Guardate queste foto: potrebbero essere le ultime

Le cascate valtellinesi dell´Acquafraggia potrebbero scomparire: la finanza dai denti a sciabola, travisata con la mascherina dell’ecosostenibilità, le ha puntate funzionalmente alla realizzazione dell’ennesimo bacino imbrifero valtellinese destinato alla produzione di energia idroelettrica.CC 2015.12.17 Acquafraggia 001La comunità potrà tornare a beneficiare delle acque reflue, opportunamente depurate, però dietro pagamento di un canone in barba al referendum del 2011 attraverso il quale gli italiani hanno scelto che l’acqua, considerata bene primario irrinunciabile, non possa essere oggetto di acquisizioni e speculazioni.
Sono state naturalmente fornite ampie rassicurazioni che il canone sarà calmierato, che il suo ammontare coprirà solo i costi dell’ordinaria gestione e che nessuno guadagnerà o, peggio, speculerà sull’acqua. Come no.
Non dimentichiamo che la Valtellina gode di una legge speciale di salvaguardia, pensata proprio per le sue acque funzionalmente all’utilizzo per finalità produttive. Verrà puntualmente disattesa, ne siamo certi.CC 2015.12.17 Acquafraggia 002Le cascate si trovano a Borgonuovo, e le parti visibili dalla strada sono solamente le più suggestive, ma certamente non le uniche.
Il bacino dell´Acqua Fraggia costituisce un patrimonio ambientale, energetico e scenografico senza eguali: è situato all´imbocco ovest della Val Bregaglia, solcata dal torrente omonimo che nasce dal Pizzo di Lago a quota 3.050 in un punto di spartiacque alpino fondamentale per l’ecosistema europeo poiché vi sgorgano e discendono fiumi che sfociano nel mare del Nord, nel mar Nero e nel Mediterraneo. Nel suo percorso verso il fondovalle il fiume percorre due valli sospese di origine glaciale, la prima situata a quota duemila e l´altra sui mille metri di altitudine. Ed ecco l´Acqua Fraggia, che forma una serie di cascate, di cui quelle più in basso con il loro doppio salto sono solo le più suggestive. Deriva da qui il toponimo di Acqua Fraggia, da acqua fracta, vale a dire torrente continuamente interrotto da cascate.CC 2015.12.17 Acquafraggia 003Le cascate, con il loro maestoso spettacolo, impressionarono pure Leonardo da Vinci che trovandosi a passare per Valle di “Ciavenna” ne ammirò la bellezza selvaggia e così le menzionò nel suo Codice Atlantico: “Su per detto fiume si truova chadute di acqua di 400 braccia le quale fanno belvedere…”
Dalla sommità delle cascate si può percorrere un sentiero attrezzato tra castagni, ginestre e rocce, dal quale è possibile ammirare da vicino questo stupendo spettacolo naturale, unico nel suo genere per bellezza e imponenza. Una breve deviazione sulla destra porta ad un ampio terrazzo, a pochi metri dal fragoroso turbinio delle acque.
Ma questo alle varie Edison, A2A, Électricité de France, Intesa San Paolo, Unicredit, Crédit Immobilier de France, Cariparma Crédit Agricole non interessa un accidente.

