Meglio un asino vivo…

A furia di essere subissati nostro malgrado da notizie su ciò che fanno, pensano, dicono i protagonisti della politica nostrana ci è venuta voglia di parlare di asini.
Questo splendido animale, da sempre ingiustamente citato come esempio di stupidità e invece degno della massima considerazione, ci affianca da quasi cinquemila anni anche se, almeno relativamente al nostro opulento mondo occidentale, negli ultimi decenni è stato messo in disparte dall’avvento delle macchine che lo hanno sostituito nei lavori, soprattutto in campagna e, se non si è estinto, lo si deve solo alla passione ed alla lungimiranza di pochi allevatori.KL-Cesec - Asino 001Forse non è accaduto ai nostri genitori, ma ai nostri nonni e bisnonni, specialmente se di origine contadina, è sicuramente capitato di avere a che fare con un asino in quanto, dopo il cane, è sicuramente uno dei primi animali che hanno accompagnato le vicende umane. Il cavallo, per esempio, è arrivato molto tempo dopo.
Da qualche anno è in atto la sua riscoperta e sono numerosi gli allevatori che attendono rassicurazioni, legislative e in termini di mercato, che consentano loro di effettuare investimenti importanti per portare le strutture a trasformare un’attività oggi prevalentemente amatoriale in un vero e proprio ramo d’azienda. Da un ruolo marginale, dove le sue potenzialità sono sfruttate solo parzialmente, l’asino diverrebbe così un prezioso alleato nell’impresa che acquisterebbe un ruolo multifunzionale in grado di garantire anche un’importante integrazione dei redditi.
L’asino è un prezioso strumento della pet therapy e nel trekking e il suo pregiato latte è ottimo per l’alimentazione di chi soffre di intolleranze alimentari, ma soprattutto per i neonati e per gli anziani. Deve questa sua fama all’elevata digeribilità, al contenuto di vitamine, sali minerali, proteine e zuccheri. Il suo profilo biochimico è talmente vicino a quello umano che numerosi pediatri lo prescrivono come una valida alternativa al latte materno, in grado di allontanare allergie ed intolleranze al lattosio, molto più comuni in risposta al latte vaccino. Solo in Italia la questione riguarda annualmente non meno di 20mila bambini, che trovano nel latte d’asina i nutrimenti e le sostanze che non potrebbero assumere altrimenti.KL-Cesec - CleopatraI latte d’asina è persino utilizzato da millenni come prodotto cosmetico: Cleopatra docet….
Particolarmente nell’Italia meridionale era usuale vedere sino agli anni Sessanta in paesi e cittadine un ragazzino che portava in giro per le strade un’asina per vendere il latte, mungendola davanti alla porta del cliente (altro che Km 0!) nell’orcino del cliente stesso che invariabilmente utilizzava questo latte per nutrire un bambino. Il prezzo ha un’oscillazione consistente,  dai 7 ai 18 euro al litro e la collocazione non è difficile quanto lo è invece avere una produzione omogenea nell’arco dell’anno, sulla base media giornaliera di due litri.
Per chiarire il concetto: un nostro conoscente appassionato ha raccolto nel tempo un allevamento che comprende 90 femmine. Nell’arco di un anno è come se solo 9 di queste fornissero latte, nella misura di 4 litri al giorno ciascuna mediante due mungiture, ed una parte è ovviamente destinata all’alimentazione dei piccoli.
Produrre latte di asina non è quindi il passatempo della domenica ma un’attività rischiosa e impegnativa che deve prevedere una pianificazione seria, in attesa del riconoscimento di alimento medicamentoso come da molti auspicato. E’ un latte che più di altri si presta a trattamenti tesi all’allungamento della conservazione, all’innalzamento della sicurezza ed all’adattamento al trasporto, ma continua ad essere penalizzato da una normativa antidiluviana che permette la mungitura meccanica ma non la semplice pastorizzazione o una banale condensazione.
Per contro, mangiando di tutto, compresi i rovi, l’asino è un ottimo spazzino che contribuisce a mantenere intatto un ecosistema e risulta particolarmente utile nella pulizia del sottobosco. Il recupero del suo allevamento costituisce oggi una concreta azione di tutela della biodiversità, diventando un’occasione per lo sviluppo di molte aree marginali, per esempio come mezzo di trasporto per un turismo lento, sicuramente più ecologico e meno maleducato di una mountain-bike.
