Monza: il cohousing si farà. Ma anche no.

Stanno per essere diffusi nella città di Monza i risultati di un’indagine esplorativa svoltasi a partire dal novembre scorso ed il cui bando si è chiuso l’8 gennaio, finalizzata all’acquisizione di manifestazioni di interesse per la realizzazione di un edificio polifunzionale. Destinato a coresidenza per giovani studenti e lavoratori, giovani coppie, centro di quartiere con servizi per l’aggregazione e la socializzazione oltre che per formazione e lavoro, verrebbe realizzato in un’area situata tra le vie Andrea Lissoni e sant’Andrea, prospiciente il Parco, edificando su campi di calcio dismessi. L’oggetto riguardava una palazzina della superficie di 3.930 mq nella quale ricavare 30 miniappartamenti, sita sulla medesima area dove sorgeranno quattro palazzi privati, acquisita dal Comune in conto oneri per una licenza edilizia concessa alla società di web-hosting Aruba in un altro quartiere cittadino.KL Cesec CV 2014.01.30 Monza Cohousing Aerea 001Nell’avviso diffuso a novembre erano previsti appartamenti in vendita, in locazione a canone agevolato ed eventualmente forme di affitto/riscatto.
L’idea è nata dal fatto che anche nel capoluogo della Brianza l’emergenza casa si fa sentire, e l’Amministrazione comunale aveva pensato di sviluppare una residenza in cohousing sociale, poiché andare a vivere da soli è la grande scommessa che gran parte dei giovani stanno cercando di vincere: affitti alti, mutui impossibili da ottenere, sempre meno soldi in tasca sono ostacoli noti ai ragazzi che tentano di affrancarsi da mamma e papà.
L’idea è partita dallo staff dell’attuale sindaco Roberto Scanagatti, che ha avviato con serietà e determinazione un’opera di ricostruzione, prima di tutto etica basata sulla fiducia, sulla trasparenza e sulla partecipazione. Da sempre intollerante verso gli sprechi, una delle azioni più incisive sin qui condotte dall’attuale giunta è chiara nello slogan Consumo del territorio uguale a zero. Naturalmente non significa impedire lo sviluppo della città, ma scegliere di usare le aree dismesse, notevolmente estese e spesso  da bonificare da svariati materiali inquinanti, salvando le aree verdi e quelle agricole e favorendo  l’edilizia bioclimatica per migliorare la qualità ambientale.
Per chiarire il concetto, in città non si è ancora spenta l’eco di una querelle ventennale che aveva per oggetto un grande appezzamento di terreno agricolo sottoposto a tutela ambientale acquisito dall’esponente di un noto gruppo imprenditoriale che intendeva ricavarne una lussuoso complesso residenziale.KL Cesec CV 2014.01.30 Monza piazza del MunicipioEd ora, prima di riportare gli esiti dell’indagine, mi sia consentita una divagazione, niente affatto peregrina ma utile ad inquadrare il contesto di una città dove la previsione di espansione edilizia prevista nella variante al PGT era abnorme, di una città dove il dettagliatissimo PRG messo online nella primavera 2002 è scomparso dai server (e chi lo possiede si comporta, giustamente, come se custodisse i Rotoli del Mar Morto) per lasciare il posto al vecchio ed illeggibile PRG risalente al 1971.  Di una città dove da oltre un decennio la popolazione è stabile e il fenomeno degli alloggi sfitti non diminuisce: significa che i proprietari, in non rari casi di notevoli patrimoni immobiliari, preferiscono tenere gli appartamenti chiusi piuttosto che affittarli ad un canone non di loro gradimento.
Di una città, infine, dove nel 2002 a chi scrive venne conferito dall’allora sindaco l’incarico riservato di monitorare aree dismesse ed immobili inutilizzati per individuare – nell’ottica della provincia di Monza e Brianza allora in fase di cosituzione – spazi di ricettività turistica che andasse oltre i pochi alberghi cittadini, oltre che residenziale da considerare per edificazioni convenzionate per accogliere nuovi residenti.
L’incarico era talmente riservato che dopo un quarto d’ora lo sapeva tutta la città… ma non siamo a Los Angeles.
Nel pomeriggio del giorno successivo al conferimento dell’incarico chi scrive incontrò (casualmente?) in una delle (tre) centralissime vie della città la facoltosa proprietaria di uno sterminato patrimonio immobiliare che, salutandolo, così lo apostrofò: “Ma ingeggnuere, cosa ciui sta combinando! case popolari in ciuentro? Ma per i poveri ci sono Bresso, Cinisello, Muggiò!… E poi anche lei abita qui, è un po’ come sentirsi traditi da uno di noi…” Aria finto contrita (la mia) e poi via con il carico da undici circa il messaggio mafioso affidato alla garrula troia. Per la cronaca lo scrivente completò l’incarico ma, sempre per la cronaca, non se ne fece nulla e dopo un po’ cambiarono sindaco e giunta.
Ed eccoci dunque all’esito dell’indagine esplorativa. Interesse da parte dei potenziali acquirenti od inquilini: tantissimo. Interesse da parte dei potenziali costruttori, cooperative comprese: zero.

