da un’attività di albergo diffuso sulla scorta di quanto realizzato in altri borghi abbandonati italiani e previo parere favorevole della Soprintendenza dei Beni Ambientali di Verona. All’uopo venne costituita appositamente la
Fondazione Campo – Campo Stiftung ed alcuni studi di massima furono redatti dall’Accademia del Restauro di Raesfeld, in Germania, e da Edilscuola di Verona con il parziale sostegno economico della Fondazione Cariverona.
Numerose le ipotesi progettuali legate al riuso del sito, previo un recupero che nei fatti non è ancora iniziato, non solo per mancanza di fondi.
Se un eventuale plesso museale può avere buone possibilità teoriche di essere realizzato in ragione dell’esiguità degli spazi e degli investimenti occorrenti, così non sembra essere per un centro che salvaguardi l’eccellenza artigiana: “
la gente vuole arrivare in auto, diversamente potremo contare solo su un’utenza occasionale” affermava in un’intervista rilasciata tempo fa all’Arena, il quotidiano veronese, un esponente della Confartigianato locale, aggiungendo: “e questo a fronte di investimenti finanziari non indifferenti che, in un momento economico difficile come l’attuale, sarebbe molto arduo recuperare. Certo, sarebbe bello poter educare la gente a non usare l’auto, alle passeggiate nella natura ed ai silenzi, ma il turismo mordi e fuggi non è tarato su questa lunghezza d’onda. E oggi più che mai dobbiamo prendere quello che c’è”. Pessimismo o sano pragmatismo? Sta di fatto che, oltre a qualche convegno e ad alcune pubblicazioni non si è andati.
Un’altra ipotesi sulla quale punta il recupero di Campo è la costituzione di un albergo diffuso, una soluzione che, rispettando e valorizzando il territorio ed i suoi caratteri naturalistici ed antropologici, offre un’ospitalità, generalmente di ottimo livello qualitativo.
Esempi in Italia non ne mancano. Come scrive Giancarlo Dall’Ara nel suo sito www.albergodiffuso.com un albergo diffuso è sostanzialmente due cose:
·
 un modello di ospitalità originale
·
 un modello di sviluppo turistico del territorio.
In estrema sintesi si tratta di una proposta concepita per offrire agli ospiti l’esperienza di vita di un centro storico di una città o di un paese, potendo contare su tutti i servizi alberghieri, cioè su accoglienza, assistenza, ristorazione, spazi e servizi comuni per gli ospiti, alloggiando in case e camere che distano non oltre 200 metri dal “cuore” dell’albergo diffuso: lo stabile nel quale sono situati la reception, gli ambienti comuni, l’area ristoro.
cesec,condivivere,cohousing,campodibrenzone,lagodigarda,borgo,recuperoMa l’AD è anche un modello di sviluppo del territorio che non crea impatto ambientale. Per dare vita ad un Albergo Diffuso infatti non è necessario costruire niente, dato che ci si limita a recuperare/ristrutturare e a mettere in rete quello che esiste già. Inoltre un AD funge da “presidio sociale” e anima i centri storici stimolando iniziative e coinvolgendo i produttori locali considerati come componente chiave dell’offerta. Un AD infatti, grazie all’autenticità della proposta, alla vicinanza delle strutture che lo compongono, e alla presenza di una comunità di residenti riesce a proporre più che un soggiorno, uno stile di vita. Proprio per questo un AD non può nascere in borghi abbandonati.
E poiché offrire uno stile di vita è spesso indipendente dal clima, l’AD è fortemente destagionalizzato, può generare indotto economico e può offrire un contributo per evitare lo spopolamento dei borghi.
La prima idea italiana di Albergo Diffuso nacque dal terremoto che sconvolse il Friuli nel 1976 utilizzando a fini ricettivi turistici le case ristrutturate con i fondi destinati alla ricostruzione. Il progetto-pilota, a firma dell’architetto Carlo Toson, risalente al 1982 e relativo al Borgo Maranzanis di Comeglians nacque da un’idea del poeta e scrittore Leonardo Zanier. All’epoca, in una logica di
marketing l’approccio iniziale poteva essere definito product oriented: si tenevano cioè in considerazione le prospettive di sviluppo del territorio e le aspettative dei proprietari delle case, ma si trascuravano le esigenze degli ospiti. Oggi il modelo dell’Albergo Diffuso, normato da 13 regioni italiane come modello orizzontale sostenibile, attrattore per i centri storici ed i borghi, non offre solo posti letto bensì il concetto di albergo che non si costruisce, respirando lo stile di vita del borgo grazie alla possibilità di alloggiare in case che si trovano in mezzo a quelle dei residenti, vale a dire nell’ambito di una comunità viva. Diversamente si tratterebbe di un villaggio per turisti.
Esistono attualmente diversi alberghi diffusi, attivi con successo; ai primi costituitisi in Friuli a Sauris, in Sardegna a Bosa, in Puglia ad Alberobello se ne sono aggiunti nelle Marche, in Abruzzo, nel Lazio, in Molise, in Toscana, in Trentino Alto Adige ed in Basilicata dove una particolare menzione merita l’albergo diffuso
Grotte della Civita di Matera, realizzato ricavando residenze dagli storici Sassi, mentre di quello denominato Sextantio, in Abruzzo, riferiamo a parte in ragione delle sue caratteristiche di unicità.

Alberto C. Steiner