E’ adatto a persone di ogni età, grazie all’indole non reattiva, in particolare per  bambini iperattivi o autistici, anziani, persone con scarsa autostima stressate dall’ansia del giudizio altrui. L’onoterapia, da onos, asino in greco, se associata alle cure psicologiche funziona anche nei casi di disturbi alimentari o di tossicodipendenza.
Tra le caratteristiche l’hanno reso un medico, in grado di guarire le persone da ansie, attacchi di panico, problemi relazionali e affettivi ve ne sono alcune fondamentali. Quando ha paura si blocca e rimane immobile finché il timore non passa e poi riprende il cammino. A differenza del cavallo, focoso e spesso imprevedibile, non è mai brusco o violento,bensì quieto, affidabile e docile.
Giova, come sempre, ricordare che non è la prestazione o l’uso dell’asino, ma la capacità dell’animale di darci contenuti a costituirne il vero patrimonio. L’asino non parla, ma comunica con tutto il suo essere ed  attraverso la relazione con lui  possiamo trarre vantaggi, basta aprire gli occhi e il cuore per cambiare e  migliorare. Ma questo vale anche per tutti gli animali.
In campo asinino la Serbia detiene un primato mondiale: è suo il Pule, formaggio di latte d’asina più caro del mondo. Il latte con cui viene prodotto è raccolto nella Riserva Naturale di Zastavica e per produrne un chilo ne occorrono almeno 25 litri, che in Bosnia costano l’equivalente di 40 euro per unità. L’ultima quotazione nota parla di 1.350 $ al chilo. Presentato la scorsa estate ad una fiera del turismo, pare che ne sia stato venduto solo mezzo chilo.
Chiudiamo questo articolo, scritto per puro divertimento, con una citazione del rinascimentale Tommaso Garzoni, che più di altri e in poche righe ha saputo rendere le innumerevoli doti dell’asino: Vive di poco posto et contentasi di ogni cosa, sopporta molto la carestia, la fame, la fatica, le busse, è patientissimo d’ogni persecutione, di semplicissimo, et poverissimo spirito, sì ch’egli non sa discernere tra le lattughe, et i cardi, di core innocente, et mondo, e senza colera, et ha pace con tutti gli animali; onde in merito di questa sua bontà non ha pidocchi, rare volte inferma, et più tardo che ogni altra bestia muore.

Malleus

Metropolitana Milanese? Una meraviglia: fa acqua da tutte le parti.

Questo articolo nasce dalla nostra partecipazione al Forum per l’Acqua Pubblica, che ha avuto luogo a Milano sabato 18 gennaio, a dimostrazione che a volte pubblico non è affatto bello.KL-Cesec - MM Acqua 003
L’acqua di Milano, tra le più buone d’Italia, arriva in città da una falda alimentata dalle acque che scendono a valle dalle Prealpi. Oltre 2.295 km di tubi, 28 centrali e 400 pozzi portano nelle case un’acqua controllata ogni due settimane dai gestori del servizio idrico ed approvata mensilmente dalla Asl attraverso 190mila analisi per il controllo dei parametri chimici, chimico-fisici e microbiologici. Vogliamo mettere la differenza tra aprire il rubinetto e la fatica di dover portare fino a casa le bottiglie acquistate al supermercato, senza trascurare il costo e lo smaltimento una volta svuotate?
Paradossalmente però i milanesi hanno scoperto l’Acqua del Sindaco solo in concomitanza della crisi economica, che ha fatto lievitare i consumi con impennate anche del 40 per cento.
Ma com’è veramente l’acqua milanese e, soprattutto, chi sono gli uomini in blu che se ne occupano, spesso mentre i cittadini dormono?KL-Cesec - Acqua 006Dal 2003 il servizio idrico è gestito da Metropolitana Milanese, la stessa che si occupa delle quattro linee metropolitane cittadine a livello tecnico ed impiantistico, ma che non ha competenza sull’esercizio, affidato ad Atm.
MM pianifica, progetta e realizza nuove reti e impianti, curando la manutenzione di quelli esistenti nonché la captazione, la potabilizzazione e la distribuzione dell’acqua. Raccoglie infine le acque dagli scarichi fognari coordinandone la depurazione prima del rilascio all’ambiente.
