Segni particolari: Cohouser

Il cohousing è la storia di un’utopia diventata realtà. Ha a che fare con il vivere insieme condividendo spazi e servizi con i vicini di casa: lavanderia e stireria, ludoteca, biblioteca, orto, giardino, palestra, mezzi di trasporto e chi più ne ha più ne metta pur mantenendo la dimensione privata nel proprio appartamento.Cesec-CondiVivere 2014.11.21 Identikit Cohouser 001L’idea non è così nuova per chi ha vissuto la ventata degli anni a cavallo tra i Sessanta e i Settanta, ma le neotribù attuali non sono certamente formate né da nipoti dei Figli dei Fiori né da idealisti newage che praticano comunione dei beni, amore libero con chitarre e cannoni, piuttosto da un panorama eterogeneo di single giovani e meno giovani, coppie senza figli e famiglie più o meno numerose, anziani in cerca di socialità.
E non si chiamano più comune o casa collettiva ma Cohousing, che sta a significare, per l’appunto, abitare insieme in modo organizzato, vivendo in edifici pensati o recuperati per più nuclei, scegliendosi i vicini di casa.Cesec-CondiVivere 2014.11.21 Identikit Cohouser 002Si abbattono i costi fissi di alcune aree perché uso e proprietà sono ripartiti su più persone, la convivenza intergenerazionale è facilitata e sono favoriti gli scambi di vicinato.
Altro valore forte il basso impatto: gli edifici sono pensati per consumare poco o addirittura pochissimo attraverso tecniche costruttive o ricostruttive che vanno sotto la denominazione di casa clima, casa passiva, bioarchitettura.
Abitare in cohousing vuol dire molte cose, una in particolare: ritrovarsi tra persone interessate a un modo comune di concepire la vita a partire dalla dimensione quotidiana; ogni gruppo fa storia a sè e il percorso intrapreso è sempre su misura.
Il cohousing è spesso anche ecovillaggio, e tante sono le ragioni per viverci, e non certamente protesta verso il sistema, sogno romantico, utopia ma, più semplicemente, una scelta razionale motivata a dare priorità nella propria vita ad aspetti quali il senso di comunità, l’ecologia, una dimensione più spirituale.
L’idea non è né recente né innovativa trattandosi della naturale evoluzione del villaggio tradizionale, dove l’essere umano durante gran parte della sua storia ha vissuto in armonia con la natura, non consapevolmente ma in quanto ciò rappresentava l’unica possibilità. L’ecovillaggio odierno è una comunità intenzionale di persone pienamente consapevoli di vivere remando in direzione contraria alla spinta degli ultimi bagliori della società consumista e indifferente alla violenza perpetrata nei confronti della Natura. Il sentimento di appartenenza ad una comunità viene da lontano, è innato nella natura umana. Per certi aspetti, non ci stancheremo mai di dirlo, gli abitanti di un ecovillaggio si preparano ad affrontare il medioevo prossimo venturo.Cesec-CondiVivere 2014.11.21 Identikit Cohouser 004La tecnologia, l’organizzazione sociale, la nascita delle metropoli, la corsa verso il successo individuale han dato l’illusione che il nuovo essere umano non avesse più bisogno dell’appoggio di una comunità, creando la spinta verso una vita sempre più individualista e solitaria. Evoluzione ben rappresentata dall’anonimo palazzone cittadino, dove un numero svariato di vite sono rinchiuse tra queste mura, cercando una nicchia di intimità dietro spesse porte blindate di appartamenti tutti uguali, ignorando completamente l’esistenza di vicini sovente visti solo come una molestia. La vita di comunità è l’opposto, è il compromesso di vivere in un gruppo, di solito non troppo numeroso in modo che tutti i membri si conoscano personalmente.
Alcuni ecovillaggi praticano la comunione dei beni, ma la vera essenza di comunità, più che nell’ottimizzazione dei beni materiali che ovviamente è ricercata, è esaltata nell’appoggio reciproco.
Un gruppo su cui contare vuol dire migliorare la qualità di vita, per esempio attraverso la cura condivisa dei bambini, la possibilità di facilitare e rendere più attraenti lavori comunitari, la creazioni di posti di lavoro all’interno della comunità. Inoltre la vita comunitaria è un costante stimolo alla crescita personale, poiché persone a stretto contatto quotidiano sono obbligate a confrontarsi su scelte in comune, a discutere, a parlare apertamente dei problemi che invariabilmente sorgono e questo migliora la comunicazione con gli altri e con se stessi ed aiuta a vedere con più chiarezza il nostro misterioso mondo inconscio. L’armonia della vita comunitaria si ripercuote conseguentemente nella cura dell’ambiente circostante. La concezione di tutela ambientale si attua prevalentemente tentando di produrre la maggior parte del cibo che si consuma, coltivando orti vicino alle case, affidandosi a energie rinnovabili, riducendo i consumi e limitando l’utilizzo delle automobili.
Pensiamo solo ai bambini, che in un ecovillaggio possono trascorrere le giornate scorrazzando per strade prive di auto, giocando nei giardini comuni, senza necessità della miriade di giochi che popolano la vita dei bambini cresciuti negli appartamenti.
Infine la spiritualità, che racchiude aspetti controversi in quanto storicamente fraintesa con la religione. La spiritualità è ben altro: accompagna in modo naturale il rallentamento dei ritmi e il contatto con la natura, poiché il materialismo non è sufficiente a saziare l’innata curiosità dell’essere umano.Cesec-CondiVivere 2014.11.21 Identikit Cohouser 003Il movimento degli ecovillaggi, infine, si associa spesso ad altri movimenti quali la permacultura o la decrescita, termini che in tanta gente evocano scenari di ristrettezze, di ritorno all’età della pietra e di rinuncia. Nulla di tutto ciò, significa semplicemente ricercare il benessere attraverso forme che prediligono l’armonia con la natura e l’ambiente, senza escludere il ricorso a risorse tecnologiche, a condizione che non siano impattanti o invasive.

Alberto C. Steiner

Alla locanda della Luna Nera, tra echi dei Templari e l’ombra del Graal

Berceto è nel mio cuore perché fu qui che nell’autunno del 2009 iniziai ad occuparmi del recupero di appezzamenti agricoli e boschivi, edifici rurali e borghi abbandonati, progettando una fattoria didattica. E scoprendo così un mondo, il cui fascino mi fece lasciare progressivamente perdere il trading di immobili urbani.Cesec-CondiVivere 2014.10.27 Berceto R001Per chi non lo conoscesse, Berceto è un comune antichissimo posto a 808 metri di altitudine lungo la valle del fiume Taro.  Importante centro di comunicazione in quanto situato lungo la via Francigena che tuttora dà luogo ad un importante afflusso turistico, vanta un Duomo risalente al XII secolo ed i resti della torre di un castello edificato nell’anno 1210.Cesec-CondiVivere 2014.10.27 Berceto DuomoStrane energie circolano in questo luogo, gemellato dall’11 settembre 1988 con la Nazione Lakota-Sioux: pur essendo stato il 27 gennaio 2012 epicentro di un terremoto di 5.4 gradi della scala Richter, non si sono lamentati danni di entità significativa.
La vocazione di Berceto, noto per porcini e tartufi e la cui superficie comunale si estende per 131,58 km², è agricola, turistica e artigianale. Un luogo niente affatto fuori dal mondo ma dove è possibile ritrovare spazi di silenzio e un vivere rallentato, che vanta un notevole e consolidato afflusso turistico di qualità all’insegna del contatto con la Natura.Cesec-CondiVivere 2014.10.27 Berceto R002Relativamente alle cronache recenti Berceto è nota per essere la città il cui Sindaco si è presentato in piazza Montecitorio, a Roma, in fascia tricolore d’ordinanza e… mutande, per protestare contro l’eccessivo aggravio fiscale.
Per esperienza personale Berceto è un luogo da esplorare e respirare tra le quattro e le sei del mattino. Oggi ne parlo per segnalare un edificio in vendita, del quale ho già avuto modo di occuparmi all’inizio dello scorso inverno e che ospitava un ristorante: è situato nel centro storico, in una di quelle stradine arroccate che ripercorrendo proprio l’antico tracciato della Via Francigena, sfocia davanti all’ingresso principale del duomo, al cui interno il gioco sottile di luci ed ombre sembra quasi voler velare e svelare arcani segreti di questo antichissimo edificio e della sua storia risalente all’VIII Secolo. Particolarissimo è ad esempio il Gesù crocifisso che presenta gli occhi aperti a simboleggiare rinascita e conoscenza, affascinante la raffigurazione dei cavalieri alla ricerca del Graal che, si dice, si trovi proprio qui dopo esservi stato trasferito da una chiesa bretone per salvarlo dall’avanzata di eserciti pagani.Cesec-CondiVivere 2014.10.27 Berceto R003Cesec-CondiVivere 2014.10.27 Berceto RplanIl ristorante, un tempo in modo decisamente evocativo denominato La Luna Nera, era compreso in un antico edificio su tre piani per una superficie complessiva di 179 m2 come da immagini e planimetrie, che sarà posto in vendita il 10 dicembre prossimo presso l’Ufficio Notarile Associato di Parma, situato in piazzale Corte D’Appello ad una base di 62mila Euro.
Il 30 aprile scorso, e quella fu la ragione per cui me ne occupai, il ristorante andò in asta ad una base di 80mila Euro a fronte di un valore peritale di 200.500 fissato nell’aprile 2011 a fronte di una procedura esecutiva iniziata nell’anno 2009.
Sulla scorta della mia esperienza professionale ritengo che una trattativa negoziale condotta a saldo e stralcio con la banca creditrice possa spuntare un prezzo anche sensibilmente inferiore alla base d’asta.
Il ristorante potrebbe non costituire un’entità a sé, qualora venisse accorpato ad un podere di circa dieci ettari in corso di esperimento nella medesima località, e magari ad uno analogo situato nella vicina Bedonia, altra località dal fascino arcano e particolare dove si trova un edificio sviluppato su circa 250 m2 con poco più di due ettari di terreno circostante.Cesec-CondiVivere 2014.10.27 Lago delle LamePoderi e relativi edifici potrebbero costituire l’abitazione e l’attività di un piccolo gruppo di persone determinate a far rivivere la Terra attraverso il reimpianto di coltivazioni particolari, magari legate alla memoria del territorio, ed all’apertura di un’attività ricettiva di charme. Ed il ristorante potrebbe divenire, magari nella nuova veste di risto-libreria, la logica conseguenza di tale attività, oltre che punto di aggregazione culturale per un turismo di nicchia. Considerando che Berceto è luogo tranquillo, ma niente affatto fuori dal mondo: ci si arriva comodamente con l’autostrada della Cisa e con la ferrovia, sarebbe bello se qualcuno volesse provarci.

