Natale in Valsesia: Venite adoremus, il Botteghin Gesù

Ho un legame particolare con la Valsesia per avervi trascorso anni, durante l’adolescenza. Sono inoltre un fautore del trasporto ecosostenibile, in particolare di quello ferroviario.
Per queste ragioni un amico mi ha girato la notizia pubblicata dal quotidiano La Stampa il 27 corrente: Varallo, sotto l’albero c’è il treno.CC 2015.11.28 Varallo 002Il sommario declama: “La linea torna a vivere per Natale, a partire dal 13 dicembre” ma, leggendo il pezzo a firma Maria Cuscela, è scritto chiaramente che la ferrovia tornerà a vivere il 13 dicembre. Segue il programma dettagliato del treno storico a vapore che partirà da Milano Centrale all’ora tale per poi fermare a Novara, Vignale, Briona, Fara, Sizzano, Ghemme, Romagnano, Grignasco, Borgosesia, Quarona e arrivo a Varallo all’ora X per ripartire all’ora Y. Il biglietto, oltre al viaggio in treno, comprende la degustazione di prodotti tipici e la salita al Sacro Monte in funivia.
A Varallo, rende inoltre noto il sindaco nell’articolo, sono allestiti mercatini natalizi ed una pista di pattinaggio sul ghiaccio. Insomma, una marchetta.CC 2015.11.28 Varallo 001Per chi non la conoscesse, la realtà è che quella ferrovia – inaugurata l’11 aprile 1886 – è stata chiusa al traffico viaggiatori nel settembre 2014 nel quadro di quella macelleria messicana altrimenti chiamata intervento di risanamento che ha visto il Piemonte sbarazzarsi di oltre un terzo delle proprie ferrovie locali. Il Cuneese, in particolare, ha subito una vera mattanza. Tornando alla nostra linea, per un certo periodo i pendolari che da Varallo dovevano recarsi verso Novara non ebbero a disposizione neanche gli autobus.
Ma nel maggio scorso un treno storico apparve all’orizzonte, lanciando il proverbiale fil di fumo come nella Butterfly: era organizzato da Fondazione FS in occasione di Expo 2015.CC 2015.11.28 Varallo 003Infatti proprio Fondazione FS vorrebbe ripristinare la ferrovia. Attenzione: per soli fini turistici. Per arrivare a questo, dopo che sono stati spesi fior di denari pubblici per il completo rifacimento della ferrovia avvenuto nel 2012, si sono ridotte le corse, il servizio è stato sospeso e poi ripreso con un orario dissennato che non teneva conto di eventuali coincidenze a Novara, si è dapprima ridotto e poi soppresso il servizio nei giorni festivi.
È una tattica ben nota nel mondo dei trasporti: si crea scontento e disinformazione, si allontana l’utenza – che non ritiene più il servizio affidabile – e si giustifica così l’esiguo numero dei viaggiatori come pretesto per sopprimere la ferrovia. E spesso trasformarla in pista ciclabile.
In questo caso Fondazione FS, che ha raccolto un certo numero di rotabili d’epoca e gestisce (in modo pessimo) il Museo Ferroviario Nazionale, ambisce evidentemente la linea per le sue caratteristiche ambientali e paesaggistiche che ne farebbero un ottimo scenario per treni turistici: della polenta, delle castagne, di questa e quella sagra. Tutta roba che fa cassetta con buona pace della cultura vera e del rispetto del territorio.CC 2015.11.28 Varallo 004Ma quello che interessa qui rimarcare è come viene distorta una notizia: un evento legato a puro marketing spacciato come il rifiorire di una linea ferroviaria. E non c’è solo questo: c’è la fossa comune pronta ad accogliere tutte le chiacchiere sull’ecosostenibilità, sull’attenzione, sul ruolo imprescindibile, sul rilancio del trasporto ferroviario. Meno inquinante e costoso, e indiscutibilmente più veloce, rispetto a quello pubblico su gomma che sulle relazioni non urbane deve necessariamente condividere lo spazio con i veicoli privati.

Alberto C. Steiner

Green economy? L’ha inventata il Duce: si chiamava Autarchia

Premessa: se ciò che sto per scrivere sarà causa di turbamenti per i figli dei figli dei fiori, vale la risposta che Jack Nicholson, nei panni del colonnello dei Marines Nathan R. Jessep, diede al suo vice, tenente colonnello Matthew Andrew Markinson, nel film Codice d’Onore.
Ieri sera, breve attesa di un atterraggio. Deambulo presso il Careàs International Airport de Öre al Sère, Bèrghem, e in un cestone dell’edicola libreria, la modica cifra di 14 Euro oltretutto scontati del 50 per cento mi consente di illuminarmi sui temi rifiuti zero, rincorsa a un’economia a basso impatto ecologico, ricerca di una riduzione dei consumi e degli sprechi, riciclaggio totale dei rifiuti, dieta povera di carne che privilegi i vegetali, bioedilizia, città a misura di bicicletta, carburanti alternativi, energia solare…
Il programma elettorale di un partito ambientalista? La ricetta di un guru dell’ecologia? Nulla di tutto questo, sto parlando dell’Italia del 1935, quando il tema era all’ordine del giorno. E pensare che di rifiuti se ne producevano meno di un terzo rispetto a quelli attuali.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 001Il libro Autarchia verde, un involontario laboratorio della green economy di Marino Ruzzenenti edito da Jaca Book nel 2011 e, per quel che ne so, passato sotto assoluto silenzio (perché fuori dall’ortodossia che vede l’intellighenzia sinistrorsa-chic unica detentrice dei temi ecosostenibili? chissà…) prende semplicemente atto in meno di duecento pagine di piacevolissima lettura di come la crisi del 1929 prima e le sanzioni economiche poi abbiano fatto sì che l’Italia fascista si trovasse a dover affrontare negli anni Trenta molte di quelle sfide delle risorse, a partire dai carburanti, che ora attanagliano per ben diverse ragioni i Paesi cosiddetti avanzati.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 002E se in quel periodo molte nazioni, a partire dagli Stati Uniti del New Deal di Roosevelt che non faceva mistero di apprezzare le scelte economiche mussoliniane, furono costrette a mettere in campo scelte simili, solo in Italia si arrivò a una teorizzazione precisa e molto vicina agli ideali di alcuni fan della moderna sostenibilità ambientale.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 005“E poiché la fonte prima della produzione è la terra, la gran madre, quella che se lavorata non tradisce… combatteremo e vinceremo la battaglia dell’autarchia, intesa nel settore rurale a ricavare dalla terra prodotti che essa ci può dare” scriveva in proposito Benito Mussolini. Se è indubbio che molti esperimenti autarchici si rivelarono delle vere stupidisie, come scrive Giorgio Nebbia nella prefazione, altri avevano una solida base scientifica.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 006Il regime coinvolse da subito nel comparto energetico Guglielmo Marconi, il Cnr e almeno tre figure di grandi scienziati ebrei: Guido Segre dal quale nacque Carbonia, Mario Giacomo Levi per gli studi sul metano, Camillo Levi per quelli sul tessuto nazionale. Purtroppo, in quanto Ebrei vennero successivamente perseguitati ed allontanati dai loro studi e dal loro entusiasmo.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 007Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 004Ma la loro eredità ebbe modo di protrarsi, come ci ricorda per esempio e niente affatto banalmente la rassegna Pitti Immagine Uomo del 2008, quando la griffe Milky Wear presentò abiti realizzati da derivati del latte, morbidi come un abbraccio, vale a dire una riedizione del Lanital realizzato in periodo fascista. Allo stesso modo moltissimi esperimenti pionieristici sull’eolico e sul solare furono cantierizzati e brevettati proprio in quegli anni. Per non parlare di una nuova visione del trasporto ferroviario.
Leggendo il libro di Marino Ruzzenenti mi sembra di sfogliare una moderna rivista ecologista: risparmio energetico, riciclaggio estremo dei rifiuti, raccolta porta a porta, lotta allo spreco, studio di nuovi materiali ecologici e sostenibili. Tutto questo lo ritroviamo nella fase autarchica degli anni ’30 in Italia, forse l’unico momento storico che, depurato dalle incrostazioni dovute all’ideologia fascista, in cui il nostro Paese ha potuto veramente definirsi una nazione sostenibile. Non solo ho riscontrato un rigoroso studio che mira a rivisitare le realizzazioni del periodo autarchico italiano, nella prospettiva di limitatezza dello sviluppo dovuto proprio alla connotazione del nostro Pianeta, ma anche la proposta di una chiave di lettura che offre interessanti spunti d’iniziativa che permetterebbero di uscire dall’impasse economico-ambientale in cui ci troviamo oggi.
Autarchia Verde mette peraltro in evidenza i limiti di alcune idee che si stanno facendo strada in alcuni settori ambientalisti come, ad esempio, una sperata autosufficienza alimentare del nostro Paese. L’Italia nel periodo antecedente alla seconda guerra mondiale contava circa 42 milioni di abitanti che riuscivano a malapena a sfamarsi, pur mettendo in campo quanto di meglio poteva offrire l’impegno autarchico. Come potrebbe essere autosufficiente oggi con 60 milioni di abitanti e con una fetta importante del territorio nazionale sacrificata alla cementificazione?
Stesso discorso vale per le materie prime. Si seppe trasformare il carbone in petrolio, tuttavia bisognava avere del carbone. Si rimpiazzò il carbone con la legna, in ogni caso bisognava averne a sufficienza. Il problema era: con che cosa ci si scaldava? Con il carbone? Ma allora, bisognava rinunciare ad utilizzarlo per fare del carburante.
Si rimpiazzò la seta con il rayon, ma bisognava avere la cellulosa. Se ne deduce quindi come l’Italia dovesse non solo pianificare delle strategie decrescenti, ma anche realizzare fitte reti di scambio con altri Paesi proponendo ciò che poteva offrire: allora come oggi eccellenze, cultura, arte e turismo senza per questo diventare un paese di ristoratori e camerieri.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 008Nonostante le numerose difficoltà da affrontare Giorgio Nebbia nella prefazione del libro ricorda che un’autarchia va oggi praticata perché abitiamo tutti in un’unica nazione, il Pianeta Terra, i cui confini sono chiusi: “Possiamo trarre quello che ci occorre soltanto dal suo interno e la nazione planetaria soffre degli stessi limiti che affliggevano i paesi in guerra nel XX Secolo. Contare sulle proprie forze, fare di più con meno non sono capricci, ma linee della politica economica da adottare nel XXI secolo”.
In conclusione, se è comprensibile che l’autarchia sia stata oggetto di ostracismo a causa dei suoi ccessi e del suo orientamento alla preparazione della guerra, uno dei meriti principali di questo libro è rammentarci che negli stessi anni, nei paesi democratici, le stesse politiche – come il citato New Deal di Roosevelt – avevano invece l’obiettivo di salvare la pace. Persino Keynes, nell’opuscolo intitolato La fine del laissez-faire, lo scrive chiaramente: “Inclino a credere che, quando il percorso di transizione si sarà compiuto, una certa misura di autarchia o di isolamento economico tra le nazioni, maggiore di quello che esisteva nel 1914 possa piuttosto servire che danneggiare la causa della pace”.Cesec-CondiVivere 2014.12.05 Autarchia Verde 003E gli attuali ecovillaggi non sono altro che l’emblema della ricerca di uno tile di vita rallentato all’insegna della decrescita a km zero: in altre parole comunità e autarchia.

