Quanto costerà guardare l’arcobaleno?

“Toglieranno l’acqua da sotto la pancia delle anatre? Metteranno il cartellino con il prezzo a ogni goccia di pioggia? E quanto costerà la rugiada?”Cesec-CondiVivere 2014.09.30 Marta e l'acqua scomparsa 002Queste ed altre domande se le pone Marta, la bimba protagonista di Marta e l’acqua scomparsa, la favola bella, intelligente ed ecologica scritta da Emanuela Bussolati ed edita da Terre di Mezzo per riflettere sull’importanza delle risorse naturali, in particolare di quel bene vitale, di tutti e irrinunciabile che è l’acqua. Che improvvisamente scompare poiché c’è chi pensa di poterla vendere e comprare.Cesec-CondiVivere 2014.9.30 Marta e l'acqua scomparsa 001E’ quello che scopre Marta quando, un giorno, va a trovare la nonna e trova la fontana del giardino secca come la gola di un uomo nel deserto. Che è successo? L’acquedotto, spiega la nonna, è diventato di proprietà della Compagnia delle acque libere e, d’ora in poi, chi vorrà l’acqua dovrà comprarla.
“Una compagnia padrona dell’acqua? Ma non è giusto! Cosa accadrà” si chiede la bimba “durante i temporali?”
Del libro colpisce un’immagine: l’espressione della bambina all’interno dell’auto, mentre con la punta della lingua cerca di leccare le goccioline d’acqua che si rincorrono sulla parte esterna del vetro. Nemmeno l’umidità che appanna un po’ il vetro riesce ad offuscare la fiducia di quello sguardo incorniciato in un caschetto di capelli neri. E’ uno sguardo con tutti i suoi limiti: le gocce sono fuori, Marta non puo intercettarle ma proprio grazie a ciò lo sguardo resta aperto al mondo esterno. E pazienza se poi il mondo riserva brutte sorprese, come quella di chiudere la fontana nel cortile della nonna perché bisogna collegarla all’acquedotto: tra breve la sorgente non sarà più di tutti ma di una sola Compagnia e chi vorrà l’acqua dovrà pagarla.
Nel libro, un disegno molto evocativo ritrae la mamma di Marta di spalle sull’uscio di casa mentre la nonna sale le scale. La porta è aperta: sarà anche solo suggestione, ma il bianco candido dell’interno contrasta così tanto con l’incombente oscurità dell’esterno da risultarne persino minacciato. E in calce al disegno si legge: Non è giusto! – esclama Marta – L’acqua è di tutti!
Alla bambina questa cosa proprio non va. I grandi stanno zitti come la fontana che non canta più e nemmeno il sonno tranquillizza la bambina, che invece, tra un incubo e l’altro, si chiede se le nuvole diventeranno come banche gonfie di pioggia, se l’arcobaleno diventerà un bene di lusso, se la Compagnia metterà il cartellino del prezzo ad ogni goccia che cade. E poi c’è un problema… come faranno a far pagare i passeri che bevono l’acqua sull’incavo dei rami, sulle foglie e nelle gronde?Cesec-CondiVivere 2014.09.30 Marta e l'acqua scomparsa 003Insomma, un racconto ecologico e appassionato sull’acqua come bene di tutti.
Di chi è l’acqua? chiede sempre l’autrice ai bambini, prima di leggere loro Marta e l’acqua scomparsa. Ma quasi nessuno risponde: E’ di tutti. Abituati al fatto che le cose siano di qualcuno, non pensiamo che la Terra e le sue risorse fondamentali, tra cui l’acqua, siano un bene comune.
Spesso i libri per l’infanzia propongono modelli positivi di comportamento: non sprecare, non sporcare. Ma poi si cresce e ci si dimentica quello che si è imparato.
Perché allora non lasciar spazio all’immaginazione, potente qualità che può trasformarsi in azione? Che cosa succederebbe se l’acqua fosse in vendita? Qualcuno vorrebbe accaparrarsela, e si metterebbe in vendita perfino la visione dell’arcobaleno. Le nuvole sarebbero legate, perché non se ne vadano da altri affaristi, e via di seguito.
Ho proposto questa favola come necessario complemento alle iniziative di cohousing che pronuovo e come personale protesta con le purtroppo sempre più attuali minacce di privatizzare l’acqua. E so bene di non essere una Cassandra…

ACS

Consapevolmente autosufficienti: vivere in piccoli borghi ci salverà dal Medioevo prossimo venturo.

Inizio citando Nietzsche: “Non vuoi oggi salire su un alto monte? L’aria è pura e puoi scorgere più mondo che mai”.
Attraverso lo sfaldamento delle identità locali e dei sentimenti nazionali parrebbe che l’Unione Europea stia attuando una strategia mirata a costituire una Paneuropa feudale propugnando simboliche eurocentriche: Euro, bandiera, passaporto, Inno alla gioia eletto ad inno europeo, passaporto e Stati artificiali.
Taluni sostengono come tale processo sia iniziato nel 1990 con la disintegrazione della ex-Yugoslavia e che sia tuttora evidente in Belgio, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna  e persino in Italia attraverso l’ascesa dei partiti autonomisti.
A me tutto questo, detto molto semplicemente, non interessa.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 FioreDa quando sono salito sulla cima del monte iniziando a respirare aria pulita, a camminare più lentamente – perché in montagna bisogna prestare attenzione alle asperità del terreno – ed a vivere di ciò che mi è necessario e mi fa stare bene, ho compreso quante siano le sovrastrutture che ammorbano l’esistenza umana. Tra queste l’eccessiva attenzione al giudizio, alle vicende politiche, al timore di complotti, all’identificarci in ciò che facciamo piuttosto che in ciò che siamo, cadendo nel tranello di individuare nel diverso, chiunque esso sia, un nemico per crederci migliori esorcizzando così le nostre paure più o meno ancestrali, ma soprattutto quella di non piacerci, di non accettarci, di essere abbandonati da soli di notte nella foresta. Questa è spazzatura, creata non da un Grande Vecchio ma dal basso per il basso.
Secondo me non vanno mai dimenticate le battute scambiate nel film Guardie e ladri tra Aldo Fabrizi, brigadiere dei Carabinieri, e Totò, ladro, durante un inseguimento a piedi:

Fabrizi: Fermati altrimenti ti sparo!
Totò: Non puoi … puoi sparare solo per legittima difesa: io non offendo.
Fabrizi: E allora sparo in aria a scopo intimidatorio!
Totò: E io non mi intimido.