Alberto C. SteinerCesec-CondiVivere 2014.10.27 Berceto Geo

Progettare cohousing con uno sguardo all’eremo di Camaldoli

Far rivivere il territorio realizzando nuclei abitativi in cohousing ottenuti recuperando alcuni dei tanti borghi disabitati che abbondano nel nostro Paese. Intento ambizioso ma non utopistico, specialmente se attuato secondo i canoni della bioedilizia, con progettazione condivisa, utilizzo di fonti energetiche a basso impatto e terreno circostante coltivato con metodi non invasivi per garantire nella maggior misura possibile l’autosostentamento della comunità che vi si insedierà.
Ed è importante che uno spazio sia dedicato al recupero di saperi e sapori per onorare la memoria del luogo: trasformazione agroalimentare sostanziata dalla produzione di miele, vino, erbe aromatiche ed officinali, conserve, attività artigianali e via enumerando. In sostanza, quello che fa parte della cultura e della storia locale.
Naturalmente faccio in modo che in questi borghi riportati a nuova vita trovino collocazione attività legate al benessere fisico e spirituale in sintonia con gli studi e le esperienze che mi caratterizzano.Cesec-CondiVivere 2014.10.24 Eremo Camaldoli 006Oggi dedico un breve profilo all’Eremo di Camaldoli, che più di ogni altro luogo consimile ispira proprio per la sua comunione con la Natura. Lungi da me l’idea di tediare con pistolotti storiografici o mistici: per quelli ci si può avvalere della notevole messe di notizie reperibili in rete.
Intendo qui solamente celebrare quel fazzoletto di terra nascosto sui più alti versanti  dell’Appennino  Casentinese, nel cuore dell’Appennino Tosco-Romagnolo, dove aleggiano misteri e leggende incentrate sulla figura di san Romualdo, fondatore dell’ordine dei Camaldolesi, il cui nome pare derivi da un nobile aretino, Maldolo, che nel 1012 donò le terre sulle quali venne fondato l’Eremo.
Il primo nucleo, posto ad oltre 1.000 metri di altitudine, fu costituito da un oratorio con cinque celle, affiancato successivamente da una piccola costruzione in località Fonte Buono, in posizione meno solitaria e più facilmente raggiungibile, finalizzata ad accogliere ospiti  e pellegrini.  Il monastero che conosciamo nella sua forma attuale venne invece realizzato nel XVI secolo.Cesec-CondiVivere 2014.10.24 Eremo Camaldoli 005L’aspetto che ritengo preminente riguarda la sorte della foresta circostante, legata in maniera indissolubile a quella dell’Eremo: più questo si ingrandiva più aumentavano le donazioni di terre poiché i monaci si prodigavano alacremente per  la  cura  e  il   governo  del bosco, sostituendo alle essenze miste di faggio e abete piantagioni pure di Abete  bianco. Le rigidissime regole silvicolturali alle quali i monaci dovevano attenersi prescrivevano abbattimenti estremamente limitati e continuo rimboschimento con abete bianco.
Nacque così il nucleo forestale, quasi mille anni dopo diventato la Riserva Biogenetica di Camaldoli, nell’ambito del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, estesa dall’Eremo sino alla Foresta della Lama in territorio romagnolo e gestita dal Corpo Forestale dello Stato; la Riserva è importante anche sotto il profilo faunistico, ospitando cervi, daini, caprioli, cinghiali, lupi, scoiattoli e ghiri oltre a numerosi volatili: picchio maggiore, cincia, allocco, poiana, falco, mentre nelle aree umide si sono insediati anfibi quali il tritone e la salamandra.Cesec-CondiVivere 2014.10.24 Eremo Camaldoli 003Colpiscono, giungendo a Camaldoli da Arezzo o da Bagno di Romagna seguendo la statale del Passo dei Mandrioli, un monumentale cedro del Libano alto 24 metri e del diametro superiore al metro e mezzo, ed il castagno Miraglia dalla circonferenza di oltre dieci metri. Da Camaldoli una piccola strada asfaltata attraversa la foresta e giunge fino all’Eremo.Cesec-CondiVivere 2014.10.24 Eremo Camaldoli 001La realtà monastica costituisce ancor oggi un ponte fra l’antica tradizione dell’Oriente cristiano e la mistica occidentale che si riconosce nella Regola di San Benedetto, coniugando altresì la dimensione comunitaria e quella solitaria della vita del monaco, espresse rispettivamente nel Monastero e nell’Eremo, costituenti un’unica comunità. L’Eremo è oggi luogo privilegiato di incontro nel dialogo ecumenico e interreligioso, aperto a uomini e donne,dedicato alla ricerca interiore, alla spiritualità nonché all’elaborazione culturale ed all’impegno civile attraverso uno stile di vita improntato alla sobrietà.
L’antica cella del fondatore Romualdo, l’unica visitabile ed oggi inglobata nella biblioteca, evidenzia internamente la struttura tipica della cella eremitica: un corridoio che si snoda su tre lati, custodendo al suo interno gli spazi di vita del monaco, la stanza da letto, lo studio, la cappella. Questa struttura a chiocciola, oltre ad offrire riparo dalle rigide temperature invernali, simboleggia il percorso interiore del monaco che tende a recuperare il proprio Sé interiore.Cesec-CondiVivere 2014,10.24 Eremo Camaldoli 004Non è necessario tendere alle grandi opere: per cominciare è sufficiente piantare un albero. Contribuisce alla salvezza del pianeta ed arricchisce e migliora l’ambiente in cui viviamo infondendogli bellezza, non trascurando il fatto che la superficie fogliare di una latifoglia corrisponde a 6/8 volte la proiezione a terra, mentre per le conifere è 15/20, e genera ossigeno, assorbe pulviscolo e particelle inquinanti, fissa carbonio.
Un albero produce inoltre circa 30 kg annui di ossigeno, dodici alberi coprono il fabbisogno annuo di ossigeno di un essere umano adulto, esattamente pari alla quantità di ossigeno consumata da un’auto per percorrere 100 km. Un albero è fatto di legno, e un metro cubo di legno fissa sino a 300 kg di carbonio. Un ettaro di bosco, 10.000 metri quadri, fissa pertanto sino a 10 quintali di polveri annue ed immagazzina sino a 4 tonnellate di carbonio.

ACS

Dall’abbandono alla rinascita: è possibile.

