Chi sostiene la finanza sostenibile

Sfarfallano come foglie d’autunno gli inviti a partecipare alla kermesse della finanza sostenibile, che avrà luogo dal 4 al 12 novembre aprendosi a Roma e serpeggiando in varie lochescion itineranti per concludersi nella cornice di Palazzo Mezzanotte a Milano, sede della Borsa. Non male come epilogo per una finanza che vuole indossare il vestitino sostenibile…Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Io odio la finanza sostenibileQuest’anno non ci andrò. Abbiamo già dato, l’anno scorso. E le ragioni per cui non intendo fare da claque all’evento le scrissi nell’articolo intitolato Onoriamo il Lupo, per noi è un animale veramente Sacro. Soprattutto se parliamo di finanza, pubblicato il 7 novembre 2013 in questo Blog, al quale rimando chi volesse approfondire.
Rileggendolo l’ho trovato addirittura più attuale oggi rispetto ad un anno fa, e prima di passare oltre ne riprendo un breve periodo:
Abbiamo visto quello che dovevamo vedere, detto quello che dovevamo dire ma soprattutto annusato un odore che avremmo preferito non sentire.
Non ci sono piaciuti i toni paludati, saccenti, supponenti. Non ci sono piaciuti i sorrisi a 96 denti splendenti d’acciaio su tre file. Non ci è piaciuto il tono da accademici illuminati, tanto per cambiare da guru della finanza, questa volta eticobiobau.
Non siamo in grado di stabilire se e in quale misura siamo finanziariamente etici e sostenibili, secondo quelli che sono diventati i parametri ufficiali. Dei quali, sinceramente, non ci frega il classico beneamato cazzo perché sono artefatti, e possiamo dimostrarlo. Ma per quanto attiene al nostro piccolo mondo di Amélie dove ci piace vivere abbiamo ancora una volta dimostrato a noi stessi di avere gli attributi e di non essere in vendita. E nemmeno in fistfactoring o in fuckleasing.
Però di una cosa, che avevamo dapprima compreso o se preferite sentito, siamo certi: la finanza, quella vera, quella con i denti a sciabola, si è appropriata dell’ecosostenibilità, della sostenibilità e della solidarietà, con la complicità di coloro che preferiscono usare il termine collettivo al posto di pubblico e nelle retrovie stanno scaldando i motori delle loro Kooperativistiche und Onlusaistische Panzer Divisionen
Indossando il vestitino etico e solidale si sta preparando l’ennesimo atto sodomitico ai danni dei risparmiatori. Non stiamo farneticando: alcune cooperative edilizie che promettevano comunità residenziali in cohousing in autocostruzione lo hanno già dimostrato. Una per tutte: Alisei.
Abbiamo fatto ciò che era nostro dovere fare affinché non rimanessero margini di dubbio circa la supposta (appunto) eticità di una certa finanza e, pur nella limitata potenza della nostra voce, possiamo lanciare un monito: attenzione a chi, con retrostante pabulus politico, irretisce, seduce, indora pillole di ecosolidarietà finanziaria, perché vuole solo avere il controllo anche di quelle realtà, per portarvi l’acqua del proprio mulino fatto di drenaggio di denari pubblici, clientele, commissioni, carrozzoni, compagnie circensi, osservatòri e corte canterina varia.Cesec-Condivivere 2014.10.20 Squali della finanza sostenibileE veniamo all’oggi. Il forum è tecnicamente un’organizzazione non lucrativa la cui finalità è quella di promuovere una finanza etica. Desumendo dal sito si legge: Accanto alle questioni dell’etica della finanza, troviamo altri ambiti sicuramente rilevanti quando si tratti di istituzioni finanziarie e responsabilità verso altri soggetti. Come ad esempio la relazione tra attività finanziaria e sviluppo locale, lotta alla disoccupazione, integrazione degli immigrati, protezione dell’ambiente. Ecco quindi che l’esercizio dell’attività finanziaria è legato a filo doppio con il dibattito sullo sviluppo sostenibile. Un bel blabla di maniera che avremmo potuto leggere nel tema in classe di uno studente di ragioneria, e dal quale chi sa leggere può evincere una matrice sdegnosamente caritativa. Siamo rimasti alla raccolta dei tappini per aiutare i negretti
La compagine societaria, pardon sociale, del forum è così composta:Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Composizione societaria forum finanza sostenibileSoci sostenitori
ABI, Associazione Bancaria Italiana
Intesa San Paolo
Natixis
Petercam, Istitutional Asset Management
Vontobel,Private Banking
Soci Ordinari
ACRI, Associazioni di Fondazioni e di Casse di Risparmio SpA
Adiconsum
Allianz
ANASF, Associazione Nazionale Promotori Finanziari
ANIA, Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici
Assofondi Pensione
Assogestioni
Avanzi
Axa Investment Managers
Bloomberg
CDP, Carbon Disclosure Project
CGIL, Confederazione Generale Italiana Lavoratori
CISL, Confedeazione Italiana Sindacati Lavoratori
Cittadinanzattiva
Cometa fondo pensione
ECPI, Sense in Sustainability
EQUI, Private Equity
Etica Sgr SpA
FABI, Federazione Autonoma Bancari Italiani
Federcasse
Fondo Pensione Gruppo Intesa San Paolo
Generali Investment Europe
HDI Assicurazioni
Hines Italia
HSBC
ING Investment Management
Legambiente
MBS Consulting
Microfinanza
Morningstar
Pegaso Fondo Pensione
PensPlan Invest SG
RITMI, Rete Italiana Microfinanza
Societe Generale
Symphonia
Sodalitas
UBS, Unione Banche Svizzere
Unicredit
Unipol
Vigeo Italia
WWF Italia ONG Onlus

mentre il Consiglio di gestione è formato da:Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Struttura quote forum finanza sostenibilePresidente
Maurizio Agazzi – Fondo Cometa
Consiglieri
Chiara Mazzuoccolo – Vontobel
Franca Perin – Generali Investments Sgr
Gian Franco Giannini Guazzugli – ANASF
Anna Monticelli – Intesa Sanpaolo
Manuela Mazzoleni – Assogestioni
Salvatore Cardillo – Assofondipensione
Isabel Reuss – Allianz Global Investors
Angela Tanno – ABICesec-CondiVivere 2014.10.20 Gnomo nel boscoCurioso che nel Consiglio non compaiano esponenti di realtà non bancarie… Dietro il paravento dell’etico, del sostenibile e del sociale la finanza dei soliti noti porta avanti i propri interessi. Oggi il guadagno è nell’housing sociale, e allora piatto ricco mi ci ficco: “Per fare edilizia sociale non occorre essere filantropi, neppure costruttori, basta avere le spalle coperte“. Non l’ha detto uno qualsiasi bensì Giuseppe Guzzetti, classe 1934, banchiere, politico, avvocato ed uno degli uomini più influenti d’Italia. Presidente di Fondazione Cariplo dal 1997 e dal 2000 dell’Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio, si proprio quell’ACRI che siede fra i soci del Forum, azionista forte di Intesa San Paolo, presente tra i soci sostenitori del Forum.
Cito dall’interessante Il business del futuro? L’housing sociale, pubblicato dal sito matteo-equilibrio1.blogspot.it ed al quale rimando per approfondimenti: Presidente della Regione Lombardia dal 1979 al 1987, incarna il dominus del governo occulto delle banche e degli intrecci con il potere politico. Lo aveva capito Tremonti, che tentò di porre rimedio al suo strapotere mettendo in dubbio il regime privatistico delle fondazioni. Fu la Corte Costituzionale a stabilire che le fondazioni sono persone giuridiche private dotate di piena autonomia statutaria e gestionale. In quell’occasione gli corse in soccorso anche Gustavo Zagrebelsky, Presidente emerito della Corte Costituzionale, che siede in diversi organi della fondazione Cariplo.
Ad onta dell’aggettivo sociale il nuovo housing è un affare per pochi: banche, fondazioni bancarie e l’immancabile Legacoop con annessi, clientes e connessi.
Se l’edilizia da sempre rappresenta business, quella sociale lo è all’ennesima potenza, e non poteva essere che la Lombardia a tenerla a battesimo, nel 2004, quando vide la luce il progetto sperimentale di autocostruzione assistita gestito da Alisei Ong-Innosense Consulting.
Risultato: nel 2006 fu posata a Pieve Emanuele la prima pietra del cantiere, che si trova in stato di abbandono dal 2011 mentre 24 famiglie che si sono giocate risparmi, energie, tempo e fiducia attendono ancora una abitazione.
Alisei ed i suoi sodali e manutengoli hanno seminato più cadaveri dell’Ebola: a Cologno Monzese, Vimercate, Brugherio, Besana Brianza, Ravenna per citare solo le prime località che mi vengono in mente.
Del resto non dico nulla di strano, artefatto o ingiurioso: basta scorrere internet per trovare riferimenti a iosa. E dire che per non dilungarmi non ho parlato dei Social Bond

Alberto C. Steiner

Vieni a vivere con me?

