Fattorie didattiche: da dove si comincia?

Premessa, noiosa ma necessaria:
“Carletto, cosa farai da grande?”
“L’ecovillaggista, papà”
“Allora molla quegli strafatti che frequenti a vai in montagna per tre anni. All’università”.
Rispondiamo, per puro divertimento, a due email che ci sono pervenute a seguito dell’articolo intitolato Percorsi per ecovillaggisti. Formativi? pubblicato oggi su questo blog e che ci accusano di essere settari e di volerci appropriare dell’ecosostenibilità per traghettarla verso freddi lidi imprenditoriali e finanziari.
A parte il fatto che ci vengono attribuiti poteri ben lontani dalle nostre modeste facoltà – roba che nemmeno con i riti Woodoo – probabilmente a differenza di chi ci scrive sappiamo invece bene, quanto “l’interesse dell’imprenditore non sempre coincide con quello pubblico, e pertanto bisogna guardarsi dal seguirlo ciecamente; le proposte di legge che vi si ispirano vengono da una categoria di persone che sono istintivamente portate a ingannare e opprimere i lavoratori, e che di fatto molto spesso li ingannano e li opprimono”. No, non l’ha scritta Marx questa frase, ma un tranquillo scozzese che si chiamava Adam Smith nel suo libro Natura e cause della ricchezza delle Nazioni, pubblicato nel 1776.
Quindi, ribadiamo con forza il nostro pensiero che condanna il dilettantismo camuffato da alternativo perché oggi, ed ancor più in un futuro niente affatto lontano, ci saranno due sole alternative: mangiare o morire di fame. Il resto sono chiacchiere, fumo o, come abbiamo scritto nell’articolo richiamato, fuffa.
Bene, ciò premesso per doverosa risposta, a nostro avviso gli ecovillaggi si studiano all’università, e non tra danze,cerchi più o meno sacri e scambi di massaggi reiki. Poi ciascuno è libero di illudersi come preferisce, ma non venga a dare lezioni quando avrebbe invece bisogno di apprenderne.KL Cesec CV 2014.02.21 Edolo neveE passiamo alle cose serie. Fattorie didattiche:da dove si comincia?
Pochi sanno che presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano è stato istituito il corso di laurea triennale in Valorizzazione e tutela dell’ambiente e del territorio montano, caratterizzato da una notevole particolarità sancita dal motto: la montagna si studia in montagna. InfattI l’ateneo ha sede a Edolo, in Valle Camonica.KL Cesec CV 2014.02.21 Università MontagnaPer il nostro Paese la montagna rappresenta una parte ampiamente significativa del territorio, che in passato contribuiva molto più che ai giorni nostri all’economia ed al sostentamento della popolazione.
Sappiamo bene come scelte economiche e politiche abbiano gradualmente trascurato queste aree comportando gravi conseguenze sociali e di degrado ambientale.
Oggi il territorio montano si presta ben più che in passato alle attività  agro-forestali, alla zootecnia di qualità, alle produzioni artigianali, alla protezione dell’ambiente ed al turismo in un contesto in grado di garantire una migliore qualità di vita per chi sceglie di operare nel settore.
Il mare e la montagna non tradiscono ma sono, semplicemente, severe maestre: le cronache traboccano di leggerezze pagate con la vita. Ed anche un notevole impegno economico e di lavoro non può essere improvvisato, soprattutto in un territorio difficile come quello montano. Ma occorrono dedizione, esperienza e prima ancora una seria formazione. Per questa ragione è stato istituito il corso di laurea in valorizzazione e tutela dell’ambiente e del territorio montano.
Martedì 25 febbraio con inizio alle ore 15:30 presso l’Aula Magna dell’università si terrà un incontro sul tema: Le fattorie didattiche: da dove si comincia?
Relatore sarà Valentino Bonomi dell’ Azienda Agricola S. Faustino, che spiegherà le opportunità legate all’apertura di una fattoria didattica. Per partecipare è necessario accreditarsi sul sito della Facoltà www.valmont.unimi.it.

Malleus

L’Insubria c’è. E ci osserva dall’alto delle vette prealpine.