L’argomento è complesso, proverò a dipanarlo scrivendone. In sostanza si tratta di affermare, se non di dimostrare, che la Terra, nostra Madre, matrice e, anche se molti tendono a dimenticarlo, fonte di Vita, può essere salvata dal degrado e dall’abbandono.
Riqualificata e riportata a nuova vita può nutrirci, costituire fonte di lavoro e di reddito, rasserenarci attraverso quel senso del bello che solo un orto, un campo, un giardino, un bosco possono darci e proteggerci in cambio dell’attenzione che le dedichiamo.
In che senso proteggerci? Semplice: pensiamo solo all’attenzione che dedichiamo alla cura del bosco, a riportare in quota sassi rotolati, a riformare muretti a secco, a ripulire sentieri, alvei di fossi e torrenti. Ecco, quell’attenzione si chiama cura del territorio. In cambio la Terra non si sentirà più violata, offesa, trascurata. E non esprimerà, nel limite del possibile, quell’urlo di dolore che assume la forma della frana, della slavina, dell’esondazione.
Esistono, nel nostro Paese, innumerevoli appezzamenti un tempo coltivati ed ora lasciati nel più completo abbandono, anche in aree strategiche; esattamente come nelle campagne abbondano edifici che con pazienza e amore possono essere riportati a nuova vita.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 003Non sto parlando di quel vado a vivere in campagna tanto caro a manager, creativi, modaioli, portaborse, contesse e saltimbanchi degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso: quelli furono due decenni che fecero lievitare oltre misura i prezzi degli immobili rurali, enucleandoli ulteriormente da un territorio già depauperato di suo sotto i profili sociale e culturale, trasformando la casa di campagna in un oggetto patinato, con l’obbrobrio del cotto antichizzato e dell’immancabile catino sul trespolo ritrovato al mercato dell’antiquariato. Quello fu il periodo del buen retiro. Oggi, muti testimoni di quell’epoca luccicante, molti di quegli edifici languono abbandonati, talvolta perché posti sotto sequestro dall’autorità giudiziaria.
No, mi riferisco a gruppi di persone che ricercano l’opportunità di acquistare appezzamenti di terreno per viverci la vita di ogni giorno, secondo un concetto di solidarietà, decrescita e prossimità alla natura. Persone che vogliono sporcarsi le mani con la terra impiantando filari, spollonando, coltivando, sarchiando, allevando, recuperando specie, concetti e saperi. Magari, ma non necessariamente, secondo un intento di proprietà comune.
Addentrandomi nell’argomento citerò un esempio, minimo ma significativo, di come il territorio possa essere recuperato, ed in questo momento storico a costi vantaggiosi attraverso la negoziazione di beni assoggettati alle vendite giudiziarie.
Ma prima desidero riportare un passo in grado di colpire e far riflettere per la sua forza evocativa, proveniente da Le stanze del Tempo e riguardante una zona del territorio piemontese. E’ legato ad un filmato tanto breve quanto intenso, visionabile qui, e si intitola Crote e Crotin:Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 005Queste grotte sono state scavate nella terra sabbiosa a partire dal XIII secolo. Le Crote, così chiamate dagli abitanti del posto, svolgevano la funzione di vere e proprie case abitate dai contadini. Fino all’inizio del Novecento hanno offerto ricovero a persone della zona e con il passare del tempo sono state trasformate in depositi attrezzi ed abbandonate. Ai nostri giorni, molte, sono state recuperate per ricordare il mondo contadino ed un’epoca oramai completamente perduta. Sono opere anche complesse estese all’interno della collina.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 007Si dice che in queste crote e crotin vi siano dei fantasmi. E’ interessante il fatto che le storie di fantasmi non sono frequenti in questa zona ed è molto significativa la loro presenza. Non so se si tratta di spiriti malvagi e la loro presenza ha un grande valore per la tradizione locale. La popolazione ha imparato ad accettarli come presenze necessarie…. insoliti guardiani di posti che per molto tempo sono stati vissuti da sofferenza e fatica ma oggi quasi in abbandono.
Secondo Freud: i rimproveri ossessivi dei vivi diventano patologicamente l’ira del fantasma, che da corpo alle pulsioni del nevrotico… In questo luogo non c’è nulla di tutto questo ed è un gran mistero.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 006E veniamo al dunque.
Alla fine dello scorso mese di settembre presso il Tribunale di Genova avrebbe dovuto tenersi il terzo esperimento di vendita relativo ad un lotto costituito da 41 appezzamenti di terreno contigui situati nel comune montano di Valbrevenna, estesi complessivamente per poco più di quattro ettari destinati a prato, bosco ceduo, castagneto da frutto, seminativo e pascolo e comprendenti alcuni fabbricati rurali bisognosi di ristrutturazione.
Il prezzo a base d’asta, fissato in € 13.738,50 – come vedremo destinato ad un notevole ribasso per effetto di una negoziazione extra-asta a saldo e stralcio – venne definito nella misura di € 18.318,00 nelle sessioni d’asta tenutesi il 25 settembre ed il 2 ottobre 2012, che  andarono inesitate. La relazione peritale originaria,risalente all’ottobre 2009, fissava un valore di € 21.550,03.
Sin qui la notizia: un’asta inesitata come tante nonostante un controvalore che, oggetto di significativi ribassi ed oggettivamente non più capiente rispetto al debito che avrebbe dovuto ripagare, avrebbe potuto significare un vero affare per l’acquirente.
Il significato della notizia è invece ben altro, e riguarda il progressivo abbandono delle aree boschive e montane che, dopo un arresto durato pochi anni, ha ripreso a falcidiare il nostro Paese con le inevitabili conseguenze economiche, sociali ed ambientali legate alla conservazione ed alla tutela del territorio.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 001Il caso specifico merita una breve analisi: non è un luogo sperduto, inaccessibile, gravato da condizioni climatiche proibitive e privo di servizi perché Valbrevenna, in provincia di Genova dalla quale dista circa 40 km, è un comune montano agevolmente raggiungibile con l’autostrada A7 e con la ferrovia, anzi con due ferrovie.
Il suo territorio coincide pressoché interamente con il bacino dell’omonimo torrente, che origina alle pendici del monte Antola a quota 1.597 ed è affluente del torrente Scrivia sulla sua destra idrografica.
Conta poco più di 800 abitanti distribuiti in otto frazioni ad un altitudine compresa fra 533 e 1.597 metri sul livello del mare, la sua superficie assomma a 35,2 km² e la sua economia locale è prevalentemente agricola.
Fa parte del Parco naturale regionale dell’Antola e confina con Crocefieschi, Montoggio, Propata, Savignone, Torriglia (il cui territorio si estende anche nella valle del Trebbia), Vobbia e con Carrega Ligure in provincia di Alessandria. Una menzione particolare merita l’adiacente abitato di Casella, dove si attesta la ferrovia a scartamento ridotto proveniente da Genova, attualmente in corso di riqualificazione.
La maggor parte delle frazioni conta pochi residenti stabili e i ripidi versanti della valle in cui si sviluppa sono prevalentemente ricoperti di boschi di castagno, rovere, carpino e frassino. Alle quote più alte si trovano prati e pascoli mentre le esigue aree coltivate, organizzate a terrazzamenti con muri a secco, sono per gran parte abbandonate.
I nuclei abitati sono disposti a mezza costa lungo i percorsi delle antiche mulattiere che percorrendo la valle conducevano verso Piemonte e Lombardia.
I nuclei storici dei paesi sono caratterizzati da case in marna, pietra di estrazione locale, arroccate sui pendii con strette vie pavimentate in sasso e la chiesa generalmente staccata dalle case e in posizione dominante sulla valle.
Degno di nota è l’antico mulino ad acqua situato in una frazione, alimentato da tre piccoli bacini formati sbarrando un ruscello con muretti in pietra e recentemente restaurato: rimane l’unica testimonianza dei tanti che un tempo caratterizzavano la valle.
Le vie di comunicazione stradali sono rappresentate principalmente dalla S.P. 11 di Valbrevenna che collega il capoluogo Molino Vecchio con Avosso, frazione del vicino comune di Casella, da cui si diparte la S.S. 226 della Valle Scrivia che in una direzione conduce a Busalla ed alla bassa valle Scrivia, e nella direzione opposta collega Montoggio e Torriglia con il bivio della S.S. 45 della Val Trebbia. La S.P. 12 di Nenno, infine, collega il comune con Savignone e Crocefieschi attraverso un suggestivo percorso panoramico.
Una menzione particolare meritano le comunicazioni ferroviarie. Da Valbrevenna è agevole raggiungere la stazione di Busalla, situata sulla storica linea Torino-Genova realizzata tra il 1844 ed il 1853 e dal profilo planoaltimetrico decisamente tormentato.
Interessante inoltre la prossimità con il confinante comune di Casella, dal 1929 collegato con il capoluogo da una linea ferroviaria a scartamento ridotto, che si sviluppa per 24,318 km su un tracciato che offre imperdibili scorci paesaggistici ed è considerata una delle più belle ferrovie turistiche europee. Attualmente l’esercizio è sospeso in attesa di importanti lavori di riqualificazione agli impianti ed al materiale rotabile.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 004Il fondo citato in apertura si trova tra le frazioni di Chiappa e Senarega. Chiappa è un tipico borgo montano situato ad un’altitudine di 890 metri mentre Senarega, in posizione panoramica  ad un’altitudine di 715 metri, è un esempio di agglomerato medioevale caratterizzato da abitazioni rurali in marna con i tetti ricoperti dalle tipiche lastre di pietra: sul suo territorio, oltre al castello medioevale Senarega-Fieschi, insiste la cappelletta di Nostra Signora delle Grazie, presso l’antico ponte in pietra all’ingresso del paese.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 002La strada che da Senarega termina a 1.035 metri di altitudine in corrispondenza di Piancassino è estremamente disagevole: stretta, ripida e tortuosa costituisce il punto di partenza di uno degli itinerari più frequentati per il monte Antola, da qui raggiungibile in circa due ore di cammino. Lungo i sentieri si incontrano resti di abitati da tempo spopolati.
Sul territorio comunale vige ul regime di salvaguardia che ha fissato norme di tutela paesistica per le aree agricole boschive in mantenimento, nelle quali sono privilegiati gli interventi manutentivi rispetto alle nuove edificazioni.
La procedura esecutiva relativa al terreno esaminato origina nell’anno 2009. Secondo un’indagine che ho effettuato considerando il periodo intercorrente tra il gennaio 2009 ed il luglio 2014, il breve spazio di un quinquennio ha visto una drastica diminuzione delle superfici coltivate, ridottesi ben oltre il 60% rispetto ai valori iniziali. Molti terreni sono stati abbandonati sia dall’agricoltura sia dall’allevamento. Molti edifici non sono più abitati, dando luogo al fenomeno sempre più esteso di borghi e frazioni completamente abbandonate.
Ciò pregiudica la stabilità del territorio e comporta un grave rischio di dissesto idrogeologico, in un’area particolarmente esposta a fenomeni di smottamento ed erosione.
E’ cronaca recente il deragliamento di un treno Frecciabianca vicino Genova, per una serie di concause tra le quali l’apertura del cantiere TAV Terzo Valico e le abbondanti piogge che hanno interessato l’area genovese.
Nel generale abbandono, che ha interessato anche alcune attività agrituristiche locali, spiccano alcune meritorie iniziative promosse da agricoltori – tengo a precisare di provenienza non locale – che hanno scelto di dedicare risorse alla coltivazione biologica e biodinamica di specie rare ed a rischio di scomparsa ovvero di erbe aromatiche ed officinali e frutti di bosco, oltre che all’allevamento.
Nel complesso la situazione territoriale presenta un grave stato di abbandono con scarse possibilità di recupero, esattamente come in altre aree italiane dove i borghi disabitati e lasciati al degrado sono in pochi anni raddoppiati, raggiungendo l’incredibile numero di seimila. Questo è quanto e, come disse Jalaluddin Rumi: Quelli che non sentono questo amore trascinarli come un fiume, quelli che non bevono l’alba come una tazza di acqua sorgiva o non fanno provvista per il tramonto, quelli che non vogliono cambiare lasciateli dormire.
Ma, dopo aver letto questa specie di bollettino di guerra, a qualcuno potrebbe essere rimasta sospesa la domanda: Si, ma com’è andata a finire con quel terreno? La risposta è: Poiché l’asta sarebbe probabilmente andata deserta, è stata fatta un’offerta alla banca creditrice: 8.500 Euro, con i quali un gruppo di giovani coltivatori ha acquistato l’appezzamento aggregandolo ad altri che già possiede in zona.
Ottomilacinquecento contro quasi ventiduemila iniziali, non so se mi spiego…
Cambiare è quindi possibile. Servono solo la volontà delle persone e le competenze di quelli che oggi potremmo chiamare facilitatori: in grado di individuare le aree, negoziarne il controvalore nei termini più vantaggiosi, fissare i canoni di un progetto insieme tecnico e finanziario, ottenere fondi, mutui e finanziamenti ove necessario e portare a compimento l’intervento.
Perché non provarci, magari riuniti in piccoli Gruppi di Acquisto Terreni?

