Dall’abbandono alla rinascita: è possibile.

L’argomento è complesso, proverò a dipanarlo scrivendone. In sostanza si tratta di affermare, se non di dimostrare, che la Terra, nostra Madre, matrice e, anche se molti tendono a dimenticarlo, fonte di Vita, può essere salvata dal degrado e dall’abbandono.
Riqualificata e riportata a nuova vita può nutrirci, costituire fonte di lavoro e di reddito, rasserenarci attraverso quel senso del bello che solo un orto, un campo, un giardino, un bosco possono darci e proteggerci in cambio dell’attenzione che le dedichiamo.
In che senso proteggerci? Semplice: pensiamo solo all’attenzione che dedichiamo alla cura del bosco, a riportare in quota sassi rotolati, a riformare muretti a secco, a ripulire sentieri, alvei di fossi e torrenti. Ecco, quell’attenzione si chiama cura del territorio. In cambio la Terra non si sentirà più violata, offesa, trascurata. E non esprimerà, nel limite del possibile, quell’urlo di dolore che assume la forma della frana, della slavina, dell’esondazione.
Esistono, nel nostro Paese, innumerevoli appezzamenti un tempo coltivati ed ora lasciati nel più completo abbandono, anche in aree strategiche; esattamente come nelle campagne abbondano edifici che con pazienza e amore possono essere riportati a nuova vita.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 003Non sto parlando di quel vado a vivere in campagna tanto caro a manager, creativi, modaioli, portaborse, contesse e saltimbanchi degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso: quelli furono due decenni che fecero lievitare oltre misura i prezzi degli immobili rurali, enucleandoli ulteriormente da un territorio già depauperato di suo sotto i profili sociale e culturale, trasformando la casa di campagna in un oggetto patinato, con l’obbrobrio del cotto antichizzato e dell’immancabile catino sul trespolo ritrovato al mercato dell’antiquariato. Quello fu il periodo del buen retiro. Oggi, muti testimoni di quell’epoca luccicante, molti di quegli edifici languono abbandonati, talvolta perché posti sotto sequestro dall’autorità giudiziaria.
No, mi riferisco a gruppi di persone che ricercano l’opportunità di acquistare appezzamenti di terreno per viverci la vita di ogni giorno, secondo un concetto di solidarietà, decrescita e prossimità alla natura. Persone che vogliono sporcarsi le mani con la terra impiantando filari, spollonando, coltivando, sarchiando, allevando, recuperando specie, concetti e saperi. Magari, ma non necessariamente, secondo un intento di proprietà comune.
Addentrandomi nell’argomento citerò un esempio, minimo ma significativo, di come il territorio possa essere recuperato, ed in questo momento storico a costi vantaggiosi attraverso la negoziazione di beni assoggettati alle vendite giudiziarie.
Ma prima desidero riportare un passo in grado di colpire e far riflettere per la sua forza evocativa, proveniente da Le stanze del Tempo e riguardante una zona del territorio piemontese. E’ legato ad un filmato tanto breve quanto intenso, visionabile qui, e si intitola Crote e Crotin:Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 005Queste grotte sono state scavate nella terra sabbiosa a partire dal XIII secolo. Le Crote, così chiamate dagli abitanti del posto, svolgevano la funzione di vere e proprie case abitate dai contadini. Fino all’inizio del Novecento hanno offerto ricovero a persone della zona e con il passare del tempo sono state trasformate in depositi attrezzi ed abbandonate. Ai nostri giorni, molte, sono state recuperate per ricordare il mondo contadino ed un’epoca oramai completamente perduta. Sono opere anche complesse estese all’interno della collina.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 007Si dice che in queste crote e crotin vi siano dei fantasmi. E’ interessante il fatto che le storie di fantasmi non sono frequenti in questa zona ed è molto significativa la loro presenza. Non so se si tratta di spiriti malvagi e la loro presenza ha un grande valore per la tradizione locale. La popolazione ha imparato ad accettarli come presenze necessarie…. insoliti guardiani di posti che per molto tempo sono stati vissuti da sofferenza e fatica ma oggi quasi in abbandono.
Secondo Freud: i rimproveri ossessivi dei vivi diventano patologicamente l’ira del fantasma, che da corpo alle pulsioni del nevrotico… In questo luogo non c’è nulla di tutto questo ed è un gran mistero.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 006E veniamo al dunque.