Nel territorio compreso fra Milano e i laghi prealpini esistono legami antichi che il tempo non ha mai cancellato: stessa lingua e stessa storia, nonostante le dominazioni e le frontiere politiche susseguitesi nei secoli.
Paradossalmente, e fortunatamente aggiugiamo, la globalizzazione e la crescente integrazione fra stati hanno comportato che le regioni riacquistassero importanza. E la regione dei laghi ha ritrovato questo nome, a lungo dimenticato e che suona strano: Insubria. KL Cesec CV 2014.02.03 Insubria 002Ma ci sono tante Insubrie. C’è quella storica, che si riferisce al territorio compreso fra il Po e i laghi prealpini abitato sin dall’antichità da una popolazione di origine celtica, successivamente conglobata nell’Impero Romano. C’è quella politica, nata negli anni Novanta e della quale, poiché nasconde spesso fuffa e giochi strumentali, non ci interessa proprio nulla. Del resto, se è vero che non crediamo più alla favola della democrazia rappresentata e delegata, figuriamoci se crediamo a icone e bandiere inventate di sana pianta per raccattare voti.
C’è infine l’Insubria delle persone, quella che ben conoscono i frontalieri: italiani che lavorano in Vallese e in Ticino e svizzeri che lavorano in Piemonte e Lombardia. Oppure artigiani e imprenditori, che grazie all’entrata in vigore dei trattati bilaterali possono affrontare con maggiore libertà attività economiche dalle due parti della frontiera. E infine i consumatori, interessati a spendere in modo oculato i loro soldi, o semplicemente intenzionati ad approfittare pienamente dell’offerta culturale e di svago offerta da una regione estremamente ricca, interessante e che non ce la fa proprio a nascondersi sotto il tappeto, a fingere di non possedere la propria profonda radice culturale.KL Cesec CV 2014.02.03 Insubria 001Ciò premesso andiamo a Lecco, città della quale abbiamo parlato la scorsa estate a proposito del Movimento per l’Acqua Pubblica e che nel 2013 è stata insignita del titolo di Città Alpina attribuitole da una giuria internazionale e consegnatole in una cerimonia pubblica, ed entrando così a far parte di un ristretto gruppo al quale appartengono città italiane, slovene, austriache, tedesche, svizzere e francesi.
Noi, quella sera, c’eravamo. Da furestèe, forestieri, infiltrati, ma non abbiamo dimenticato quanto ci siamo fatti coinvolgere da quel clima da stadio e nel contempo di profonda commozione e da prima della Scala.
E oggi vogliamo ricordare qui le parole del sindaco Virginio Brivio, pronunciate allorché ricevette il testimone dalle mani di Jean Luc Rigaut, sindaco di Annecy, Città alpina 2012: “E’ un onore e al contempo una particolare responsabilità e noi, insieme ai nostri concittadini, dobbiamo dimostrarci all’altezza“.
Non sta a noi giudicare se l’Amministrazione lecchese sia stata o meno all’altezza. Per chi volesse approfondire i risultati sono sul sito del Comune.
Sappiamo però che Lecco ha puntato a temi come la mobilità dolce, il risparmio energetico e, con particolare focalizzazione, la tutela della risorse idriche.
Relativamente alla mobilità dolce, oltre all’istituzione del bike-sharing, è stato allargato alla fascia pomeridiana il servizio del Piedibus, grazie al quale i 650 alunni che andavano a scuola evitando che i loro genitori emettessero tonnellate di CO2 sono diventati oltre mille. Non male.
Quanto al risparmio di energia, il comune ha speso un sacco di soldi investendo nell’incentivazione di costruzioni a elevata efficienza energetica e nell’introduzione dell’illuminazione pubblica a led. Anche qui non male.
Ma il vero punto che ha focalizzato la nostra attenzione non poteva che essere rappresentato da Sora Acqua: non solo educazione a consumi più consapevoli tramite la sensibilizzazione dei cittadini e l’installazione di erogatori di acqua alla spina, ma anche la lotta all’inquinamento, con l’ammodernamento e l’ampliamento del depuratore cittadino, la cui inadeguatezza era stata più volte sottolineata. E tutela dei corsi d’acqua, attraverso la rinaturalizzazione di tre torrenti che sfociano a lago, ed un convegno tenutosi lo scorso ottobre sui mutamenti climatici. Non da ultimo la riconsiderazione del contratto per la distribuzione cittadina dell’acqua potabile.
Certo, i lavori non sono conclusi, i soldi come sempre sono pochi – anzi sono sempre di meno – e si cerca di spenderli oculatamente.