Alberto C. Steiner

Ringrazio Melissa Ghezzo de Le Stanze del Tempo per l’autorizzazione a riprodurre Crote e Crotin.

Ospitalità rurale? si, ma di charme

Esaminando i dati pervenutimi dagli IVG, Istituti per le Vendite Giudiziarie, relativi alle iscrizioni di aziende agrituristiche ed agricole nei ruoli delle vendite giudiziarie del bimestre 20 agosto – 20 ottobre riferite ai tribunali di Bologna, Cesena, Parma, Piacenza, Ravenna in Emilia Romagna; Udine nel Friuli Venezia Giulia; Brescia, Monza, Sondrio, Voghera in Lombardia; Arezzo, Lucca, Pistoia, Siena in Toscana; Belluno, Padova, Verona,Treviso in Veneto emerge che i contenziosi finanziari senza possibilità di ricomposizione hanno subito un incremento del 9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, del 12,5% se parametrati alla media dell’ultimo quinquennio.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Ospitalità di charme 001Scrivevo l’8 corrente, nell’articolo intitolato Agriturismo, anche no, che secondo i dati Confcommercio-Confagri nel corso del 2013 sugli oltre 20mila agriturismi censiti il 22% aveva cessato l’attività mentre il 16% risultava inoperante.
E i dati disponibili a fine settembre di quest’anno erano tutt’altro che incoraggianti: complice il tempo inclemente le aspettative estive dei gestori si sono concretizzate solo nella misura del 53 per cento. Un disastro. Di pari passo i contenziosi bancari per mutui o finanziamenti non pagati hanno visto un incremento del 29% in un solo quadrimestre.
Paventavo quindi che entro un anno un ulteriore quota di aziende potesse chiudere e le proprietà finire nei canali delle vendite giudiziarie, dove peraltro le vendite del settore languono da anni per mancanza di acquirenti. Non sono per nulla felice che l’incremento del 9 per cento citato in apertura stia confermando le mie previsioni.
Concludevo l’articolo con un suggerimento dettato dall’esperienza: l’unica possibilità di fare agriturismo rimane quella di abbinarlo ad una reale attività agricola, agroalimentare o di allevamento costituente la fonte primaria di reddito. E ancora meglio se edifici e terreni sono di famiglia, in una visione non da Cassandra ma esclusivamente improntata a maggiore consapevolezza: il tempo degli sprechi è finito, è arrivato il momento di badare all’essenziale. E questo vale a maggior ragione per chi intende aprire attività in territori impervi o di montagna non facilmente raggiungibili dai clienti.
Dopo avere riferito della batosta estiva e ben sapendo che in prossimità dell’inverno si preannunciano tempi segnati dall’estrema difficoltà a far quadrare i conti ripropongo quanto scrissi oltre due anni fa, esattamente il 23 agosto 2012, in una relazione accompagnatoria al progetto di recupero del borgo medioevale di Vallerano, situato in provincia di Siena.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Copertina 23.08.2012Perché mai un Agriturismo dovrebbe essere di charme? Non si scontra forse, tale definizione, con l’immagine di una campagna rustica, essenziale, ecologica, in altre parole vera? Non significa che, fra le righe dei buoni proponimenti, si sta surrettiziamente realizzando l’ennesima Disneyland del Chiantishire?
Niente affatto. Finiti, e fortunatamente, sono i tempi in cui per essere responsabili ed ecosostenibili era d’obbligo offrire sistemazioni a dir poco spartane, in una logica di conformismo dell’anticonformismo: se non ti presentavi con i capelli raccolti nel codino, non ti rollavi le … sigarette, non indossavi braghe di cotone indiano a righe eri irrimediabilmente out.
Si può essere ecosostenibili anche vestendo Armani, l’importante è non essere eco-compatibili, nel senso di non suscitare compatimento…
Usiamo il cellulare, l’i-pod e pure l’i-pad e il Tablet, non abbiamo voglia – e forse non l’abbiamo mai avuta – di dormire nel sacco a pelo, l’attenzione alle emissioni di metano non ci impedisce di azzannare, letteralmente, una costata di Chianina, purché bio e possibilmente a chilometro zero.
Pur rispettando le opinioni di tutti assaporiamo il miele poiché non riteniamo che le api siano “sfruttate” e ci piace ridestarci fra lenzuola di lino profumate di lavanda osservando le antiche travature dei soffitti e le ancor più antiche pietre delle pareti che ci circondano, nella consapevolezza che le abbiamo amorevolmente recuperate con tecniche ecocompatibili: calce e pozzolana, per esempio. Sapendo che ci aspetta lo yoghurt di capra.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Ospitalità di charme 002Tutto questo a significare che, oggi, per famiglie, coppie, singoli l’ospitalità in campagna non può e non deve limitarsi ad offrire panorami, silenzi, cucina genuina ma deve poter accostare percorsi turistici, itinerari di benessere fisico e spirituale, corsi e seminari legati a diverse tematiche: ecologia, tutela del territorio, recupero di antichi sapori e mestieri, degustazione, esperienze spirituali non già tanto coreografiche quanto profonde, pet-terapy, o semplicemente il non far nulla, staccando la spina in un ambiente elegante ma non artefatto che consenta di rilassarsi profondamente appagando il senso del bello.
Il nostro obiettivo, pertanto, è quello di creare un vero e proprio punto di riferimento che, oltre ad essere un’azienda che dia stabilmente lavoro a non meno di ottanta persone, costituisca una garanzia di relax e benessere di ottimo livello.
Va tenuto presente che quanto scritto sopra riguarda un intervento su di un territorio che comprende 48 edifici e 127 ettari di terreno ad uliveto e bosco, comprendente una piccola centrale idroelettrica dismessa da ripristinare. Trattasi quindi di un caso assolutamente particolare. Relativamente alle situazioni maggiormente diffuse, di più modesta estensione territoriale e suscettibili di assicurare reddito ad uno o più nuclei familiari, la mia spassionata opinione, in questo momento, è quella di puntare sull’azienda agricola in grado di offrire prodotti particolari, corroborando eventualmente l’attività con offerte accessorie. Ma puntare primariamente all’agriturismo, oggi equivale al suicidio finanziario, soprattutto per chi è neofita. E questo, purtroppo, è quanto.

Alberto C. Steiner

Chi sostiene la finanza sostenibile

Sfarfallano come foglie d’autunno gli inviti a partecipare alla kermesse della finanza sostenibile, che avrà luogo dal 4 al 12 novembre aprendosi a Roma e serpeggiando in varie lochescion itineranti per concludersi nella cornice di Palazzo Mezzanotte a Milano, sede della Borsa. Non male come epilogo per una finanza che vuole indossare il vestitino sostenibile…Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Io odio la finanza sostenibileQuest’anno non ci andrò. Abbiamo già dato, l’anno scorso. E le ragioni per cui non intendo fare da claque all’evento le scrissi nell’articolo intitolato Onoriamo il Lupo, per noi è un animale veramente Sacro. Soprattutto se parliamo di finanza, pubblicato il 7 novembre 2013 in questo Blog, al quale rimando chi volesse approfondire.
Rileggendolo l’ho trovato addirittura più attuale oggi rispetto ad un anno fa, e prima di passare oltre ne riprendo un breve periodo:
Abbiamo visto quello che dovevamo vedere, detto quello che dovevamo dire ma soprattutto annusato un odore che avremmo preferito non sentire.
Non ci sono piaciuti i toni paludati, saccenti, supponenti. Non ci sono piaciuti i sorrisi a 96 denti splendenti d’acciaio su tre file. Non ci è piaciuto il tono da accademici illuminati, tanto per cambiare da guru della finanza, questa volta eticobiobau.
Non siamo in grado di stabilire se e in quale misura siamo finanziariamente etici e sostenibili, secondo quelli che sono diventati i parametri ufficiali. Dei quali, sinceramente, non ci frega il classico beneamato cazzo perché sono artefatti, e possiamo dimostrarlo. Ma per quanto attiene al nostro piccolo mondo di Amélie dove ci piace vivere abbiamo ancora una volta dimostrato a noi stessi di avere gli attributi e di non essere in vendita. E nemmeno in fistfactoring o in fuckleasing.
Però di una cosa, che avevamo dapprima compreso o se preferite sentito, siamo certi: la finanza, quella vera, quella con i denti a sciabola, si è appropriata dell’ecosostenibilità, della sostenibilità e della solidarietà, con la complicità di coloro che preferiscono usare il termine collettivo al posto di pubblico e nelle retrovie stanno scaldando i motori delle loro Kooperativistiche und Onlusaistische Panzer Divisionen
Indossando il vestitino etico e solidale si sta preparando l’ennesimo atto sodomitico ai danni dei risparmiatori. Non stiamo farneticando: alcune cooperative edilizie che promettevano comunità residenziali in cohousing in autocostruzione lo hanno già dimostrato. Una per tutte: Alisei.
Abbiamo fatto ciò che era nostro dovere fare affinché non rimanessero margini di dubbio circa la supposta (appunto) eticità di una certa finanza e, pur nella limitata potenza della nostra voce, possiamo lanciare un monito: attenzione a chi, con retrostante pabulus politico, irretisce, seduce, indora pillole di ecosolidarietà finanziaria, perché vuole solo avere il controllo anche di quelle realtà, per portarvi l’acqua del proprio mulino fatto di drenaggio di denari pubblici, clientele, commissioni, carrozzoni, compagnie circensi, osservatòri e corte canterina varia.Cesec-Condivivere 2014.10.20 Squali della finanza sostenibileE veniamo all’oggi. Il forum è tecnicamente un’organizzazione non lucrativa la cui finalità è quella di promuovere una finanza etica. Desumendo dal sito si legge: Accanto alle questioni dell’etica della finanza, troviamo altri ambiti sicuramente rilevanti quando si tratti di istituzioni finanziarie e responsabilità verso altri soggetti. Come ad esempio la relazione tra attività finanziaria e sviluppo locale, lotta alla disoccupazione, integrazione degli immigrati, protezione dell’ambiente. Ecco quindi che l’esercizio dell’attività finanziaria è legato a filo doppio con il dibattito sullo sviluppo sostenibile. Un bel blabla di maniera che avremmo potuto leggere nel tema in classe di uno studente di ragioneria, e dal quale chi sa leggere può evincere una matrice sdegnosamente caritativa. Siamo rimasti alla raccolta dei tappini per aiutare i negretti
La compagine societaria, pardon sociale, del forum è così composta:Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Composizione societaria forum finanza sostenibileSoci sostenitori
ABI, Associazione Bancaria Italiana
Intesa San Paolo
Natixis
Petercam, Istitutional Asset Management
Vontobel,Private Banking
Soci Ordinari
ACRI, Associazioni di Fondazioni e di Casse di Risparmio SpA
Adiconsum
Allianz
ANASF, Associazione Nazionale Promotori Finanziari
ANIA, Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici
Assofondi Pensione
Assogestioni
Avanzi
Axa Investment Managers
Bloomberg
CDP, Carbon Disclosure Project
CGIL, Confederazione Generale Italiana Lavoratori
CISL, Confedeazione Italiana Sindacati Lavoratori
Cittadinanzattiva
Cometa fondo pensione
ECPI, Sense in Sustainability
EQUI, Private Equity
Etica Sgr SpA
FABI, Federazione Autonoma Bancari Italiani
Federcasse
Fondo Pensione Gruppo Intesa San Paolo
Generali Investment Europe
HDI Assicurazioni
Hines Italia
HSBC
ING Investment Management
Legambiente
MBS Consulting
Microfinanza
Morningstar
Pegaso Fondo Pensione
PensPlan Invest SG
RITMI, Rete Italiana Microfinanza
Societe Generale
Symphonia
Sodalitas
UBS, Unione Banche Svizzere
Unicredit
Unipol
Vigeo Italia
WWF Italia ONG Onlus

