Ecososteniblità dell’anima: servono ingegneri per progettare sogni

Ha scritto Franco Arminio, nel suo Geografia commossa dell’Italia interna: “Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, di gente che sa fare il pane, di gente che ama gli alberi e riconosce il vento.
Più che l’anno della crescita, ci vorrebbe l’anno dell’attenzione.
Attenzione a chi cade, attenzione al sole che nasce e che muore, attenzione ai ragazzi che crescono, attenzione anche a un semplice lampione, a un muro scrostato.
Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere, significa rallentare più che accelerare, significa dare valore al silenzio, al buio, alla luce, alla fragilità, alla dolcezza.”CC 2014.04.30 Rinascere 001Questa frase mi ha indotto a rileggere l’articolo Solo attraverso profondi cambiamenti individuali il nostro Paese potrà rinascere, che pubblicai il 30 aprile 2014 su queste pagine (visionabile qui) poiché riconsiderandolo alla luce di mutamenti che non avvengono, di iniziative delle quali tanto si parla ma che sono costantemente al palo e di quella truffaldina bruttura dell’Expo 2015 mi è parso più che mai di viva attualità.
L’articolo nacque sulla scia di interessanti scritti pubblicati in quel periodo dal sito partner Consulenza Finanziaria argomentando di competitività estera e di malcostume delle aziende nostrane, oltre che di gestione del credito bancario.
Oggi più che mai il mondo, visto dal nostro Paese, appare immenso e pauroso perché i suoi equilibri stanno mutando ad una velocità inaudita, e nello scenario sono entrati di prepotenza nuovi protagonisti ben più grandi di noi, alterando antichi equilibri e stravolgendo gerarchie di potere che si credevano consolidate.
Questioni mai incontrate prima chiedono una soluzione, ma le opportunità di cambiamento vengono percepite come pericoli.
È già accaduto: per provincialismo, miopia e furbizia, quando non malafede, degli attori politici ed imprenditoriali nostrani l’Italia è arrivata impreparata alle grandi svolte, perdendo tempo prezioso. Ed anche oggi, se non saremo pronti ad intuire gli scenari del futuro, se non sapremo valutare la direzione del cambiamento nelle tendenze di lungo periodo, rischieremo di prendere una volta di più le decisioni sbagliate. Pagandole a caro prezzo.
Basti pensare che invasione è il termine più usato dagli attuali predicatori dell’Apocalisse: invasione di immigrati clandestini, di prodotti cinesi, di capitali stranieri che ci colonizzano. E non ci accorgiamo che tutto ciò che temiamo è in realtà già accaduto.
Intendiamoci: di fronte ad ogni cambiamento la paura è legittima perché le grandi novità spaventano, possono nascondere delle incognite ed il riflesso automatico ingenera un meccanismo di difesa. Oppure nega il cambiamento.
Per comprendere qualsiasi accadimento attribuendogli l’esatta misura è indispensabile non solo mutare prospettiva, ma anche osservare con distacco come l’oggetto delle nostre attenzioni risuoni dentro di noi comprendendo quali nodi da sciogliere e persino quali antiche ferite faccia vibrare. Solo così è possibile identificare la natura dei presunti pericoli che ci minacciano, stabilire se il modo per difenderci sia l’attacco – che non sempre è la miglior difesa – oppure il lasciarci morbidamente andare, per vincere la sfida senza accontentarci semplicemente di limitare i danni. Vale a dire per vivere piuttosto che accontentarci di sopravvivere.
Esistono anche da noi imprenditori illuminati: sono quelli che spesso non fanno notizia e che insieme con i più attenti osservatori possono tentare di rispondere con sano pragmatismo alle domande offrendo punti di vista nuovi e proprio per questo rivoluzionari.
Ma le scelte da fare non riguardano solo governi, classi imprenditoriali e dirigenti bensì primariamente la vita quotidiana di tutti noi: nel segno di un’Energia nuova e pulita sono tante le riforme dal basso che ciascuno di noi può avviare da subito, e costituiscono un antidoto alla lagnanza, alla rassegnazione, al senso di impotenza che non è mai nelle cose ma dentro di noi. Sono quell’impotenza, quella rassegnazione che respiriamo oggi in Italia nell’attesa sempre delusa di grandi cambiamenti, svolte, catarsi collettive, rinascite nazionali. Che dovrebbe essere sempre qualcun altro ad attuare.
Siamo invece noi che con maturata consapevolezza, impegno civile, consumi responsabili, dobbiamo incamminarci alla ricerca del nostro destino per costruire il nostro futuro. Detto in altri termini: è solo attraverso una profonda revisione dei nostri modelli produttivi, di consumo, sociali, interiori che possiamo agire per scuotere i sistemi politico e produttivo.
Ma se continuiamo a lamentarci attribuendo a chicchessia la responsabilità dei nostri fallimenti e del nostro non andare avanti, non solo resteremo al palo, ma inevitabilmente ci attende una regressione: economica, sociale, delle coscienze, intellettiva.Cesec-CondiVivere-2014.10.07-Medioevo-prossimo-venturoNon ci sono alternative: o ci risvegliamo dal sonno aprendoci ad un nuovo approccio alla qualità della vita, che presupponga un mondo nel quale il punto di riferimento non sia più il pil bensì la decrescita più o meno felice, o siamo dei morti che vagano in paesi dei balocchi, in realtà cimiteri alla portata di chiunque abbia occhi per vedere e cuore per sentire: autobus e metropolitane, centri commerciali, installazioni pseudoculturali di plastica.
Si dice che un intento individuale e decentrato non possa nulla ma non è affatto vero: dai gesti che ciascuno di noi compie ogni giorno possono nascere gli innumerevoli stimoli destinati a mutare il gradiente energetico in grado di sospingere il nostro Paese, e le nostre anime, verso l’ormai indifferibile cambiamento.Cesec-CondiVivere 2014.10.17 Appennino modenese vista suggestivaAltrimenti ci attende quello che da anni chiamo il medioevo prossimo venturo, che non considero una calamità ma un’opportunità ed al quale mi sto felicemente preparando attraverso la progettazione ecosostenibile di luoghi destinati ad accogliere piccole comunità il più possibile autosufficienti.