Ecco… E’ anche per tale ragione che ho scelto di rivoltarmi come un calzino per seguire la mia Visione piuttosto che lasciarmi condizionare dai metodi di asservimento delle masse, dalle scie chimiche, dai vari deliri d’impotenza e dall’anestesia del lamento.
Limitandomi all’aspetto professionale, questo percorso mi ha portato a credere nella realizzazione di villaggi ecosostenibili e comunità coresidenziali, nel ridare vita a borghi e territori abbandonati: campo ugualmente, anzi meglio di prima perché incontro desideri, sogni, sorrisi e vibrazioni sintoniche con la mia Energia.
Diventare consapevoli, o risvegliati per usare un termine oggi tanto trendy, significa altresì essere coscienti che il peace&love ed il politicamente corretto ad ogni costo sono merce d’accatto, buona per ottundere le coscienze ed impedire che qualcuno osi alzare la testa dal trogolo. Ma soprattutto che non siamo tutti uguali: c’è chi dorme o è morto, credendo però di essere sveglio e vivo e, in difetto di drastici cambiamenti che devono promanare dall’interno, non potrà in un futuro più o meno prossimo che ingrossare le schiere di quella che sarà un’imponente massa vagante alla deriva, mossa ormai solo da pulsioni primordiali. Tra queste la ricerca del cibo.

Si vis pacem…
Desidero citare un vecchio libro, Il Medioevo prossimo venturo scritto da Roberto Vacca, che nel 1970 ipotizzò un’improvvisa regressione della civiltà umana, dovuta al blocco tecnologico e all’esplosione demografica, tali da costringere l’umanità a ritornare a forme di vita e di lotta simili a quelle medioevali.
Curiosamente, nel 1989 uscì un libro dal titolo identico, che lessi e che mi colpì molto: autore uno statunitense sul quale non sono riuscito a recuperare notizie, sembra quasi che non sia mai esistito…Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Medioevo prossimo venturoLa tesi sostenuta è che a causa del depauperamento dissennato delle risorse non rinnovabili in tempi compatibili con l’esistenza umana – in ragione dell’utilizzo massiccio che le tecnologie ne avrebbero richiesto – nonché della deforestazione e dell’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, la terra non avrebbe più potuto sfamare i suoi abitanti nonostante, anzi proprio in conseguenza, del massiccio ricorso agli organismi geneticamente modificati poiché avrebbero reso definitivamente sterili molte specie ed improduttivo il suolo.
Le risorse alimentari si sarebbero vieppiù ridotte, diventando privilegio di pochi, le città si sarebbero trasformate in bolge infernali sempre più pericolose e sempre meno vivibili, e le campagne sarebbero state percorse da vere e proprie bande di predoni decisi ad assalire chiunque possedesse cibo, di qualunque natura esso fosse. All’occorrenza anche umana.
L’umanità avrebbe dovuto fare i conti con una delle più ataviche fra le paure: la fame.
L’autore ipotizzava inoltre due fenomeni che si stanno puntualmente verificando: lo scioglimento progressivo dei ghiacciai e l’innalzamento del livello degli oceani, rendendo inabitabili non solo città costiere, ma anche insediamenti lontani dal mare sino ad altitudini non trascurabili: per quanto riguarda l’Italia, secondo tale previsione non solo città come Genova, Napoli, Palermo e Venezia avrebbero cessato di esistere, ma anche Firenze, Milano, Pavia, Rovigo. La sicurezza avrebbe potuto essere conseguita a partire dai 400 metri di altitudine.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Venezia sommersaA quel punto gli esseri umani avrebbero avuto un’unica possibilità di sopravvivenza: riunirsi in piccoli insediamenti autosufficienti sotto il profilo energetico ed alimentare, sfruttando le risorse del territorio ed acquisendo la capacità di difendersi da eventuali attacchi.
Libro profetico, tranne che per i tempi ipotizzati: le prime avvisaglie sono già presenti in tutta la loro evidenza.
Come salvare noi, le nostre famiglie, la nostra serenità da tutto questo? La risposta esiste. Si chiama condivisione, cohousing, rispetto del territorio, utilizzo selettivo e responsabile delle risorse. Non fra trenta, cinquanta o cento anni ma ORA. Perché oggi siamo di fronte ad un’opportunità irripetibile: quella di crescere interiormente rivedendo la scala dei bisogni reali e presunti, mentre la decrescita alla quale volenti o nolenti siamo costretti può contribuire a riqualificare i rapporti tra le persone.
Oggi esiste anche una possibilità, che non so se ed in quale misura potrà presentarsi domani: scegliersi serenamente e con tranquillità fra simili per decidere chi avere come vicini, come coabitanti del nostro futuro ecovillaggio.
Tutto questo non potrà, a mio avviso, prescindere da una chiave, non solo di lettura: quel piccoli insediamenti autosufficienti di cui ho scritto sopra. Autosufficienti e, piaccia o meno, in grado di difendersi. Credo che questa sorta di neofeudalesimo, per certi aspetti somigliante ad un neomonachesimo, probabilmente non avrà più i caratteri che abbiamo studiato sui libri di storia; magari sarà un Federalesimo o un Consorzianesimo, insomma un’alleanza fra borghi, villaggi, territori, comprensori. Ma soprattutto fra Persone che avranno scelto l’autodeterminazione, grazie alla profonda consapevolezza ed alla capacità di sentire con il cuore di quelli che immagino saranno gli abitanti dei borghi sorti dal recupero di insediamenti abbandonati.
Essi terranno certamente in alta considerazione la cultura dell’accoglienza del viandante ma, mi permetto di suggerire, senza dimenticare le parole di Cromwell: “Abbiate fiducia in Dio e nel prossimo, ma tenete asciutte le polveri”.

Alberto C. Steiner

Solo catastrofismo?
Non saprei dire se Madre Terra sia irritata, per non dir di peggio, da tutte le nefandezze che stiamo combinando ma di certo sta cambiando faccia: la crosta terrestre si sta muovendo sotto i nostri piedi e in varie parti del mondo si stanno aprendo nel suolo fenditure lunghe chilometri e larghe decine di metri.
Le placche terrestri sono uscite da un’era di relativo stallo geologico e si stanno spostando abbastanza rapidamente, una inevitabile trasformazione che stiamo vivendo e che ha già causato devastanti terremoti.
Più in particolare i movimenti della placca Indo-Australiana stanno provocando l’affondamento di Bangladesh, Pakistan e di gran parte dell’Indonesia; conseguentemente, la placca Pacifica si sta spostando verso ovest ed il Sud America sta iniziando a propria volta a migrare verso occidente: lo dimostrano le fenditure nella crosta terrestre osservate in Cile, Bolivia, Perù.
Il Nord America spingerà sulle placche di Cocos, di Nazca e su quella Caraibica, determinando terremoti, eruzioni vulcaniche e tsunami in tutto il Centro America; uno di proporzioni devastanti è previsto che avvenga nella regione della New Madrid Fault Line e se ciò accadrà, oltre a svilupparsi uno tsunami che si espanderà verso l’Europa,  si verificherà anche lo spostamento della placca Africana verso sud e verso ovest, con relative conseguenze nel bacino Mediterraneo.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Italia innalzamento acquePropongo un link interessante: http://quakes.globalincidentmap.com/ e questa cartina, che rappresenta l’Italia allorché il livello del mare si sarà innalzato di circa 60 metri, come previsto in seguito ad uno tsunami europeo.
Ma, giusto per stare tranquilli, è inoltre previsto che il livello delle acque marine si elevi di ulteriori 200 metri nell’arco dei due anni successivi. ACS

Signora Hobbit: pittoresca la sua casa, ma lo sterco di cavallo non è il nostro materiale da costruzione preferito