mentre il Consiglio di gestione è formato da:Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Struttura quote forum finanza sostenibilePresidente
Maurizio Agazzi – Fondo Cometa
Consiglieri
Chiara Mazzuoccolo – Vontobel
Franca Perin – Generali Investments Sgr
Gian Franco Giannini Guazzugli – ANASF
Anna Monticelli – Intesa Sanpaolo
Manuela Mazzoleni – Assogestioni
Salvatore Cardillo – Assofondipensione
Isabel Reuss – Allianz Global Investors
Angela Tanno – ABICesec-CondiVivere 2014.10.20 Gnomo nel boscoCurioso che nel Consiglio non compaiano esponenti di realtà non bancarie… Dietro il paravento dell’etico, del sostenibile e del sociale la finanza dei soliti noti porta avanti i propri interessi. Oggi il guadagno è nell’housing sociale, e allora piatto ricco mi ci ficco: “Per fare edilizia sociale non occorre essere filantropi, neppure costruttori, basta avere le spalle coperte“. Non l’ha detto uno qualsiasi bensì Giuseppe Guzzetti, classe 1934, banchiere, politico, avvocato ed uno degli uomini più influenti d’Italia. Presidente di Fondazione Cariplo dal 1997 e dal 2000 dell’Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio, si proprio quell’ACRI che siede fra i soci del Forum, azionista forte di Intesa San Paolo, presente tra i soci sostenitori del Forum.
Cito dall’interessante Il business del futuro? L’housing sociale, pubblicato dal sito matteo-equilibrio1.blogspot.it ed al quale rimando per approfondimenti: Presidente della Regione Lombardia dal 1979 al 1987, incarna il dominus del governo occulto delle banche e degli intrecci con il potere politico. Lo aveva capito Tremonti, che tentò di porre rimedio al suo strapotere mettendo in dubbio il regime privatistico delle fondazioni. Fu la Corte Costituzionale a stabilire che le fondazioni sono persone giuridiche private dotate di piena autonomia statutaria e gestionale. In quell’occasione gli corse in soccorso anche Gustavo Zagrebelsky, Presidente emerito della Corte Costituzionale, che siede in diversi organi della fondazione Cariplo.
Ad onta dell’aggettivo sociale il nuovo housing è un affare per pochi: banche, fondazioni bancarie e l’immancabile Legacoop con annessi, clientes e connessi.
Se l’edilizia da sempre rappresenta business, quella sociale lo è all’ennesima potenza, e non poteva essere che la Lombardia a tenerla a battesimo, nel 2004, quando vide la luce il progetto sperimentale di autocostruzione assistita gestito da Alisei Ong-Innosense Consulting.
Risultato: nel 2006 fu posata a Pieve Emanuele la prima pietra del cantiere, che si trova in stato di abbandono dal 2011 mentre 24 famiglie che si sono giocate risparmi, energie, tempo e fiducia attendono ancora una abitazione.
Alisei ed i suoi sodali e manutengoli hanno seminato più cadaveri dell’Ebola: a Cologno Monzese, Vimercate, Brugherio, Besana Brianza, Ravenna per citare solo le prime località che mi vengono in mente.
Del resto non dico nulla di strano, artefatto o ingiurioso: basta scorrere internet per trovare riferimenti a iosa. E dire che per non dilungarmi non ho parlato dei Social Bond

Alberto C. Steiner

Vieni a vivere con me?