Alla fine dello scorso mese di settembre presso il Tribunale di Genova avrebbe dovuto tenersi il terzo esperimento di vendita relativo ad un lotto costituito da 41 appezzamenti di terreno contigui situati nel comune montano di Valbrevenna, estesi complessivamente per poco più di quattro ettari destinati a prato, bosco ceduo, castagneto da frutto, seminativo e pascolo e comprendenti alcuni fabbricati rurali bisognosi di ristrutturazione.
Il prezzo a base d’asta, fissato in € 13.738,50 – come vedremo destinato ad un notevole ribasso per effetto di una negoziazione extra-asta a saldo e stralcio – venne definito nella misura di € 18.318,00 nelle sessioni d’asta tenutesi il 25 settembre ed il 2 ottobre 2012, che  andarono inesitate. La relazione peritale originaria,risalente all’ottobre 2009, fissava un valore di € 21.550,03.
Sin qui la notizia: un’asta inesitata come tante nonostante un controvalore che, oggetto di significativi ribassi ed oggettivamente non più capiente rispetto al debito che avrebbe dovuto ripagare, avrebbe potuto significare un vero affare per l’acquirente.
Il significato della notizia è invece ben altro, e riguarda il progressivo abbandono delle aree boschive e montane che, dopo un arresto durato pochi anni, ha ripreso a falcidiare il nostro Paese con le inevitabili conseguenze economiche, sociali ed ambientali legate alla conservazione ed alla tutela del territorio.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 001Il caso specifico merita una breve analisi: non è un luogo sperduto, inaccessibile, gravato da condizioni climatiche proibitive e privo di servizi perché Valbrevenna, in provincia di Genova dalla quale dista circa 40 km, è un comune montano agevolmente raggiungibile con l’autostrada A7 e con la ferrovia, anzi con due ferrovie.
Il suo territorio coincide pressoché interamente con il bacino dell’omonimo torrente, che origina alle pendici del monte Antola a quota 1.597 ed è affluente del torrente Scrivia sulla sua destra idrografica.
Conta poco più di 800 abitanti distribuiti in otto frazioni ad un altitudine compresa fra 533 e 1.597 metri sul livello del mare, la sua superficie assomma a 35,2 km² e la sua economia locale è prevalentemente agricola.
Fa parte del Parco naturale regionale dell’Antola e confina con Crocefieschi, Montoggio, Propata, Savignone, Torriglia (il cui territorio si estende anche nella valle del Trebbia), Vobbia e con Carrega Ligure in provincia di Alessandria. Una menzione particolare merita l’adiacente abitato di Casella, dove si attesta la ferrovia a scartamento ridotto proveniente da Genova, attualmente in corso di riqualificazione.
La maggor parte delle frazioni conta pochi residenti stabili e i ripidi versanti della valle in cui si sviluppa sono prevalentemente ricoperti di boschi di castagno, rovere, carpino e frassino. Alle quote più alte si trovano prati e pascoli mentre le esigue aree coltivate, organizzate a terrazzamenti con muri a secco, sono per gran parte abbandonate.
I nuclei abitati sono disposti a mezza costa lungo i percorsi delle antiche mulattiere che percorrendo la valle conducevano verso Piemonte e Lombardia.
I nuclei storici dei paesi sono caratterizzati da case in marna, pietra di estrazione locale, arroccate sui pendii con strette vie pavimentate in sasso e la chiesa generalmente staccata dalle case e in posizione dominante sulla valle.
Degno di nota è l’antico mulino ad acqua situato in una frazione, alimentato da tre piccoli bacini formati sbarrando un ruscello con muretti in pietra e recentemente restaurato: rimane l’unica testimonianza dei tanti che un tempo caratterizzavano la valle.
Le vie di comunicazione stradali sono rappresentate principalmente dalla S.P. 11 di Valbrevenna che collega il capoluogo Molino Vecchio con Avosso, frazione del vicino comune di Casella, da cui si diparte la S.S. 226 della Valle Scrivia che in una direzione conduce a Busalla ed alla bassa valle Scrivia, e nella direzione opposta collega Montoggio e Torriglia con il bivio della S.S. 45 della Val Trebbia. La S.P. 12 di Nenno, infine, collega il comune con Savignone e Crocefieschi attraverso un suggestivo percorso panoramico.
Una menzione particolare meritano le comunicazioni ferroviarie. Da Valbrevenna è agevole raggiungere la stazione di Busalla, situata sulla storica linea Torino-Genova realizzata tra il 1844 ed il 1853 e dal profilo planoaltimetrico decisamente tormentato.
