L’acqua verde di St. Marcel

Grazie a James Watt i primi sbuffi di vapore annunciavano la rivoluzione industriale mentre le prime colonie ammericane dichiararono l’Indipendenza. Allora fu tutto chiaro: sul Secolo dei Lumi stava per abbattersi la rivoluzione francese. In quegli anni un certo Saint Martin de La Motte, nobile membro dell’Académie Royale des Sciences, compì una ricognizione naturalistica in Valle d’Aosta, e gli accadde così di studiare nel vallone di Saint Marcelun fenomeno naturale detto de l’l’Éve-verta , in patois l’acqua verde, chiamata fontaine verte a causa del colore del suo deposito composto in gran parte da rame mineralizzato all’aria.
Riferì, lo studioso, che rimase estasiato dal colpo d’occhio offerto da vallone: “non credo che una natura così feconda e varia possa offrire uno spettacolo più gradevole, l’entrata del vallone è molto stretta e montagne si innalzano su ogni lato, cascate d’acqua riempiono di terrore al rumore che fanno, ma tra tutto questo spicca questa sorgente che pare di smeraldo, soprattutto quando il sole la illumina con i suoi raggi.
Essa sgorga tra due montagne molto elevate, che formano un vallone laterale alla valle centrale: queste montagne sono in parte calcaree e in parte scistose; quella che si trova sulla destra della fontana è in gran parte composta da mica riempita di granati; vi ho trovato anche delle tracce di schorl con granati. In cima alla montagna si trova una miniera di rame attualmente sfruttata e che viene chiamata filon de Molère; questa miniera, così come il resto della montagna, è ricco in granati; sarebbe auspicabile che lo fosse altrettanto in rame.
La fonte sgorga da una grande roccia calcarea che sembra essersi staccata dall’alto della montagna ed ha coperto una parte del letto della fonte stessa; l’acqua uscendo crea un volume del diametro di poco più di 30 cm (le unità di misura sono riferite al Système international d’unités codificato a partire dal 1889, NdA). Essa si estende per 2 – 2,5 metri nei punti più larghi e dopo aver percorso circa 300 metri tra le rocce e attraversato pendii scoscesi, si perde nel torrente del vallone di Saint – Marcel, da cui prende il nome.
Il legno, le pietre, il muschio, tutto ciò che viene bagnato da quest’acqua è coperto da uno strato di terra verde, dove più e dove meno, a seconda che l’acqua scorra più o meno rapidamente; si nota la colorazione verde persino nei punti in cui l’acqua fa mulinello e si crea la schiuma, ma di colore meno intenso.”
Interpellati in proposito, gli abitanti del posto dichiararono che nel periodo del disgelo l’acqua era più sporca del solito, ma la portata era sempre costante. Relativamente alla qualità dell’acqua, la gente credeva che fosse nociva per gli animali poiché non cercavano mai di berne, ma forse la ragione era dovuta alla temperatura: lo studioso stimò che in acqua fosse 4,5°C contro una esterna di 12°C.
Egli rilevò altresì come l’acqua non fosse né acida né alcalina, non contenesse alcuna sostanza metallica bensì acido vitriolico, terra calcarea, terra magnesiaca ed argilla. Analizzando il deposito lasciato sulle rocce questo risultò composto da una parte estrattiva vegetale, accidentale in quanto dipendente dalle piante che l’acqua incontrava al suo passaggio, circa 1/3 di rame, 1/5 di argilla, 1/10 di terra silicea ed una modesta quantità di terra calcarea.
La relazione del conte Saint Martin de La Motte offre altri spunti. Partendo dall’esistenza di una miniera di rame nella parte alta della montagna, al tempo in fase di sfruttamento unitamente a quelle di ferro prevalentemente per approvvigionare gli arsenali sabaudi, dalla quale sgorgava la sorgente dell’acqua verde. Questa miniera, sfruttata già ai tempi dei Romani, non è un semplice filone che segue la stratificazione della montagna, com’erano le miniere di La Thuile, Cogne o altre, ma una vera montagna di rame e pirite rameica coperta da roccia di diverso genere.