Alberto C. Steiner

Dall’abbandono alla rinascita: è possibile.

L’argomento è complesso, proverò a dipanarlo scrivendone. In sostanza si tratta di affermare, se non di dimostrare, che la Terra, nostra Madre, matrice e, anche se molti tendono a dimenticarlo, fonte di Vita, può essere salvata dal degrado e dall’abbandono.
Riqualificata e riportata a nuova vita può nutrirci, costituire fonte di lavoro e di reddito, rasserenarci attraverso quel senso del bello che solo un orto, un campo, un giardino, un bosco possono darci e proteggerci in cambio dell’attenzione che le dedichiamo.
In che senso proteggerci? Semplice: pensiamo solo all’attenzione che dedichiamo alla cura del bosco, a riportare in quota sassi rotolati, a riformare muretti a secco, a ripulire sentieri, alvei di fossi e torrenti. Ecco, quell’attenzione si chiama cura del territorio. In cambio la Terra non si sentirà più violata, offesa, trascurata. E non esprimerà, nel limite del possibile, quell’urlo di dolore che assume la forma della frana, della slavina, dell’esondazione.
Esistono, nel nostro Paese, innumerevoli appezzamenti un tempo coltivati ed ora lasciati nel più completo abbandono, anche in aree strategiche; esattamente come nelle campagne abbondano edifici che con pazienza e amore possono essere riportati a nuova vita.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 003Non sto parlando di quel vado a vivere in campagna tanto caro a manager, creativi, modaioli, portaborse, contesse e saltimbanchi degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso: quelli furono due decenni che fecero lievitare oltre misura i prezzi degli immobili rurali, enucleandoli ulteriormente da un territorio già depauperato di suo sotto i profili sociale e culturale, trasformando la casa di campagna in un oggetto patinato, con l’obbrobrio del cotto antichizzato e dell’immancabile catino sul trespolo ritrovato al mercato dell’antiquariato. Quello fu il periodo del buen retiro. Oggi, muti testimoni di quell’epoca luccicante, molti di quegli edifici languono abbandonati, talvolta perché posti sotto sequestro dall’autorità giudiziaria.
No, mi riferisco a gruppi di persone che ricercano l’opportunità di acquistare appezzamenti di terreno per viverci la vita di ogni giorno, secondo un concetto di solidarietà, decrescita e prossimità alla natura. Persone che vogliono sporcarsi le mani con la terra impiantando filari, spollonando, coltivando, sarchiando, allevando, recuperando specie, concetti e saperi. Magari, ma non necessariamente, secondo un intento di proprietà comune.
Addentrandomi nell’argomento citerò un esempio, minimo ma significativo, di come il territorio possa essere recuperato, ed in questo momento storico a costi vantaggiosi attraverso la negoziazione di beni assoggettati alle vendite giudiziarie.
Ma prima desidero riportare un passo in grado di colpire e far riflettere per la sua forza evocativa, proveniente da Le stanze del Tempo e riguardante una zona del territorio piemontese. E’ legato ad un filmato tanto breve quanto intenso, visionabile qui, e si intitola Crote e Crotin:Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 005Queste grotte sono state scavate nella terra sabbiosa a partire dal XIII secolo. Le Crote, così chiamate dagli abitanti del posto, svolgevano la funzione di vere e proprie case abitate dai contadini. Fino all’inizio del Novecento hanno offerto ricovero a persone della zona e con il passare del tempo sono state trasformate in depositi attrezzi ed abbandonate. Ai nostri giorni, molte, sono state recuperate per ricordare il mondo contadino ed un’epoca oramai completamente perduta. Sono opere anche complesse estese all’interno della collina.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 007Si dice che in queste crote e crotin vi siano dei fantasmi. E’ interessante il fatto che le storie di fantasmi non sono frequenti in questa zona ed è molto significativa la loro presenza. Non so se si tratta di spiriti malvagi e la loro presenza ha un grande valore per la tradizione locale. La popolazione ha imparato ad accettarli come presenze necessarie…. insoliti guardiani di posti che per molto tempo sono stati vissuti da sofferenza e fatica ma oggi quasi in abbandono.
Secondo Freud: i rimproveri ossessivi dei vivi diventano patologicamente l’ira del fantasma, che da corpo alle pulsioni del nevrotico… In questo luogo non c’è nulla di tutto questo ed è un gran mistero.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 006E veniamo al dunque.
Alla fine dello scorso mese di settembre presso il Tribunale di Genova avrebbe dovuto tenersi il terzo esperimento di vendita relativo ad un lotto costituito da 41 appezzamenti di terreno contigui situati nel comune montano di Valbrevenna, estesi complessivamente per poco più di quattro ettari destinati a prato, bosco ceduo, castagneto da frutto, seminativo e pascolo e comprendenti alcuni fabbricati rurali bisognosi di ristrutturazione.
Il prezzo a base d’asta, fissato in € 13.738,50 – come vedremo destinato ad un notevole ribasso per effetto di una negoziazione extra-asta a saldo e stralcio – venne definito nella misura di € 18.318,00 nelle sessioni d’asta tenutesi il 25 settembre ed il 2 ottobre 2012, che  andarono inesitate. La relazione peritale originaria,risalente all’ottobre 2009, fissava un valore di € 21.550,03.
Sin qui la notizia: un’asta inesitata come tante nonostante un controvalore che, oggetto di significativi ribassi ed oggettivamente non più capiente rispetto al debito che avrebbe dovuto ripagare, avrebbe potuto significare un vero affare per l’acquirente.
Il significato della notizia è invece ben altro, e riguarda il progressivo abbandono delle aree boschive e montane che, dopo un arresto durato pochi anni, ha ripreso a falcidiare il nostro Paese con le inevitabili conseguenze economiche, sociali ed ambientali legate alla conservazione ed alla tutela del territorio.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 001Il caso specifico merita una breve analisi: non è un luogo sperduto, inaccessibile, gravato da condizioni climatiche proibitive e privo di servizi perché Valbrevenna, in provincia di Genova dalla quale dista circa 40 km, è un comune montano agevolmente raggiungibile con l’autostrada A7 e con la ferrovia, anzi con due ferrovie.
Il suo territorio coincide pressoché interamente con il bacino dell’omonimo torrente, che origina alle pendici del monte Antola a quota 1.597 ed è affluente del torrente Scrivia sulla sua destra idrografica.
Conta poco più di 800 abitanti distribuiti in otto frazioni ad un altitudine compresa fra 533 e 1.597 metri sul livello del mare, la sua superficie assomma a 35,2 km² e la sua economia locale è prevalentemente agricola.