Sembra che presto, unitamente al defibrillatore, tra la strumentazione salvavita delle unità mobili di rianimazione troverà posto una pulsantiera da ascensore.
Nelle intenzioni del legislatore dovrebbe essere di ausilio negli stati di choc conseguenti ad attacchi di panico: avete presente quegli orribili minuti che si dilatano nell’immensità verticale tra il pianterreno ed il settimo di un qualsiasi condominio in forzata compagnia del vicino che, ne siete certi, ha votato contro la rastrelliera per le biciclette a favore dell’impianto di videosorveglianza? Oppure quel greve silenzio riempito solo da un borbottato buongiorno mentre l’occhio, anziché sorridere alla vicina, è inchiodato sulle modanature satinate che rinserrano lo specchio o, per l’appunto, sulla pulsantiera?
A me non accade, in primo luogo perché dove abito l’ascensore non c’è ed inoltre perché attacco bottone con chiunque, nelle situazioni più impensate. Ma posso comprendere.
La sindrome dell’ascensore, quindi. Che la pulsione alla sperimentazione di nuove forme abitative nasca proprio da lì?
Come per i sacchetti di plastica, nulla si crea e nulla si distrugge… in questa era postmoderna l’idea di vivere in comune torna ad occupare il panorama sociale. Tutto però si trasforma: dimenticati gli echi rivoluzionari e venute a noia le seduzioni dell’amore libero, la nostra anima è oggi tutta per emozioni suscitate da termini quali solidarietà, ecosostenibilità, integrazione assistita, decrescita felice.
La neo tendenza (c’è sempre un neo, da qualche parte…) a coabitare ha da qualche anno accelerato la propria curva di crescita: perché più che a una casa aspiriamo ad un ecosistema, perché siamo cuori verdi bio, perché siamo cuori grandi e la famiglia non ci basta, perché siamo cuori allegri e stare da soli… uff che noia.
Evviva le neocomuni quindi ma, come faceva dire il Manzoni al cancelliere Ferrer, si puedes y con juicio e facendo ricorso all’iniziativa privata, senza aspettarsi che la manna cada dal cielo, senza associarsi, consociarsi o avvilupparsi a qualche carrozzone politico che promette, illude per tornaconto, non fa crescere ed alla fine si rivela come il carro di Mangiafuoco: luccicante di lumi ma pronto a trasformare tutti in ciuchi.
I fatti lo dimostrano: le 26 iniziative censite a fine 2012 risultano essere oltre 200 alla fine dello scorso mese di settembre, ma molte di queste non sono associate alla RIVE, non compaiono sui social, non si aspettano che nessuno assegni loro alcunché. Individuano una cascina o un gruppo di case in un borgo abbandonato, studiano la fattibilità dell’intervento, mettono mano al portafogli, contraggono un mutuo e partono con la cantieristica affidandosi all’autocostruzione integrata dall’aiuto di professionalità specifiche, in particolare per quanto riguarda la statica, l’ambito energetico e gli aspetti tecnico-finanziari.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 005Ed anche il fattore tempo è dalla parte dell’iniziativa privata: tre anni costituiscono la durata media del periodo che va dall’idea alla consegna degli immobili, mentre nell’ambito dell’ortodossia ecosocialsostenibile non è raro trovare gente che dopo un decennio non ha ancora deciso che nome darsi.
Non è la prima volta che lo scrivo: molti hanno iniziato a comprendere che la consapevolezza passa anche dal mollare quelle sovrastrutture denominate ideologie e nel guardare alla concretezza. Per crescere insieme dopo che ciascuno ha iniziato a crescere da solo, lasciando perdere utopie, sogni, fantasie fuori contesto o di dubbia realizzazione e rivendicando ciascuno, pur in un ambito solidale, le proprie autonomie ed i propri spazi.
Soprattutto rifuggendo da quella modalità che vorrebbe annientare l’individualismo mettendo tutto in comune, soprattutto il denaro riconoscendo di fatto solamente la paghetta mensile anche a chi opera esternamente all’ecovillaggio e porta alla casa comune lo stipendio. Obbligato a sottostare ad una decisione collettiva che suona come un processo pubblico anche qualora trattasi di acquistare un minipimer per casa propria.
Questa vera e propria logica della setta (sicuramente più vantaggiosa rispetto a quella dell’Opus Dei: qui si parla di mancette variabili da 50 a 200 Euro mensili, ai nipotini di Josemaría Escrivá ne spetterebbero solo 30) permea molte vicende, ed è quella propugnata da certi aggregati portati ad esempio da quella specie di bibbia dell’ecovillaggista che è Ecovillaggi e cohousing, dove sono, come farne parte. Fortunatamente ha fatto il suo tempo, riscuotendo ormai credito solo presso alcune fasce di militante marginalità attanagliata dal male di vivere.
Questo scritto costituisce l’ideale seguito di Ecovillaggi, la rivoluzione silenziosa pubblicato in questo stesso Blog il 13 ottobre scorso.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 002Tra le motivazioni che portano a voler vivere in cohousing, e più ancora in ecovillaggio, non vi è solo il desiderio di una vita più ecosostenibile orientata verso un paradigma differente, una maggiore coerenza con una visione realmente ecologica ed olistica dell’esistenza. Autoproduzione, economia condivisa nello scambio ed attraverso il mutuo sostegno, consumo consapevole ed attenzione all’alimentazione nel rispetto delle diversità per chi vuol essere onnivoro, vegetariano, vegano, uno stile di vita naturale ed essenziale sono tutte nobili motivazioni, ma nascono da ben altre e più profonde, vale a dire da un vero e proprio processo di cambiamento interiore.
Detto in altri termini: nascono quando si diventa Consapevoli, Risvegliati, Guerrieri.
Decidere di vivere in un cohousing o o in un ecovillaggio non significa semplicemente metter su casa nel verde, ma ricercare primariamente un’armonia interiore attraverso un percorso di risveglio che coinvolge i piani psicologico, energetico, emotivo, relazionale, pratico ed economico legati ai concetti di sostentamento e sopravvivenza.
Tanto è vero che non ci si arriva improvvisamente, bensì attraverso un graduale percorso di crescita i cui primi segnali sono costituiti dal senso di smarrimento, frustrazione, sofferenza per come l’essere umano sia capace di condizionare se stesso distruggendo e danneggiando gravemente la Natura. Condizionamenti, menzogne, assuefazione alla violenza, egocentrismo che vengono sentiti come obsoleti e distruttivi.
Rabbia e frustrazione portano a cercare informazioni valicando quei canali ufficiali che mantengono le persone nel senso di inferiorità, di asservimento a bisogni indotti, di impotenza e paura.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 003Ad alcuni prende l’illusione di denunciare e controinformare, salvo scoprire che anche nell’attivismo socio-politico apparentemente più genuino si nascondono truffe e truffatori. Ad altri non par vero di aderire a gruppi, movimenti, associazioni che accogliendo amorevolmente propugnano l’ecosostenibilità, salvo scoprire che sono delle sette, e che esistono funzionalmente a una casa editrice, un marchio, una catena di ditribuzione o tutte queste cose insieme, oltre che per aprire tavoli ed organizzare convegni fruendo di fondi pubblici drenati da quel sistema che tanto denigrano.
Chi sfugge a tali ennesime sovrastrutture, illusorie bandiere di un conformismo dell’anticonformismo, inizia a pensare non già a come fare per cambiare il vecchio, bensì a come dare alimento al nuovo. Il vecchio, non più nutrito,  morirà per inedia…
Inizia quindi a ricercare soluzioni reali per sè e per la propria famiglia, più o meno allargata ad amici e conoscenti sintonici con quel modo di sentire e pensare.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 001Da soli o in gruppo si va a vedere questo o quel villaggio abbandonato, ed intanto tempo e situazioni contribuiscono a scremare chi vive l’esperienza come socializzante gita in campagna od occasione per l’ennesimo imbonitorio blabla. E si passa ad una fase di profonda introspezione mettendo in discussione se stessi e le proprie scelte, non guardando più all’esterno accusando e giudicando. E parafrasando la storica frase pronunciata da John Kennedy il 20 gennaio 1961: Non chiedete che cosa il vostro paese può fare per voi, ma cosa voi potete fare per il vostro paese, si inizia a domandarsi cosa realmente sia possibile fare per se stessi.
Partendo quindi dal sé, per sè e per i propri cari e non più per un evanescente collettivo, si cessa di sentirsi una marionetta, una vittima lamentosa, iniziando ad ascoltarsi per seguire concretamente ciò che si desidera, ad essere per primi quel cambiamento che si desidera per il mondo.
Abitudine, comodità, resistenza al cambiamento, paura del giudizio, timore di non farcela o di ripercussioni da parte del sistema, depressione, fissazione su pensieri di fallimento, ansia dell’incertezza sul futuro scompaiono insieme con la desuetudine ad affidarsi al proprio intuito, alla scarsa stima di sé, ai condizionamenti religiosi, culturali e familiari passivamente subiti per secoli.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 004Ci si rende conto di essere Cocreatori della realtà e non si ha più voglia di perder tempo attendendo che la maggioranza si decida. E nemmeno di interagire con essa, nella finalmente maturata consapevolezza che c’è chi è nato per essere libero e chi per essere schiavo e che tutto dipende dal singolo, un singolo che si è fatto la propria rivoluzione armonizzando le parti in conflitto per agire verso un radicale cambiamento della realtà esterna generando armonia intorno a sé, senza più proiettare all’esterno tensioni interiori o timori.
E si arriva così alla creazione del nuovo, scoprendo che anche nel quotidiano ancora urbano si tende a frequentare persone che vedono l’essere umano come Anima incarnata connessa con il Tutto, attratte dall’idea di coltivare orti e frutteti, di affondare le mani nella Terra con la consapevolezza che può contribuire a fornire il sostentamento necessario nella connessione profonda con gli elementi naturali, ma soprattutto con il proprio Centro. E si arriva così all’autoproduzione, magari iniziando dal terrazzo o dal giardino di casa, al mutuo sostegno, alla creazione di reti di scambio di prodotti, tecnologie, lavoro, competenze e risorse. Scoprendo infine che è possibile vivere, e vivere bene, risparmiando drasticamente sui costi della vita e, diventando sempre più indifferenti ai prodotti delle multinazionali, costituire una società parlallela ecosostenibile e alternativa. Ma soprattutto creattiva.