Senza né luce né acqua corrente…
cesec,emmaorbach,hobbit,ecosostenibilità,cohousing…sulle pendici del Mount Carningli, nella contea di Pembrokeshire, a ovest del Galles, Emma Orbach, sessantenne, laureata a Oxford e madre di tre figli, ha mandato l’orologio indietro a un’esistenza quasi medievale e da 15 anni vive come un hobbit, in una capanna di fango a 15 minuti a piedi dalla strada più vicina. Figlia di un ricco musicista, la signora hobbit – così l’hanno ribattezzata i giornali – frequentò fin da piccola le scuole più costose e prestigiose del Paese, addirittura insieme con le figlie di Presidenti stranieri, per poi trasferirsi a Oxford e completare i suoi studi con una laurea in cinese. Qui incontrò il marito, storico dell’architettura. Per cinque anni vissero in una casetta a Bradford, ma presto si trasferirono in un casolare abbandonato vicino a Bath, dove sono nati e cresciuti i loro figli. Da lì entrarono in una comunità hippie, con altri genitori che piuttosto di fare la spesa nei supermercati lavoravano la terra.
Ma negli anni ’90

…arriva l’illuminazione e i due comprano 175 ettari di terreno per 150.000 sterline. “La mia vocazione era quella di immergermi totalmente nella natura e allontanarmi da tutte le interferenze moderne”, racconta Mr.s Hobbit, che però non fu seguita da tutta la famiglia: “Mio marito non è mai venuto a vivere con me e ci siamo separati. Mi sono resa conto che questa era la mia vocazione e non potevo chiedere al resto della mia famiglia di fare lo stesso. È stato normale aspettarsi che degli adolescenti non volessero vivere improvvisamente senza energia elettrica”. Perché una donna brillante e laureata arriva a scegliere una strada che può sembrare quantomeno drastica? “Da bambini, non siamo mai stati incoraggiati a concentrarci sulle cose materiali” continua Emma, “Ero solita giocare nei campi“.
Ha sempre amato i fiori e la natura

…”Io e mio fratello a volte mangiavamo i nostri pasti sugli alberi. È stato idilliaco. Ho avuto la vera libertà. Sono molto grata di non aver mai dovuto vivere la sensazione di aver fatto qualcosa solo perché tutti gli altri l’hanno fatta. Ho portato avanti questo principio. Oggi, tutto ciò che riguarda la mia vita mi rende felice. Svegliarsi in un bosco e guardare i bellissimi alberi, vedere le stelle e la luna, ho un rapporto molto stretto con il mondo naturale”. Per questo Emma ha deciso di vivere prendendo l’acqua da un ruscello, tagliando la legna, coltivando le sue verdure, curando i suoi animali (sette galline, tre capre, due cavalli e due gatti) e costruendo una capanna in stile hobbit fatta di paglia, fango e sterco di cavallo. E trascorre la propria esistenza in un luogo straordinario che lei chiama casa, dove ogni tecnologia moderna è bandita e la vita è a impatto zero, con i minor danni possibili sul pianeta. E’ possibile.
Fin qui la notizia, della quale riporto la fonte:
http://www.ilfattaccio.org/2013/01/25/la-signora-hobbit-la-donna-che-vive-in-maniera-quasi-medioevale-a-impatto-zero/.
Bello, diremmo, persino idilliaco, ma a mio sommesso avviso la signora Orbach qualora dovesse essere portata ad esempio, potrebbe esserlo di ciò che, oggi, appare fuori dal tempo e fuori dal mondo. Contenta lei contenti tutti, naturalmente.

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Tanto per chiarirci, chi scrive non si ritiene un ecosostenibile da salotto: non possiede televisore, radio, lettore cd, kindle e neppure – da tempo immemore – un’auto. Vive per la maggior parte dell’anno in una contrada di montagna ad oltre un’ora di marcia dalla strada asfaltata e dalla ferrovia, ritiene che non esistano erbe infestanti e per cucinare (utilizzando per quanto possibile vegetali locali coltivati o raccolti personalmente, nonché carne e uova del posto, poiché non ha voglia, in salita, di caricarsi le spalle come un mulo) sfrutta le proprie conoscenze termotecniche divertendosi a giocare con il calore residuo. Ma mai si sognerebbe di edificare una casa con la merda di cavallo. Piuttosto con paglia e terra cruda seondo una metodologia antichissima, tra l’altro antisismica in modo naturale, e dipingendo a calce e pigmenti naturali ricavati da erbe e bacche. Forse perché, quand’anche fosse nato in una famiglia ricca, non si sentirebbe di certo addosso il fardello di chissà quali sensi di colpa da scontare. Viva la Vita.

ACS

Dignità? Anche una doccia può contribuire a restituirla.

Riferiamo una notizia minore, ma a suo modo portatrice di un respiro di apertura e bellezza: Lavamae è un’associazione non profit attiva a Frisco, la città californiana che conta 800mila abitanti distribuiti su ben 40 colline. Una curiosità: sulla sua rete tramviaria circolano alcuni vecchi tram milanesi recuperati ad uso di museo, niente affatto polveroso o statico.Cesec CV 2014.08.24 Lavamae Tram MilanoInvestendo 75mila dollari l’associazione ha trasformato un autobus dismesso donato dalla San Francisco Municipal Transportation Agency, l’azienda locale di trasporti pubblici, in un bagno mobile con docce per i senza tetto.Cesec CV 2014.08.24 Lavamae BusIl veicolo dispone di due bagni completi con doccia, lavabo, wc, spogliatoio e può offrire persino un cambio di biancheria.Cesec CV 2014.08.24 Lavamae RenderingDoniece Sandoval, promotrice dell’iniziativa, osserva come per gli oltre 3.500 residenti senza casa la città disponga solo otto docce pubbliche per accoglierli ed il suo progetto – lanciato nel 2013 ed attualmente al termine della fase sperimentale – potrà svilupparsi a partire dalla primavera del prossimo anno rivolgendosi anche ad utenti disabili, grazie alla donazione di altri tre veicoli.
La finalità progettuale non è, ovviamente, quella di porre fine allo status di senza dimora, bensì di fornire igiene come portatore di dignità.Cesec CV 2014.08.24 Lavamae FigurinoCliccando su questo link è possibile visionare un filmato relativo all’iniziativa, da noi riportata tramite il quotidiano britannicDaily Mail.