Interessante inoltre la prossimità con il confinante comune di Casella, dal 1929 collegato con il capoluogo da una linea ferroviaria a scartamento ridotto, che si sviluppa per 24,318 km su un tracciato che offre imperdibili scorci paesaggistici ed è considerata una delle più belle ferrovie turistiche europee. Attualmente l’esercizio è sospeso in attesa di importanti lavori di riqualificazione agli impianti ed al materiale rotabile.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 004Il fondo citato in apertura si trova tra le frazioni di Chiappa e Senarega. Chiappa è un tipico borgo montano situato ad un’altitudine di 890 metri mentre Senarega, in posizione panoramica  ad un’altitudine di 715 metri, è un esempio di agglomerato medioevale caratterizzato da abitazioni rurali in marna con i tetti ricoperti dalle tipiche lastre di pietra: sul suo territorio, oltre al castello medioevale Senarega-Fieschi, insiste la cappelletta di Nostra Signora delle Grazie, presso l’antico ponte in pietra all’ingresso del paese.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 002La strada che da Senarega termina a 1.035 metri di altitudine in corrispondenza di Piancassino è estremamente disagevole: stretta, ripida e tortuosa costituisce il punto di partenza di uno degli itinerari più frequentati per il monte Antola, da qui raggiungibile in circa due ore di cammino. Lungo i sentieri si incontrano resti di abitati da tempo spopolati.
Sul territorio comunale vige ul regime di salvaguardia che ha fissato norme di tutela paesistica per le aree agricole boschive in mantenimento, nelle quali sono privilegiati gli interventi manutentivi rispetto alle nuove edificazioni.
La procedura esecutiva relativa al terreno esaminato origina nell’anno 2009. Secondo un’indagine che ho effettuato considerando il periodo intercorrente tra il gennaio 2009 ed il luglio 2014, il breve spazio di un quinquennio ha visto una drastica diminuzione delle superfici coltivate, ridottesi ben oltre il 60% rispetto ai valori iniziali. Molti terreni sono stati abbandonati sia dall’agricoltura sia dall’allevamento. Molti edifici non sono più abitati, dando luogo al fenomeno sempre più esteso di borghi e frazioni completamente abbandonate.
Ciò pregiudica la stabilità del territorio e comporta un grave rischio di dissesto idrogeologico, in un’area particolarmente esposta a fenomeni di smottamento ed erosione.
E’ cronaca recente il deragliamento di un treno Frecciabianca vicino Genova, per una serie di concause tra le quali l’apertura del cantiere TAV Terzo Valico e le abbondanti piogge che hanno interessato l’area genovese.
Nel generale abbandono, che ha interessato anche alcune attività agrituristiche locali, spiccano alcune meritorie iniziative promosse da agricoltori – tengo a precisare di provenienza non locale – che hanno scelto di dedicare risorse alla coltivazione biologica e biodinamica di specie rare ed a rischio di scomparsa ovvero di erbe aromatiche ed officinali e frutti di bosco, oltre che all’allevamento.
Nel complesso la situazione territoriale presenta un grave stato di abbandono con scarse possibilità di recupero, esattamente come in altre aree italiane dove i borghi disabitati e lasciati al degrado sono in pochi anni raddoppiati, raggiungendo l’incredibile numero di seimila. Questo è quanto e, come disse Jalaluddin Rumi: Quelli che non sentono questo amore trascinarli come un fiume, quelli che non bevono l’alba come una tazza di acqua sorgiva o non fanno provvista per il tramonto, quelli che non vogliono cambiare lasciateli dormire.
Ma, dopo aver letto questa specie di bollettino di guerra, a qualcuno potrebbe essere rimasta sospesa la domanda: Si, ma com’è andata a finire con quel terreno? La risposta è: Poiché l’asta sarebbe probabilmente andata deserta, è stata fatta un’offerta alla banca creditrice: 8.500 Euro, con i quali un gruppo di giovani coltivatori ha acquistato l’appezzamento aggregandolo ad altri che già possiede in zona.
Ottomilacinquecento contro quasi ventiduemila iniziali, non so se mi spiego…
Cambiare è quindi possibile. Servono solo la volontà delle persone e le competenze di quelli che oggi potremmo chiamare facilitatori: in grado di individuare le aree, negoziarne il controvalore nei termini più vantaggiosi, fissare i canoni di un progetto insieme tecnico e finanziario, ottenere fondi, mutui e finanziamenti ove necessario e portare a compimento l’intervento.