Alberto C. Steiner

La montagna dell’oblio

I paesi di montagna si spopolano e vengono abbandonati: è un problema sempre più grave ma sottovalutato e sono le mezze stagioni a svelare la solitudine della montagna, di quella vera, difficile e autentica, che non è quella delle località blasonate dello sci o delle terme.
Lo spopolamento parla la lingua di quella montagna dimenticata e sconosciuta dove la vita segue ritmi naturali e dove non ci sono alternative, quella montagna caduta nell’oblio di questa società distratta e frenetica perché lontanissima dall’ipertecnologizzazione odierna.Cesec-CondiVivere 2015.06.05 Montagna oblio 001Molte frazioni alpine ed appenniniche in vallate non turistiche sono ormai abbandonate a loro stesse, restituite alla forza della natura a causa del disinteresse dei figli e nipoti degli antichi abitanti, delle amministrazioni locali e della pretenziosità del turista che vuole ritrovare la città in montagna.
E, pur salvandosi dal totale abbandono, quei borghi che in estate si ripopolano dei vecchi abitanti dando vita a momenti di ritrovo e festa si ritrovano, per contro, deserti per il resto dell’anno e in alcuni periodi addirittura isolati a causa delle condizioni atmosferiche.
Questi pugni di case corrono, fra gli altri, anche il rischio di diventare preda di gruppi di sbandati che già oggi iniziano a lasciare le città in cerca di uno stile di vita non tanto agreste quanto incontrollabile. Non siamo catastrofisti ma non ci stancheremo mai di dirlo: saranno i nuovi predoni che contribuiranno a riportarci verso il Medioevo prossimo venturo.
D’altra parte se gli abitanti titolari sfollano e se i nuovi arrivati non vogliono crepare di fame, per un’improvvisa piena o per una slavina, dovranno pur occuparsi del territorio. Non è una novità, in questo senso la storia si sta ripetendo.
Lo spopolamento è comunque un dato oggettivo che potrebbe portare ad avere nel giro di pochi anni ulteriori villaggi fantasma in aggiunta alle migliaia che già esistono sulle nostre montagne.Cesec-CondiVivere 2015.06.05 Montagna oblio 002Soluzioni? Ce ne sarebbero, ma la cultura dominante fa ritenere che l’unica risorsa sia il turismo, che però comporta onerose infrastrutture, incapaci di garantire posti di lavoro sufficienti a coprire la domanda, oltretutto con il rischio altissimo insito nel promuovere una realtà ignota al turista. A parte che tra un po’ scomparirà anche il turista…
Rimangono la pastorizia, l’agricoltura e le relative trasformazioni agroalimentari. Si, proprio quelle che non danno di che vivere perché spodestate da allevamenti e coltivazioni intensive di pianura, dalle sementi delle multinazionali e dalla produzione nelle colonie in Argentina, in Estremo Oriente o in Africa.  Come? Non ci sono più le colonie? Ah già, che distratti: oggi c’è il land grabbing e meno male che esistono le organizzazioni assistenziali non governative…
Le piccole produzioni, se diventano di nicchia e di eccellenza come per esempio lo zafferano di montagna lombardo sviluppato da alcuni produttori in Valtellina, Valcamonica e Valtrompia con l’assistenza dell’Università della Montagna, possono dare risultati inaspettati.
La questione vera, invece, è il sostegno: il sostegno, anche solo morale per non parlare di quello finanziario, di cui hanno bisogno quei matti, quei dissennati per lo più giovani, che non hanno deciso di andare a vivere in montagna in una nuova visione hudsoniana o ecochic, perché in montagna c’è già la loro vita, la loro storia e la storia dell’azienda di famiglia.
E vogliono farcela. Con sano pragmatismo e senza implorare uno stato latitante che debba loro dare, fare, garantire. Questi sono quelli che in caso di terremoto, frana o slavina vanno giù di badile asciugandosi insieme sudore e lacrime. Pensando a ricostruire. Ai morti penseranno quando il disgelo li disvelerà dal loro sudario di ghiaccio.