Malleus

Vorrei uno chalet svizzero. Mi dispiace, si è inceppata la stampante.

L’avevamo già letto l’anno scorso su Livescience e su Daily, ed ora lo ritroviamo su Focus di gennaio.
Nei laboratori dell’Università della Southern California giurano che si può: stampare case in 3D non è una missione impossibile. Infatti hanno creato un robot in grado di stampare (leggasi costruire) in 3D un’intera abitazione.
In un futuro neanche tanto lontano l’intero comparto dell’edilizia potrebbe essere totalmente rivoluzionato da questa gigantesca macchina dotata di due braccia meccaniche capaci, mediante un procedimento detto countour crafting, di creare in sole 24 ore una casa a due piani di circa 240 metri quadrati.
Le braccia meccaniche si muovono su due binari come una gru aggiungendo strato per strato tutti i componenti edili dell’edificio e riducendo al minimo gli sprechi, senza l’ausilio di muratori, manovali, falegnami, lattonieri o carpentieri. La macchina riceve istruzioni computerizzate per interagire con una pompa per il getto del materiale usato per edificare, composto da due parti di calcestruzzo standard, due parti di sabbia e una parte d’acqua. Un software avrà cura di guidare la gettata lungo i profili dei tracciati che si basano su elaborati planimetrici, realizzati dai progettisti e convertiti in codice per essere interpretati dal software. Una volta terminata la realizzazione dei muri, agli operai umani resterebbero le finiture: posa dei pavimenti, impianti idroelettrici e sanitari, infissi e serramenti, riscaldamento.
Il robot sarebbe addirittura socialmente utile: in caso di calamità naturali potrebbe essere facilmente trasportato sui luoghi dei disastri ed essere impiegato per la rapida realizzazione di rifugi di emergenza.
Relativamente alla robustezza ed all’antisismicità l’inventore ed il suo team di ingegneri sostengono che le case costruite in questo modo sono molto più robuste di quelle tradizionali, poiché i muri stampati dalla Contour Crafting sono formati da due profili di cemento separati da un distanziale, e lo spazio interno viene riempito con altro cemento sagomato a S. No comment…KL Cesec CV 2014.01.30 Case 3DL’inventore, il professor Behrokh Khoshnevis, ha dichiarato: “L’obiettivo finale è quello di automatizzare la costruzione delle case senza necessità di impiegare manovalanza. Il vantaggio di questa tecnologia permetterà di costruire alloggi d’alta qualità a basso costo. Questa nuova tecnologia, secondo le mie previsioni, migliorerà l’economia perché darà impulso al settore dell’edilizia con nuove opportunità d’investimento“.
Il novello Stranamore è convinto che l’utilizzo della sua tecnologia durerà nel tempo e si proietterà nel futuro, quando i suoi macchinari robotizzati verranno portati nello spazio guidati da terra, per costruire sulla Luna e persino su Marte le città che accoglieranno i futuri colonizzatori. L’idea di un robot che può essere inviato su un pianeta extraterrestre per costruire autonomamente un edificio apre a scenari da fantascienza, e non poteva non incuriosire la Nasa, che avrebbe avviato studi per renderla realizzabile).
Questa tecnologia è come una roccia in equilibrio in cima alla montagna” ha spiegato l’inventore “basta una spintarella per provocare un’inarrestabile valanga di idee“. Già, anche con i castelli di carta succede così. Però, esimio professor-ingegnere-inventore, una roccia che cade da una montagna si chiama frana… ci dia retta, si sputtana se va in un cantiere a parlare di valanga. Già ma, esimio, c’è mai stato, lei, in un cantiere?