Dal 6 dicembre 2012 è on line MilanoBlu, il sito dell’acqua di Milano dove i cittadini, digitando il proprio indirizzo, possono conoscere in tempo reale la qualità dell’acqua che arriva alle loro case.KL-Cesec - MM Acqua 001Perseguendo criteri di efficienza ed economicità, MM ha la finalità di gestire il servizio idrico integrato di Milano per soddisfare i fabbisogni idrici dei cittadini, in modo quantitativamente adeguato e qualitativamente ottimale, operando responsabilmente nel rispetto dell’ambiente, con una struttura organizzata in tre direzioni: Acquedotto e Acque Reflue si occupano della gestione del ciclo dell’acqua, mentre Strategia e Pianificazione garantisce la realizzazione del Piano investimenti e gestisce i rapporti con enti terzi.
Il Comune di Milano, proprietario di reti e impianti, è responsabile dell’operato di MM, che pubblica un Bilancio di Sostenibilità volto a rendere trasparente le dimensioni economica, sociale e ambientale al fine di condividere con il pubblico i principi che governano l’atteggiamento e le azioni della società nel ruolo di gestore e custode del patrimonio idrico della città e di erogatore di servizi fondamentali per la persona.
MM, e conseguentemente l’acqua milanese, ha acquisito nel 2011 la certificazione UNI EN ISO 14001:2004 Sistema di Gestione Ambientale e, nel luglio 2013, la Certificazione Energetica Uni EN ISO 50001:2011 Certificazione di Sostenibilità di Prodotto Make it Sustainable Plus relativamente alla gestione del servizio idrico integrato.
La rete di distribuzione idrica ha una lunghezza complessiva di circa 2.295 km e l’acquedotto assicura l’approvvigionamento idrico della città, attingendo dalla falda sotterranea mediante un sistema a doppio sollevamento costituito da 28 stazioni di pompaggio e da 400 pozzi mediamente attivi che alimentano la rete di adduzione e distribuzione, per un totale di 230 milioni di metri cubi di acqua potabile distribuita annualmente.
Le centrali dell’Acquedotto sono tutte telecomandate mediante un complesso sistema di telemetria composto da quattro centri, ciascuno dei quali comanda mediamente 7-8 centrali. E’ possibile controllare e comandare l’avviamento dei pozzi e dei gruppi di spinta, oltre a regolare la portata distribuita in funzione della richiesta dei clienti.KL-Cesec - MM Acqua 002Milano è sempre stata una città d’acqua, anche sotterranea, se il Bonvesin della Riva riporta la notizia che già nel 1200 esistessero 6.000 pozzi di “acqua viva” nel territorio di Milano grazie all’abbondanza e alla superficialità della falda, a soli 2 o 3 metri dal piano campagna, la cui scarsa profondità li esponeva però a contaminazioni umane e animali.
Fu però solo durante l’epopea dei massicci insediamenti industriali che la città ebbe necessità di coordinare e regolamentare la gestione idrica, oltre che di individuare fonti di approvvigionamento. Nel 1877 venne indetto un concorso pubblico per la realizzazione di un acquedotto e, nel 1881 fu prescelto il progetto della Società Italiana Condotte d’acqua che prevedeva di trasportare a Milano le acque sorgive del fiume Brembo.
Ma i bergamaschi si opposero ed il progetto venne abbandonato a favore di quello proposto dall’Ufficio Tecnico comunale, che proponeva di proseguire nell’attingimento dalla falda sotterranea con pozzi di idonea profondità.
I primi due pozzi sperimentali vennero realizzati nel 1888 presso l’Arena a servizio del quartiere residenziale che stava sorgendo fra piazza Castello, Foro Bonaparte e via Dante. Per regolarizzare la pressione di erogazione furono costruiti due grandi serbatoi di accumulo, nascosti all’interno dei torrioni del Castello Sforzesco.
La municipalità decise che la falda sotterranea doveva restare l’unica fonte di rifornimento idropotabile, scartando altre ipotesi di approvvigionamento da fontanili extraurbani, allora molto numerosi e alcuni anche con portate elevate, o da sorgenti montane. Fu in quel periodo che, grazie all’abbondante disponibilità idrica, vennero realizzati i primi bagni e servizi pubblici: consentivano l’accesso a prezzi popolari a stabilimenti balneari non proprio eleganti, ma funzionalmente non diversi da quelli che la popolazione milanese più agiata già da molti anni utilizzava, per esempio il prestigioso Kursaal Diana a Porta Venezia.
Venne presto costruito il secondo impianto di pompaggio, presso l’attuale piazza Firenze, al quale nel 1903 si aggiunsero la centrale Parini, presso l’attuale piazza della Repubblica, e la Armi: edificata nel 1904 è la più antica tra quelle ancora esistenti.