Alberto C. Steiner

Non è un paese per auto: Frasnedo, il borgo senza strade

Scarponcini ai piedi e camminata in salita di almeno due ore lungo una mulattiera nel bosco dominato da castagni, agevole ma che in alcuni tratti è a gradoni da togliere il fiato. Solo a queste condizioni la Valle dei Ratti si lascia scoprire.
Il toponimo origina da un’antica famiglia comasca che qui vi possedeva numerosi pregiati alpeggi, e la valle è percorsa in tutti i suoi 11 km dal torrente omonimo che sorge dal Pizzo Ligoncio, a 3.038 metri di quota per sfociare nel Lago di Mezzola.
La valle ed il suo principale nucleo abitato, Frasnedo, costituiscono un emblema di quella montagna quanto mai viva, perché ha saputo evitare l’arrembaggio di turisti in cerca di paradisi a portata di automobile. La strada carrozzabile si arresta dopo numerosi tornanti a pochi chilometri dall’abitato di Verceia ad un’altitudine di circa 600 metri. Per questa ragione la valle resta là, nascosta, alle spalle della Costiera dei Cech, con le sue ampie possibilità escursionistiche note in una comunque ampia cerchia di intenditori e appassionati, regno degli abitanti di Verceia che d’estate animano il nucleo di Frasnedo guardando gli arditi forestieri senza diffidenza ma con l’orgoglio di chi si sente sovrano di un lembo alpino denso di storia e di tradizioni.
La valle, la prima orientale che s’incontra entrando da sud in Valchiavenna, scende ripida con andamento Est-Ovest dalle vette granitiche del nodo del Ligoncio, che ha come vetta principale il pizzo omonimo dal quale si dipartono anche le valli Codera e Masino. Sul suo versante orientale si erge, tra gli altri, il monte Spluga e dalla valle si accede ad importanti passi: oltre al Piana, al Visogno ed al Colino i passi gemelli di Primalpia – etimologicamente la prima fra le Alpi ovvero l’Alpe per eccellenza – a quota 2.476, e la Bocchetta di Spluga, a 2.526, che congiungono l’alta Valle dei Ratti alla Val Masino.
Il Rifugio Volta del C.A.I. di Como ed il Bivacco Primalpia realizzato e gestito dalla Comunità locale costuiscono punti di approdo sicuri per escursioni ed arrampicate, nonché talvolta per la sosta temporanea di chi conduce agli alpeggi in quota le mandrie, dal latte delle quali si ricavano d’estate ottimi formaggi grassi.
Per salire a Frasnedo è necessario percorrere la mulattiera, indicata dal segnavia, che dopo un primo tratto scalinato, risale il fianco di una sorta di promontorio dal quale si inizia a guadagnare quota prendendo verso Est e transitando a quota 664 presso una cappelletta per traguardare, a quota 910 fra tronchi di antichi castagni, i binari del Tracciolino, particolare ferrovia decauville che con tracciato pianeggiante sviluppato per km 11,786 congiunge il bacino di carico di Codera per l’adduzione alla centrale idroelettrica di Campo di Novate, con la diga di Moledana. Venne realizzata nel 1933 per trasferire i materiali da costruzione necessari ad erigere la diga in val Codera e dal suo straordinario percorso, che taglia valloni orridi e verticali, si possono ammirare panorami mozzafiato. Meriterebbe una riqualificazione turistica, possibile a costi contenuti, ma non siamo nella vicina Svizzera.CC 2018.06.19 Cartina FrasnedoLasciando sulla destra il tratto ferroviario che finisce alla diga di Moledana, eretta all’imbocco di un orrido che scende a perpendicolo per ottanta metri, si prosegue lungo la mulattiera per Frasnedo sino a raggiungere il nucleo abitato di Casten, che deve il nome alla massiccia presenza dei castagni, incontrastati dominatori di questa parte della valle.
Salendo ancora ci si affaccia alla soglia della media valle, presidiata da una cappelletta a quota 1.171 e denominata della Val d’Inferno, dal nome del vallone laterale che precipita da nord nel solco principale della valle.
Da qui si inizia a vedere, in alto sulla sinistra, Frasnedo, il borgo a quota 1.287 che sorge sotto il crestone che divide la valle dal vallone di Revelaso e deve il toponimo ai molti frassini presenti.
Un tempo era abitato tutto l’anno ma, com’è accaduto a molti borghi montani, cadde in uno stato di pressoché completo abbandono. Oggi si anima nella stagione estiva dopo che i cittadini di Verceia, fieri del fatto che la valle sia rimasta immune dal cosiddetto progresso, hanno recuperato con le loro mani – molti sono muratori – vecchie case e fienili ereditati per venire quassù a trascorrere le ferie, falciare il fieno o portare le vacche. Gli approvvigionamenti sono assicurati da una teleferica voluta e gestita dal consorzio formato dagli stessi abitanti di Frasnedo e della quale tutti sono piuttosto fieri. Nel mese di agosto il villaggio è animato da svariate feste, alcune delle quali evocano sensazioni antiche.
Davanti alla chiesetta consacrata alla Madonna delle Nevi, alla quale è dedicata la più importante delle feste agostane con fiaccolata notturna, si erge un grande olmo montano, censito nel 1999 fra gli alberi monumentali della Provincia di Sondrio per il suo portamento, la sua eleganza ed anche la sua rarità botanica a questa quota: la circonferenza del suo tronco misura 270 cm ed è alto 10 metri. La chiesetta è posta in posizione rialzata, rispetto al corpo centrale del paese e la sua collocazione permette di vivere la sensazione di una curiosa sospensione: guardando oltre la soglia della bassa valle si scorge uno spicchio del lago di Mezzola, mentre volgendo lo sguardo alla testata della valle torreggia il monte Spluga, in una dimensione intrisa di suggestione e mistero. Anche qui, come in tanti altri luoghi remoti della montagna alpina, sono fiorite numerose leggende.
Poco discosto dall’abitato, presso la stazione di arrivo della teleferica, vi è un’accogliente struttura dotata di bar, connessione wi-fi e possibilità di pernottamento sino a trenta posti letto: è il Rifugio Frasnedo che, in questo scenario naturalistico e paesaggistico di notevole bellezza offre massima disponibilità e cordialità, ed il cui ristorante propone gustosi piatti tipici locali.
Una chicca, che la dice lunga sui valori condivisi in valle: anche quest’anno è prevista una lotteria ferragostana. I premi principali? una capra ed una motosega.

Alberto C. Steiner