ACS

Solo attraverso profondi cambiamenti individuali il nostro Paese potrà rinascere

Stiamo vivendo un momento assolutamente particolare, forse unico: c’è chi dedica le proprie energie a diffondere una cultura delle regole, chi si impegna nella difesa dell’ambiente, chi si mobilita nel volontariato, chi affronta la fatica di un periodo di lavoro o di studio all’estero o semplicemente impara una lingua straniera in più, magari il cinese, il russo, l’arabo.CC 2014.04.30 Rinascere 001Nel segno di un’Energia nuova e pulita sono tante le riforme dal basso che ciascuno di noi può avviare da subito, e costituiscono un antidoto alla lagnanza, alla rassegnazione, al senso di impotenza che non è mai nelle cose ma dentro di noi. Sono quell’impotenza, quella rassegnazione che respiriamo oggi in Italia nell’attesa sempre delusa di grandi cambiamenti, svolte, catarsi collettive, rinascite nazionali. Che dovrebbe essere sempre qualcun altro ad attuare.
Questo aticolo nasce sulla scia di interessanti scritti pubblicati recentemente dal sito partner Consulenza-Finanziaria.it argomentando di competitività estera e di malcostume delle aziende nostrane, oltre che di gestione del credito bancario.
Iniziamo accennando al tanto vituperato cuneo fiscale che fa occupare al nostro Paese un posto niente affatto invidiabile nella classifica Ocse ma che, senza entrare nella disamina dei numeri – per quella basta leggere i siti del Sole 24 Ore e dell’Istat – è comunque inferiore a quelli tedeschi o francesi. Pertanto se Germania e Francia sono più competitive dell’Italia sui mercati mondiali non è certamente in ragione delle tasse sul lavoro.
Non a caso tiriamo in ballo la Germania, oggi da noi nuovamente nel mirino di una propaganda strumentale, che non esitiamo a definire sconcia, tendente a spostare l’attenzione dai problemi veri per raccattare voti nell’imminenza delle elezioni europee.
Per comprendere da dove deriva la minore competitività del nostro Paese rispetto ai due concorrenti bisogna considerare i dati della produttività per addetto, e prima di tutto nelle aziende manifatturiere, cioè quelle globali per definizione. Qui i dati parlano da soli: la produttività manifatturiera per occupato è pressoché identica in Germania e Francia ed è vicina ai 65mila euro. In Italia è pari a 48mila, inferiore di circa un quarto.ALSTOM TRANSPORT CORADIA MERIDIAN FITTING IN SAVIGLIANI , ITALYE la differenza non dipende dal fatto che i francesi sono bravi a fare treni e tram ed i tedeschi auto e frigoriferi, beni a tecnologia intermedia o elevata, e gli italiani lo sono a fare scarpe e cravatte, cioè beni tecnologicamente semplici.KL Cesec CV 2014.04.30 Consapevolezza e cambiamento 003KL Cesec CV 2014.04.30 Consapevolezza e cambiamento 002Se osserviamo attentamente l’intero settore manifatturiero ci accorgiamo che le produttività tedesca e francese sono quasi sempre più elevate rispetto alla nostra, per esempio in uno dei settori tipici del Made in Italy: tessile, abbigliamento e calzature, tradizionalmente considerato a più bassa produttività rispetto alla media economica europea. Ma in Germania e Francia la produttività annua per occupato è pari rispettivamente a 43 e 46mila euro, mentre da noi siamo a 33mila. Quindi inferiore del 25% circa. Come nel resto dell’economia.
Questa premessa per dire che, visto dal nostro Paese, il mondo appare immenso e fa paura. E’ un mondo che sta cambiando a velocità inaudita, nel quale sono entrati di prepotenza nuovi protagonisti ben più grandi di noi, dove antichi equilibri si sono alterati, gerarchie di potere improvvisamente stravolte, in cui nuovi pericoli incombono, mentre sfide e problemi mai incontrati prima chiedono una soluzione.
E’ già accaduto che per provincialismo, miopia e furbizia dei nostri attori politici ed imprenditoriali l’Italia sia arrivata impreparata di fronte a grandi svolte, perdendo tempo prezioso, e sta per accadere di nuovo: se non saremo pronti ad intuire gli scenari del futuro, se non sapremo valutare la direzione del cambiamento nelle tendenze di lungo periodo, rischieremo di prendere una volta di più le decisioni sbagliate.KL Cesec CV 2014.04.30 Consapevolezza e cambiamento 004Tanto è vero che invasione è la parola più usata dagli attuali predicatori dell’Apocalisse prossima ventura: invasione di immigrati clandestini, di prodotti cinesi, di capitali stranieri che ci colonizzano. E non ci accorgiamo che tutto ciò che temiamo è in realtà già accaduto.
Sia chiaro, di fronte ad ogni cambiamento la paura è legittima perché le grandi novità spaventano, possono nascondere delle incognite e il riflesso più spontaneo è difendersi. O negare il cambiamento.
Ma qual è esattamente la natura dei pericoli che ci minacciano? E qual è il modo per difenderci attaccando, per vincere la sfida senza accontentarci semplicemente di limitare i danni?
Imprenditori illuminati (ne esistono anche da noi) ed osservatori dell’Impero di Cindia possono tentare di rispondere a queste domande offrendoci punti di vista nuovi e in un certo senso rivoluzionari: le scelte da fare non riguardano solo governi, classi imprenditoriali e dirigenti.
Riguardano prima di tutto la vita quotidiana di ciascuno di noi, che inevitabilmente si ripercuote nelle famiglie e nelle imprese, di qualunque dimensione esse siano.
Siamo noi che, con maturata consapevolezza, impegno civile, consumi responsabili, andiamo in cerca, anzi costruiamo, il nostro futuro. Detto in altri termini: è solo attraverso una profonda revisione dei nostri modelli produttivi, di consumo, sociali che possiamo agire per scuotere i sistemi politico e produttivo.
Ma se continuiamo a lamentarci attribuendo a chicchessia la responsabilità dei nostri fallimenti e del nostro non andare avanti, non solo resteremo al palo, ma inevitabilmente ci attende una regressione: economica, sociale, delle coscienze.
Non ci sono alternative: o ci risvegliamo da quello che alcuni hanno definito sonno verticale, aprendoci ad un mondo nuovo, dove il punto di riferimento non è più il pil bensì la decrescita più o meno felice, un nuovo approccio alla qualità della vita, o saremo già morti senza saperlo.KL Cesc CV 2014.04.30 Consapevolezza e cambiamento 005Ed i cimiteri che potremo visitare saranno alla portata di chiunque avrà occhi per vedere e cuore per sentire: autobus e metropolitane, centri commerciali, le strade dove passeggeranno torme di zombies.
Dall’insieme delle decisioni individuali, decentrate, che ciascuno di noi compie ogni giorno possono nascere gli innumerevoli stimoli che possono spingere il nostro Paese all’ormai indifferibile cambiamento.