Alberto C. Steiner

Campioni del mondo! di spreco.

Madrid, 11 luglio 1982. A parte chi non era ancora nato nessuno, credo, ha dimenticato quella voce, e quel grido, ripetuto due volte: Campioni del mondo! Campioni del mondo!
La voce apparteneva al cronista Nando Martellini, il resto è storia, compresa l’immagine della partita a scopone giocata sul volo del ritorno tra Zoff, Causio, Bearzot e l’allora presidente della Repubblica Pertini, con la coppa del mondo al centro del tavolo.Cesec-CondiVivere 2014.10.18 Campioni del mondo 001Il nostro Paese è tuttora campione del mondo, anche se ad onor del vero sempre costretto a contendere il titolo agli Stati Uniti d’America e alla Cina. Campione di spreco idrico.
Abbiamo una notevole disponibilità di risorse idriche, al Nord come al Sud nonostante che l’iconografia ufficiale rappresenti un Meridione permanentemente assetato, ma spesso entriamo in emergenza.
Considerando i soli utilizzi domestici consumiamo più acqua rispetto a Regno Unito, Spagna e Francia, il doppio rispetto alla Germania e più dei paesi scandinavi considerati nel loro complesso. Non siamo ancora entrati nell’ordine di idee che, mentre ci spazzoliamo i denti con lo spazzolino è inutile che lasciamo scorrere l’acqua nel lavandino, allo stesso modo in cui è inutile lasciarla scorrere nella doccia mentre ci insaponiamo. Per non parlare di quando laviamo i piatti con il rubinetto dell’acqua, ovviamente calda, inutilmente aperto a manetta.
Tra l’altro siamo tra i maggiori consumatori mondiali di acque in bottiglia, pur essendo questo un dato fuorviante in quanto negli altri paesi, a tavola, non si beve prevalentemente acqua bensì altro.
Esaminando gli usi massicci emerge che l’agricoltura è il settore maggiormente assetato con un utilizzo che si attesta sui 25 miliardi di metri cubi annui, seguito a distanza dall’industria e dall’energia per un complesso di 15 miliardi, mentre il terziario ne assorbe all’incirca 9 miliardi.
Ma a quanto assommano e come sono distribuite le risorse idriche nazionali?Cesec-CondiVivere 2014.10.18 Campioni del mondo 002Siamo il Paese dell’Europa meridionale più ricco di risorse idriche, ben più della Francia e della Spagna, per non parlare della Grecia e persino dell’area balcanica. Contornati come siamo a nord dalle Alpi, ricchissime di corpi idrici, disponiamo di ben 69 laghi naturali di superficie pari o superiore a 0,5 km², 183 bacini artificiali con oltre 1 km² di superficie, ai quali dobbiamo assommare 234 corsi d’acqua e fiumi di una certa rilevanza a livello idrico ed ambientale. Inoltre, i corpi idrici superficiali e sotterranei destinati alla potabilizzazione sono quasi 500, e 400 sono i laghi a partire da 0,2 km² di estensione, andando a consolidare, così, un’abbondanza di risorse idriche già fisiologicamente presenti sul territorio sia naturalmente che artificialmente.
Le acque di origine lacustre, considerando nel novero solo gli specchi d’acqua di superficie pari o superiore a 0,2 km² di superficie, comprendono 150 miliardi di metri cubi, una riserva ingente anche se distribuita in modo irregolare sul territorio nazionale. Basti pensare che la metà dell’acqua lacustre si trova nella sola Lombardia, anche se la cubatura dei laghi Maggiore e Garda, il più esteso a livello nazionale pur se non il più profondo, è convenzionalmente divisa rispettivamente con Piemonte/Svizzera e Veneto/Trentino. La cubatura del lago di Lugano ci è invece attribuibile solo nella misura del 21%.
L’Italia settentrionale accorpa complessivamente il 62% del patrimonio idrico nazionale con 124 miliardi di metri cubi, ed è anche quella che – Lombardia in testa – ne fa maggiormente uso.
I 26 miliardi di metri cubi residui sono dislocati prevalentemente nei laghi appenninici, mentre il Sud e le Isole dispongono soltanto del 3% delle acque d’origine lacustre.
Le acque di origine fluviale sono raggruppate in 11 fiumi considerati di interesse nazionale, 7 di questi sono al Nord: Po, Tanaro, Ticino, Adda, Oglio, Adige, Isonzo; al Centro: Arno, Tevere; al Sud: Garigliano, Volturno.
A questi si sommano altri bacini di minore estensione o portata, ai quali vanno aggiunti quattro bacini classificati come sperimentali.
Insomma, siamo ricchissimi di acqua: oltre 50 miliardi di metri cubi annui, pari a quasi 1.000 metri cubi per abitante. Ma tuttora presentiamo problemi di disponibilità delle risorse, specialmente durante i mesi estivi. E non solo al Sud.
Secondo i dati forniti dall’Istituto Nazionale di Economia Agraria destiniamo all’irrigazione il 70 per cento dei prelievi e l’80 dei consumi totali di acqua a livello nazionale. Una quantità impressionante, ma che da anni spinge il settore agricolo a costanti aggiornamenti finalizzati all’ottimizzazione delle risorse tecnologiche ed impiantistiche. La ragione è che in agricoltura e zootecnia l’acqua prelevata viene effettivamente consumata, a differenza dei settori industriale, energetico, terziario e domestico, che presi nel complesso possono restituire anche il 90% dell’acqua prelevata. Ma quest’acqua, prelevata in buone condizioni, viene resa ai sistemi fognari di qualità scadente quando non pessima.
Conseguentemente i consumi maggiori si registrano al Nord con oltre il 60 per cento in ragione dei processi di urbanizzazione ed industrializzazione avvenuti nell’ultimo cinquantennio e della densità delle superfici agricole. Non dimentichiamo che la Lombardia è la regione più agricola d’Italia. Le Isole risultano essere le più parche nei consumi, assommando solo l’8%, mentre il Centro utilizza il 10 per cento delle risorse e il Sud il 15.
Il settore industriale registra ormai da anni una costante diminuzione dei consumi, purtroppo non solo grazie all’innovazione ma a causa della crisi economica, mentre aumentano di pari passo gli utilizzi – e gli sprechi – civili e domestici.
A parte casi, non infrequenti specialmente al Sud, di condotte marcescenti che comportano perdite anche sensibili lungo il tragitto, sempre al Sud si assisterebbe al fenomeno dei furti; nota e rovente è la querelle, tuttora in corso con risvolti anche giudiziari, nel comprensorio del Calore.
Concludiamo con un dato curioso: uno studio dell’Università di Bologna ha stimato in 1.538 mc/Ha/y, vale a dire metri cubi per ettaro per anno la quantità d’acqua necessaria per irrigare la superficie unitaria di un campo da golf, benché la Regione Liguria faccia ascendere tale dato ad oltre 2.000 mc.
L’Autorità Ambientale della Regione Puglia ha invece valutato un consumo di 100.000 mc/Ha/y per un campo della superficie di 60/70 Ha, con incrementi del 50-60% durante la stagione estiva relativamente alle condizioni dell’Italia meridionale. L’aspetto curioso è che relativamente all’utilizzo delle risorse idriche i campi da golf non sono considerati impianti sportivi, ma superfici agricole.