Perché non provarci, magari riuniti in piccoli Gruppi di Acquisto Terreni?

Alberto C. Steiner

Ringrazio Melissa Ghezzo de Le Stanze del Tempo per l’autorizzazione a riprodurre Crote e Crotin.

In Lombardia non si bonificherà più il territorio. Ope legis.

Solamente il quotidiano La Repubblica ha dato risalto, in un articolo pubblicato ieri, alla nuova legge regionale lombarda che, nell’ambito del governo del territorio consentirebbe disboscamenti selvaggi senza più obbligo di compensazione. Per il resto, dal Corriere della Serva al Geniale tutto tace, anche se il condizionale s’impone poiché non abbiamo ancora avuto modo di leggere il provvedimento sul B.U.R.L. e sappiamo quanto i giornali siano pressapochisti pur di fare notizia.
Il quotidiano riporta l’affermazione del prsidente regionale di Legambiente, che definisce il provedimento un regalo ai costruttori, e quella del consigliere regionale Carlo Malvezzi, NCD, che afferma: “E’ stato tolto un inutile balzello che frenava la crescita delle imprese” al quale fa da spalla Francesco Dotti, FDI, rimarcando come la nuova disposizione sia: “Un provvedimento importante per far ripartire l’economia“.Bosco lombardo, da: ilsostenibile.itNon entriamo nel merito di cultura, consapevolezza e lucidità mentale di chi avrebbere pronunciato siffatte affermazioni, ma ci sia permessa una breve chiosa prima di affrontare l’argomento che ci preme: operando nel settore, sul regalo ai costruttori abbiamo qualche riserva. Il tessuto imprenditoriale lombardo, nel comparto, è massimamente rappresentato da piccole imprese, spesso artigiane, che non sono quelle in grado di costruire mostri firmati da architetti di grido, finanziati dalle banche e che saranno rivenduti ad altre banche, e che rimarranno pressoché inabitati. I costruttori minori sono quelli che oggi hanno il respiro corto, con le banche che non li finanziano più, con i prezzi delle case scesi del 40 per cento. Sono quelli che ormai si propongono su Bakeca, e persino con bigliettini a strappo affissi alle fermate del tram, per rifare il bagno, pavimentare e persino imbiancare. Non è certamente a loro che è stato fatto il regalo.Oscenità urbane, da: milanofotografo.itPer quanto devastante sia la possibilità di abbattere alberi trentannali in montagna, e quindicennali in pianura, senza obbligo di compensazione, e per quanto folle sia l’apertura a gare di motocross ed escursioni in fuoristrada, a noi preme verificare ben altro aspetto. Già oggetto di un provvedimento legislativo, pare si annidi anche nelle pieghe di quello in argomento: una vera e propria agevolazione per quanto attiene alla bonifica dei suoli contaminati, d’ora in avanti lasciata alla facoltà di chi ne ha interesse, con mezzi a propria discrezione e presentazione finale di apposito certificato all’Arpa che si riserverà di verificare.
Una norma del genere, in sostituzione di quelle esistenti, per quanto lacunose, lascerebbe spazio al riuso di terreni contaminati, senza nessun controllo, con le immaginabili conseguenze.
Se così fosse non di agevolazione si tratterebbe, ma di licenza di uccidere. Questo è quanto ci preme verificare e, se del caso, contrastare.

Alberto C. Steiner

Case di carta e uomini di cartone

Nonostante la crisi, Milano rimane l’unica città italiana che stenti a riconoscere, se la lasci anche solo per qualche anno. A parte quartieri ingessati come Brera e i Navigli ridotti al rango di luna-park è tutto un demolire e ricostruire, un riqualificare, un sintetizzare declinando, contaminando e via cementificando.
Non è raro e non è ignoto come certe imponenti operazioni immobiliari servano solo a creare le premesse per una finanza di carta, avulsa dal contesto delle reali necessità urbane e finalizzata ad una riqualificazione patrimoniale interbancaria fittizia, mentre in aree non necessariamente periferiche languono, a rievocare immagini da dopo-bomba, scheletri che  avrebbero dovuto costituire le riqualificazioni di dieci, venti, venticinque, trent’anni fa.Cesec - Pin Lake ApocalypseMentre tanta gente dorme per strada o in macchina, di edifici vuoti e sovente mai abitati a Milano non ne mancano. E potrebbero essere riqualificati, se non con poca spesa visto il degrado al quale tempo ed incuria li hanno assoggettati, almeno per evitare di sottrarre ulteriore spazio alla superficie cittadina. E questo, oltre a far tornare a lavorare l’industria delle costruzioni in un contesto diverso da quello tutt’altro che ecosostenibile che conosciamo, contribuirebbe in modo sostanziale a risolvere problemi di degrado urbano.