Malleus

Non è un paese per auto: Frasnedo, il borgo senza strade

Scarponcini ai piedi e camminata in salita di almeno due ore lungo una mulattiera nel bosco dominato da castagni, agevole ma che in alcuni tratti è a gradoni da togliere il fiato. Solo a queste condizioni la Valle dei Ratti si lascia scoprire.
Il toponimo origina da un’antica famiglia comasca che qui vi possedeva numerosi pregiati alpeggi, e la valle è percorsa in tutti i suoi 11 km dal torrente omonimo che sorge dal Pizzo Ligoncio, a 3.038 metri di quota per sfociare nel Lago di Mezzola.
La valle ed il suo principale nucleo abitato, Frasnedo, costituiscono un emblema di quella montagna quanto mai viva, perché ha saputo evitare l’arrembaggio di turisti in cerca di paradisi a portata di automobile. La strada carrozzabile si arresta dopo numerosi tornanti a pochi chilometri dall’abitato di Verceia ad un’altitudine di circa 600 metri. Per questa ragione la valle resta là, nascosta, alle spalle della Costiera dei Cech, con le sue ampie possibilità escursionistiche note in una comunque ampia cerchia di intenditori e appassionati, regno degli abitanti di Verceia che d’estate animano il nucleo di Frasnedo guardando gli arditi forestieri senza diffidenza ma con l’orgoglio di chi si sente sovrano di un lembo alpino denso di storia e di tradizioni.
La valle, la prima orientale che s’incontra entrando da sud in Valchiavenna, scende ripida con andamento Est-Ovest dalle vette granitiche del nodo del Ligoncio, che ha come vetta principale il pizzo omonimo dal quale si dipartono anche le valli Codera e Masino. Sul suo versante orientale si erge, tra gli altri, il monte Spluga e dalla valle si accede ad importanti passi: oltre al Piana, al Visogno ed al Colino i passi gemelli di Primalpia – etimologicamente la prima fra le Alpi ovvero l’Alpe per eccellenza – a quota 2.476, e la Bocchetta di Spluga, a 2.526, che congiungono l’alta Valle dei Ratti alla Val Masino.
Il Rifugio Volta del C.A.I. di Como ed il Bivacco Primalpia realizzato e gestito dalla Comunità locale costuiscono punti di approdo sicuri per escursioni ed arrampicate, nonché talvolta per la sosta temporanea di chi conduce agli alpeggi in quota le mandrie, dal latte delle quali si ricavano d’estate ottimi formaggi grassi.
Per salire a Frasnedo è necessario percorrere la mulattiera, indicata dal segnavia, che dopo un primo tratto scalinato, risale il fianco di una sorta di promontorio dal quale si inizia a guadagnare quota prendendo verso Est e transitando a quota 664 presso una cappelletta per traguardare, a quota 910 fra tronchi di antichi castagni, i binari del Tracciolino, particolare ferrovia decauville che con tracciato pianeggiante sviluppato per km 11,786 congiunge il bacino di carico di Codera per l’adduzione alla centrale idroelettrica di Campo di Novate, con la diga di Moledana. Venne realizzata nel 1933 per trasferire i materiali da costruzione necessari ad erigere la diga in val Codera e dal suo straordinario percorso, che taglia valloni orridi e verticali, si possono ammirare panorami mozzafiato. Meriterebbe una riqualificazione turistica, possibile a costi contenuti, ma non siamo nella vicina Svizzera.CC 2018.06.19 Cartina FrasnedoLasciando sulla destra il tratto ferroviario che finisce alla diga di Moledana, eretta all’imbocco di un orrido che scende a perpendicolo per ottanta metri, si prosegue lungo la mulattiera per Frasnedo sino a raggiungere il nucleo abitato di Casten, che deve il nome alla massiccia presenza dei castagni, incontrastati dominatori di questa parte della valle.
Salendo ancora ci si affaccia alla soglia della media valle, presidiata da una cappelletta a quota 1.171 e denominata della Val d’Inferno, dal nome del vallone laterale che precipita da nord nel solco principale della valle.
Da qui si inizia a vedere, in alto sulla sinistra, Frasnedo, il borgo a quota 1.287 che sorge sotto il crestone che divide la valle dal vallone di Revelaso e deve il toponimo ai molti frassini presenti.
Un tempo era abitato tutto l’anno ma, com’è accaduto a molti borghi montani, cadde in uno stato di pressoché completo abbandono. Oggi si anima nella stagione estiva dopo che i cittadini di Verceia, fieri del fatto che la valle sia rimasta immune dal cosiddetto progresso, hanno recuperato con le loro mani – molti sono muratori – vecchie case e fienili ereditati per venire quassù a trascorrere le ferie, falciare il fieno o portare le vacche. Gli approvvigionamenti sono assicurati da una teleferica voluta e gestita dal consorzio formato dagli stessi abitanti di Frasnedo e della quale tutti sono piuttosto fieri. Nel mese di agosto il villaggio è animato da svariate feste, alcune delle quali evocano sensazioni antiche.
Davanti alla chiesetta consacrata alla Madonna delle Nevi, alla quale è dedicata la più importante delle feste agostane con fiaccolata notturna, si erge un grande olmo montano, censito nel 1999 fra gli alberi monumentali della Provincia di Sondrio per il suo portamento, la sua eleganza ed anche la sua rarità botanica a questa quota: la circonferenza del suo tronco misura 270 cm ed è alto 10 metri. La chiesetta è posta in posizione rialzata, rispetto al corpo centrale del paese e la sua collocazione permette di vivere la sensazione di una curiosa sospensione: guardando oltre la soglia della bassa valle si scorge uno spicchio del lago di Mezzola, mentre volgendo lo sguardo alla testata della valle torreggia il monte Spluga, in una dimensione intrisa di suggestione e mistero. Anche qui, come in tanti altri luoghi remoti della montagna alpina, sono fiorite numerose leggende.
Poco discosto dall’abitato, presso la stazione di arrivo della teleferica, vi è un’accogliente struttura dotata di bar, connessione wi-fi e possibilità di pernottamento sino a trenta posti letto: è il Rifugio Frasnedo che, in questo scenario naturalistico e paesaggistico di notevole bellezza offre massima disponibilità e cordialità, ed il cui ristorante propone gustosi piatti tipici locali.
Una chicca, che la dice lunga sui valori condivisi in valle: anche quest’anno è prevista una lotteria ferragostana. I premi principali? una capra ed una motosega.

Alberto C. Steiner