Fa parte del Parco naturale regionale dell’Antola e confina con Crocefieschi, Montoggio, Propata, Savignone, Torriglia (il cui territorio si estende anche nella valle del Trebbia), Vobbia e con Carrega Ligure in provincia di Alessandria. Una menzione particolare merita l’adiacente abitato di Casella, dove si attesta la ferrovia a scartamento ridotto proveniente da Genova, attualmente in corso di riqualificazione.
La maggor parte delle frazioni conta pochi residenti stabili e i ripidi versanti della valle in cui si sviluppa sono prevalentemente ricoperti di boschi di castagno, rovere, carpino e frassino. Alle quote più alte si trovano prati e pascoli mentre le esigue aree coltivate, organizzate a terrazzamenti con muri a secco, sono per gran parte abbandonate.
I nuclei abitati sono disposti a mezza costa lungo i percorsi delle antiche mulattiere che percorrendo la valle conducevano verso Piemonte e Lombardia.
I nuclei storici dei paesi sono caratterizzati da case in marna, pietra di estrazione locale, arroccate sui pendii con strette vie pavimentate in sasso e la chiesa generalmente staccata dalle case e in posizione dominante sulla valle.
Degno di nota è l’antico mulino ad acqua situato in una frazione, alimentato da tre piccoli bacini formati sbarrando un ruscello con muretti in pietra e recentemente restaurato: rimane l’unica testimonianza dei tanti che un tempo caratterizzavano la valle.
Le vie di comunicazione stradali sono rappresentate principalmente dalla S.P. 11 di Valbrevenna che collega il capoluogo Molino Vecchio con Avosso, frazione del vicino comune di Casella, da cui si diparte la S.S. 226 della Valle Scrivia che in una direzione conduce a Busalla ed alla bassa valle Scrivia, e nella direzione opposta collega Montoggio e Torriglia con il bivio della S.S. 45 della Val Trebbia. La S.P. 12 di Nenno, infine, collega il comune con Savignone e Crocefieschi attraverso un suggestivo percorso panoramico.
Una menzione particolare meritano le comunicazioni ferroviarie. Da Valbrevenna è agevole raggiungere la stazione di Busalla, situata sulla storica linea Torino-Genova realizzata tra il 1844 ed il 1853 e dal profilo planoaltimetrico decisamente tormentato.
Interessante inoltre la prossimità con il confinante comune di Casella, dal 1929 collegato con il capoluogo da una linea ferroviaria a scartamento ridotto, che si sviluppa per 24,318 km su un tracciato che offre imperdibili scorci paesaggistici ed è considerata una delle più belle ferrovie turistiche europee. Attualmente l’esercizio è sospeso in attesa di importanti lavori di riqualificazione agli impianti ed al materiale rotabile.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 004Il fondo citato in apertura si trova tra le frazioni di Chiappa e Senarega. Chiappa è un tipico borgo montano situato ad un’altitudine di 890 metri mentre Senarega, in posizione panoramica  ad un’altitudine di 715 metri, è un esempio di agglomerato medioevale caratterizzato da abitazioni rurali in marna con i tetti ricoperti dalle tipiche lastre di pietra: sul suo territorio, oltre al castello medioevale Senarega-Fieschi, insiste la cappelletta di Nostra Signora delle Grazie, presso l’antico ponte in pietra all’ingresso del paese.Cesec-CondiVivere 2014.10.22 Abbandono e rinascita 002La strada che da Senarega termina a 1.035 metri di altitudine in corrispondenza di Piancassino è estremamente disagevole: stretta, ripida e tortuosa costituisce il punto di partenza di uno degli itinerari più frequentati per il monte Antola, da qui raggiungibile in circa due ore di cammino. Lungo i sentieri si incontrano resti di abitati da tempo spopolati.
Sul territorio comunale vige ul regime di salvaguardia che ha fissato norme di tutela paesistica per le aree agricole boschive in mantenimento, nelle quali sono privilegiati gli interventi manutentivi rispetto alle nuove edificazioni.
La procedura esecutiva relativa al terreno esaminato origina nell’anno 2009. Secondo un’indagine che ho effettuato considerando il periodo intercorrente tra il gennaio 2009 ed il luglio 2014, il breve spazio di un quinquennio ha visto una drastica diminuzione delle superfici coltivate, ridottesi ben oltre il 60% rispetto ai valori iniziali. Molti terreni sono stati abbandonati sia dall’agricoltura sia dall’allevamento. Molti edifici non sono più abitati, dando luogo al fenomeno sempre più esteso di borghi e frazioni completamente abbandonate.
Ciò pregiudica la stabilità del territorio e comporta un grave rischio di dissesto idrogeologico, in un’area particolarmente esposta a fenomeni di smottamento ed erosione.
E’ cronaca recente il deragliamento di un treno Frecciabianca vicino Genova, per una serie di concause tra le quali l’apertura del cantiere TAV Terzo Valico e le abbondanti piogge che hanno interessato l’area genovese.
Nel generale abbandono, che ha interessato anche alcune attività agrituristiche locali, spiccano alcune meritorie iniziative promosse da agricoltori – tengo a precisare di provenienza non locale – che hanno scelto di dedicare risorse alla coltivazione biologica e biodinamica di specie rare ed a rischio di scomparsa ovvero di erbe aromatiche ed officinali e frutti di bosco, oltre che all’allevamento.
Nel complesso la situazione territoriale presenta un grave stato di abbandono con scarse possibilità di recupero, esattamente come in altre aree italiane dove i borghi disabitati e lasciati al degrado sono in pochi anni raddoppiati, raggiungendo l’incredibile numero di seimila. Questo è quanto e, come disse Jalaluddin Rumi: Quelli che non sentono questo amore trascinarli come un fiume, quelli che non bevono l’alba come una tazza di acqua sorgiva o non fanno provvista per il tramonto, quelli che non vogliono cambiare lasciateli dormire.
Ma, dopo aver letto questa specie di bollettino di guerra, a qualcuno potrebbe essere rimasta sospesa la domanda: Si, ma com’è andata a finire con quel terreno? La risposta è: Poiché l’asta sarebbe probabilmente andata deserta, è stata fatta un’offerta alla banca creditrice: 8.500 Euro, con i quali un gruppo di giovani coltivatori ha acquistato l’appezzamento aggregandolo ad altri che già possiede in zona.
Ottomilacinquecento contro quasi ventiduemila iniziali, non so se mi spiego…
Cambiare è quindi possibile. Servono solo la volontà delle persone e le competenze di quelli che oggi potremmo chiamare facilitatori: in grado di individuare le aree, negoziarne il controvalore nei termini più vantaggiosi, fissare i canoni di un progetto insieme tecnico e finanziario, ottenere fondi, mutui e finanziamenti ove necessario e portare a compimento l’intervento.
Perché non provarci, magari riuniti in piccoli Gruppi di Acquisto Terreni?

Alberto C. Steiner

Ringrazio Melissa Ghezzo de Le Stanze del Tempo per l’autorizzazione a riprodurre Crote e Crotin.

