In Brianza non crescono più gli ulivi

Ovvero della crisi che fa bene all’anima…
Sono approdato in forma stanziale, benché casualmente, nel capoluogo dell’Operosa Brianza quattordici anni fa ed ho potuto assistere ad una profonda deriva, per esempio dall’esibizione di una ricchezza sfacciata ad uno stile di vita più sobrio, dovuto sostanzialmente al fatto che chi non ha soldi non ne ha, mentre chi li ha ha imparato a tenere un profilo basso perché non si sa mai…
Debbo aggiungere, non perché credo che interessi chi legge ma giusto per scrivermi un po’ addosso, che pur discendendo da una nonna materna (mai conosciuta) appartenente ad un’antica famiglia concorezzese dal cognome che più doc in senso brianteo non si può, già attiva sin dalla fine del XIX Secolo proprio a Monza  nel fabbricare nastri e cappelli, non mi sono mai sentito parte di quel mondo preferendo storie di nebbie e lagune e, proprio quando sentivo il bisogno di parenti e terraferma, frequentando certi cugini pastori e muratori arroccati su un monte bergamasco.
Accampatomi dunque a due passi dal duomo in quello che, risalente al XVII Secolo, fu dapprima convento e poi casa ultrapopolare allorché i monasteri vennero sbaraccati dal Bonaparte e successivamente stalla, caserma della polizia, cinema ed infine, prima dell’attuale recupero, magazzino di legname con qualche tugurio abitato,  una delle prime cose che appresi dagli indigeni fu che a Milano si va a studiare, lavorare, pagar le tasse, e ‘far le brutte cose’ basta che non si sappia in giro. La seconda fu che i mobilifici commissionano (commissionavano) e vendono (vendevano) quadri, croste tanto immonde quanto imponenti per nobilitare le dimore di chi colpito da improvviso benessere ma non disponendo dell’adeguata cultura del denaro, quella che non si può improvvisare e a nulla valgono le Line Sotis di turno con i loro libercoli sul bonton, abbisognava di opulenza per l’autocertificazione in vita.
Proprio ieri, vagando naso all’aria come spesso faccio in cerca di ispirazione quando devo concludere una perizia o una relazione di particolare importanza, mi accorgo che qualcosa è cambiato: sempre più botteghe serrate mentre quelle aperte sono passate dal lusso alla paccottiglia, un negozio di accessori per la casa trasformato in libreria (toh una nuova libreria, a Monza?) la birreria bio dei frati del Carrobiolo con invito a riportare le bottiglie vuote, la stanza del sale di cui parlerò un’altra volta e l’antro del mio amico non-sannyasin Max che ha visto un’impennata di clientela locale alla ricerca di incensi, pietre, cristalli, consigli, reiki, shiatsu, musica da meditazione  e condivisione dell’anima. Altra novità l’anima a Monza, che non sia quella della messa di mezzogiorno alla domenica, in duomo. Oddio, una tizia è arrivata chiedendo al Max se aveva il prana… e lui prontamente ha risposto che nonostante le insistenze, essendo una capha tosta, tiene solo la pitta… lo giuro, ho rischiato di pisciarmi addosso… con quell’altro deficiente del Fabio che, essendo di origine calabrese, ha cominciato a blaterare a fiato aspirato stile Padrino che è bbonu pittari a pitta n’tu muru de casa, ca sanifica e ne protegge da a negatività.
Vabbè, torniamo anzi andiamo, a bomba. Ecco cosa manca: non ci sono più gli ulivi.KL Cesec CV 2014.01.22 Ulivo bonsaiCito a memoria, stralciando dal vecchio sito di uno fra gli allora innumerevoli commercianti di ulivi da decorazione con tronfia esposizione lungo l’ingorgata superstrada Valassina tra mobili più o meno in stile, che grosso modo recitava così: Un albero secolare è opera d’arte, scultura perfetta e armonica forgiata dalla natura e, come tutte le opere d’arte, invecchiando assume valore aggiunto quale testimone del tempo. Si impone a questo punto un doveroso quanto poderoso Ciumbia! equivalente padano del romano Mecojoni!