Se la sorgente origina dall’interno della montagna il flusso idrico potrebbe attraversare banchi di minerale decomposto trascinando materiali per forza meccanica. Lo studioso annotò come inizialmente ritenne che il deposito fosse dovuto ad efflorescenza delle pietre erose dall’acqua, ma presto comprese come le particelle di rame, più pesanti, precipitassero in funzione della forza trascinante impressa dall’acqua. Osservò altresì come fosse possibile che le particelle venissero trasportate solamente in determinati periodi dell’anno, per esempio durante lo scioglimento delle nevi.
Salendo lungo il vallone, in località Laveyc o Éve-verta (in patois valdostano Acqua verde) a circa 1290 metri di altitudine, si incontra una sorgente di acque turchesi, la cui colorazione dà il nome al luogo: la particolarità dell’ Éve-verta, ricca di sali di rame, è proprio quella di colorare pietre, terra e muschi su cui scorre depositandovi una patina di quel minerale oggi noto come woodwardite poiché prende il nome Samuel Pickworth Woodward, il naturalista e geologo inglese che la studiò in Cornovaglia determinandone la formula chimica Cu1-xAlx(OH)2[SO4]x/2·NH2O. La woordwardite è diffusa in Tasmania, Tirolo, Nuova Scozia, Boemia, Alsazia, Baden-Württemberg e Westfalia e, in Italia, oltre che in Valle d’Aosta, in Sardegna, Trentino, Toscana e Veneto.
Resterebbe da stabilire, cosa che ancora oggi nessuno ha fatto, quali possano essere le eventuali proprietà curative di quest’acqua che, in ogni caso, è una meraviglia da vedere: il ruscello, il suo fondo, le rocce, le pietre, il legno, il terreno coperti da una sostanza che presenta tutte le sfumature tra il verde ed il blu. Tutto ciò che è sommerso appare di un bel blu cielo, ciò che è parzialmente bagnato è verde, mentre ciò che è asciutto è d’un blu cielo pallido. Lo stesso ruscello scorre su di un fondo colorato.
Ma la sorgente di acqua verde non esaurisce le attrattive di Saint Marcel che, percorrendo l’autostrada e vedendolo di sfuggita, lassù in alto sulla destra orografica della Dora Baltea, nessuno si immaginerebbe che meriti più di un’occhiata distratta…
In realtà il paese, abitato fin dalla preistoria e che in alcune frazioni conserva numerose incisioni rupestri, oltre ad essere molto gradevole, offre prosciutti crudi da urlo, aromatizzati con erbe di montagna ed anticamente preparati con carne d’orso. Il clima asciutto e ventilato ne permette una stagionatura ottimale e se la loro storia si perde lontano nel tempo, l’esistenza ufficiale è comprovata da affreschi risalenti al XV e XVI secolo che li ritraggono.
Naturalmente, a Saint Marcel non poteva mancare un un castello. Uno dei tanti, bellissimi, che costellano la Valle d’Aosta. Questo, detto a monoblocco a definire l’ultima fase evolutiva del castello medievale quando i manieri da semplici fortezze iniziano a trasformarsi in residenze, presenta una costruzione quadrata ed una successiva rettangolare scandite dall’immancabile torre.
Eretto nel villaggio di Surpian ad opera di Giacomo di Challant verso il 1500 ampliando una preesistente casa forte, il castello è inquadrabile tra le installazioni che permettevano di controllare il fondovalle. E, come in ogni castello che si rispetti, non possono mancarvi i fantasmi.
Ma non è finita. Tra le attrattive di Saint Marcel vi sono, situati nella parte alta del vallone, i giacimenti manganesiferi di Praborna, a 1900 metri di altitudine e quelli ferrosi-cupriferi di Servette e Chuc, che fanno parte di un complesso minerario noto e sfruttato intensamente nei secoli passati ed oggi abbandonato. Le tracce delle attività estrattive industriali sono ancora visibili lungo i sentieri, nei boschi e nelle antiche gallerie parzialmente crollate e coperte di vegetazione, costituendo oggi un patrimonio di archeologia industriale meta di numerosi turisti.
Saint Marcel, il cui vallone ospita rare varietà floristiche, fa infine parte della Riserva Naturale Les Îles, una zona umida vicino alla Dora istituita nel 1995 e che comprende anche i territori di Brissogne, Nus e Quart.

Alberto Cazzoli Steiner

L’acqua verde di St. Marcelultima modifica: 2013-11-22T05:48:14+01:00da cesec
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