ACS

Agriasilo: i bambini? Mandiamoli a zappare!

Non stiamo apologizzando la riesumazione della pratica che nella miserrima Italia dei bei tempi andati, vale a dire negli anni successivi all’unità, imponeva che i minori, spesso anche di soli 6 o 7 anni, venissero utilizzati nei campi e nelle miniere, nei cantieri edili e nelle filature o nelle fabbriche finché quelli di sesso maschile sopravvissuti a incidenti, malaria, colera, scrofola, pellagra ed altre malattie crescessero il necessario per essere mandati a morire ammazzati nelle trincee della I Guerra Mondiale.Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 003No, stiamo pensando ai bambini odierni, a quelli che vivono nelle nostre città. Esclusi pochi fortunati che frequentano scuole sperimentali – il Trotter a Milano, per esempio – a parte sortite nei parchi, in qualche bosco o fattoria didattica, i bambini vivono rinchiusi dal mattino al pomeriggio in cubi di cemento dotati di un patetico giardino attrezzato con qualche gioco di plastica.Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 001Credono che i polli nascano tutto petto o tutta coscia, e che i mirtilli spuntino in un guscio di plastica nera cellofanata in una serra che si chiama supermercato, insieme con gli alberi degli ombrelli. E respirano quello che respirano.
Fortunatamente, oltre alla meritoria iniziativa chiamata Piedibus e della quale seguiamo attentamente gli sviluppi, esistono scuole materne ed elementari inserite in un contesto verde.
Ma anche gli asili si stanno attrezzando: stanno nascendo gli agriasili, asili a tutti gli effetti ma situati all’interno di un agriturismo. La differenza rispetto a un asilo tradizionale sta nel tempo che si passa all’aria aperta svolgendo tante attività come coltivare le piante, socializzare con gli animali e imparare a conoscere i ritmi dei contadini.
Neanche a dirlo: sono nati nel Nord Europa, in particolare in Danimarca, ed hanno conosciuto un’ampia diffusione in Svizzera. In italia, dopo una partenza in Trentino, Veneto e Piemonte, si stanno timidamente diffondendo e sono già un centinaio le strutture private censite.Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 005Possono essere considerati un’evoluzione della fattoria didattica e costituiscono ambienti educativi informali dove anche i più piccoli possono stare quotidianamente a contatto con la natura assimilando una cultura dell’attenzione alla qualità della vita e alla sostenibilità ambientale.
Persino i giocattoli, in un agrinido, si costruiscono con quello che si recupera dagli scarti: legno, cartone, stoffa e via di colla, forbici e fantasia!Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 006Si mangiano i prodotti locali, che (tenerezza!) gli stessi piccolini hanno contribuito a coltivare e, nel limite delle loro pasticciose possibilità, a preparare. Si vive vicino agli animali imparando a conoscerli e a rispettarli. In un agrinido i bambini si avvicinano progressivamente all’ambiente agricolo, interagendo quotidianamente con la natura e facendo esperienza nella coltivazione delle piante e nell’allevamento. Inventano storie che recitano al Teatro nella Natura e giocano nell’agriludoteca, un posto magico dove essi stessi realizzano giochi fantastici utilizzando esclusivamente prodotti naturali reperibili in loco.
L’agrinido è sempre più esplicitamente inserito nelle attività agricole previste dai piani di sviluppo rurale regionali e sta crescendo il riconoscimento delle finalità sociali delle fattorie, sostenute nelle loro iniziative per l’educazione anche con interventi economici per adeguare gli edifici ai rigidi standard stabiliti dalle normative nazionali per i servizi destinati alla prima infanzia.Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 002Questo significa che presso l’azienda agricola possono trovare allocazione micronidi, ma anche servizi integrativi e sperimentali per la prima infanzia e servizi di ludoteche oltre ai nidi in famiglia. Non è affatto trascurabile, inoltre, il fatto che i progetti di questo tipo aiutino aziende agricole e cascine a riciclarsi per affrontare la crisi economica in modo innovativo.
A questo punto il dado (bio) è tratto: se in campagna è facile, in città non è impossibile. E non solo nelle aree verdi periferiche come Vettabbia, Parco Sud, Forlanini, Lambro, Nord, Groane, Bosco in Città per citare alcune realtà milanesi. Anche in quartieri più centrali è tecnicamente possibile, dove esistono adeguate aree dismesse che non abbisognano di particolari bonifiche dei suoli poiché le precedenti attività non vi rilasciavano sostanze pericolose o nocive.
Un’ipotesi progettuale da non trascurare, suscettibile di dare verde, serenità, socialità e conoscenza ai più piccoli e creare opportunità di lavoro. Senza dimenticare che in un contesto di cohousing, sia esso urbano oppure di campagna o montano, un agrinido ci sta benissimo.Cesec-CondiVivere 2014.10.14 Agriasilo 004Noi abbiamo deciso di pensarci seriamente. Questo scritto è solo la proposta di un’idea che possiamo sviluppare in modo diffuso: abbiamo l’opportunità di individuare strutture acquistabili a costi sensibilmente inferiori ai valori di mercato e possediamo le necessarie capacità progettuali, organizzative e di sostegno finanziario attraverso business angels, investitori, individuazione di sostegni pubblici agevolati.
Chi ha voglia di seguirci perché anche nella propria località di residenza nascano asili nell’orto o nel bosco?