Alberto C. Steiner

Riabitare Antiche Pietre

Dopo quasi un anno di assenza dovuta a questioni organizzative riprendiamo le pubblicazioni sul blog Riabitare Antiche Pietre:CC RAP 2015.03.30 WP Copertinauno strumento di servizio, tramite il quale proporre soluzioni immobiliari in campagna e in montagna, terreni, aziende agricole dismesse, rustici da recuperare, borghi abbandonati da riportare a nuova vita in qualità di residenze in cohousing, fattorie didattiche, ecovillaggi all’insegna di un’edilizia sostenibile, nel rispetto della Natura e adottando soluzioni tecnologiche non invasive, specialmente per l’approvvigionamento energetico e idrico e per il riscaldamento.
Non trascurabile il fatto che le proposte nascono da situazioni di contenzioso immobiliare, il che rende decisamente meno sensibile l’incidenza del costo di acquisto.
Segnaliamo in particolare il cambiamento della piattaforma da Myblog a WordPress, ed il primo articolo: Riabitare per CondiVivere, che parla di quello che non è un salto nel buio ma nella Luce.

ACS

Non è un paese per auto: Frasnedo, il borgo senza strade

Scarponcini ai piedi e camminata in salita di almeno due ore lungo una mulattiera nel bosco dominato da castagni, agevole ma che in alcuni tratti è a gradoni da togliere il fiato. Solo a queste condizioni la Valle dei Ratti si lascia scoprire.
Il toponimo origina da un’antica famiglia comasca che qui vi possedeva numerosi pregiati alpeggi, e la valle è percorsa in tutti i suoi 11 km dal torrente omonimo che sorge dal Pizzo Ligoncio, a 3.038 metri di quota per sfociare nel Lago di Mezzola.
La valle ed il suo principale nucleo abitato, Frasnedo, costituiscono un emblema di quella montagna quanto mai viva, perché ha saputo evitare l’arrembaggio di turisti in cerca di paradisi a portata di automobile. La strada carrozzabile si arresta dopo numerosi tornanti a pochi chilometri dall’abitato di Verceia ad un’altitudine di circa 600 metri. Per questa ragione la valle resta là, nascosta, alle spalle della Costiera dei Cech, con le sue ampie possibilità escursionistiche note in una comunque ampia cerchia di intenditori e appassionati, regno degli abitanti di Verceia che d’estate animano il nucleo di Frasnedo guardando gli arditi forestieri senza diffidenza ma con l’orgoglio di chi si sente sovrano di un lembo alpino denso di storia e di tradizioni.
La valle, la prima orientale che s’incontra entrando da sud in Valchiavenna, scende ripida con andamento Est-Ovest dalle vette granitiche del nodo del Ligoncio, che ha come vetta principale il pizzo omonimo dal quale si dipartono anche le valli Codera e Masino. Sul suo versante orientale si erge, tra gli altri, il monte Spluga e dalla valle si accede ad importanti passi: oltre al Piana, al Visogno ed al Colino i passi gemelli di Primalpia – etimologicamente la prima fra le Alpi ovvero l’Alpe per eccellenza – a quota 2.476, e la Bocchetta di Spluga, a 2.526, che congiungono l’alta Valle dei Ratti alla Val Masino.
Il Rifugio Volta del C.A.I. di Como ed il Bivacco Primalpia realizzato e gestito dalla Comunità locale costuiscono punti di approdo sicuri per escursioni ed arrampicate, nonché talvolta per la sosta temporanea di chi conduce agli alpeggi in quota le mandrie, dal latte delle quali si ricavano d’estate ottimi formaggi grassi.