Mistificazioni ad Alta Velocità

Ah, se esistesse ancora il glorioso quotidiano La Notte! Potrebbe capitare di trovarvi un titolo come quello elaborato nell’immagine sottostante…Cesec CV 2014.04.08 Alta Velocità 001Abbiamo iniziato scherzando ma l’argomento è estremamente serio: l’alta velocità ferroviaria viene spacciata come l’alternativa sostenibile al traffico aereo. Non è vero. Nonostante la sua presunta efficacia, i treni ad alta velocità non rendono affatto più sostenibili gli spostamenti: pensiamo solo al fatto che i passeggeri che passano dai treni a bassa velocità a quelli ad alta velocità aumentano l’uso di energia e le emissioni di carbonio, per tacere dell’impatto ambientale e del taglio delle vene idriche dovuti ai lavori d’impianto.
Secondo l’UIC, Union Internationale des Chemins de Fer, i treni AV: “Giocano un ruolo chiave per lo sviluppo sostenibile e di lotta al cambiamento climatico”. Come viaggiatore ferroviario professionista, che sin dall’infanzia ha coperto regolarmente sulla rete nazionale ed europea lunghe distanze utilizzando indifferentemente ogni tipo di treno da quelli superlusso a quelli più fetenti, mi viene da dire che è vero il contrario, ma che anzi i treni ad alta velocità stanno distruggendo la più valida alternativa all’aereo: quella rete ferroviaria a bassa velocità onorevolmente in servizio da decenni.
Sappiamo come l’introduzione di relazioni ferroviarie ad alta velocità abbisogni di costosissime infrastrutture dedicate, essendo impensabile la commistione eterotachica con treni più lenti ancorché su binari dedicati, per le necessità progettuali altiplanimetriche e per la tensione di alimentazione, in Italia 3kVcc  per la trazione ordinaria e 25kVca50Hz per l’alta velocità. L’apertura all’esercizio di linee AV così concepite comporta invariabilmente l’eliminazione di quelle più lente, più abbordabili dal punto di vista economico, spingendo i passeggeri ad utilizzare le nuove soluzioni più costose o ad abbandonare il treno, relegandolo a collegamenti locali poiché le nuove linee escludono località intermedie. Il risultato è che chi viaggia per lavoro può anche passare dall’aereo al treno mentre, nel contempo, la maggior parte dei viaggiatori viene spinta ad utilizzare le linee aeree sempre più low-cost, le autolinee o addirittura l’auto privata.
Questo concetto non si applica alla Germania, unico paese europeo con un modello misto, dove i servizi tradizionali e ad alta velocità possono utilizzare ogni tipo di infrastruttura. I treni ad alta velocità possono utilizzare tratte ammodernate, mentre i servizi di trasporto merci utilizzano la capacità delle linee ad alta velocità inutilizzata durante la notte. La Germania ha relativamente poche tratte specifiche per l’alta velocità e i treni sono relativamente lenti.KL Cesec CV 2014.04.08 AV 004Studiando la storia ferroviaria europea appare evidente come la scelta che spinge a realizzare linee AV non è affatto obbligata: partendo dall’ottocentesca Valigia delle Indie Londra-Bombay che attraversava la nostra penisola da Modane a Brindisi per proseguire via mare, e passando dall’Orient Express Parigi-Costantinopoli nelle sue molteplici configurazioni, una sola delle quali, la Simplon via Losanna-Milano-Trieste, toccava l’Italia, arriviamo al 1956, quando venne istituita la rete dei TEE, Trans Europa Express, costituita da convogli dedicati di sola I classe ma non di lusso per i quali venne costruito materiale apposito in una stimolante gara alla comodità ed alla ricerca di soluzioni raffinate e tecnologicamente avanzate, che ha consentito di realizzare convogli estremamente accoglienti e, per l’epoca, dotati di innovative soluzioni tecnologiche.
Gli sforzi tesi ad organizzare veloci servizi ferroviari internazionali europei, sono sempre stati accompagnati da condizioni economiche vantaggiose e da servizi di bordo sempre più accurati.
Se osserviamo le tracce orarie di quei treni, oppure dei rapidi in servizio interno, ci rendiamo conto di come non pochi dei servizi resi in passato fossero addirittura, fatte le debite proporzioni, più veloci delle attuali Frecce.
Nel 1937 la coppia di rapidi R90/R95 Torino-Milano-Venezia, affidata a possenti locomotive a vapore l’ultima delle quali conservata al Museoscienza Leonardo da Vinci di Milano, percorreva i 267 km della tratta da Milano a Venezia senza fermate intermedie in tre ore secche. Oggi un Frecciabianca impiega 2h40′.
Sulla medesima relazione, inoltre, le ferrovie hanno impostato gli orari in modo da scoraggiare gli utenti dall’utilizzare i treni regionali o regionali veloci. Anzitutto tagliando la tratta a Verona, in modo che chi voglia andare da Milano a Venezia senza utilizzare i Frecciabianca sia costretto ad effettuare un cambio. Ma attenzione! l’orario cadenzato prevede che i treni da Milano partano alle :25 di ogni ora e giungano a Verona alle :20 dell’ora successiva, con una percorrenza di 1’55” contro 1’22” dei Frecciabianca ad un prezzo di €  11.65 in seconda classe (Frecciabianca minimo 21.50). I treni da Verona per Venezia partono alle :21, vale a dire esattamente un minuto dopo l’arrivo del treno da Milano: il modo migliore per scoraggiare gli utenti.KL Cesec CV 2014.04.08 AV 003Gli esempi potrebbero continuare: Milano-Como, per citarne solo uno, dove l’alternativa agli Eurocity svizzeri da 9 Euro per 33 minuti di percorrenza (esattamente quanto i vecchi Espressi che impiegavano 40′ con sosta a Seregno o Monza) sono regionali prevalentemente in condizioni da latrina che impiegano mediamente 59′ al costo di 4 Euro.
E per consultare gli orari sul sito di Trenitalia bisogna essere sgamati: chi vuole andare, per dire, da Milano a Bologna o a La Spezia senza ricorrere a frecce di qualsiasi colore, deve inserire località intermedie e ricollegare il percorso al contrario. Vale a dire: Piacenza o Fidenza per Bologna e Borgo Val di Taro, Pontremoli o Santo Stefano per La Spezia. Altrimenti solo Frecciabianca o niente treni e, nel caso di La Spezia, assoluta prevalenza della via Genova.
Naturalmente le ferrovie, per tale atteggiamento, sono state censurate, stigmatizzate, puntate con il ditino. Ed altrettanto naturalmente se ne fregano.
Un ultimo esempio d’epoca, e poi passiamo oltre: la relazione Milano-San Remo affidata al TEE Ligure Milano-Avignone impiegava 3h50′ con fermate a Voghera, Genova Savona e Imperia (oggi una Freccia impiega 3h38′) ed il suo costo nel 1970 era pari a Lire 4.740 (53 Euro attuali considerato il trend inflattivo) oltre al supplemento di Lire 1.340 (15 Euro) contro un attuale costo di Euro 39,50 in I classe e di 29,50 in seconda. Giusto per avere un riferimento, nel 1970 la paga oraria media di un lavoratore assommava a 597,30 lire.KL Cesec CV 2014.04.08 AV 002E’ del resto noto che, se le ferrovie italiane non se la sono mai passata granché bene, il loro peggioramento ha coinciso con la cacciata, negli anni Ottanta, di Mario Schimberni, che ebbe la pretesa di rivedere le spese folli, compresi cavalcavia pedonali realizzati per attraversare le stazioncine di soli due binari dove transitavano sei treni al giorno, per esempio su relazioni indubbiamente fondamentali come la Rocchetta Sant’Antonio – Lacedonia. Ed oggi assistiamo allegramente allo sperpero di centinaia di miliardi di Euro per realizzare attraversamenti sotterranei in città come Bologna e Firenze, che consentono di risparmiare al massimo dieci o quindici minuti di percorrenza.
L’Europa ha la rete ferroviaria più incredibile del mondo, in grado di condurre ovunque in qualsiasi momento, e un viaggio in treno finisce per essere più divertente e interessante di un viaggio in aereo. Per quanto non sia questa la sede per cantare le bellezze dei lunghi viaggi in treno, ogni anno diventa sempre più difficile viaggiare in Europa utilizzando i treni ordinari, e la colpa è dell’alta velocità che avanza senza sosta. Poiché sempre più sono le linee ferroviarie soppresse a favore di quelle ad alta velocità, i viaggi internazionali in treno raggiungono costi proibitivi. La cosa strana però è che molti di questi percorsi cancellati erano quasi più veloci, e qualche volta decisamente più veloci, delle più recenti e costose linee ad alta velocità.
Storicamente, le tariffe ferroviarie sono sempre state inferiori a quelle aeree. Ma la comparsa dei treni Av e delle compagnie aeree low-cost nel 1990 ha invertito questo stato di cose. Ricchi e poveri hanno semplicemente scambiato le modalità di viaggiare: le masse viaggiano ora in aereo, mentre le élite prendono il treno. Poiché ci sono sempre meno ricchi in Europa, ciò non comporterà ovviamente alcun risparmio né monetario né energetico, tantomento riduzioni delle emissioni di carbonio.
I treni Av condividono un problema fondamentale con quasi tutte le altre soluzioni high-tech che di questi tempi vengono millantate come sostenibili: sono troppo costosi per diventare la soluzione ideale. Questo spiega perché a fronte dell’installazione di 10.000 chilometri di linee ferroviarie AV, la crescita di passeggeri del traffico aereo in Europa non si è fermata. Dal 1993 al 2013 il traffico aereo in Europa è cresciuto in media del 5,2% annuo. E si stima che cresca di un altro 45% tra il 2014 e il 2030, nonostante l’attuale crisi economica e i nonostante i 20.000 km di linee AV che si vogliono ancora realizzare.
La differenza di prezzi tra biglietti di compagnie aeree low-cost e treni ad alta velocità è così grande che è impossibile pensare a un significativo trasferimento di passeggeri dal trasporto aereo a quello ferroviario. Nonostante questo, sia l’Unione Europea sia l’UIC persistono nel pubblicare report che mostrano come le persone stiano abbandonando gli aerei per passare ai treni, risparmiando emissioni di energia e di carbonio. Come può essere? Semplice, come affermava mio padre: la carta riceve di tutto. E giocando con i numeri si può fare quel che si vuole.