Alberto C. Steiner

Energia: in Olanda si può CondiVivere tra privati.

Comprare energia pulita da un vicino? Vandebron è una start-up che ha concretizzato questa possibilità, realizzando un sito internet sullo stile di Airbnb per scambiare energia elettrica tra privati.Cesec-CondiVivere 2014.10.10 Vandebron 001Succede in Olanda, dove da qualche mese chi ha deciso di dire addio all’energia fossile ma non può installare generatori autonomi, per esempio pannelli fotovoltaici, può acquistare energia pulita da privati.
Funziona così: i consumatori entrano nel sito, dichiarano la preferenza per un contratto annuale o triennale, specificano di quanta energia ritengono di avere bisogno e infine scelgono a quale produttore rivolgersi.Cesec-CondiVivere 2014.10.10 Vandebron 002
Ciascuno dei 12 produttori attualmente convenzionati, in grado di fornire energia sufficiente per circa 20mila famiglie, ha sul sito una pagina dedicata dove presenta se stesso e la propria produzione. L’iniziativa è aperta esclusivamente a produttori privati, in massima parte agricoltori, che cedono energia in esubero ed esclude tassativamente le aziende energetiche tradizionali.
Un modo per dire addio alle sempre più care bollette fossili, sapendo da chi si sta comprando l’energia proprio come quando si fa la spesa dal contadino di fiducia.
Vi è da specificare che nei Paesi Bassi questo tipo di apporto energetico è massimamente rappresentato da impianti eolici.Cesec-CondiVivere 2014.10.10 ElettrodottoAbbiamo segnalato questa notizia, minore ma significativa in quanto sintomatica di una sempre maggiore apertura verso l’economia della condivisione.
E da noi? Da noi, se cadessimo nel tranello di chi tenta di farci credere che è vietato piantare semi privati, non coltiveremmo neppure le zucchine sul balcone di casa mentre, nel caso specifico, se dovessimo cedere alle lusinghe del lamento e dell’inazione potremmo ritenere che una cosa del genere non sia nemmeno ipotizzabile, perché si scontrerebbe con infiniti ostacoli disseminati ad hoc a beneficio dell’oligarchia energetica delle varie   A2A, Acea, Edison, Enel, Terna. Eccetera eccetera eccetera.Cesec-CondiVivere 2014.10.10 Val d'Herens digaIntanto non è vero perché le disposizioni legislative ammettono già ora questa possibilità. Ma per creare un network che favorisca uno scambio diffuso a nostro avviso l’unica cosa da fare, se ci crediamo veramente, sarebbe quella di provarci con la saldezza dell’intento finalizzato ad una reale condivisione.

ACS

Consapevolmente autosufficienti: vivere in piccoli borghi ci salverà dal Medioevo prossimo venturo.

Inizio citando Nietzsche: “Non vuoi oggi salire su un alto monte? L’aria è pura e puoi scorgere più mondo che mai”.
Attraverso lo sfaldamento delle identità locali e dei sentimenti nazionali parrebbe che l’Unione Europea stia attuando una strategia mirata a costituire una Paneuropa feudale propugnando simboliche eurocentriche: Euro, bandiera, passaporto, Inno alla gioia eletto ad inno europeo, passaporto e Stati artificiali.
Taluni sostengono come tale processo sia iniziato nel 1990 con la disintegrazione della ex-Yugoslavia e che sia tuttora evidente in Belgio, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna  e persino in Italia attraverso l’ascesa dei partiti autonomisti.
A me tutto questo, detto molto semplicemente, non interessa.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 FioreDa quando sono salito sulla cima del monte iniziando a respirare aria pulita, a camminare più lentamente – perché in montagna bisogna prestare attenzione alle asperità del terreno – ed a vivere di ciò che mi è necessario e mi fa stare bene, ho compreso quante siano le sovrastrutture che ammorbano l’esistenza umana. Tra queste l’eccessiva attenzione al giudizio, alle vicende politiche, al timore di complotti, all’identificarci in ciò che facciamo piuttosto che in ciò che siamo, cadendo nel tranello di individuare nel diverso, chiunque esso sia, un nemico per crederci migliori esorcizzando così le nostre paure più o meno ancestrali, ma soprattutto quella di non piacerci, di non accettarci, di essere abbandonati da soli di notte nella foresta. Questa è spazzatura, creata non da un Grande Vecchio ma dal basso per il basso.
Secondo me non vanno mai dimenticate le battute scambiate nel film Guardie e ladri tra Aldo Fabrizi, brigadiere dei Carabinieri, e Totò, ladro, durante un inseguimento a piedi:

Fabrizi: Fermati altrimenti ti sparo!
Totò: Non puoi … puoi sparare solo per legittima difesa: io non offendo.
Fabrizi: E allora sparo in aria a scopo intimidatorio!
Totò: E io non mi intimido.

Ecco… E’ anche per tale ragione che ho scelto di rivoltarmi come un calzino per seguire la mia Visione piuttosto che lasciarmi condizionare dai metodi di asservimento delle masse, dalle scie chimiche, dai vari deliri d’impotenza e dall’anestesia del lamento.
Limitandomi all’aspetto professionale, questo percorso mi ha portato a credere nella realizzazione di villaggi ecosostenibili e comunità coresidenziali, nel ridare vita a borghi e territori abbandonati: campo ugualmente, anzi meglio di prima perché incontro desideri, sogni, sorrisi e vibrazioni sintoniche con la mia Energia.
Diventare consapevoli, o risvegliati per usare un termine oggi tanto trendy, significa altresì essere coscienti che il peace&love ed il politicamente corretto ad ogni costo sono merce d’accatto, buona per ottundere le coscienze ed impedire che qualcuno osi alzare la testa dal trogolo. Ma soprattutto che non siamo tutti uguali: c’è chi dorme o è morto, credendo però di essere sveglio e vivo e, in difetto di drastici cambiamenti che devono promanare dall’interno, non potrà in un futuro più o meno prossimo che ingrossare le schiere di quella che sarà un’imponente massa vagante alla deriva, mossa ormai solo da pulsioni primordiali. Tra queste la ricerca del cibo.