Per salire a Frasnedo è necessario percorrere la mulattiera, indicata dal segnavia, che dopo un primo tratto scalinato, risale il fianco di una sorta di promontorio dal quale si inizia a guadagnare quota prendendo verso Est e transitando a quota 664 presso una cappelletta per traguardare, a quota 910 fra tronchi di antichi castagni, i binari del Tracciolino, particolare ferrovia decauville che con tracciato pianeggiante sviluppato per km 11,786 congiunge il bacino di carico di Codera per l’adduzione alla centrale idroelettrica di Campo di Novate, con la diga di Moledana. Venne realizzata nel 1933 per trasferire i materiali da costruzione necessari ad erigere la diga in val Codera e dal suo straordinario percorso, che taglia valloni orridi e verticali, si possono ammirare panorami mozzafiato. Meriterebbe una riqualificazione turistica, possibile a costi contenuti, ma non siamo nella vicina Svizzera.CC 2018.06.19 Cartina FrasnedoLasciando sulla destra il tratto ferroviario che finisce alla diga di Moledana, eretta all’imbocco di un orrido che scende a perpendicolo per ottanta metri, si prosegue lungo la mulattiera per Frasnedo sino a raggiungere il nucleo abitato di Casten, che deve il nome alla massiccia presenza dei castagni, incontrastati dominatori di questa parte della valle.
Salendo ancora ci si affaccia alla soglia della media valle, presidiata da una cappelletta a quota 1.171 e denominata della Val d’Inferno, dal nome del vallone laterale che precipita da nord nel solco principale della valle.
Da qui si inizia a vedere, in alto sulla sinistra, Frasnedo, il borgo a quota 1.287 che sorge sotto il crestone che divide la valle dal vallone di Revelaso e deve il toponimo ai molti frassini presenti.
Un tempo era abitato tutto l’anno ma, com’è accaduto a molti borghi montani, cadde in uno stato di pressoché completo abbandono. Oggi si anima nella stagione estiva dopo che i cittadini di Verceia, fieri del fatto che la valle sia rimasta immune dal cosiddetto progresso, hanno recuperato con le loro mani – molti sono muratori – vecchie case e fienili ereditati per venire quassù a trascorrere le ferie, falciare il fieno o portare le vacche. Gli approvvigionamenti sono assicurati da una teleferica voluta e gestita dal consorzio formato dagli stessi abitanti di Frasnedo e della quale tutti sono piuttosto fieri. Nel mese di agosto il villaggio è animato da svariate feste, alcune delle quali evocano sensazioni antiche.
Davanti alla chiesetta consacrata alla Madonna delle Nevi, alla quale è dedicata la più importante delle feste agostane con fiaccolata notturna, si erge un grande olmo montano, censito nel 1999 fra gli alberi monumentali della Provincia di Sondrio per il suo portamento, la sua eleganza ed anche la sua rarità botanica a questa quota: la circonferenza del suo tronco misura 270 cm ed è alto 10 metri. La chiesetta è posta in posizione rialzata, rispetto al corpo centrale del paese e la sua collocazione permette di vivere la sensazione di una curiosa sospensione: guardando oltre la soglia della bassa valle si scorge uno spicchio del lago di Mezzola, mentre volgendo lo sguardo alla testata della valle torreggia il monte Spluga, in una dimensione intrisa di suggestione e mistero. Anche qui, come in tanti altri luoghi remoti della montagna alpina, sono fiorite numerose leggende.
Poco discosto dall’abitato, presso la stazione di arrivo della teleferica, vi è un’accogliente struttura dotata di bar, connessione wi-fi e possibilità di pernottamento sino a trenta posti letto: è il Rifugio Frasnedo che, in questo scenario naturalistico e paesaggistico di notevole bellezza offre massima disponibilità e cordialità, ed il cui ristorante propone gustosi piatti tipici locali.
Una chicca, che la dice lunga sui valori condivisi in valle: anche quest’anno è prevista una lotteria ferragostana. I premi principali? una capra ed una motosega.

Alberto C. Steiner