Alberto C. Steiner

Parco delle Cascine: un sogno grande 10 milioni di metri quadri

Parliamo, com’è nostro costume, di una storia minore ma non per questo meno importante sotto il profilo di quella maturata consapevolezza che porta un numero sempre maggiore di cittadini a volersi riappropriare del territorio e conseguentemente della storia e dell’identità locali.
Dopo numerosi rinvii si è finalmente tenuto il 10 aprile il convegno dedicato al Grande Parco Martesana, rilanciando un progetto risalente all’anno 2008 finalizzato a creare un ambito protetto sotto il profilo ambientale che potrebbe sorgere dalla fusione del Parco delle Cascine di Pioltello con il Parco Cave Est di Brugherio, Carugate, Cernusco sul Naviglio, Cologno Monzese e Vimodrone: 10 milioni di metri quadri di verde agricolo, per il benessere e la salute dei cittadini della Martesana.KL Cesec CV 2014.04.23 Parco Martesana 001Cliccando su questa scritta è possibile visionare il video della durata di oltre 40′ sul futuro Grande Parco della Martesana, girato da appassionati tra i quali Marcello Moriondo, autore delle riprese, il Comitato Antinquinamento di Pioltello ed il Gruppo Arcieri Biancamano.
Ai lavori hanno partecipato Paolo Micheli, consigliere regionale del Patto Civico, Giordano Marchetti, assessore al territorio del Comune di Cernusco, Fabiano Gorla della Lista per Pioltello, Roberto Codazzi di Vivere Cernusco e Giuseppe Bottasini candidato sindaco di Pioltello con la moderazione di Ivonne Cosciotti di Vivere Pioltello.KL Cesec CV 2014.04.23 Parco Martesana 002La storia del parco inizia da lontano, esattamente dal 1983, quando il Parco delle Cascine inizia ad essere sottoposto ad aggressioni speculative che tentano di renderlo fruttuoso non con i frutti della terra bensì con quelli avvelenati del cemento, in piena contraddizione con la presenza di attività agricole e di allevamento anche di eccellenza.
Purtroppo qualche conseguenza non è mancata, particolarmente nel comuni di Segrate e Vimodrone, dove è stata cancellata ogni superficie agricola con l’abbandono e la successiva distruzione di buona parte delle cascine in previsione di volumetrie edificatorie, senza trascurare la devastazione operata dall’insediamento di gruppi di Rom con il conseguente abbattimento delle cascine Vallota e Bareggiate, quest’ultima ufficialmente distrutta da un incendio originato da un fornello acceso dai nomadi che la occupavano abusivamente, ma tollerati in quanto rappresentanti di quella cultura altra tanto cara a certi buonisti e politici.KL Cesec Cv 2014.04.23 Parco Martesana 003Il Parco delle Cascine confina a Nord, per un breve tratto nel territorio vimodronese con il Parco delle Cave Est, esteso su Brugherio, Carugate, Cernusco sul Naviglio e Cologno Monzese. Entrambi i parchi sono riconosciuti dalla Provincia come PLIS, Parchi Locali di Interesse Sovracomunale ed in entrambi è tuttora presente una significativa attività agricola. In particolare l’area pioltellese, di forma quadrata, estesa su 200 ettari e non attraversata da strade, è particolarmente pregiata dal punto di vista naturalistico. Le aree insistenti negli altri Comuni sono più frammentate ma complessivamente si estendono per 800 ettari. Fondendolo le due realtà quetse dipenderebbero da ben cinque amministrazioni comunali, alle quali dovrebbe essere sottoposta qualsiasi eventuale proposta di variazione dell’utilizzo  e sarebbe pertanto meno agevole stravolgerne la vocazione agricola e naturalistica.KL Cesec CV 2014.04.23 Parco Martesana 004Come è stato ricordato nel corso del convegno, i PLIS non nascono da una decisione statale o regionale, bensì dalla volontà della comunità locale di salvaguardare le proprie aree verdi ed agricole aggregandole a quelle dei vicini. Esattamente ciò che si propongono i promotori dell’unificazione dei due parchi.
Le tipologie di alberi che compongono i boschi inseriti nei due parchi sono quelle tipiche del nostro territorio: farnie e carpini bianchi, tigli selvatici e ciliegi, olmi campestri e rovere, meli selvatici e peri, gelsi bianchi e neri che tanta parte hanno avuto nella nostra storia anche economica per l’allevamento dei bachi da seta, pioppi nero e salici bianchi oltre a svariate tipologie di arbusti, il tutto a comporre una vegetazione forestale che riproduca ciò che era presente un tempo in vaste aree della Regio Insubrica.martesanaAd oggi il parco agricolo è stato finalmente bonificato in modo da poter tornare ad essere coltivato, grazie ad una convenzione con alcuni operatori agricoli che rende l’area facilmente e tranquillamente fruibile e quotidianamente percorsa da trattori e carri agricoli all’opera. Un bel colpo d’occhio lo si ottiene attraversando il nuovo ponte ciclopedonale sulla Statale 11 Padana nei pressi del supermercato Esselunga di Pioltello, di fronte al quale è tra l’altro sorto un gattile nato dalla passione di un pensionato. Ed è molto piacevole vedere come i cittadini si stiano riappropriando del Parco prendendo la buona abitudine di farci un giro in bicicletta o a piedi, rispettando la natura ed il lavoro dei contadini.KL Cesec CV 2014.04.23 Tram Bergamo-Albino 001E per finire, giusto per non lasciare il futuro parco ed il suo vasto territorio di riferimento alla mercè di una mobilità insostenibile, si potrebbe anche ipotizzare una tramvia che dall’aeroporto di Linate colleghi la stazione della metropolitana di Cernusco ed eventualmente quella di Cologno Nord attraverso l’Idroscalo e San Felice, Pioltello e la sua stazione ferroviaria che sta assumendo sempre maggiore importanza, da realizzare sull’esempio di quella che collega Bergamo con Albino.

Malleus

22 aprile, Giornata della Terra

Accendiamo il pc e sulla pagina iniziale il doodle di Google ci ricorda, con il suo grazioso colibrì rosso animato, che oggi è la Giornata Mondiale della Terra.KL Cesec CV 2014.04.22 Giornata della Terra 001E’ un attimo, e a quello del colibrì si susseguono i disegni animati di una medusa quadrifoglio, un macaco giapponese, un camaleonte velato, un pesce palla ed infine uno scarabeo.
Quest’ultimo è sicuramente uno degli animali più misteriosi della storia, da sempre legato a simbologie esoteriche nonché apprezzato ornamento sulla cui forma si sono modellati numerosi gioielli in metalli preziosi e gemme. Ma lo scarabeo costituisce altresì un anello fondamentale nella perpetuazione dell’ecosistema.
Ed è da questa evidenza che probabilmente origina la scelta di Google di dedicare anche al simpatico animaletto il proprio logo animato.
Oggi, 22 aprile, è la Giornata della Terra, istituita il 22 aprile 1970, esattamente un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera, per sensibilizzare il mondo ai problemi della fame, dello sviluppo sostenibile, dell’inquinamento.
La celebrazione intende coinvolgere più nazioni possibili, oggi sono esattamente 175, per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra. Dall’originario movimento universitario, la Giornata è divenuta nel tempo un avvenimento educativo ed informativo, utilizzato da gruppi ecologisti come opportunità per valutare le problematiche del pianeta: dall’inquinamento di aria, acqua e suolo alla distruzione dell’ecosistema, dall’esaurimento delle risorse non rinnovabili alle migliaia di specie vegetali ed animali che scompaiono.KL Cesec CV 2014.04.22 Giornata della Terra 002Un esempio macroscopico di tale devastazione lo possiamo vedere in Cina, dove l’inquinamento è diventato talmente insostenibile da determinare l’invivibilità delle aree inquinate (notizia di qualche settimana fa: a Pechino alcune fabbriche hanno dovuto chiudere perché l’eccessivo inquinamento dell’aria impediva fisicamente il lavoro) ma addirittura influenza tutto il Pianeta.
Ed il nostro Paese non può certamente chiamarsi fuori da tali problematiche, a partire dal dissesto idrogeologico originato dalla devastazione, dall’incuria e dall’abbandono del territorio, in particolare di quello montano. Per tale ragione è nata Earth Day Italia, l’organizzazione italiana impegnata a promuovere l’Earth Day e le sue finalità sul territorio nazionale, favorendo lo sviluppo di progetti ed iniziative utilizzando, per esempio, il linguaggio dell’arte come moltiplicatore della sensibilità ambientale, ovvero dando voce e forza al mondo scientifico, istituzionale, delle imprese e della società civile per promuovere innovazione tecnologica e cambiamento culturale.KL Cesec CV 2014.04.22 Giornata della Terra 003Celebriamo dunque questa giornata, con spirito gioioso ma non come una festa, bensì come un momento di riflessione e impegno: ne va, letteralmente, della nostra vita e della sua qualità.