Si vis pacem…
Desidero citare un vecchio libro, Il Medioevo prossimo venturo scritto da Roberto Vacca, che nel 1970 ipotizzò un’improvvisa regressione della civiltà umana, dovuta al blocco tecnologico e all’esplosione demografica, tali da costringere l’umanità a ritornare a forme di vita e di lotta simili a quelle medioevali.
Curiosamente, nel 1989 uscì un libro dal titolo identico, che lessi e che mi colpì molto: autore uno statunitense sul quale non sono riuscito a recuperare notizie, sembra quasi che non sia mai esistito…Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Medioevo prossimo venturoLa tesi sostenuta è che a causa del depauperamento dissennato delle risorse non rinnovabili in tempi compatibili con l’esistenza umana – in ragione dell’utilizzo massiccio che le tecnologie ne avrebbero richiesto – nonché della deforestazione e dell’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, la terra non avrebbe più potuto sfamare i suoi abitanti nonostante, anzi proprio in conseguenza, del massiccio ricorso agli organismi geneticamente modificati poiché avrebbero reso definitivamente sterili molte specie ed improduttivo il suolo.
Le risorse alimentari si sarebbero vieppiù ridotte, diventando privilegio di pochi, le città si sarebbero trasformate in bolge infernali sempre più pericolose e sempre meno vivibili, e le campagne sarebbero state percorse da vere e proprie bande di predoni decisi ad assalire chiunque possedesse cibo, di qualunque natura esso fosse. All’occorrenza anche umana.
L’umanità avrebbe dovuto fare i conti con una delle più ataviche fra le paure: la fame.
L’autore ipotizzava inoltre due fenomeni che si stanno puntualmente verificando: lo scioglimento progressivo dei ghiacciai e l’innalzamento del livello degli oceani, rendendo inabitabili non solo città costiere, ma anche insediamenti lontani dal mare sino ad altitudini non trascurabili: per quanto riguarda l’Italia, secondo tale previsione non solo città come Genova, Napoli, Palermo e Venezia avrebbero cessato di esistere, ma anche Firenze, Milano, Pavia, Rovigo. La sicurezza avrebbe potuto essere conseguita a partire dai 400 metri di altitudine.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Venezia sommersaA quel punto gli esseri umani avrebbero avuto un’unica possibilità di sopravvivenza: riunirsi in piccoli insediamenti autosufficienti sotto il profilo energetico ed alimentare, sfruttando le risorse del territorio ed acquisendo la capacità di difendersi da eventuali attacchi.
Libro profetico, tranne che per i tempi ipotizzati: le prime avvisaglie sono già presenti in tutta la loro evidenza.
Come salvare noi, le nostre famiglie, la nostra serenità da tutto questo? La risposta esiste. Si chiama condivisione, cohousing, rispetto del territorio, utilizzo selettivo e responsabile delle risorse. Non fra trenta, cinquanta o cento anni ma ORA. Perché oggi siamo di fronte ad un’opportunità irripetibile: quella di crescere interiormente rivedendo la scala dei bisogni reali e presunti, mentre la decrescita alla quale volenti o nolenti siamo costretti può contribuire a riqualificare i rapporti tra le persone.
Oggi esiste anche una possibilità, che non so se ed in quale misura potrà presentarsi domani: scegliersi serenamente e con tranquillità fra simili per decidere chi avere come vicini, come coabitanti del nostro futuro ecovillaggio.
Tutto questo non potrà, a mio avviso, prescindere da una chiave, non solo di lettura: quel piccoli insediamenti autosufficienti di cui ho scritto sopra. Autosufficienti e, piaccia o meno, in grado di difendersi. Credo che questa sorta di neofeudalesimo, per certi aspetti somigliante ad un neomonachesimo, probabilmente non avrà più i caratteri che abbiamo studiato sui libri di storia; magari sarà un Federalesimo o un Consorzianesimo, insomma un’alleanza fra borghi, villaggi, territori, comprensori. Ma soprattutto fra Persone che avranno scelto l’autodeterminazione, grazie alla profonda consapevolezza ed alla capacità di sentire con il cuore di quelli che immagino saranno gli abitanti dei borghi sorti dal recupero di insediamenti abbandonati.
Essi terranno certamente in alta considerazione la cultura dell’accoglienza del viandante ma, mi permetto di suggerire, senza dimenticare le parole di Cromwell: “Abbiate fiducia in Dio e nel prossimo, ma tenete asciutte le polveri”.

Alberto C. Steiner

Solo catastrofismo?
Non saprei dire se Madre Terra sia irritata, per non dir di peggio, da tutte le nefandezze che stiamo combinando ma di certo sta cambiando faccia: la crosta terrestre si sta muovendo sotto i nostri piedi e in varie parti del mondo si stanno aprendo nel suolo fenditure lunghe chilometri e larghe decine di metri.
Le placche terrestri sono uscite da un’era di relativo stallo geologico e si stanno spostando abbastanza rapidamente, una inevitabile trasformazione che stiamo vivendo e che ha già causato devastanti terremoti.
Più in particolare i movimenti della placca Indo-Australiana stanno provocando l’affondamento di Bangladesh, Pakistan e di gran parte dell’Indonesia; conseguentemente, la placca Pacifica si sta spostando verso ovest ed il Sud America sta iniziando a propria volta a migrare verso occidente: lo dimostrano le fenditure nella crosta terrestre osservate in Cile, Bolivia, Perù.
Il Nord America spingerà sulle placche di Cocos, di Nazca e su quella Caraibica, determinando terremoti, eruzioni vulcaniche e tsunami in tutto il Centro America; uno di proporzioni devastanti è previsto che avvenga nella regione della New Madrid Fault Line e se ciò accadrà, oltre a svilupparsi uno tsunami che si espanderà verso l’Europa,  si verificherà anche lo spostamento della placca Africana verso sud e verso ovest, con relative conseguenze nel bacino Mediterraneo.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Italia innalzamento acquePropongo un link interessante: http://quakes.globalincidentmap.com/ e questa cartina, che rappresenta l’Italia allorché il livello del mare si sarà innalzato di circa 60 metri, come previsto in seguito ad uno tsunami europeo.
Ma, giusto per stare tranquilli, è inoltre previsto che il livello delle acque marine si elevi di ulteriori 200 metri nell’arco dei due anni successivi. ACS