Beninteso: per ecosostenibile non intendiamo solo polveri sottili, amianto, anidride carbonica: Anche certa finanza nuoce gravemente alla salute.
In altri luoghi del pianeta, per esempio negli Usa, se non siamo alla casa usa e getta poco ci manca. Le imprese edili sono incredibilmente tornate a lavorare in città zeppe di case invendute, dalla California meridionale a Las Vegas, da Phoenix in Arizona all’estremo Nord-Ovest di Seattle.
La ragione è semplice: nessuno vuole andare a vivere in case disabitate da tempo, miserevoli in quanto bisognose di restauri, in quartieri ormai deserti e conseguentemente insicuri e socialmente degradati. Quindi, con sano pragmatismo, meglio ripartire da zero: giù tutto e ricostruire sulle medesime aree case nuove meno costose, in quartieri che tornano a vivere, adottando tecniche costruttive più economiche e con maggiore attenzione al risparmio energetico.
E le abitazioni sfitte che ingolfano il mercato immobiliare restano sfitte o invendute e, in casi che vanno facendosi sempre più frequenti, cominciano a essere demolite da banche e assicurazioni che ne sono divenute proprietarie dopo aver cacciato i loro debitori ormai insolventi. Si è infine scoperto che in molti casi è più conveniente azzerare un valore patrimoniale e assumersi anche i costi di demolizione piuttosto che continuare a spendere soldi per i continui interventi di manutenzione – tetti da restaurare, alberi da potare, giardini da tenere in ordine, superfici esterne di legno da verniciare di frequente – necessari per mantenere la proprietà sul mercato in condizioni presentabili, ma con la prospettiva di non riuscire, comunque, a venderla per anni.
E così, da Chicago a Cleveland, in Ohio, le demolizioni di case che ormai hanno un valore minimo e che nessuno vuole sono diventate assai frequenti. Lo Stato col maggior numero di case rase al suolo è il Michigan, alle prese con l’esodo di una parte della popolazione, rimasta senza lavoro per la profondissima crisi del sistema industriale. La città di Detroit ha appena avviato un programma di demolizione di 450 edifici residenziali. Molti ritengono che sia solo l’inizio, visto che nell’area urbana ci sono già 33 mila case sfitte e altre 50 mila stanno per diventarlo, visto che i proprietari hanno fatto default sul mutuo. Intanto città devastate dalla crisi dell’auto come Flint (quella di Roger & Me, il film di Michael Moore sulla prima crisi della General Motors) usano i fondi dello stimolo fiscale, i sostegni all’economia varati da Obama subito dopo il suo insediamento alla Casa Bianca all’inizio del 2009, proprio per fare a pezzi le case ritenute non più abitabili.Cesec - Environment post ApocalypseTorniamo  a casa nostra, dove da sempre vige il detto: se riparte l’immobiliare riparte l’Italia. Si, forse in termini di Pil, non certo in termini di qualità della vita. Questione di opinioni…
Da noi quasi l’80% dei cittadini è proprietario della casa in cui vive prevalentemente e ben 1.400.000 sono i lavoratori che operano a vario titolo nel settore immobiliare. Parliamo di quelli censiti, è ovvio, non di quelli che se gli capita un incidente sul lavoro il titolare dell’impresa dà loro fuoco o tenta di far credere che siano finiti sotto al tram…
A differenza di altri paesi dov’è diffusa la grande proprietà immobiliare e nonostante che banche, istituti religiosi, previdenziali ed assicurativi detengano cospicui patrimoni, da noi i quasi 4.500 miliardi di valore delle abitazioni private svolgono un ruolo fondamentale per il benessere e la stabilità dei nuclei familiari, ed è innegabile che la proprietà immobiliare diffusa abbia prodotto ricchezza per la maggioranza dei cittadini, contribuendo a suo modo al formarsi di un capitalismo popolare, rimasto immune nel tempo dalle crisi prodotte dall’eccessiva finanziarizzazione dei mercati e che nel contempo ha garantito, con la propria patrimonializzazione, una parte del debito pubblico nazionale.