Cesec, Centro Studi ed Esperienze di Consapevolezza

Nel borgo di Chiaravalle una casa per donne vittime di violenza

Riportiamo questa notizia poiché a nostro parere l’iniziativa si situa a pieno titolo nel concetto di CondiVivere, in questo caso una nuova qualità della Vita improntata alla speranza.Cesec CV 2014.04.07 Chiaravalle casa per donne 001Nell’antico borgo di Chiaravalle Milanese l’edicola che ospita un’immagine della Madonna, posta alla confluenza tra le vie Sant’Arialdo e San Bernardo, sembra vigilare su un edificio risalente agli anni Venti del secolo scorso e che un tempo ospitava una scuola materna, ed in seguito un oratorio.
Dismessa quell’ultima funzione l’edificio rimase per lungo tempo abbandonato finché non venne concesso in uso ad un’associazione di volontariato il cui scopo era quello di accogliere detenuti in misura alternativa, ex-detenuti ed alcune ragazze madri straniere.
Successivamente l’edificio venne posto sotto la responsabilità della Fondazione Fratelli di San Francesco d’Assisi assistiti da Fondazione Cariplo per le incombenze economiche.
Nella casa di via San Bernardo verrà attuato il progetto Ricomincio da Me, che prevede di aprire presto un luogo di accoglienza protetta per donne vittime di stalking o violenza domestica, anche con figli minori a carico.
La struttura potrà ospitare venti donne inviate dalla magistratura, che verranno seguite nel loro percorso di rinascita da un team di professionisti  per un periodo fino a sei mesi.
La Fondazione Fratelli di San Francesco è una presenza istituzionale a Milano, poiché gestisce sin dal 1999 centri di accoglienza, mense, docce e guardaroba per poveri, dormitori, asili nido, convitti e centri di formazione per persone disagiate, nonché servizi sociosanitari rivolti in particolare agli anziani e agli emarginati.Cesec CV 2014.04.07 Chiaravalle casa per donne 002Un altro passo verso la soluzione di situazioni di degrado nel quartiere di Chiaravalle, in particolare in questa piazzetta che con l’edicola votiva e  il laghetto costituisce la porta d’ingresso e il biglietto da visita del borgo di Chiaravalle.

Malleus

Le barriere sono nella mente. Tranne quelle architettoniche.

Cesec CV 2014.04.05 Disabilità 001Considerazioni di un disabile pro-tempore per CondiVivere un aspetto legato alla qualità della vita.
Oggi mi hanno tolto i punti al quadricipite sinistro: lo sbrego di venti centimetri creato dai chirurghi sopra il ginocchio per andare a recuperare e ricucire il tendine affinché continui a svolgere la propria funzione risalta, riluce, si mostra in tutto il suo splendore lasciando immaginare cruenti esiti di arrembaggi daga alla mano.
Ma il volo fantastico del pirata dei Caraibi dura giusto il tempo per assistere alla spennellatura con liquido antisettico d’ordinanza, alla protezione con ampio morbidoso cerotto ed alla ricopertura con calza antitrombo, che ad onta del nome non è un accessorio pensato da torturatori medioevali del Sant’Uffizio al fine di evitare intemperanze sessuali.
Riposizionato infine il tutore che mi fa sentire molto Robocop non restava altro da fare. Allora ho deciso per una passeggiata, sotto la mia responsabilità è ovvio: la vita per me è sempre stata senza rete, che sarà mai un giretto da pensionato?
Non ho naturalmente scelto levigati vialetti circondati da prati curatissimi in puro stile centro di riabilitazione, troppo comodo. Ho scelto la strada, si proprio quella dove transitano pedoni, autobus, camion e motorini. Insomma, quella dove scorre la Vita.
Ed ho scelto di percorrerla con il mio girello in leggerissimo tubolare, non ammortizzato e dotato di ruotine che sono cugine di quelle dei carrelli dei supermercati: vanno ovunque fuorché dove voglio io.
Tuta nera da Ninja, scarponcini da trekking che mi fanno sentire più sicuro – e che mi sono allacciato da solo, sembra una stupidaggine ma in queste circostanze rappresenta una conquista – gambottone bionico, giacca a vento rigorosamente rossa, complice la splendida giornata appoggiata con nonchalance sulla traversa del girello, e via. Durante la passeggiata mi sono pure fermato ad ammirare il panorama rollandomi una sigaretta en plen air.
KL Cesec CV 2014.04.05 Disabilità 003Ma, direte voi, se sei stato così fortunato da poterti muovere autonomamente a pochi giorni da un intervento chirurgico, qual’è il problema? Semplice: il girello. O meglio la percezione che se ne ha secondo arcinote costruzioni mentali. Chi ha bisogno di un girello per deambulare? Un disabile, è ovvio. Ma anche un anziano affetto dal Parkinson ed afflitto dall’immancabile badante.
Non ho la benché minima intenzione di trascorrere la convalescenza murato vivo come la Monaca di Monza e, se voglio andare in giro sia pure nel limite delle mie possibilità assaporando fioriture di glicini e azalee, profumo di pane appena sfornato e tutto ciò che fa sentire vivi e non malati, visto che non sono un Rettiliano che strissia come una bissia, devo per ora farlo utilizzando il girello.
E se questo è per me causa di turbamenti interiori poiché mi fa apparire, ai miei occhi beninteso, come un vecchietto disabile, vale la risposta data da Jack Nicholson al suo vice nel film Codice d’Onore.
Il girello mi crea problemi, o meglio barriere mentali? Benissimo, e allora mi ci ficco dentro fino in fondo e vado a spasso con il girello. Punto.
E’ stata una piacevole passeggiata di un’oretta e sono contento della sfida che mi sono autoimposto, con messaggio finale su Whatsapp alla mia compagna, che risponde: “Anch’io sono contenta e sono contenta che l’hai fatto con il girello abbattendo barriere mentali.
E sin qui le considerazioni legate alla percezione di sè, alla consapevolezza, all’intento, al risveglio ed a tutte quelle robettine lì.
Emergono però ben altre considerazioni, tra attraversamenti pedonali, salitine, discesine, marciapiedi, gaudiose pavimentazioni da arredo urbano e quant’altro: se da sano, e da progettista, ho sempre prestato attenzione alle problematiche legate alla disabilità motoria, da disabile pro-tempore ho avuto la conferma di tante fonti di disagio, minime ma al tempo stesso grandi: dalla reale portata delle barriere architettoniche, anche una ruga per terra diventa una barriera se ti muovi con il girello, alla percezione che di te ha la gente.
Il secondo aspetto è molto più positivo del primo: le persone si fermano per cederti il passo, si scansano, ti superano badando a non urtarti, ti sorridono (devo dirlo: specialmente le signore, anche se non mi davano l’idea dell’istinto materno…), si offrono di tenerti aperta una porta. Giusto per ricordarti di non dimenticare che le barriere sono dentro di noi e siamo noi a proiettarle sugli altri.SAMSUNG DIGITAL CAMERALe buche, il pavè sconnesso e le pezze sull’asfalto invece non sono dentro di noi, sicuramente son dentro i bilanci comunali; i pali della luce messi apposta per allenare allo slalom e le corsie per disabili più strette della carreggiata di una carrozzina, per di più inserite in una ciclabile, sono nel cad di un architetto deficiente. Una proposta, per gli specialisti dell’urban design: cari colleghi, perché un giorno ogni tre mesi non vi steccate una gamba in modo da tenerla rigida e andate in giro per i marciapiedi della vostra città con un girello, addirittura in carrozzina? No cari, quella con il joystick è vietata.