Sembra che presto, unitamente al defibrillatore, tra la strumentazione salvavita delle unità mobili di rianimazione troverà posto una pulsantiera da ascensore.
Nelle intenzioni del legislatore dovrebbe essere di ausilio negli stati di choc conseguenti ad attacchi di panico: avete presente quegli orribili minuti che si dilatano nell’immensità verticale tra il pianterreno ed il settimo di un qualsiasi condominio in forzata compagnia del vicino che, ne siete certi, ha votato contro la rastrelliera per le biciclette a favore dell’impianto di videosorveglianza? Oppure quel greve silenzio riempito solo da un borbottato buongiorno mentre l’occhio, anziché sorridere alla vicina, è inchiodato sulle modanature satinate che rinserrano lo specchio o, per l’appunto, sulla pulsantiera?
A me non accade, in primo luogo perché dove abito l’ascensore non c’è ed inoltre perché attacco bottone con chiunque, nelle situazioni più impensate. Ma posso comprendere.
La sindrome dell’ascensore, quindi. Che la pulsione alla sperimentazione di nuove forme abitative nasca proprio da lì?
Come per i sacchetti di plastica, nulla si crea e nulla si distrugge… in questa era postmoderna l’idea di vivere in comune torna ad occupare il panorama sociale. Tutto però si trasforma: dimenticati gli echi rivoluzionari e venute a noia le seduzioni dell’amore libero, la nostra anima è oggi tutta per emozioni suscitate da termini quali solidarietà, ecosostenibilità, integrazione assistita, decrescita felice.
La neo tendenza (c’è sempre un neo, da qualche parte…) a coabitare ha da qualche anno accelerato la propria curva di crescita: perché più che a una casa aspiriamo ad un ecosistema, perché siamo cuori verdi bio, perché siamo cuori grandi e la famiglia non ci basta, perché siamo cuori allegri e stare da soli… uff che noia.
Evviva le neocomuni quindi ma, come faceva dire il Manzoni al cancelliere Ferrer, si puedes y con juicio e facendo ricorso all’iniziativa privata, senza aspettarsi che la manna cada dal cielo, senza associarsi, consociarsi o avvilupparsi a qualche carrozzone politico che promette, illude per tornaconto, non fa crescere ed alla fine si rivela come il carro di Mangiafuoco: luccicante di lumi ma pronto a trasformare tutti in ciuchi.
I fatti lo dimostrano: le 26 iniziative censite a fine 2012 risultano essere oltre 200 alla fine dello scorso mese di settembre, ma molte di queste non sono associate alla RIVE, non compaiono sui social, non si aspettano che nessuno assegni loro alcunché. Individuano una cascina o un gruppo di case in un borgo abbandonato, studiano la fattibilità dell’intervento, mettono mano al portafogli, contraggono un mutuo e partono con la cantieristica affidandosi all’autocostruzione integrata dall’aiuto di professionalità specifiche, in particolare per quanto riguarda la statica, l’ambito energetico e gli aspetti tecnico-finanziari.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 005Ed anche il fattore tempo è dalla parte dell’iniziativa privata: tre anni costituiscono la durata media del periodo che va dall’idea alla consegna degli immobili, mentre nell’ambito dell’ortodossia ecosocialsostenibile non è raro trovare gente che dopo un decennio non ha ancora deciso che nome darsi.
Non è la prima volta che lo scrivo: molti hanno iniziato a comprendere che la consapevolezza passa anche dal mollare quelle sovrastrutture denominate ideologie e nel guardare alla concretezza. Per crescere insieme dopo che ciascuno ha iniziato a crescere da solo, lasciando perdere utopie, sogni, fantasie fuori contesto o di dubbia realizzazione e rivendicando ciascuno, pur in un ambito solidale, le proprie autonomie ed i propri spazi.
Soprattutto rifuggendo da quella modalità che vorrebbe annientare l’individualismo mettendo tutto in comune, soprattutto il denaro riconoscendo di fatto solamente la paghetta mensile anche a chi opera esternamente all’ecovillaggio e porta alla casa comune lo stipendio. Obbligato a sottostare ad una decisione collettiva che suona come un processo pubblico anche qualora trattasi di acquistare un minipimer per casa propria.
Questa vera e propria logica della setta (sicuramente più vantaggiosa rispetto a quella dell’Opus Dei: qui si parla di mancette variabili da 50 a 200 Euro mensili, ai nipotini di Josemaría Escrivá ne spetterebbero solo 30) permea molte vicende, ed è quella propugnata da certi aggregati portati ad esempio da quella specie di bibbia dell’ecovillaggista che è Ecovillaggi e cohousing, dove sono, come farne parte. Fortunatamente ha fatto il suo tempo, riscuotendo ormai credito solo presso alcune fasce di militante marginalità attanagliata dal male di vivere.
Questo scritto costituisce l’ideale seguito di Ecovillaggi, la rivoluzione silenziosa pubblicato in questo stesso Blog il 13 ottobre scorso.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 002Tra le motivazioni che portano a voler vivere in cohousing, e più ancora in ecovillaggio, non vi è solo il desiderio di una vita più ecosostenibile orientata verso un paradigma differente, una maggiore coerenza con una visione realmente ecologica ed olistica dell’esistenza. Autoproduzione, economia condivisa nello scambio ed attraverso il mutuo sostegno, consumo consapevole ed attenzione all’alimentazione nel rispetto delle diversità per chi vuol essere onnivoro, vegetariano, vegano, uno stile di vita naturale ed essenziale sono tutte nobili motivazioni, ma nascono da ben altre e più profonde, vale a dire da un vero e proprio processo di cambiamento interiore.
Detto in altri termini: nascono quando si diventa Consapevoli, Risvegliati, Guerrieri.
Decidere di vivere in un cohousing o o in un ecovillaggio non significa semplicemente metter su casa nel verde, ma ricercare primariamente un’armonia interiore attraverso un percorso di risveglio che coinvolge i piani psicologico, energetico, emotivo, relazionale, pratico ed economico legati ai concetti di sostentamento e sopravvivenza.
Tanto è vero che non ci si arriva improvvisamente, bensì attraverso un graduale percorso di crescita i cui primi segnali sono costituiti dal senso di smarrimento, frustrazione, sofferenza per come l’essere umano sia capace di condizionare se stesso distruggendo e danneggiando gravemente la Natura. Condizionamenti, menzogne, assuefazione alla violenza, egocentrismo che vengono sentiti come obsoleti e distruttivi.
Rabbia e frustrazione portano a cercare informazioni valicando quei canali ufficiali che mantengono le persone nel senso di inferiorità, di asservimento a bisogni indotti, di impotenza e paura.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 003Ad alcuni prende l’illusione di denunciare e controinformare, salvo scoprire che anche nell’attivismo socio-politico apparentemente più genuino si nascondono truffe e truffatori. Ad altri non par vero di aderire a gruppi, movimenti, associazioni che accogliendo amorevolmente propugnano l’ecosostenibilità, salvo scoprire che sono delle sette, e che esistono funzionalmente a una casa editrice, un marchio, una catena di ditribuzione o tutte queste cose insieme, oltre che per aprire tavoli ed organizzare convegni fruendo di fondi pubblici drenati da quel sistema che tanto denigrano.
Chi sfugge a tali ennesime sovrastrutture, illusorie bandiere di un conformismo dell’anticonformismo, inizia a pensare non già a come fare per cambiare il vecchio, bensì a come dare alimento al nuovo. Il vecchio, non più nutrito,  morirà per inedia…
Inizia quindi a ricercare soluzioni reali per sè e per la propria famiglia, più o meno allargata ad amici e conoscenti sintonici con quel modo di sentire e pensare.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 001Da soli o in gruppo si va a vedere questo o quel villaggio abbandonato, ed intanto tempo e situazioni contribuiscono a scremare chi vive l’esperienza come socializzante gita in campagna od occasione per l’ennesimo imbonitorio blabla. E si passa ad una fase di profonda introspezione mettendo in discussione se stessi e le proprie scelte, non guardando più all’esterno accusando e giudicando. E parafrasando la storica frase pronunciata da John Kennedy il 20 gennaio 1961: Non chiedete che cosa il vostro paese può fare per voi, ma cosa voi potete fare per il vostro paese, si inizia a domandarsi cosa realmente sia possibile fare per se stessi.
Partendo quindi dal sé, per sè e per i propri cari e non più per un evanescente collettivo, si cessa di sentirsi una marionetta, una vittima lamentosa, iniziando ad ascoltarsi per seguire concretamente ciò che si desidera, ad essere per primi quel cambiamento che si desidera per il mondo.
Abitudine, comodità, resistenza al cambiamento, paura del giudizio, timore di non farcela o di ripercussioni da parte del sistema, depressione, fissazione su pensieri di fallimento, ansia dell’incertezza sul futuro scompaiono insieme con la desuetudine ad affidarsi al proprio intuito, alla scarsa stima di sé, ai condizionamenti religiosi, culturali e familiari passivamente subiti per secoli.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 004Ci si rende conto di essere Cocreatori della realtà e non si ha più voglia di perder tempo attendendo che la maggioranza si decida. E nemmeno di interagire con essa, nella finalmente maturata consapevolezza che c’è chi è nato per essere libero e chi per essere schiavo e che tutto dipende dal singolo, un singolo che si è fatto la propria rivoluzione armonizzando le parti in conflitto per agire verso un radicale cambiamento della realtà esterna generando armonia intorno a sé, senza più proiettare all’esterno tensioni interiori o timori.
E si arriva così alla creazione del nuovo, scoprendo che anche nel quotidiano ancora urbano si tende a frequentare persone che vedono l’essere umano come Anima incarnata connessa con il Tutto, attratte dall’idea di coltivare orti e frutteti, di affondare le mani nella Terra con la consapevolezza che può contribuire a fornire il sostentamento necessario nella connessione profonda con gli elementi naturali, ma soprattutto con il proprio Centro. E si arriva così all’autoproduzione, magari iniziando dal terrazzo o dal giardino di casa, al mutuo sostegno, alla creazione di reti di scambio di prodotti, tecnologie, lavoro, competenze e risorse. Scoprendo infine che è possibile vivere, e vivere bene, risparmiando drasticamente sui costi della vita e, diventando sempre più indifferenti ai prodotti delle multinazionali, costituire una società parlallela ecosostenibile e alternativa. Ma soprattutto creattiva.

Alberto C. Steiner

Consapevolmente autosufficienti: vivere in piccoli borghi ci salverà dal Medioevo prossimo venturo.

Inizio citando Nietzsche: “Non vuoi oggi salire su un alto monte? L’aria è pura e puoi scorgere più mondo che mai”.
Attraverso lo sfaldamento delle identità locali e dei sentimenti nazionali parrebbe che l’Unione Europea stia attuando una strategia mirata a costituire una Paneuropa feudale propugnando simboliche eurocentriche: Euro, bandiera, passaporto, Inno alla gioia eletto ad inno europeo, passaporto e Stati artificiali.
Taluni sostengono come tale processo sia iniziato nel 1990 con la disintegrazione della ex-Yugoslavia e che sia tuttora evidente in Belgio, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna  e persino in Italia attraverso l’ascesa dei partiti autonomisti.
A me tutto questo, detto molto semplicemente, non interessa.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 FioreDa quando sono salito sulla cima del monte iniziando a respirare aria pulita, a camminare più lentamente – perché in montagna bisogna prestare attenzione alle asperità del terreno – ed a vivere di ciò che mi è necessario e mi fa stare bene, ho compreso quante siano le sovrastrutture che ammorbano l’esistenza umana. Tra queste l’eccessiva attenzione al giudizio, alle vicende politiche, al timore di complotti, all’identificarci in ciò che facciamo piuttosto che in ciò che siamo, cadendo nel tranello di individuare nel diverso, chiunque esso sia, un nemico per crederci migliori esorcizzando così le nostre paure più o meno ancestrali, ma soprattutto quella di non piacerci, di non accettarci, di essere abbandonati da soli di notte nella foresta. Questa è spazzatura, creata non da un Grande Vecchio ma dal basso per il basso.
Secondo me non vanno mai dimenticate le battute scambiate nel film Guardie e ladri tra Aldo Fabrizi, brigadiere dei Carabinieri, e Totò, ladro, durante un inseguimento a piedi:

Fabrizi: Fermati altrimenti ti sparo!
Totò: Non puoi … puoi sparare solo per legittima difesa: io non offendo.
Fabrizi: E allora sparo in aria a scopo intimidatorio!
Totò: E io non mi intimido.

Ecco… E’ anche per tale ragione che ho scelto di rivoltarmi come un calzino per seguire la mia Visione piuttosto che lasciarmi condizionare dai metodi di asservimento delle masse, dalle scie chimiche, dai vari deliri d’impotenza e dall’anestesia del lamento.
Limitandomi all’aspetto professionale, questo percorso mi ha portato a credere nella realizzazione di villaggi ecosostenibili e comunità coresidenziali, nel ridare vita a borghi e territori abbandonati: campo ugualmente, anzi meglio di prima perché incontro desideri, sogni, sorrisi e vibrazioni sintoniche con la mia Energia.
Diventare consapevoli, o risvegliati per usare un termine oggi tanto trendy, significa altresì essere coscienti che il peace&love ed il politicamente corretto ad ogni costo sono merce d’accatto, buona per ottundere le coscienze ed impedire che qualcuno osi alzare la testa dal trogolo. Ma soprattutto che non siamo tutti uguali: c’è chi dorme o è morto, credendo però di essere sveglio e vivo e, in difetto di drastici cambiamenti che devono promanare dall’interno, non potrà in un futuro più o meno prossimo che ingrossare le schiere di quella che sarà un’imponente massa vagante alla deriva, mossa ormai solo da pulsioni primordiali. Tra queste la ricerca del cibo.