ACS

Rieccoli: dopo Sanremo ritorna il Treno Verde

Se è giunto alla sessantaquattresima edizione il Festival di Sanremo, non vediamo ragione perché non debba accadere anche per il Treno Verde, quest’anno alla sua ventiseiesima passerella su e giù per le vie (ferrate) dello Stivale.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 002La campagna di Legambiente e Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane dedicata al rilevamento dell’inquinamento atmosferico e acustico, pensata per informare, sensibilizzare e promuovere tra i cittadini le buone pratiche per una mobilità sostenibile ed affidata ad un treno di quattro vetture (età media 30 anni) è partita il 13 febbraio da Palermo e, dopo aver toccato Cosenza, Potenza, Caserta, Roma, Pescara e, domani e dopodomani Ancona, giungerà a Verona dove il convoglio non verrà attestato a Porta Nuova, bensì nella ben più intima Porta Vescovo. Il 20 marzo stazionerà infine a Milano Porta Garibaldi per concludere il tour, passando prima da Varese, a Torino dove potrà essere visitato dal 25 al 27 marzo.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 001Durante le tappe il Treno Verde, grazie alla mostra interattiva ospitata a bordo dei suoi rotabili, incontrerà studenti, cittadini e amministrazioni per promuovere la qualità dei territori, l’innovazione nei centri urbani e l’attenzione negli stili di vita.
Il ministero dell’Ambiente, che si è recentemente aggiunto la specifica …e della Tutela del Territorio e del Mare (manca l’Aria ma ne comprendiamo la ragione; volete mettere, non sia mai qualcuno si metta a declamare cose turpi tipo: Ministeri di Terra, del Mare e dell’Aria!…) sostiene Treno Verde perché, come afferma il suo attuale titolare pro-tempore: “Riteniamo che sia un’iniziativa che diffonde un’idea di sostenibilità, dal punto di vista della mobilità, della produzione di energia e del modo in cui si vive il territorio, che corrisponde all’impostazione che abbiamo cercato di dare nel corso di questi mesi e che guarda all’Italia come a un Paese che ce la può fare se rivede profondamente il suo modello di sviluppo e se affronta la grande questione ambientale come un’occasione di modernizzazione” e, blablando chiosa circa l’importanza dell’accordo di programma sottoscritto per il bacino padano: “Accordo di grande importanza sul fronte delle emissioni, dell’attività agricola e dei trasporti, di cui abbiamo già siglato la prima tranche con le regioni interessate. Ora, è molto importante passare alla seconda fase dell’accordo di programma sull’inquinamento da Pm10 perché lì credo si debba affrontare il nodo della mobilità sostenibile e di come guardare al nuovo ciclo dei finanziamenti Ue, che partono quest’anno, come a un’occasione per sostenere il passaggio verso la mobilità sostenibile in particolare dalla gomma al ferro“.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 003Come opporre obiezioni a cotanta ecobanalità?
L’amministratore delegato di Ferrovie Italiane, per non essere da meno dichiara: ‘‘Il nostro sostegno alla campagna del Treno Verde diventa ogni anno sempre più convinto perché tutti i dati e i riscontri oggettivi confermano che la ferrovia è sempre più il fulcro irrinunciabile di una mobilità pubblica moderna e sostenibile. Guardiamo, ad esempio, al sistema delle Frecce, alla crescita esponenziale di viaggiatori registrata in pochi anni“.
Eh certo, grazie al sistema delle frecce… non fa niente se, per pagare gli spropositati costi delle infrastrutture ad alta velocità si sta lasciando andare in malora la ferrovia dei comuni mortali e la sua manutenzione, e non fa niente se la frequentazione delle frecce, in ragione delle tariffe e ad onta delle promozioni, è ormai sotto il 44%, e si sta sempre più sviluppando la concorrenza aerea.
Però, sempre secondo l’ineffabile Moretti all’uopo intervistato da La Repubblica: “Stiamo dimostrando che, laddove ci è data possibilità di esprimere in pieno le nostre capacità e potenzialità, i benefici per l’ambiente, per l’economia e per il turismo, sono incomparabili. Nel 2013 i 42 milioni di passeggeri che hanno preferito le Frecce all’auto privata o all’aereo hanno consentito di abbattere di oltre un milione di tonnellate le emissioni di Co2 nell’ambiente. E l’effetto positivo si dilata nelle città, grazie alle sinergie che stiamo incentivando con mezzi di trasporto privato, condiviso e pubblico a basso impatto ambientale“.
Come no, la città di Reggio Emilia, per esempio, ha visto grazie alla nuova stazione un’impennata tale di visitatori che non sa più dove metterli… NTV dal canto suo, si proprio quella di Italo, ha scoperto invece di avere un buco di 76 milioni e sta per chiedere ammortizzatori sociali per evitare licenziamenti. Della serie, i profitti me li pappo, i problemi li scrollo addosso alla collettività nella miglior tradizione dell’imprenditoria nazionale. Anche questo è inquinamento…KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 004Ma vediamo com’è fatto il Treno Verde. Premesso che l’ingresso è gratuito e ci mancherebbe, la prima vettura è dedicata al tema della mobilità sostenibile, dal trasporto su ferro alla mobilità elettrica, dall’urbanistica all’intermodalità, passando per le zone a traffico limitato, le piste ciclabili e le zone 30.
Alla città è invece dedicata la seconda carrozza, all’interno della quale l’allestimento è stato pensato per raccontare un’urbanistica che risponde alle esigenze dei cittadini e dell’ambiente.
Tema centrale della terza carrozza sono gli stili di vita: in questo vagone saranno forniti tanti piccoli accorgimenti per essere cittadini attenti e più smart. Ad esempio verrà spiegato come isolare l’abitazione per renderla efficiente, come fare una spesa sostenibile, come tenere sotto controllo i consumi domestici e, soprattutto, come differenziare e riciclare i rifiuti.
La quarta vettura, infine, è un vero e proprio parco urbano perché la città, secondo Legambiente, è più verde se con spazi pubblici attrezzati che consentono di passare il tempo libero, e non solo quello, respirando aria pulita o coltivando orti, riappropriandosi di tutti quegli spazi verdi spesso lasciati all’incuria e all’abbandono.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 005Se ci gira, e se non abbiamo cose più importanti da fare, il 20 facciamo un salto a Porta Garibaldi…

Malleus

Treni dimenticati

Il 2 marzo verrà celebrata la giornata delle ferrovie dimenticate, vale a dire tutte quelle linee da tempo chiuse all’esercizio e spesso ormai disarmate, cioè private degli impianti fissi: rotaie, traverse, massicciata, palificazione. Molte costituivano ineguagliabili opere di ingegneria che, a differenza di quanto accade oggi con le varie TAV, si inserivano armoniosamente nel paesaggio. Una per tutte: la Spoleto-Norcia. Ma l’elenco è sterminato: Bribano-Agordo, Voghera-Varzi, Menaggio-Porlezza, Paola-Cosenza, parte della rete abruzzese Adriatico-Sangritana, Mantova-Peschiera, Rimini-San Marino, Mori-Arco-Riva del Garda, Ora-Predazzo per citarne alcune.KL Cesec CV 2014.02.11 Ferrovie dimenticate 002L’elenco potrebbe riguardare anche linee tramviarie: la Terni-Ferentillo, che sfiorava la cascata delle Marmore, le tramvie vicentine, il tram bianco che a Venezia percorreva il Lido. E ci fermiamo qui, con una menzione particolare per la funicolare ad acqua che univa Catanzaro Lido a Catanzaro Città, chiusa nel 1954 e riattivata nel 1998 adottando soluzioni tecnologiche d’avanguardia.
Spesso rappresentavano l’unico mezzo di trasporto in grado di garantire collegamenti in condizioni orografiche ed atmosferiche proibitive, come mostra l’immagine della Ferrovia delle Dolomiti a corredo, ed oggi se ne riparla funzionalmente alla loro trasformazione in percorsi ciclabili. Ma qualcuno, e non solo inguaribili nostalgici, insiste nel proporre il loro ripristino, non solo a fini turistici ma anche per sottrarre il trasporto locale alla morsa del traffico stradale con indubbi benefici in termini di tempi di percorrenza e di emissioni nocive.
L’immagine alla quale siamo abituati, quando pensiamo a queste ferrovie, è quella di un trenino traballante, gelido d’inverno e rovente d’estate, con orari impossibili e tempi di percorrenza assurdi. Oggi, in caso di ripristino dove possibile, non sarebbe più così: linee in sede propria, protette ed assistite da segnaletica asservita, sistemi di trazione che consentono un sensibile risparmio energetico quando non addirittura il recupero di energia.KL Cesec CV 2014.02.11 Ferrovie dimenticate 001A nostro avviso la trasformazione in piste ciclopedonali – sovente soltanto un domenicale giocattolo radical-chic – significherebbe solo la loro morte definitiva, senza dimenticare i rischi che corrono numerose ferrovie attualmente in esercizio, per esempio quella che percorre la Valle d’Aosta, della quale pubblichiamo un’immagine di stagione, che riveste invece un ruolo fondamentale in ambito non solo turistico.