Campo di Brenzone: una perla abbandonata sul Garda

In posizione incantevole a mezza costa sulla sponda veronese del lago di Garda, all’ombra del monte Baldo e circondato da campi di ulivi secolari, un pugno di case pressoché disabitate aspetta di essere riportato a nuova vita: è Campo, un antico borgo dal quale si gode la vista di tutto il Garda.CC 2014.10.03 Campo Brenzone 001Lontano dalla strada e non accessibile in auto, ma in quindici minuti di camminata si giunge in riva al lago. Numerosi sentieri indicati da segnavia portano in vetta al monte Baldo, per chi non vuole faticare scalabile in cabinovia dalla vicina Malcesine.
Campo, situato a 45°42′ N 10°46′ E ed il cui toponimo deriva dai campi coltivati ad ulivi, è una frazione di Brenzone, con i suoi 50 km2 di estensione territoriale il comune più vasto del Veneto, e la sua esistenza è riscontrabile sin dall’anno 1023; oggi consta di un abitante censito, in realtà i residenti sono ben… nove facenti capo a due nuclei familiari.CC 2014.10.03 Campo Brenzone 003La via che conduce a Campo sale dal lago stretta fra le antiche case, selciata e molto ripida. Appena termina l’abitato appaiono i primi ulivi, che accompagnano il rimanente percorso in una campagna curata, caratterizzata da terrazzamenti con muretti a secco e da un panorama mozzafiato: in basso si vede la chiesa di San Giovanni di Magugnano, sullo sfondo della sponda bresciana con le alte scogliere che cadono a picco sul lago ed il santuario di Montecastello.
Presto si giunge alla valle detta della Madonna dell’Aiuto, percorsa da un torrente quasi sempre in secca, e superato un ponticello in muratura, la visione che si schiude raggiungendo l’antico borgo medievale ripaga di ogni fatica.
Oltre che dalle pittoresche case in pietra arroccate, disabitate e raccolte su se stesse attorno ai resti del castello ormai ricoperto dalla vegetazione, attorno al quale si è sviluppata la frazione, Campo è caratterizzato da vasti uliveti, da un fitto bosco di lecci e faggi e dalla chiesetta romanica dedicata a San Pietro in Vincoli eretta tra il XII ed il XIV Secolo, un piccolo scrigno che conserva pregevoli affreschi d’influenza bizantina databili al 1358 e… qualche misteriosa particolarità.DCF 1.0Il borgo è raggiungibile esclusivamente a piedi poiché la stradina carrabile, recentemente realizzata grazie ai fondi regionali funzionalmente al progetto di recupero, non è percorribile dai non residenti ed è anzi provvidenzialmente sbarrata ben prima di giungere all’agglomerato. Ma ciò non impedisce a numerosi turisti di visitare Campo, noto per essere uno dei punti più spettacolari della costa lacustre veneta; trattasi fortunatamente di un turismo di nicchia attento alle sfumature della natura e felice di sapere che l’unico punto di ristoro è costituito dall’antica fontana in pietra.
Durante il periodo medioevale, Campo e tutta l’area gardesana passarono sotto varie dominazioni: scaligera, viscontea, carrarese fino ad arrivare alla Repubblica di Venezia e, a partire dal 1797, seguirono le vicende napoleoniche ed asburgiche sino al termine della I Guerra Mondiale.CC 2014.10.03 Campo Brenzone snRimarcabile il fatto che nel territorio di Brenzone non esistesse una via comoda per raggiungere Verona o Trento, poiché la stessa morfologia della catena montuosa ricca di strapiombi sui due versanti e chiusa dal lago sul versante occidentale, e dalla Val d’Adige su quello orientale, la rendeva un’immensa fortezza naturale, accessibile soltanto da nord o da sud; ciò permise a borghi come Campo di rimanere in gran parte immuni dalla penetrazione del potere cittadino.
Ancora oggi le strade che corrono a mezza costa, per lo più mulattiere selciate e delimitate per lunghi tratti da muretti a secco, ricalcano sentieri e piste antiche costituendo una fitta rete di tratturi colleganti le diverse contrade e la zona abitata con le rive del lago da una parte e, dall’altra, con la zona olivetata, i boschi e i pascoli, come ad esempio il sentiero che da Magugnano-Marniga porta, attraverso Campo, ai pascoli di Prada e a San Zeno di Montagna. Va annotato che il comune di Brenzone aveva giurisdizione sui pascoli sino a Cima Telegrafo e a Cima Coal Santo.
Questi sentieri, arterie vitali del versante occidentale del Baldo, cominciano ad essere fitti proprio a nord di Punta San Vigilio; da Garda partiva invece la strada in costa detta Cavalara, che riuniva i piccoli centri rivieraschi e quelli sopracosta.
Campo si trova al punto di confluenza di diverse mulattiere; in particolare, fino agli inizi del XX Secolo, erano importanti quella che da Castelletto, attraverso Biasa, giunge al borgo, detta strada vicinale di Campo e quella che da Magugnano-Marniga saliva verso Prada, detta strada comunale della Cà Romana o strada comunale di Campo.
Queste due arterie s’incrociavano proprio a Campo e proseguivano nella strada comunale di Caprino che attraverso Torri, Monte Motta e Pesina costituiva l’unica via di collegamento fra le contrade dell’alto lago e quelle del basso lago e dell’entroterra gardesano, in particolare Caprino, nodo delle vie di comunicazione dell’entroterra veronese e importante centro di mercati del bestiame.
Per queste mulattiere, che a tratti passano anche sotto i portici delle case, si saliva a piedi, o con animali da tiro e le tipiche slitte di fabbricazione locale, le sbarusole, sbarossole o carièle. Ancora oggi sulle pietre del selciato molto levigate si possono notare i solchi lasciati dal frequente passaggio delle slitte.CC 2014.10.03 Campo Brenzone 004I muretti di contenimento, detti marogne, costituiscono il limite perimetrale dei sentieri nelle zone a terrazzamenti o a pascolo e sono un elemento tipico del paesaggio collinare e montano non solo lacustre, ma di tutto il territorio veronese; sono realizzati in blocchi sbozzati di pietra, faccia a vista e a secco, ricavati dallo spietramento dei campi messi a coltura o a pascolo ed in alcuni punti aperti da piccoli barbacani per favorire lo scolo delle acque dai campi nei periodi di abbondanti precipitazioni.
Del resto, la ristrettezza e le asperità del territorio, confinato tra il lago e le impervie e scoscese pendici del Monte Baldo, spesso solcate da valli profonde e torrenti, hanno comportato notevoli difficoltà nel realizzare vie di comunicazione terrestre, rendendo per secoli le comunicazioni via terra praticamente impossibili e non favorendo lo sviluppo di centri abitati che non fossero, fino alla prima metà dell’Ottocento, modesti nuclei sparsi collegati da mulattiere e sentieri stretti tra muri a secco.
Proprio per tale ragione intense ed importanti furono invece le comunicazioni per via d’acqua che produssero vivaci rapporti, anche familiari, tra le opposte sponde lacustri.
La via lacustre, tra tutte le vie di transito era sicuramente quella più veloce, comoda, frequentata e, in alcuni periodi, anche meno pericolosa e quindi meno costosa, rimase fondamentale nelle diverse epoche e sotto i vari domini fino agli inizi del Novecento.
Tra l’altro la Via dell’Ambra, che aveva origine nella penisola dello Jutland e, percorrendo i corsi dell’Elba e dell’Inn, valicate le Alpi attraversava il Garda e la Val d’Adige per sfociare sulle coste del Mediterraneo e delle regioni dell’Oriente.
Sino ai primi decenni del Novecento l’economia locale, oltre che dalla pesca e dalla navigazione, dipendeva prevalentemente dalle attività legate alla terra: allevamento di bachi da seta, produzione casearia come attestano le numerose malghe tuttora esistenti, coltivazione di ulivi. Da ricordare anche la produzione di legna e di due importanti derivati: lignite e calce. Per la produzione di quest’ultima, destinata principalmente all’esportazione, venivano utilizzate particolari costruzioni in pietra di forma circolare, le calchére, alcune delle quali visibili ancora oggi.

Breve e triste historia del nostro tentativo di recupero
Tra settembre e novembre dello scorso anno 2013 abbiamo stabilito contatti finalizzati ad una proposta di recupero del borgo: costituzione di un ecovillaggio con unità abitative in cohousing, recupero dei terreni già coltivati a oliveto ed impianto di specie compatibili con il territorio e la sua storia, impianto di laboratori artigianali per il recupero di mestieri della tradizione locale erano le linee giuda del progetto, i cui oneri sarebbero stati sostenuti da investitori privati e da una banca attiva nel settore della finanza etica.
Siamo stati ricevuti con estrema cortesia e profondo interesse dall’allora Sindaco, che ci ha messo a disposizione l’Ufficio Tecnico Comunale. Abbiamo successivamente preso contatti con la Sovrintendenza di Verona poiché l’area è vincolata.
Abbiamo infine preso contatto con la Fondazione che detiene il borgo e che teoricamente ne dovrebbe curare il recupero. E qui, al di là di una richiesta economica stratosferica rispetto all’effettivo valore di edifici e terreni, abbiamo iniziato a non capire: a parte i fondi erogati da una fondazione bancaria locale e spesi per la necessaria messa in sicurezza di alcuni manufatti pericolanti, non ci risultava chiara l’attribuzione di contributi comunitari ma soprattutto non ci risultava chiaro se ed in quale misura fossero pervenuti, né come ne fosse stato pianificato l’esborso. Non da ultimo, il borgo venne acquisito dalla Fondazione rilevandolo dal Comune, il cui sindaco all’epoca dell’operazione era colui che incontrammo nella veste di Presidente della Fondazione, in cambio di un terreno edificabile. Salvo scoprire che, rispettando le distanze di legge, non vi si sarebbe potuto edificare molto e pertanto era in corso un’azione legale tra Comune e Fondazione.
Insomma, ci siamo scontrati con il più classico dei muri di gomma: cose non dette e che forse non si possono dire, nonché molta resistenza. Aggiungendo a tutto questo il disinteresse, quando non la supponenza e la nemmeno tanto larvata derisione di chi a parole si dichiarava fautore del recupero del borgo, anche attraverso la costituzione di gruppi, associazioni e movimenti, ma nella realtà dei fatti sembrava vivere nell’ignavia al fine di potersi lamentare delle occasioni perdute, abbiamo deciso di lasciar perdere, nella consapevolezza che i borghi italiani attualmente abbandonati, e che aspettano soltanto di poter favorire chi intenda darsi da fare per la loro rinascita, sono oltre tremila.
Peccato: una posizione imperdibile, una storia del territorio non qualsiasi, concrete possibilità di sviluppo in un’ottica di vita sostenibile esuscettibile di creare posti di lavoro buttata alle ortiche. Anzi, a lago.