Si vis pacem…
Desidero citare un vecchio libro, Il Medioevo prossimo venturo scritto da Roberto Vacca, che nel 1970 ipotizzò un’improvvisa regressione della civiltà umana, dovuta al blocco tecnologico e all’esplosione demografica, tali da costringere l’umanità a ritornare a forme di vita e di lotta simili a quelle medioevali.
Curiosamente, nel 1989 uscì un libro dal titolo identico, che lessi e che mi colpì molto: autore uno statunitense sul quale non sono riuscito a recuperare notizie, sembra quasi che non sia mai esistito…Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Medioevo prossimo venturoLa tesi sostenuta è che a causa del depauperamento dissennato delle risorse non rinnovabili in tempi compatibili con l’esistenza umana – in ragione dell’utilizzo massiccio che le tecnologie ne avrebbero richiesto – nonché della deforestazione e dell’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, la terra non avrebbe più potuto sfamare i suoi abitanti nonostante, anzi proprio in conseguenza, del massiccio ricorso agli organismi geneticamente modificati poiché avrebbero reso definitivamente sterili molte specie ed improduttivo il suolo.
Le risorse alimentari si sarebbero vieppiù ridotte, diventando privilegio di pochi, le città si sarebbero trasformate in bolge infernali sempre più pericolose e sempre meno vivibili, e le campagne sarebbero state percorse da vere e proprie bande di predoni decisi ad assalire chiunque possedesse cibo, di qualunque natura esso fosse. All’occorrenza anche umana.
L’umanità avrebbe dovuto fare i conti con una delle più ataviche fra le paure: la fame.
L’autore ipotizzava inoltre due fenomeni che si stanno puntualmente verificando: lo scioglimento progressivo dei ghiacciai e l’innalzamento del livello degli oceani, rendendo inabitabili non solo città costiere, ma anche insediamenti lontani dal mare sino ad altitudini non trascurabili: per quanto riguarda l’Italia, secondo tale previsione non solo città come Genova, Napoli, Palermo e Venezia avrebbero cessato di esistere, ma anche Firenze, Milano, Pavia, Rovigo. La sicurezza avrebbe potuto essere conseguita a partire dai 400 metri di altitudine.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Venezia sommersaA quel punto gli esseri umani avrebbero avuto un’unica possibilità di sopravvivenza: riunirsi in piccoli insediamenti autosufficienti sotto il profilo energetico ed alimentare, sfruttando le risorse del territorio ed acquisendo la capacità di difendersi da eventuali attacchi.
Libro profetico, tranne che per i tempi ipotizzati: le prime avvisaglie sono già presenti in tutta la loro evidenza.
Come salvare noi, le nostre famiglie, la nostra serenità da tutto questo? La risposta esiste. Si chiama condivisione, cohousing, rispetto del territorio, utilizzo selettivo e responsabile delle risorse. Non fra trenta, cinquanta o cento anni ma ORA. Perché oggi siamo di fronte ad un’opportunità irripetibile: quella di crescere interiormente rivedendo la scala dei bisogni reali e presunti, mentre la decrescita alla quale volenti o nolenti siamo costretti può contribuire a riqualificare i rapporti tra le persone.
Oggi esiste anche una possibilità, che non so se ed in quale misura potrà presentarsi domani: scegliersi serenamente e con tranquillità fra simili per decidere chi avere come vicini, come coabitanti del nostro futuro ecovillaggio.
Tutto questo non potrà, a mio avviso, prescindere da una chiave, non solo di lettura: quel piccoli insediamenti autosufficienti di cui ho scritto sopra. Autosufficienti e, piaccia o meno, in grado di difendersi. Credo che questa sorta di neofeudalesimo, per certi aspetti somigliante ad un neomonachesimo, probabilmente non avrà più i caratteri che abbiamo studiato sui libri di storia; magari sarà un Federalesimo o un Consorzianesimo, insomma un’alleanza fra borghi, villaggi, territori, comprensori. Ma soprattutto fra Persone che avranno scelto l’autodeterminazione, grazie alla profonda consapevolezza ed alla capacità di sentire con il cuore di quelli che immagino saranno gli abitanti dei borghi sorti dal recupero di insediamenti abbandonati.
Essi terranno certamente in alta considerazione la cultura dell’accoglienza del viandante ma, mi permetto di suggerire, senza dimenticare le parole di Cromwell: “Abbiate fiducia in Dio e nel prossimo, ma tenete asciutte le polveri”.

Alberto C. Steiner

Solo catastrofismo?
Non saprei dire se Madre Terra sia irritata, per non dir di peggio, da tutte le nefandezze che stiamo combinando ma di certo sta cambiando faccia: la crosta terrestre si sta muovendo sotto i nostri piedi e in varie parti del mondo si stanno aprendo nel suolo fenditure lunghe chilometri e larghe decine di metri.
Le placche terrestri sono uscite da un’era di relativo stallo geologico e si stanno spostando abbastanza rapidamente, una inevitabile trasformazione che stiamo vivendo e che ha già causato devastanti terremoti.
Più in particolare i movimenti della placca Indo-Australiana stanno provocando l’affondamento di Bangladesh, Pakistan e di gran parte dell’Indonesia; conseguentemente, la placca Pacifica si sta spostando verso ovest ed il Sud America sta iniziando a propria volta a migrare verso occidente: lo dimostrano le fenditure nella crosta terrestre osservate in Cile, Bolivia, Perù.
Il Nord America spingerà sulle placche di Cocos, di Nazca e su quella Caraibica, determinando terremoti, eruzioni vulcaniche e tsunami in tutto il Centro America; uno di proporzioni devastanti è previsto che avvenga nella regione della New Madrid Fault Line e se ciò accadrà, oltre a svilupparsi uno tsunami che si espanderà verso l’Europa,  si verificherà anche lo spostamento della placca Africana verso sud e verso ovest, con relative conseguenze nel bacino Mediterraneo.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Italia innalzamento acquePropongo un link interessante: http://quakes.globalincidentmap.com/ e questa cartina, che rappresenta l’Italia allorché il livello del mare si sarà innalzato di circa 60 metri, come previsto in seguito ad uno tsunami europeo.
Ma, giusto per stare tranquilli, è inoltre previsto che il livello delle acque marine si elevi di ulteriori 200 metri nell’arco dei due anni successivi. ACS