Malleus

Mobilità insostenibile

Mi sono chiesto quale fosse il modo migliore di iniziare un articolo complesso e potenzialmente noioso che argomenti di mobilità sostenibile e cultura del trasporto pubblico e, pensando pensando, ho trovato la risposta in una vecchia filastrocca di Gianni Rodari:

Un signore di Scandicci
buttava le castagne
e mangiava i ricci.
Un suo amico di Lastra a Signa
buttava i pinoli
e mangiava la pigna.
Un suo cugino di Prato
mangiava la carta stagnola
e buttava il cioccolato.
Tanta gente non lo sa
e dunque non se ne cruccia:
la vita la butta via
e mangia soltanto la buccia.

Virgolettato da Luca De Vito in un articolo pubblicato oggi (ieri per chi legge, NdA) dal quotidiano La Repubblica e intitiolato Milano, una rivoluzione verde: la città ha sempre meno auto Marco Ponti, docente di economia dei trasporti del Politecnico di Milano, definisce drammatico il fatto che ben pochi giovani – prima della crisi costituenti una notevole fetta di mercato – possano oggi permettersi l’acquisto di un’auto nuova. La ragione risiederebbe nel costo elevato, negli oneri afferenti all’esercizio ed alla manutenzione e, non da ultimo, all’esosa tassazione.
Mentre nel resto d’Italia le immatricolazioni aumentano nel capoluogo lombardo il calo è netto per effetto della crisi e delle misure che incentivano la condivisione veicolare spingendo sempre più gli utenti verso i trasporti pubblici. L’articolo prosegue dichiarando che a Milano ci sarebbe un’autovettura ogni 1,76 , in Lombardia 1,67 mentre nel resto del Paese 1,61.KL-Cesec - car-sharingLo stesso quotidiano intitolava il 17 settembre scorso: Italia troppe auto, 606 ogni 1000 abitanti, e la media nei paesi europei è di 473 un articolo di Antonio Cianciullo che, illustrando come nel nostro Paese la quota di gas serra proveniente dal traffico stradale sia aumentata dal 1990 al 2011 dal 21 al 26%, ed evidenziando come i trasporti rappresentino la terza voce di spesa dopo casa e alimentazione, concludeva affermando: in chiave di sostenibilità, a parte qualche eccellenza siamo ancora indietro ed individuando nel 4,6% la quota di Pil perduta per danni prodotti dal sistema dei trasporti.
Tornando all”articolo odierno, esso riferisce come le 64.375 immatricolazioni cittadine del 2010 siano scese a 36.091 nel 2013 con un calo del 43%. A fronte della drastica riduzione, risentita anche a livello regionale con 135.000 vetture vendute in meno, si affermano sempre di più le auto ecologiche. Il calo delle immatricolazioni (l’articolo parla però solo di auto e non, per esempio, di scooter) dev’essere comunque letto nella più ampia tendenza alla riduzione del parco circolante, in atto da quasi un ventennio e che ha tolto almeno 200mila auto dalle strade cittadine, portando a 716.094 i veicoli privati che, nel 1990, erano 922.040. L’articolo si conclude evidenziando come il fenomeno ambrosiano agisca in controtendenza rispetto a quanto avviene a livello regionale e nazionale: negli ultimi vent’anni in Lombardia le auto sono aumentate da 4,8 a 5,8 milioni, mentre in tutto il paese si sono riversati 10 milioni di mezzi in più.
Per parte nostra apprezziamo quanto sostenuto da Gianmarco Giorda dell’Anfia, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica: i costi per mantenere un’automobile in molti casi sono diventati insostenibili ed è uno dei veri motivi per cui non solo non si acquistano più veicoli, ma ci si libera del vecchio mezzo senza sostituirlo aggiungendo però che la situazione milanese rappresenta lo specchio di una realtà dove i servizi di trasporto pubblico non solo esistono ma sono mediamente efficienti e quasi capillari. Chi vive a Milano e nelle città immediatamente circostanti, lungo le direttrici storiche tracciate dalle strade più antiche, può fruire di servizi di trasporto pubblico diffusi e mediamente efficaci, spesso eredi delle prime linee ferroviarie: MIlano-Monza, la seconda ferrovia italiana inaugurata nell’agosto 1840 e che già al 31 dicembre dello stesso anno aveva trasportato 150mila viaggiatori, e le sue diramazioni per Como-Chiasso (1849) e Lecco-Sondrio (1873 e 1885) oppure la ferrovia Ferdinandea Milano-Treviglio (1842) o ancora la Milano-Novara-Torino (1855) senza dimenticare la rete briantea per Erba-Asso, Como, Varese-Laveno e Malpensa Aeroporto ora gestita da Trenord ma aperta a partire dal 1877 dalle FNM, ferrovie Nord Milano. Le direttrici di traffico sono talmente stabili che il tracciato del Passante Ferroviario ricalca in sotterranea l’antico sviluppo delle ferrovie nel loro percorso urbano, dismesso con la riorganizzazione del 1931, anno di inaugurazione dell’attuale stazione Centrale: il confronto tra l’attuale mappa cittadina ed una carta topografica dei primi del ‘900 lo dimostra; consiglio quella edita nel 1914 dal TCI, Touring Club Italiano, agevolmente reperibile in rete con un’ottima risoluzione.KL-Cesec - Tram Vimercate anni 70Ciò vale anche per i trasporti extraurbani gestiti da ATM, a partire dalla linea 1 rossa della metropolitana che, dal novembre 1964 non fa altro che ricalcare lungo il Borgo dei Nobili, corso Venezia, e lo Stradone di Loreto, corso Buenos Aires, il tracciato dell’ippovia Milano-Monza inaugurata nel 1876 e cessata nel 1966. Lo stesso discorso vale per la linea 2 verde della metropolitana che altro non è se non una ferrovia di penetrazione urbana, erede delle Linee Celeri dell’Adda, a loro volta nate dall’ammodernamento delle tramvie Milano-Vimercate (1880) e Milano-Gorgonzola (1878) con le sue diramazioni per Vaprio (cessata nel 1978) e Cassano d’Adda (cessata nel 1972). Senza dimenticare le Tramvie della Brianza Milano-Limbiate, riaperta da poco all’esercizio dopo una sospensione per motivi legati alla sicurezza, e Milano-Desio della quale parliamo in questo stesso scritto funzionalmente al progetto di riapertura come metrotramvia.
Non casualmente tutte le linee citate possiedono il tratto comune di essere su ferro; il dibattito tendente a dimostrare se siano eminentemente gli itinerari storici a favorire insediamenti stabili, e con essi la convenienza ad impiantarvi costose infrastrutture di trasporto, ovvero se siano le infrastrutture fisse per la mobilità a favorire gli insediamenti è da sempre in corso e probabilmente non si concluderà mai.
Altrettanto non casualmente non sono state in questa sede indicate le vie di penetrazione provenienti da Sud: Alessandria-Mortara, Genova-Pavia, Piacenza-Lodi, tutt’altro che ininfluenti ma certamente non portatrici dei volumi di traffico peculiari della Brianza.
Resta il fatto che Milano si è lentamente trasformata attraverso numerose ridefinizioni del tessuto urbano ed il progressivo spopolamento del centro a favore dell’hinterland, dove la vita costa meno pur non offrendo ovunque servizi che diano agli abitanti la sensazione di non dover dipendere dalla città, per esempio relativamente alla fruizione del tempo libero. Nel corso dei decenni ed a scadenze più o meno canoniche, per arginare l’afflusso del traffico veicolare privato, la municipalità milanese ha posto in essere numerose iniziative tendenti al decongestionamento, dal potenziamento dei mezzi pubblici alle corsie preferenziali ai parcheggi di corrispondenza, dal divieto di traffico nel centro all’Area C, quasi sempre scontrandosi con interessi corporativi, per non dire con una cultura della bottega: se una leggenda monzese sostiene che siano stati i negozianti a brigare affinché solo dopo un cinquantennio la linea rossa del metrò giungesse in città, peraltro attestandosi nel nulla, al fine di impedire l’esodo dei potenziali clienti verso i negozi milanesi, una leggenda milanese vuole che i locali titolari di esercizi commerciali temano di perdere i clienti scoraggiati dall’impossibilità di utilizzare l’auto privata.