Ma il sito aggiungeva, puntiglioso: Tutti gli esemplari della collezione presenti nel punto vendita sono scelti con cura fra le piante autorizzate all’espianto. Solo gli esemplari migliori vengono lavorati ed esposti presso il centro giardinaggio.
Ricordo che mi colpì l’art. XY, ulivo nazionale con età presumibile di 800 anni lavorato nel 2002; esemplare unico con tronco ripartito in due grandi branche, rarità alta circa 6,5 m fuori terra, pianta ben radicata in contenitore con forte potere vegetativo, peso approssimativo 8.000 kg, circonferenza del tronco 450  cm, diametro della piantana circa 2,5 m.KL Cesec CV 2014.01.22 Pronti per la venditaMi recai, in bici, al vivaio per informarmi e conoscere il costo: solo 7.500 euro comprensivi di trasporto e posa nel raggio di 100 km. Ah beh, se sono comprensivi di trasporto e posa…
Per abbellire i giardini briantei costituendone un valore aggiunto gli alberi provenivano in massima parte dalla Puglia, dove chi li espiantava riceveva addirittura un contributo, un po’ come accadeva con i vigneti dell’Oltrepo’, e qualcuno esagerava. Ma progressivamente il mercato si esaurì, anche perché gli ulivi morivano come le mosche, sfiniti dal clima, da cure inappropriate e dal mitragliamento almeno bigiornaliero degli annaffiatori automatici. Parrocchie e grigliate invase da rami d’ulivo e tronchi… beh, a quanto sembra i tronchi hanno salvato un investimento altrimenti improduttivo, visto che nell’ultimo quinquennio è quanto mai agevole acquistare localmente costosissimi mobili in legno d’ulivo, soprattutto letti: che qualche mobiliere abbia sentito parlare dell’Odissea?
Attualmente gli ulivi sarebbero molto richiesti in Germania, però i tedeschi preferirebbero quelli spagnoli.KL Cesec CV 2014.01.22 Uliveto puglieseMa dal 2007 le cose si sono fatte teoricamente più difficili per gli estirpatori seriali: Chiunque espianti alberi di ulivo senza la necessaria autorizzazione o non ottemperi agli obblighi di reimpianto viene punito con una sanzione amministrativa pari al decuplo del valore commerciale degli alberi. Tale sanzione, per gli esemplari plurisecolari, viene stabilita da euro 30.000 sino a 500.000 per ogni pianta in relazione alla gravità della violazione, così recita l’articolo 5 della Legge Regionale 14/2007 che ha posto un freno all’espianto selvaggio.Ed a complicare le cose ci si è messa anche l’Europa, emanando un provvedimento tendente a non far procedere all’estirpazione degli esemplari, compresi quelli intaccati da un batterio, in verità oggetto di acerrime discussioni, chiamato xynella: “Non nascondo la grande soddisfazione nell’apprendere la notizia dello scongiurato espianto dei nostri alberi di ulivo” ha dichiarato alla stampa il 20 dicembre scorso l’assessore all’agricoltura della Provincia di Lecce, Francesco Pacella, aggiungendo “E per questo voglio ringraziare i tecnici ed il gruppo di coordinamento dell’Osservatorio fitosanitario“. L’assessore ha tuttavia sottolineato come permangano le preoccupazioni permangano, in ragione del fatto che gli agricoltori proprietari degli uliveti seriamente compromessi subiscono un drammatico calo del reddito a causa del fatto che gli ulivi diventano improvvisamente improduttivi. E lo stesso dicasi per i vivaisti, per i quali permane, seppur in maniera minore, una situazione di grande restrizione.
Bene, io intanto riprendo la mia passeggiata unter den Linden che, come dice il Puffo Quattrocchi, è meglio…

Malleus

In Brianza non crescono più gli uliviultima modifica: 2014-01-23T00:11:05+01:00da cesec
Reposta per primo quest’articolo