Alberto C. Steiner

Tra tanti fiori di lillà la bellezza riscopre la tradizione

Cesec CV 2014.07.11 Cosmesi 1Dopo l’apoteosi chimica che ha contrassegnato gli anni Ottanta e Novanta la bellezza si scopre green friendly. Fosse anche solo per opportunitstiche scelte di marketing, resta il fatto che spa a km zero, creme al tarassaco, alla salvia o alla calendula, vacanze relax in campagna stanno trovando uno spazio sempre più ampio nel settore cosmetico.
La bellezza riscopre la tradizione e i numeri delle vendite, non solo nelle erboristerie, dimostrano come sempre più spesso i clienti si orientino verso la Natura.
E non è solo il retail a dirlo, ma anche la sempre maggiore richiesta di soggiorni o anche solo di sessioni gionaliere, in campagna che, convenientemente attrezzata, torna ad essere un luogo privilegiato in cui ritrovare benessere ed equilibrio regalandosi ritmi rallentati ed appagando vista, odorato e voglia di farsi coccolare.Cesec CV 2014.07.11 Cosmesi 3Del resto i dati di Coldiretti parlano chiaro: 12 miliardi di euro spesi nel 2013 per il turismo ecologico, che nel nostro Paese offre 871 aree protette ed oltre 20.500 agriturismi, pur considerando la falcidia che lo scorso anno ne ha visti chiudere ben il 22 per cento: ma non si trattava di agriturismi, bensì poco più che di osterie di campagna, senza o con poca terra sulla quale non producevano nulla e che non avevano saputo o voluto rinnovarsi con offerte accattivanti.
L’approccio verde che oggi nella cosmetica si incontra sempre più spesso non è solo una modo, ma un preciso orientamento di consumo mutuato da una sempre più diffusa consapevolezza che i prodotti naturali sono migliori rispetto a quelli di sintesi chimica.pure drops of waterErbe officinali, aloe, olio di oliva, lavanda, l’immancabile salvia, tarassaco oltre a fieno, cortecce, radici e prodotti a base di vino, nel quale si può anche fare un bagno dalle incredibili proprietà costituiscono ormai un must irrinunciabile per chi voglia offrire un trattamento di qualità ai propri ospiti.
E’ quello che accadrà anche nella nostra cascina, nel silenzio dei campi a meno di un’ora da Milano.

Anima in Cammino

In Lombardia non si bonificherà più il territorio. Ope legis.

Solamente il quotidiano La Repubblica ha dato risalto, in un articolo pubblicato ieri, alla nuova legge regionale lombarda che, nell’ambito del governo del territorio consentirebbe disboscamenti selvaggi senza più obbligo di compensazione. Per il resto, dal Corriere della Serva al Geniale tutto tace, anche se il condizionale s’impone poiché non abbiamo ancora avuto modo di leggere il provvedimento sul B.U.R.L. e sappiamo quanto i giornali siano pressapochisti pur di fare notizia.
Il quotidiano riporta l’affermazione del prsidente regionale di Legambiente, che definisce il provedimento un regalo ai costruttori, e quella del consigliere regionale Carlo Malvezzi, NCD, che afferma: “E’ stato tolto un inutile balzello che frenava la crescita delle imprese” al quale fa da spalla Francesco Dotti, FDI, rimarcando come la nuova disposizione sia: “Un provvedimento importante per far ripartire l’economia“.Bosco lombardo, da: ilsostenibile.itNon entriamo nel merito di cultura, consapevolezza e lucidità mentale di chi avrebbere pronunciato siffatte affermazioni, ma ci sia permessa una breve chiosa prima di affrontare l’argomento che ci preme: operando nel settore, sul regalo ai costruttori abbiamo qualche riserva. Il tessuto imprenditoriale lombardo, nel comparto, è massimamente rappresentato da piccole imprese, spesso artigiane, che non sono quelle in grado di costruire mostri firmati da architetti di grido, finanziati dalle banche e che saranno rivenduti ad altre banche, e che rimarranno pressoché inabitati. I costruttori minori sono quelli che oggi hanno il respiro corto, con le banche che non li finanziano più, con i prezzi delle case scesi del 40 per cento. Sono quelli che ormai si propongono su Bakeca, e persino con bigliettini a strappo affissi alle fermate del tram, per rifare il bagno, pavimentare e persino imbiancare. Non è certamente a loro che è stato fatto il regalo.Oscenità urbane, da: milanofotografo.itPer quanto devastante sia la possibilità di abbattere alberi trentannali in montagna, e quindicennali in pianura, senza obbligo di compensazione, e per quanto folle sia l’apertura a gare di motocross ed escursioni in fuoristrada, a noi preme verificare ben altro aspetto. Già oggetto di un provvedimento legislativo, pare si annidi anche nelle pieghe di quello in argomento: una vera e propria agevolazione per quanto attiene alla bonifica dei suoli contaminati, d’ora in avanti lasciata alla facoltà di chi ne ha interesse, con mezzi a propria discrezione e presentazione finale di apposito certificato all’Arpa che si riserverà di verificare.
Una norma del genere, in sostituzione di quelle esistenti, per quanto lacunose, lascerebbe spazio al riuso di terreni contaminati, senza nessun controllo, con le immaginabili conseguenze.
Se così fosse non di agevolazione si tratterebbe, ma di licenza di uccidere. Questo è quanto ci preme verificare e, se del caso, contrastare.

Alberto C. Steiner

22 aprile, Giornata della Terra

Accendiamo il pc e sulla pagina iniziale il doodle di Google ci ricorda, con il suo grazioso colibrì rosso animato, che oggi è la Giornata Mondiale della Terra.KL Cesec CV 2014.04.22 Giornata della Terra 001E’ un attimo, e a quello del colibrì si susseguono i disegni animati di una medusa quadrifoglio, un macaco giapponese, un camaleonte velato, un pesce palla ed infine uno scarabeo.
Quest’ultimo è sicuramente uno degli animali più misteriosi della storia, da sempre legato a simbologie esoteriche nonché apprezzato ornamento sulla cui forma si sono modellati numerosi gioielli in metalli preziosi e gemme. Ma lo scarabeo costituisce altresì un anello fondamentale nella perpetuazione dell’ecosistema.
Ed è da questa evidenza che probabilmente origina la scelta di Google di dedicare anche al simpatico animaletto il proprio logo animato.
Oggi, 22 aprile, è la Giornata della Terra, istituita il 22 aprile 1970, esattamente un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera, per sensibilizzare il mondo ai problemi della fame, dello sviluppo sostenibile, dell’inquinamento.
La celebrazione intende coinvolgere più nazioni possibili, oggi sono esattamente 175, per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra. Dall’originario movimento universitario, la Giornata è divenuta nel tempo un avvenimento educativo ed informativo, utilizzato da gruppi ecologisti come opportunità per valutare le problematiche del pianeta: dall’inquinamento di aria, acqua e suolo alla distruzione dell’ecosistema, dall’esaurimento delle risorse non rinnovabili alle migliaia di specie vegetali ed animali che scompaiono.KL Cesec CV 2014.04.22 Giornata della Terra 002Un esempio macroscopico di tale devastazione lo possiamo vedere in Cina, dove l’inquinamento è diventato talmente insostenibile da determinare l’invivibilità delle aree inquinate (notizia di qualche settimana fa: a Pechino alcune fabbriche hanno dovuto chiudere perché l’eccessivo inquinamento dell’aria impediva fisicamente il lavoro) ma addirittura influenza tutto il Pianeta.
Ed il nostro Paese non può certamente chiamarsi fuori da tali problematiche, a partire dal dissesto idrogeologico originato dalla devastazione, dall’incuria e dall’abbandono del territorio, in particolare di quello montano. Per tale ragione è nata Earth Day Italia, l’organizzazione italiana impegnata a promuovere l’Earth Day e le sue finalità sul territorio nazionale, favorendo lo sviluppo di progetti ed iniziative utilizzando, per esempio, il linguaggio dell’arte come moltiplicatore della sensibilità ambientale, ovvero dando voce e forza al mondo scientifico, istituzionale, delle imprese e della società civile per promuovere innovazione tecnologica e cambiamento culturale.KL Cesec CV 2014.04.22 Giornata della Terra 003Celebriamo dunque questa giornata, con spirito gioioso ma non come una festa, bensì come un momento di riflessione e impegno: ne va, letteralmente, della nostra vita e della sua qualità.

Cesec, Centro Studi ed Esperienze di Consapevolezza