Al di là delle dicerie resta il fatto che scontiamo non solo i nefasti effetti di una cultura dell’auto privata invasiva, forse retaggio di un malinteso senso di autonomia e di promozione sociale, ma anche il fatto di non disporre ancora di una tariffazione dei trasporti pubblici prevista ad ampio raggio, per esempio regionale, che consenta di percorrere distanze anche notevoli con un unico documento di viaggio utilizzabile con vettori differenti, per esempio linee ferroviarie, metrotramviarie ed automobilistiche.
Ma, sia pure provvisti di un unico documento di viaggio, non sapremmo dove andare senza l’auto, se le iniziative per la mobilità sostenibile passano attraverso progetti tendenti all’eliminazione delle ferrovie perché il sistema ferroviario attuale rappresenta un grave pericolo per la città ed i suoi fabbricati; esso limita la fluidità del traffico e lo sviluppo del territorio, come recita uno studio effettuato nel 2011 dal Comune di Mantova volto a eliminare la ferrovia dal proprio territorio costruendo varianti tangenziali e spostando la stazione chissà dove, il tutto corredato di benefici, vantaggi e altre filosofiche considerazioni. La probabilità che si realizzi è, grazie agli attuali chiari di luna, prossima allo zero ma rimane istruttivo sul sentimento comune verso la ferrovia, ed anche su come si impegnino tempo e risorse in studi di fattibilità  quanto meno discutibili.KL-Cesec - Articolo Repubblica 8.2011Del resto anche la città di Torino non scherza se, come riportato nell’articolo pubblicato da La Repubblica il 27 agosto 2011 e qui riprodotto purtroppo da una malandata fotocopia, viene spacciato come un intervento a favore della qualità della vita cittadina la possibilità di spazzar via la stazione di Porta Nuova per ricucire il tessuto urbano. Il Piemonte, giova ricordarlo, è la Regione che ha smantellato il 30% delle linee ferroviarie.
KL-Cesec  - Studio Regione LombardiaUn respiro di sollievo ce lo consente, fortunatamente,  lo studio Le infrastrutture del futuro. Idee e proposte per i governi che verranno, pubblicato da Regione Lombardia nel febbraio 2013 e del quale è coautore Giorgio Stagni, ingegnere ambientale ad indirizzo urbanistico che lavora presso il Servizio Ferroviario Regionale occupandosi di programmazione dei servizi in collaborazione con il collega Fabrizio Bin, ingegnere trasportista inventore delle Linee S lombarde. Lo studio, raccolto in un volume di 81 pagine e scaricabile in formato pdf dal sito della Regione Lombardia prova a fare il punto sulle interazioni tra le infrastrutture ferroviarie e il servizio che vi si svolge, prendendo come esempio il percorso di crescita del servizio ferroviario regionale lombardo nel corso dell’ultimo decennio. Ringrazio l’ing. Stagni per le notizie desunte dal sito www.stagniweb.it unitamente alla filastrocca di Rodari e ad alcune immagini.
Tornando, letteralmente, per strada, un’iniziativa relativamente recente collocata a metà fra il trasporto privato e quello pubblico è il car-sharing. Afferma in proposito Luca Studer, esperto di mobilità sostenibile del Politecnico: una cosa notevole che è stata fatta negli ultimi anni è stato rompere il dualismo auto privata-mezzi pubblici, ora ci sono molte più alternative. Bisognerà valutare poi l’effettivo impatto del car sharing, visto che non è ancora chiaro se faccia concorrenza solo alle auto private oppure anche ai mezzi pubblici. Dalla primigenia iniziativa promossa da GuidaMi (Atm) e E-Vai ( Trenord) il fenomeno si è evoluto con le Smart accessibili direttamente su strada e senza prenotazione di Car2Go, alla quale dallo scorso dicembre si sono affiancate le 500 rosse di Enjoy (Eni-Fiat -Trenitalia) le Mini Cooper di DriveNow (Bmw) e le Volkswagen Up di Twist. Ai tassisti però non piace, non solo perché riterrebbero trattarsi di concorrenza sleale grazie ai prezzi assolutamente competitivi, ma soprattutto perché accusano il comune di tutelare il car-sharing dalle zone calde della delinquenza di strada pur obbligando le auto bianche ad andarci: Bovisa, Quarto Oggiaro, l’estremità di via Ripamonti e le vie Vaiano Valle e Selvanesco, corrispondenti ad aree occupate da campi rom.
In ragione di furti, aggressioni e rapine le società concessionarie dei servizi hanno chiesto al comune di eliminare queste strade dai noleggi, mentre i tassisti sostengono di non potersi rifiutare di andarci e questo ha scatenato le loro proteste, anche in ragione di un’altra iniziativa annunciata dal comune: l’apertura della Ztl Garibaldi alle automobiline condivise in quella che è un’isola pedonale accessibile esclusivamente a residenti, ciclisti, taxi, mezzi di soccorso e forze dell’ordine. I tassisti l’hanno presa come una decisione che intende smaccatamente valorizzare un’utenza di nicchia a discapito della collettività producendo una forte spinta alla circolazione di auto private, sia pure in condivisione, a discapito dell’intero sistema di trasporto pubblico, paventando inoltre la possibilità che vanifichi altre aree protette, presenti e previste. Com’era prevedibile i conducenti delle auto bianche sono stati bersagliati da accuse a non finire, a cominciare dalle tariffe che sarebbero elevatissime, di accampare la pretesa di agire in un libero mercato con condizioni garantiste da socialismo reale e di essere un emblema del più bieco corporativismo.
In qualità di assiduo frequentatore di taxi e tenendo presente che lo sono diventato, unitamente ad un sempre più nutrito numero di cittadini che hanno deciso di fare a meno dell’auto per gli spostamenti urbani, proprio per la possibilità di percorrere corsie riservate ed aree protette senza dover sottostare a code o a snervanti ricerche di parcheggi, posso affermare che le tariffe sono tutt’altro che improponibili e che sarebbe invece auspicabile migliorare il servizio con infrastrutture da tempo promesse: colonnine e telecamere, oltre che con una maggiore tutela delle aree formalmente destinate a posteggio ed invece liberamente invase da cani e porci in sosta vietata: a cominciare proprio da corso Garibaldi e via Ponte Vetero ormai diventate accampamento di tutti gli arroganti frequentatori di Brera per passare a Cagliero, Ticinese, Repubblica, Udine per citarne solo alcune dove i taxi sostano malvolentieri per evitare continue discussioni e liti. E questo senza citare l’accessibilità ai parcheggi, primo fra tutti il più visibile della città, quello in Duomo pateticamente piantato in mezzo alla piazza senza nemmeno uno straccio di pensilina. C’è, casomai, un’ambiguità di fondo che presiede alle dieci ore di turno giornaliere di questi artigiani: costituiscono un servizio pubblico a capitale privato, principiando dalle licenze il cui costo supera ormai i 200mila euro (e quindi i tassisti sono tutti, chi più chi meno tranne quelli anziani, indebitati con le banche) e costituisce l’equivalente della loro liquidazione quando cesseranno l’attività, nonché l’assenza di contributi da parte del comune; un tempo esisteva il cosiddetto buono carburante, oggi scomparso, e mi risulta che soltanto la casa automobilistica Mercedes pratichi loro un modesto sconto sull’acquisto delle autovetture. Un tassista non arriva oggi, nella più fortunata delle ipotesi, ai tremila euro mensili, registrati sino all’ultimo centesimo in ragione del tassametro, dai quali deve sottrarre tasse, costi di esercizio ed ammortamento del capitale investito e mancati guadagni dovuti al fermo macchina in caso di incidente o manutenzione.
Il car-sharing a mio parere, è un’encomiabile iniziativa nel momento in cui serve anche ad educare l’utenza al senso del pubblico in quanto, così come è attualmente concepito, non insegna al rispetto della circolazione in una città da sempre assediata dal traffico proponendo invece un modello individualista.KL-Cesec - Metrotramvia Seregno