Per un privato, per una famiglia, investire ora in immobili con l’idea di metterli a reddito non è difficile, è impossibile. A parte la difficoltà di accedere al credito per l’ottenimento di mutui, esiste un concreto rischio credito o d’impresa o comunque vogliamo chiamarlo, vale a dire la niente affatto aleatoria possibilità che l’inquilino non paghi l’affitto. Agire per via giudiziaria significa, oltre che sostenere spese giudiziarie e legali, mettere una croce sopra al mancato guadagno sino all’esecuzione dello sfratto: chi vive a Modena, Trento o Monza può mettere in preventivo dai 9 ai 18 mesi di sofferenza, mentre chi vive a Milano o in altre grandi città del Nord e del Centro può mettersi il cuore in pace per tre-quattro anni. Lasciamo perdere i tempi delle città del Sud…
Oltre a questo, tra i fattori che stanno allontanando gli italiani dall’investimento immobiliare si annoverano l’alta tassazione del bene-casa, che in questi ultimi tempi è diventata la più alta d’Europa e l’erosione del valore dei beni immobili, anch’essa prevalentemente causata da una modalità di tassazione applicata in forma patrimoniale e non reddituale.
Nonostante questo quadro a tinte fosche l’investimento immobiliare rimane per gli italiani un faro nella crisi, che illumina tra marosi, secche e  scogli affioranti la navigazione notturna delle famiglie, che vorrebbero ma non riescono più a comprar casa.
Ad ogni analisi trimestrale le compravendite sprofondano, l’andamento delle variazioni dei passaggi di proprietà è sempre più negativo: il calo è più accentuato nel Nord Est e nel Nord Ovest (rispettivamente -28,5 e -26,7%). La ragione, a dar retta agli ultimi dati del Crif, starebbe nell’erogazione da parte degli istituti di credito di ipoteche immobiliari a garanzia di mutui calata di oltre il 45% poiché le banche, adottando criteri sempre più restrittivi, hanno praticamente dimezzato l’erogazione di mutui. Tant’è vero che molti clienti interessati a comprare casa, per evitare l’umiliazione di un rifiuto alla concessione del mutuo, hanno smesso di cercare, sperando in tempi migliori.
Quando quel genio carismatico il cui nome era Cerutti Gino ma lo chiamavan Drago, intervenne a favore di un allentamento della stretta creditizia, soprattutto nei confronti delle famiglie e delle piccole aziende, ottenne che numerose banche iniziassero da quel momento a chiedere, oltre a tutto il resto, anche il certificato Inps, e certune legate al mondo cooperativo persino le attestazioni delle tessere fedeltà dalle quali desumere, attraverso l’analisi degli acquisti, il tenore di vita dei mutuandi. Non ci è giunta notizia di banche che abbiano chiesto il tema natale e la foto dell’aura… Insomma, il tutto nel classico stile delle banche che non vogliono concedere mutui.
Del resto, non più tardi di pochi giorni fa un banchiere intervistato, risentitosi per le numerose critiche che gli giungevano in quanto rappresentante del sistema-credito, ha reagito attaccando a propria volta le critiche e sostenendo che le banche comprando i Btp stanno salvando l’Italia. Certo, con i miliardi di Euro avuti dalla Bce all’1% li compreremmo anche noi i Btp, ma avremmo il pudore di non qualificarci come salvatori della patria…Cesec - Casetta di cartaBene, alla fine di questa chiacchierata, la nostra opinione non solo rimane sempre la stessa, ma anzi si rafforza: è il momento di vedere le cose da un’altra prospettiva. Affermava lo scrittore e psichiatra Mario Tobino: per comprendere i matti devi ragionare da matto. Ecco, chi si vuole salvare per sopravvivere deve cominciare a ragionare da matto. Matto, non stupido.
I matti sono quelli fuori dal coro. Sono quelli che pensano che possa esistere la solidarietà, che si possano abbattere i costi, che si possa vivere ad un ritmo rallentato all’insegna di una decrescita felice, che si possa essere autosufficienti ed ecosostenibili. Per l’ambiente e per se stessi. Sono quelli che non cedono alle lusinghe delle notizie artefatte messe in giro a bella posta. Sono quelli che credono nel potere di una parola, anzi di due: cohousing ed autocostruzione.
Ma badando bene di non lasciarsi sedurre dalle sirene dei carrozzoni pubblici che fanno luccicare cooperative sociali ed agevolazioni finanziarie. Purtroppo è meglio un bagno nell’acqua fredda a dura della realtà: e la realtà si chiama iniziativa privata.

Malleus