Campo di Brenzone: una perla abbandonata sul Garda

In posizione incantevole a mezza costa sulla sponda veronese del lago di Garda, all’ombra del monte Baldo e circondato da campi di ulivi secolari, un pugno di case pressoché disabitate aspetta di essere riportato a nuova vita: è Campo, un antico borgo dal quale si gode la vista di tutto il Garda.CC 2014.10.03 Campo Brenzone 001Lontano dalla strada e non accessibile in auto, ma in quindici minuti di camminata si giunge in riva al lago. Numerosi sentieri indicati da segnavia portano in vetta al monte Baldo, per chi non vuole faticare scalabile in cabinovia dalla vicina Malcesine.
Campo, situato a 45°42′ N 10°46′ E ed il cui toponimo deriva dai campi coltivati ad ulivi, è una frazione di Brenzone, con i suoi 50 km2 di estensione territoriale il comune più vasto del Veneto, e la sua esistenza è riscontrabile sin dall’anno 1023; oggi consta di un abitante censito, in realtà i residenti sono ben… nove facenti capo a due nuclei familiari.CC 2014.10.03 Campo Brenzone 003La via che conduce a Campo sale dal lago stretta fra le antiche case, selciata e molto ripida. Appena termina l’abitato appaiono i primi ulivi, che accompagnano il rimanente percorso in una campagna curata, caratterizzata da terrazzamenti con muretti a secco e da un panorama mozzafiato: in basso si vede la chiesa di San Giovanni di Magugnano, sullo sfondo della sponda bresciana con le alte scogliere che cadono a picco sul lago ed il santuario di Montecastello.
Presto si giunge alla valle detta della Madonna dell’Aiuto, percorsa da un torrente quasi sempre in secca, e superato un ponticello in muratura, la visione che si schiude raggiungendo l’antico borgo medievale ripaga di ogni fatica.
Oltre che dalle pittoresche case in pietra arroccate, disabitate e raccolte su se stesse attorno ai resti del castello ormai ricoperto dalla vegetazione, attorno al quale si è sviluppata la frazione, Campo è caratterizzato da vasti uliveti, da un fitto bosco di lecci e faggi e dalla chiesetta romanica dedicata a San Pietro in Vincoli eretta tra il XII ed il XIV Secolo, un piccolo scrigno che conserva pregevoli affreschi d’influenza bizantina databili al 1358 e… qualche misteriosa particolarità.DCF 1.0Il borgo è raggiungibile esclusivamente a piedi poiché la stradina carrabile, recentemente realizzata grazie ai fondi regionali funzionalmente al progetto di recupero, non è percorribile dai non residenti ed è anzi provvidenzialmente sbarrata ben prima di giungere all’agglomerato. Ma ciò non impedisce a numerosi turisti di visitare Campo, noto per essere uno dei punti più spettacolari della costa lacustre veneta; trattasi fortunatamente di un turismo di nicchia attento alle sfumature della natura e felice di sapere che l’unico punto di ristoro è costituito dall’antica fontana in pietra.
Durante il periodo medioevale, Campo e tutta l’area gardesana passarono sotto varie dominazioni: scaligera, viscontea, carrarese fino ad arrivare alla Repubblica di Venezia e, a partire dal 1797, seguirono le vicende napoleoniche ed asburgiche sino al termine della I Guerra Mondiale.CC 2014.10.03 Campo Brenzone snRimarcabile il fatto che nel territorio di Brenzone non esistesse una via comoda per raggiungere Verona o Trento, poiché la stessa morfologia della catena montuosa ricca di strapiombi sui due versanti e chiusa dal lago sul versante occidentale, e dalla Val d’Adige su quello orientale, la rendeva un’immensa fortezza naturale, accessibile soltanto da nord o da sud; ciò permise a borghi come Campo di rimanere in gran parte immuni dalla penetrazione del potere cittadino.
Ancora oggi le strade che corrono a mezza costa, per lo più mulattiere selciate e delimitate per lunghi tratti da muretti a secco, ricalcano sentieri e piste antiche costituendo una fitta rete di tratturi colleganti le diverse contrade e la zona abitata con le rive del lago da una parte e, dall’altra, con la zona olivetata, i boschi e i pascoli, come ad esempio il sentiero che da Magugnano-Marniga porta, attraverso Campo, ai pascoli di Prada e a San Zeno di Montagna. Va annotato che il comune di Brenzone aveva giurisdizione sui pascoli sino a Cima Telegrafo e a Cima Coal Santo.
Questi sentieri, arterie vitali del versante occidentale del Baldo, cominciano ad essere fitti proprio a nord di Punta San Vigilio; da Garda partiva invece la strada in costa detta Cavalara, che riuniva i piccoli centri rivieraschi e quelli sopracosta.
Campo si trova al punto di confluenza di diverse mulattiere; in particolare, fino agli inizi del XX Secolo, erano importanti quella che da Castelletto, attraverso Biasa, giunge al borgo, detta strada vicinale di Campo e quella che da Magugnano-Marniga saliva verso Prada, detta strada comunale della Cà Romana o strada comunale di Campo.
Queste due arterie s’incrociavano proprio a Campo e proseguivano nella strada comunale di Caprino che attraverso Torri, Monte Motta e Pesina costituiva l’unica via di collegamento fra le contrade dell’alto lago e quelle del basso lago e dell’entroterra gardesano, in particolare Caprino, nodo delle vie di comunicazione dell’entroterra veronese e importante centro di mercati del bestiame.
Per queste mulattiere, che a tratti passano anche sotto i portici delle case, si saliva a piedi, o con animali da tiro e le tipiche slitte di fabbricazione locale, le sbarusole, sbarossole o carièle. Ancora oggi sulle pietre del selciato molto levigate si possono notare i solchi lasciati dal frequente passaggio delle slitte.CC 2014.10.03 Campo Brenzone 004I muretti di contenimento, detti marogne, costituiscono il limite perimetrale dei sentieri nelle zone a terrazzamenti o a pascolo e sono un elemento tipico del paesaggio collinare e montano non solo lacustre, ma di tutto il territorio veronese; sono realizzati in blocchi sbozzati di pietra, faccia a vista e a secco, ricavati dallo spietramento dei campi messi a coltura o a pascolo ed in alcuni punti aperti da piccoli barbacani per favorire lo scolo delle acque dai campi nei periodi di abbondanti precipitazioni.
Del resto, la ristrettezza e le asperità del territorio, confinato tra il lago e le impervie e scoscese pendici del Monte Baldo, spesso solcate da valli profonde e torrenti, hanno comportato notevoli difficoltà nel realizzare vie di comunicazione terrestre, rendendo per secoli le comunicazioni via terra praticamente impossibili e non favorendo lo sviluppo di centri abitati che non fossero, fino alla prima metà dell’Ottocento, modesti nuclei sparsi collegati da mulattiere e sentieri stretti tra muri a secco.
Proprio per tale ragione intense ed importanti furono invece le comunicazioni per via d’acqua che produssero vivaci rapporti, anche familiari, tra le opposte sponde lacustri.
La via lacustre, tra tutte le vie di transito era sicuramente quella più veloce, comoda, frequentata e, in alcuni periodi, anche meno pericolosa e quindi meno costosa, rimase fondamentale nelle diverse epoche e sotto i vari domini fino agli inizi del Novecento.
Tra l’altro la Via dell’Ambra, che aveva origine nella penisola dello Jutland e, percorrendo i corsi dell’Elba e dell’Inn, valicate le Alpi attraversava il Garda e la Val d’Adige per sfociare sulle coste del Mediterraneo e delle regioni dell’Oriente.
Sino ai primi decenni del Novecento l’economia locale, oltre che dalla pesca e dalla navigazione, dipendeva prevalentemente dalle attività legate alla terra: allevamento di bachi da seta, produzione casearia come attestano le numerose malghe tuttora esistenti, coltivazione di ulivi. Da ricordare anche la produzione di legna e di due importanti derivati: lignite e calce. Per la produzione di quest’ultima, destinata principalmente all’esportazione, venivano utilizzate particolari costruzioni in pietra di forma circolare, le calchére, alcune delle quali visibili ancora oggi.

Breve e triste historia del nostro tentativo di recupero
Tra settembre e novembre dello scorso anno 2013 abbiamo stabilito contatti finalizzati ad una proposta di recupero del borgo: costituzione di un ecovillaggio con unità abitative in cohousing, recupero dei terreni già coltivati a oliveto ed impianto di specie compatibili con il territorio e la sua storia, impianto di laboratori artigianali per il recupero di mestieri della tradizione locale erano le linee giuda del progetto, i cui oneri sarebbero stati sostenuti da investitori privati e da una banca attiva nel settore della finanza etica.
Siamo stati ricevuti con estrema cortesia e profondo interesse dall’allora Sindaco, che ci ha messo a disposizione l’Ufficio Tecnico Comunale. Abbiamo successivamente preso contatti con la Sovrintendenza di Verona poiché l’area è vincolata.
Abbiamo infine preso contatto con la Fondazione che detiene il borgo e che teoricamente ne dovrebbe curare il recupero. E qui, al di là di una richiesta economica stratosferica rispetto all’effettivo valore di edifici e terreni, abbiamo iniziato a non capire: a parte i fondi erogati da una fondazione bancaria locale e spesi per la necessaria messa in sicurezza di alcuni manufatti pericolanti, non ci risultava chiara l’attribuzione di contributi comunitari ma soprattutto non ci risultava chiaro se ed in quale misura fossero pervenuti, né come ne fosse stato pianificato l’esborso. Non da ultimo, il borgo venne acquisito dalla Fondazione rilevandolo dal Comune, il cui sindaco all’epoca dell’operazione era colui che incontrammo nella veste di Presidente della Fondazione, in cambio di un terreno edificabile. Salvo scoprire che, rispettando le distanze di legge, non vi si sarebbe potuto edificare molto e pertanto era in corso un’azione legale tra Comune e Fondazione.
Insomma, ci siamo scontrati con il più classico dei muri di gomma: cose non dette e che forse non si possono dire, nonché molta resistenza. Aggiungendo a tutto questo il disinteresse, quando non la supponenza e la nemmeno tanto larvata derisione di chi a parole si dichiarava fautore del recupero del borgo, anche attraverso la costituzione di gruppi, associazioni e movimenti, ma nella realtà dei fatti sembrava vivere nell’ignavia al fine di potersi lamentare delle occasioni perdute, abbiamo deciso di lasciar perdere, nella consapevolezza che i borghi italiani attualmente abbandonati, e che aspettano soltanto di poter favorire chi intenda darsi da fare per la loro rinascita, sono oltre tremila.
Peccato: una posizione imperdibile, una storia del territorio non qualsiasi, concrete possibilità di sviluppo in un’ottica di vita sostenibile esuscettibile di creare posti di lavoro buttata alle ortiche. Anzi, a lago.

Alberto C. Steiner

In Lombardia non si bonificherà più il territorio. Ope legis.

Solamente il quotidiano La Repubblica ha dato risalto, in un articolo pubblicato ieri, alla nuova legge regionale lombarda che, nell’ambito del governo del territorio consentirebbe disboscamenti selvaggi senza più obbligo di compensazione. Per il resto, dal Corriere della Serva al Geniale tutto tace, anche se il condizionale s’impone poiché non abbiamo ancora avuto modo di leggere il provvedimento sul B.U.R.L. e sappiamo quanto i giornali siano pressapochisti pur di fare notizia.
Il quotidiano riporta l’affermazione del prsidente regionale di Legambiente, che definisce il provedimento un regalo ai costruttori, e quella del consigliere regionale Carlo Malvezzi, NCD, che afferma: “E’ stato tolto un inutile balzello che frenava la crescita delle imprese” al quale fa da spalla Francesco Dotti, FDI, rimarcando come la nuova disposizione sia: “Un provvedimento importante per far ripartire l’economia“.Bosco lombardo, da: ilsostenibile.itNon entriamo nel merito di cultura, consapevolezza e lucidità mentale di chi avrebbere pronunciato siffatte affermazioni, ma ci sia permessa una breve chiosa prima di affrontare l’argomento che ci preme: operando nel settore, sul regalo ai costruttori abbiamo qualche riserva. Il tessuto imprenditoriale lombardo, nel comparto, è massimamente rappresentato da piccole imprese, spesso artigiane, che non sono quelle in grado di costruire mostri firmati da architetti di grido, finanziati dalle banche e che saranno rivenduti ad altre banche, e che rimarranno pressoché inabitati. I costruttori minori sono quelli che oggi hanno il respiro corto, con le banche che non li finanziano più, con i prezzi delle case scesi del 40 per cento. Sono quelli che ormai si propongono su Bakeca, e persino con bigliettini a strappo affissi alle fermate del tram, per rifare il bagno, pavimentare e persino imbiancare. Non è certamente a loro che è stato fatto il regalo.Oscenità urbane, da: milanofotografo.itPer quanto devastante sia la possibilità di abbattere alberi trentannali in montagna, e quindicennali in pianura, senza obbligo di compensazione, e per quanto folle sia l’apertura a gare di motocross ed escursioni in fuoristrada, a noi preme verificare ben altro aspetto. Già oggetto di un provvedimento legislativo, pare si annidi anche nelle pieghe di quello in argomento: una vera e propria agevolazione per quanto attiene alla bonifica dei suoli contaminati, d’ora in avanti lasciata alla facoltà di chi ne ha interesse, con mezzi a propria discrezione e presentazione finale di apposito certificato all’Arpa che si riserverà di verificare.
Una norma del genere, in sostituzione di quelle esistenti, per quanto lacunose, lascerebbe spazio al riuso di terreni contaminati, senza nessun controllo, con le immaginabili conseguenze.
Se così fosse non di agevolazione si tratterebbe, ma di licenza di uccidere. Questo è quanto ci preme verificare e, se del caso, contrastare.

Alberto C. Steiner