ACS

Network Marketing e teoria dello schiavo

Ricevo periodicamente la newsletter di uno dei troppi guru della finanza creativa che insegnano al colto e all’inclita come far soldi senza soldi, nella fattispecie come diventare trader immobiliari e proprietari di sterminati patrimoni edilizi dai quali trarre un reddito, semplicemente mettendo a frutto l’intento, seguendo i costosi corsi tenuti da questi dispensatori di Sapienza e Verità e, perché no, come ricavare denaro partecipando a strutture di network marketing. Qualche lettore potrebbe osservare: ma se l’argomento ti fa così schifo perché non ti cancelli dalla newsletter? Per due ragioni. Anzitutto per conoscere cosa gira nel panorama di riferimento, discariche comprese. In secondo luogo perché, come diceva tanti anni fa un amico torinese: “Leggo Stampa Sera per poterla disprezzare con cognizione di causa.” Nella fattispecie il nostro guru racconta tutto tronfio di essere appena tornato da un viaggio alle Hawaii organizzato da una società di network marketing e, tiene a sottolineare: “Pagato da loro“. E, gigionando, non manca di far osservare: “Mi ero iscritto circa 4 anni fa e piano piano ho costruito una struttura. La cosa magica del network è la duplicazione. 11 persone inserite sono diventate 2060 per effetto della duplicazione. E anche se guadagno 11 euro a persona in media al mese incominciano ad essere soldi che attirano la mia attenzione. Soprattutto per la qualità del denaro che ad un certo punto perde la proporzione tra sforzo e risultato. L’azienda ha distribuito premi per 71.000.000 di $ in una sera. Da 50.000 a 2.400.000 a persona… C’erano 3.000 persone (che guadagnano dai 200.000 a oltre 10.000.000) e circa 400 persone hanno avuto accesso al bonus… Io ero tra i barboni… Inoltre feste a tema, cene di gala ecc ecc tutto per confermare l’eccezionale stile di vita che questo tipo di attività dà a chi ci crede e si impegna.KL-Cesec-CV-2014.04.02-NM-005Afferma inoltre che il NM non è per tutti ma solo per chi è attrattivo o vuole diventarlo, e la misura del successo è data da crescita personale ed assegno, che vanno di pari passo; l’importante è che l’azienda abbia prodotti che creano fan, dato che si guadagna dal consumo: se il prodotto non crea consumatori fedeli ogni volta bisogna cercare nuovi clienti/distributori e la struttura non cresce in maniera esponenziale. E, da quel guru che è, conclude la concione affermando: “Qualunque commerciale dovrebbe fare network, qualunque imprenditore dovrebbe avere almeno una entrata da network. La cosa buona del network sono le abilità che devi sviluppare per crescere. Se non ti formi, non impari e non fai non cresci. Può essere fatto full time, part time o per aggiungere un piccolo reddito da casa.”Computer study
Invito chi legge a focalizzare l’attenzione sull’insipienza di quanto questo figuro afferma, nonché sugli squallidi riferimenti offerti come modelli inarrivabilii, non senza far notare come (stranamente?) costui ometta il nome del network foriero di cotanta cornucopia… Continuo a ribadire il mio pensiero sull’argomento: se ho un prodotto ripetibile, assumo agenti e rappresentanti perché me lo vendano, loro si presentano ai clienti che a loro volta possono essere distributori o negozianti, se il prodotto è buono e loro sono bravi vendono e, se il prodotto va, mi rinnovano gli ordini tramite i rappresentanti. Naturalmente, compatibilmente con le mie possibilità e funzionalmente a strategia e target, investo anche in pubblicità e comunicazione, e il prezzo finale del prodotto è ovviamente formato anche dai miei costi di promozione e vendita. In ogni caso io sono il produttore, lui è il rappresentante, quell’altro è il negoziante e tutti sanno con chiarezza chi sono e chi siamo. E vissero tutti felici e contenti. Detto in altri termini, tutti lavoriamo e io, come è giusto che sia, mi assumo il rischio d’impresa. Trovo che il concetto del Network Marketing, che preferisco continuare a chiamare con il nome che gli spetta: Catena di Sant’Antonio, fatti salvi alcuni casi di eccellenza sia l’antitesi del concetto di lavoro, che parte dalla premessa interiore di guadagnare alle spalle degli altri. E sempre che non si configuri come una truffa; tutti ricorderemo il caso Tucker, il tubo che non serviva a un tubo che ha spopolato nel decennio scorso.KL-Cesec-CV-2014.04.02-NM-004E, mi duole doverlo affermare ma sono i fatti a sostanziarlo, la maggior parte di chi cede alle lusighe del Network Marketing si colloca ideologicamente nella fascia della cosiddetta alternativa, quella che aborre il lavoro in quanto fonte di sfruttamento. Non sto parlando a vanvera, e cito solo due casi. Uno si chiama Aloe più o meno vera, che impazza nel mondo di una certa spiritualità e meditazione. Per guadagnare devi cominciare a spendere 250 euro di prodotti, e il reclutamento avviene attraverso il passaparola utilizzando cene e serate in location più o meno gradevoli. L’altro è anche peggio perché non presuppone l’esistenza di un prodotto ma solo l’anelito ad arricchirsi: si chiama Ruota dell’Abbondanza, imperversa nello stesso mondo, in particolare in quello dei Sanniasyn di Osho e consiste nell’intortare (scusate, ma intortare è più pregnante rispetto a convincere o persino irretire) otto illusi affinché versino 10.000 Euro ciascuno; una volta che la ruota è completata il promotore ritira il malloppo, e intanto gli altri hanno istitutito a loro volta altrettante ruote. Costo dieci, resa ottanta. Se va bene. Naturalmente è tutto ammantato dal segreto, anche perché questi censori della morale capitalista ben sanno che è tutto in nero, nulla si scrive, tutto si dice sottovoce e mai al telefono. Si organizzano feste in casa ora dell’uno ora dell’altro, ci si autoincensa e via. Qualcuno rimane con il cerino acceso in mano, a qualcun altro son capitati in casa i Carabinieri a rovinare la frittata, se ne è molto parlato l’anno scorso specialmente in certe zone del Piemonte.E tutto questo per tacere dei modelli di riferimento: denaro, luccichii, guadagnare senza far nulla. Non mi stupisce che