Alla fine degli anni ’20, quando gli impianti erano 17 con una capacità di pompaggio complessiva di circa 6.000 l/s, cominciò un modesto abbassamento della falda che costrinse a modificare il sistema di estrazione. Attraverso elettropompe ad asse, l’acqua veniva immensa in apposite vasche, da dove veniva successivamente pompata in rete.
Nel 1948 entra in funzione la centrale di San Siro su progetto di Gio Ponti e, negli anni Sessanta, iniziò ad evidenziarsi il problema relativo alla qualità dell’acqua, pesantemente contaminata da scarichi industriali non depurati. Col passare degli anni a causa del progressivo indiscriminato sfruttamento pubblico e privato, la falda cominciò a dar segni di “affaticamento“, fenomeno che si sarebbe invertito a partire dal 1975, conseguentemente alla chiusura degli stessi grandi stabilimenti che erano stati la causa principale del deterioramento dell’acqua di falda. In questo periodo nascono problemi legati all’innalzamento della falda, che ha portato fra l’altro a fenomeni di allagamento di sotterranei, parcheggi, metrò.
Citiamo di passaggio il caso Olona, che da decenni costituisce un grave problema in occasione di allagamenti dovuti a piene o piogge abbondanti.
Nel 1988, nel centennale della nascita della rete idropotabile, esistevano 34 centrali per una potenzialità di spinta di circa 30.000 l/s e l’acquedotto inizia ad introdurre tecnologie di potabilizzazione per garantire la qualità dell’acqua e assolvere agli adempimenti sempre più restrittivi della normativa europea in tema di limiti alla concentrazione di sostanze inquinanti nell’acqua. Il primo impianto di filtrazione, a carbone attivo, viene costruito nella centrale Vialba ed entra in funzione nel febbraio del 1992, e nel 1994 entrano in funzione le torri di aerazione nelle centrali Novara, Comasina, Suzzani, Chiusabella e Cimabue. Risale invece al settembre 2007 l’introduzione dell’impianto a osmosi inversa presso la centrale Gorla.
MM è responsabile della qualità dell’acqua distribuita e agisce nel rispetto delle disposizioni previste dal D.Lgs 31/01 del 2003. Attraverso il suo laboratorio di analisi, Metropolitana Milanese analizza ogni anno circa 190.000 parametri. I risultati vengono messi a disposizione dei clienti ogni trimestre attraverso la bolletta e il sito web. Il controllo continuo della qualità dell’acqua, principalmente in uscita dalle centrali e l’attuazione delle procedure interne consentono di attuare tempestivamente gli interventi necessari a garantire con ampio margine il rispetto dei valori di parametro prescritti.
Attraverso il sito milanoblu.com i cittadini possono prenotare una visita gratuita alle centrali di potabilizzazione o ai manufatti fognari:  vi assicuro che è un’esperienza emozionante che non ha nulla da invidiare all’analoga parigina!
KL-Cesec - MM Acqua 004Per finire, in organico ai servizi idrici milanesi vi sono ben 481 draghi: sono verdi e invece che fuoco e fiamme buttano acqua. Si, sono le fontanelle pubbliche, chiamate draghi verdi o vedovelle per il fatto che piangono costantemente dai cittadini ambrosiani, decisamente pudibondi rispetto ai piacentini che le appellano in ben altro modo…
Sono realizzate in ghisa nel tipico colore verde ramarro e vennero disegnate nel 1931 in concomitanza all’inaugurazione della Stazione Centrale. La prima venne posta in piazza della Scala e, tuttora esistente, differisce dalle altre per il fatto di essere in bronzo.
Non disponendo di rubinetto molti pensano che i draghi verdi generino spreco, ma non è così anzitutto poiché la quantità d’acqua erogata è irrisoria in confronto alla portata d’acqua distribuita dall’acquedotto: a fronte di un flusso totale istantaneo medio erogato di circa 7500 litri/secondo, la portata dell’insieme delle fontanelle è pari a circa soli 10 litri al secondo, inoltre il flusso d’acqua continuo dei draghi svolge l’importante funzione di mantenere l’acqua sempre in movimento, preservandone la freschezza e la buona qualità in corrispondenza delle tubazioni terminali cieche, le cosiddette “teste morte”.
Ricordo infine che la portata in uscita dalle fontanelle non viene inutilmente dispersa ma, attraverso la fognatura, raggiunge i depuratori e viene impiegata dai consorzi agricoli per l’irrigazione dei campi a sud della città.

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