Per visionare i filmati cliccare qui

Ma, tornando ai trasporti su rotaia, ci sarebbe una novità: la tramvia Milano-Desio-Seregno starebbe per risorgere ad alcuni anni dalla sua soppressione, nella smagliante forma di metrotramvia a doppio binario sino a Paderno Dugnano e, nuovamente prolungata dopo decenni di abbandono, permetterebbe di servire l’ospedale di Desio ed attuare l’interscambio con la stazione ferroviaria di Seregno.KL-Cesec - Metrotramvia inquadrature dai filmati MCSLa società Alstom si sarebbe aggiudicata un contratto da 40 milioni di euro per la sua realizzazione, per le infrastrutture ed i sottosistemi affidata alla CMC, Cooperativa Muratori e Cementisti, di Ravenna.
La rinnovata tramvia, che avrà uno sviluppo lineare di poco superiore a 14 km ed entrerà in esercizio entro il 2016, sarà dotata dei più moderni sistemi di segnalazione e sicurezza. Da segnalare che per la prima volta in Italia sarà installata una sottostazione di alimentazione elettrica reversibile HESOP, Harmonic & Energy Saving Optimizer, che permette di recuperare la quasi totalità dell’energia altrimenti dissipata dai rotabili in frenatura restituendola alla rete elettrica per essere riutilizzata. Non si tratta di una novità assoluta, in quanto il motore elettrico permette la frenatura a recupero, oltretutto risparmiando il consumo dei freni meccanici, ed ampiamente utilizzata su tram e filobus. Pe rimanere nell’ambito milanese la Filovia dello Stelvio Tirano-Bormio, realizzata dall’AEM di Milano nel 1940 per la costruzione di alcune dighe valtellinesi, ne era provvista anche per ragioni di sicurezza in ragione delle proibitive condizioni di esercizio. La novità è nell’ottimizzazione delle prestazioni, micrometricamente regolate grazie ai controlli consentiti dall’attuale sviluppo dell’elettronica.
In chiusura di questo scritto propongo un’animazione, devo dire realizzata magistralmente, costituita da un complesso di otto filmati – liberamente disponibili su YouTube, il link è riportato sotto una delle immagini a corredo – della futura metrotramvia. Poiché sono recentemente corse voci che l’ammodernamento non si farà più e che a titolo di provvisionale ad una delle imprese aggiudicatarie sia stato riconosciuto l’astronomico indennizzo di 13 milioni di euro, il filmato merita ancor più di essere visionato, non fosse altro che per la ragione che, se fossero vere tali affermazioni, è costato più di Guerre Stellari…

Alberto C. Steiner

Toscana: ferrovie in controtendenza? Una rondine non fa primavera…

Era stata chiusa due anni fa, la storica linea ferroviaria Cecina-Saline di Volterra, che si snoda per circa 30 km e che comprendeva lo spettacolare tratto a cremagliera da Saline a Volterra. Ma dopo interpellanze, petizioni, manifestazioni dell’interesse che non vogliamo definire popolare ma della gente, è stata riaperta in questi giorni all’esercizio.Treno inaugurale - La RepubblicaIl viaggio inaugurale è stato affidato ad un treno storico, costituito dall’automotrice Aln 772.3265 costruita nel 1942 e dopo anni di abbandono perfettamente restaurata per l’effettuazione di treni storici: “Credo che le linee minori come questa abbiano diritto di continuare a vivere, nonostante i costi che sosteniamo per tenerle aperte e per riaprirle. Il segnale che voglio mandare oggi è che la Regione Toscana, unica in Italia, ha fatto questa scelta e che intende proseguire in questa direzione” ha dichiarato il presidente della Toscana Enrico Rossi, che ha precisato: ”Due anni fa abbiamo avuto un taglio di 100 milioni sui 500 che ci venivano dati per il trasporto pubblico locale. Nonostante ciò ci abbiamo messo 90 milioni dal nostro bilancio e abbiamo mantenuto i servizi. Adesso, grazie alla revisione della spesa regionale e ai risparmi che abbiamo prodotto, siamo in grado di investire sul recupero e la valorizzazione delle linee cosiddette minori”. Per la Cecina – Saline di Volterra sono stati investiti 800 mila euro e si sta valutando se recuperare altre linee di notevole interesse sociale, paesaggistico e turistico. Il presidente della regione non ha mancato di far notare che per sistemare le ferrovie minori toscane sarebbero sufficienti circa 800 milioni di euro, affermando che “non sono molti se si pensa ai 90 miliardi che lo Stato ha speso per l’Alta velocità”.Aln_Cecina-VolterraAlle parole di Rossi hanno fatto da corollario quelle del sindaco di Volterra Mario Buselli: “Oggi è stata una giornata storica e di grande gioia per il Volterrano e la Valle del Cecina. Esprimo la piena soddisfazione a nome di tutti i sindaci del territorio, presenti in gran numero. Il treno torna a correre ricollegando l’entroterra al mare, un asse strategico nel vero e proprio cuore della Toscana. Di questo devo ringraziare l’impegno da parte della Regione Toscana che ha determinato un cambio di passo importante nella valorizzazione del treno come mezzo da utilizzare per muoversi“.
Per parte nostra non possiamo che commentare che sembra roba da museo, e invece è una delle sfide che ci attendono per valorizzare la quotidianità del trasporto e la promozione del territorio anche in chiave turistica. Le premesse ci sono tutte, ed i lavori necessari al ripristino delle ferrovie che è possibile recuperare costituirebbero un investimento ed una possibilità di lavoro.
E la ripresa del loro esercizio avrebbe valenza ben superiore alla trasformazione in piste ciclabili.

Viaggiare in bici, e Co.Mo.Do.

Cesec - Bike Film FestivalTorna a Milano da 13 al 15 dicembre il BFF, Bike Film Festival, uno dei più importanti eventi culturali legati alla bicicletta capace, durante l’anno, di tenere desta l’attenzione in oltre quaranta città in ogni parte del mondo.
Quest’anno l’evento coinvolgerà il quartiere di Lambrate, uno dei più rappresentativi della città, un tempo sede di aziende di risonanza mondiale: Innocenti, Faema, Gondrand, Richard Ginori per citarne solo alcune ed ora, dopo anni di dismissioni e degrado, in corso di riqualificazione come polo del design. Una scelta legata proprio all’intento di reinterpretare le due ruote in una zona definita il simbolo della rinascita creativa del capoluogo lombardo, ricca di storia ma proiettata verso il futuro.
Il BFF non è solo cinema, pur avendo in programma la proiezione di ben 40 film tra corti e mediometraggi, ma un grande evento aperto a tutti, durante il quale sarà possibile visitare mostre ed area espositiva, assistere a performance ed esibizioni di bike polo, partecipare a laboratori per conoscere meglio il poliedrico mondo della bici, ascoltare musica e ballare nelle serate di venerdì 13 e sabato 15.
Al momento di pubblicare non sappiamo se siano previsti corsi di ri-educazione per ciclisti, in special modo con riferimento al rispetto dei pedoni sui marciapiedi.Cesec - Bikesharing MonzaContestualmente all’evento l’ultimo numero della rivista BC, dedicata al mondo delle due ruote, affronta un tema estremamente attuale: quello del lavoro, con un ampio servizio dedicato alle opportunità create dal successo della bicicletta nel settore del turismo, della logistica, della mobilità in generale.Cesec - Voghera-VarziNel frattempo, su altri fronti collaterali ma strettamente interconnessi, la politica si muove per sostenere la mobilità dolce: il 26 novembre scorso Co.Mo.Do., Confederazione di Associazioni per la Mobilità Dolce, ha presentato alla Camera dei Deputati un disegno di legge sulla tutela e la valorizzazione del patrimonio ferroviario italiano in abbandono, come primo passo di un iter finalizzato alla valorizzazione delle Ferrovie dismesse e dimenticate. L’obiettivo è quello di realizzare una rete di mobilità dolce. Da parte nostra confidiamo, come abbiamo avuto modo di affermare in diverse occasioni, che questo non significhi solo piste ciclabili, ma anche il recupero, dove possibile, di infrastrutture che con un ragionevole investimento possono tornare utili, non solo per svolgervi finalità ludiche, ma come strumento per la mobilità sociale. Altrimenti significherebbe solo l’ennesima manifestazione di quell’ecologismo da salotto, distante anni luce dalla realtà quotidiana e  che rende di sè un’immagine deleteria in puro stile: Maestà il popolo non ha pane! che mangino le brioches…integrali.
Di quest’immagine, chi prenderebbe volentieri il treno per recarsi a scuola o al lavoro ed è invece costretto ad utilizzare l’auto privata oppure autoservizi che scontano comunque i nefasti effetti del traffico veicolare, non sa che farsene.