prenda molto certi soggetti che aborrono anzi avversano l’idea di imprenditoria, sbandierandosi peraltro puri, consapevoli e alternativi. E vi è mai capitato di avere a che fare con questi reclutatori, peggio ancora se sono fra coloro che il network lo stanno inventando? Vi invitano per un caffè e, dopo una premessa evanescente condita da fantasmagorici dati snocciolati, vi propongono di entrare a far parte di un team di successo: partiamo da cinque e entro un anno siamo a duemilaottocentotrentasette, ti mostrano uno schema piramidale come se ti svelassero le cellule della Resistenza. Ti parlano di piattaforme, di e-gadget, di e-book, e il loro tono giunge invariabilmente all’untuoso di sapore levantino. Ti parlano di milioni di euro e sono vestiti da straccioni, li conosci e sai bene quanto fatichino a sbarcare il lunario pur non avendo mai capito bene cosa facciano per vivere. In ogni caso sono improbabili. E poi ci sono quelli che del network fanno già parte, e te li ritrovi vicini di tavolo a una cena alla quale hai partecipato per divertirti e rilassarti, ti rintronano con le loro mirabolanti performances basate su valori che per loro sono assoluti ma che – almeno per me – non significano nulla, anzi sono fuffa. Non infrequentemente sono dei tamarri sottoacculturati, e lo dimostrano nell’abbigliamento e nell’accessoristica, nell’auto che non perdono occasione di far notare. Se sono donne, sono delle assatanate, di una volgarità esemplare, di quelle con le quali un uomo normale si vergognerebbe a farsi vedere in giro. Estetiste che argomentano di alta finanza lasciandoti intravvedere le tette. Con il cellulare sul tavolo che squilla incessantemente. Il network marketing, così concepito, costituisce in realtà una delle peggiori forme di schiavitù, quella che ti fa credere di esserti riscattato, di essere diverso, migliore, un ganzo. E vi dimostrerò il perché.KL-Cesec-CV-2014.04.02-NM-001Il nostro Paese, così come lo conosciamo e prima che si sfasciasse, è stato costruito dall’imprenditoria. Più o meno illuminata, più o meno lobbistica, più o meno qui, più o meno là, ma imprenditoria. Un’imprenditoria proveniente da Belgio, Francia, Germania, Svizzera, Regno Unito che, affiancata da lungimiranti locali, generalmente di nobili origini, cospicui patrimoni fondiari e qualche esperienza protoindustriale, ha dato vita all’Italia di fine Ottocento: pensiamo solo alla ferrovia dei Giovi destinata a creare uno sbocco marittimo ai mercati centro-europei, pensiamo alle tramvie a capitale prevalentemente belga che per ogni dove solcavano le strade, in particolare quelle lombarde per trasportare merci, pensiamo alle realtà torinesi, milanesi, a Sesto San Giovanni, al Bresciano. Pensiamo allo sfruttamento delle risorse idriche per produrre energia elettrica. E pensiamo alle innumerevoli attività artigianali che hanno segnato la storia del nostro Paese.KL-Cesec-CV-2014.04.02-NM-002E tutto questo prima che arrivasse l’Iri di Prodi. Prima che arrivassero la finanza di carta e i finanzieri di cartone. Prima dei vari Cultrera, Sgarlata, Fiorini, Canavesio e prima degli imbonitori televisivi. Prima che quelli che avevano vissuto di tangenti si reinventassero equosolidali. Poi è arrivato il peggio: l’Italia dei venditori di spazzole con la barzelletta sconcia, l’Italia puttaniera e della menzogna, l’Italia del fottere lo Stato, anzi del diventare stato per potersi fare i cazzi propri. L’Italia che ha avuto spazio perché sostenuta da tanti che bramavano di essere così. L’Italia che sembrava quella dei filmacci con Boldi e De Sica. Cosa c’entra l’industrializzazione nazionale con il network marketing? C’entra, eccome. C’entra nella misura in cui si è creata l’attuale cultura del non lavoro. O, ancora peggio, la cultura del mio figlio farebbe qualsiasi cosa, ma non trova niente. La questione è anche questa: essere disposti a fare qualsiasi cosa, compreso farsi sfruttare in un call-center per imbrogliare telefonicamente chiunque capiti a tiro proponendo qualsiasi cosa, pur truffaldina che sia. E per quattro soldi, oltretutto. Di cosa sto parlando? Sto parlando della mentalità dello schiavo. Che poi finisce per credere di essere padrone, addirittura alternativo. E questo concetto inizia ad essere instillato dalla famiglia, dalla scuola dove ti insegnano ad essere uno schiavo (presente In fila per tre di Bennato?) però in modo ben più raffinato che in passato. Sto parlando del non reinventarsi, dell’accogliere supinamente modelli, e non fa nulla che chiunque potrebbe obiettare che a nessuno piace lavorare, ma quando si è sottoposti alla necessità di vivere allora si cerca il lavoro, addirittura si combatte per esso giungendo al punto che qualunque mansione andrebbe bene, e si è persino disposti a morire per coloro che fingono di riconoscerci diritti, ma che lo fanno nel loro interesse. Che è quello di tenerti sempre più sotto il tallone. Proviamo invece a pensare esattamente al contrario: non è  forse perché alle persone non interessa nulla di profondo, nulla che oltrepassi la soglia della sopravvivenza, dell’anestesia allietata da innumerevoli gadget che si costringono a lottare e sgomitare? La soluzione sta nell’affrancarsi dall’ancestrale paura della fame riprendendo possesso della propria dignità, della propria nobiltà interiore dedicandosi anzitutto a ciò che di più elevato si riesce a produrre interiormente, vale a dire l’identificazione con la propria anima, l’unica vera essenza nella quale è già scritto qual è il mestiere al quale dobbiamo dedicarci per vivere in maniera equilibrata. Tanto per cambiare sto parlando di Consapevolezza, di vivere nel Presente. Questa è una civiltà che mira a fabbricare servi, e da sempre i servi complottano per fottersi tra loro, senza ritegno, molto spesso per assomigliare ai tanto vituperati padroni. Ma nessuno ci vieta di riacquistare la nostra dignità, per esempio non accogliendo come alternative o liberatorie attività che altro non sono che una forma di sfruttamento. Tutto qui. Ciascuno ne tragga le considerazioni che preferisce.

Alberto C. Steiner