Scommettiamo che… e se fosse l’Acqua il prossimo eldorado della finanza creativa?

Risale all’anno 1983 Trading places, in italiano Una poltrona per due, girato da John Landis ed interpretato da Dan Aykroyd, Eddie Murphy e Jamie Lee Curtis; il film, estremamente istruttivo sotto il profilo sociologico, propone nella non casuale scenografia della Borsa di Chicago, dove vennero inventati, uno spaccato del mercato dei futures e delle commodities, nel caso specifico relativi al mercato del succo d’arancia.

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Dal film alla realtà: negli ultimi tempi le vicende legate al Monte dei Paschi di Siena hanno posto per l’ennesima volta sotto i riflettori quella nuova frontiera o, meglio, terra di nessuno costituita dalla finanza creativa dei derivati e dell’utilizzo spregiudicato e pericolosissimo che se ne fa. Ma ciò che i mezzi di informazione riferiscono è nulla rispetto a quanto già sta accadendo nei chiaroscuri dell’alta finanza: un modo assurdo di fare soldi a palate scommettendo sulle nostre paure più ancestrali. Considerato che non c’è nulla di più catastrofico che scommettere sulle riserve mondiali di cibo, che sia il caso di cominciare a domandarsi quale risorsa globale costituirà il prossimo derivato finanziario? Se fosse arrivata la volta dell’acqua?
In realtà l’Acqua è da tempo nel mirino della speculazione: banche d’affari, fondi di investimento, multinazionali ed altri attori economici mondiali, compresi FMI e Banca Mondiale, sono già pronti a mettere la mani su questa fonte primaria per la vita umana. La mafia lo fa già da tempo…
Friedrick Kaufman, professore presso la City University di New York, in un articolo apparso sulla testata britannica Nature e ripreso il 21 diembre 2012 da Internazionale sostiene che la prossima grande risorsa mondiale non sarà costituita da oro, grano o petrolio bensì da acqua. L’acqua potabile, poiché entro un ventennio almeno tre miliardi di persone avranno problemi a reperire quella necessaria per vivere.

Questo scenario, scandito dall’ossessione per la penuria idrica mentre estati interminabili e caldissime si ripetono con cadenza allarmante rappresenta il massimo che uno speculatore possa desiderare. Gli investitori adorano le situazioni apocalittiche: violenza e caos nascondono sempre possibilità di guadagno e creare denaro speculando sulla mancanza d’acqua in un’area geografica o in un settore, non è una previsione fantascientifica bensì una realtà molto vicina.
E per la finanza creativa – che produce molto di più del Pil mondiale ed è passata dai 500 miliardi di dollari del 1980 agli oltre 60 trilioni di dollari di oggi, cifra che molti hanno sentito pronunciare solo da Zio Paperone – la paura è sempre un ottimo affare. Oggi i grandi profitti, generati da strumenti finanziari totalmente separati dalla realtà, non nascono più dalla compravendita di oggetti e di beni: case, grano, auto ma dalla manipolazione di concetti eterei come rischio e collateralizzazione del debito. Ed a quanto pare investire in un indice del mercato dell’acqua sta diventando un’idea sempre più appetibile.

ACS

Unione Europea: l’Acqua stralciata dalla Direttiva Concessioni grazie alla Cittadinanza consapevole

La sua potestà è solamente consultiva e la sua esistenza non è particolarmente nota nel nostro Paese, ma il primo strumento di partecipazione diretta adottato dall’Unione Europea ha già raccolto ben oltre il milione di firme necessarie per una delle prime e più importanti iniziative, partita a febbraio ed attualmente in corso: la proposta legislativa per portare cesec,acqua,referendum,ue,unioneeuropeal’Acqua fuori dalla Direttiva Concessioni.
L’ICE, Iniziativa dei Cittadini Europei, è uno strumento introdotto dal Trattato di Lisbona ed entrato in vigore ad aprile del 2012 che consente alle organizzazioni della società civile nonché a singoli cittadini di formulare alla Commissione Europea proposte legislative raccogliendo un milione di firme in almeno sette paesi dell’Unione Europea nell’arco di 12 mesi. Per ogni paese è stabilita una soglia minima di validazione parametrata alla popolazione, che per l’Italia è fissata in 54.750 firme.
Le proposte devono essere coerenti con i Trattati dell’Unione Europea e devono ricadere nei settori di competenza della Commissione: ambiente, agricoltura, trasporti, salute pubblica per citare solo alcuni esempi.
Essendo il primo strumento di partecipazione diretta adotatto dall’Unione Europea presenta ancora dei limiti, primo fra tutti la non obbligatorietà per la Commissione di istruire un percorso legislativo.

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L’utilizzo di questo importante strumento ha però consentito di rafforzare l’azione comune del Movimento Europeo per l’Acqua, portando in Europa l’ iniziativa volta a rendere l’acqua un diritto umano e la voce dei 27 milioni di italiani che il 12 e 13 giugno 2011 votarono a favore della gestione pubblica del servizio idrico.
Grazie all’ampio consenso riscontrato il Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua prosegue la propria attività promuovendo nuove iniziative in Italia.

Ciò che è stato ottenuto, per quanto importante, non è sufficiente. Affinché l’attenzione al problema si mantenga desta al fine di centrare l’obiettivo è necessario che in almeno 7 Paesi si raggiunga la quota minima stabilita. Invitiamo perciò a partecipare all’iniziativa sottoscrivendola. E’ possibile farlo cliccando sull’immagine sottostante:

Clicca qui per firmare.jpg

 

I promotori dell’iniziativa ritengono inoltre auspicabile che:

Chi ha firmato convinca almeno altre due persone a farlo
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L’iniziativa dei cittadini europei per l’acqua diritto umano in pochi mesi ha superato il milione e mezzo di firme ed è riuscita già a mettere in imbarazzo la Commissione Europea. Il Commissario Europeo al Mercato Interno, Michel Barnier, ha preso atto della grande mobilitazione sul tema dichiarando che il servizio idrico verrà stralciato dalla Direttiva Concessioni, il provvedimento dedicato alla privatizzazione dei servizi pubblici.

cesec,condivivere,acqua,referendum,iceNell’immagine di apertura: cascate dell’Acquafraggia, ovvero acqua fracta, allo sbocco della Val Bregaglia, presso l’abitato di Borgonuovo di Piuro in Valchiavenna. Il torrente che le origina nasce a 3.050 metri di altitudine e l’acqua compie un salto di 170 m formando una doppia cascata: “aqua fracta” significa infatti acqua spezzata.

Campo, un progetto che non decolla

 Con Deliberazione Regionale n.2802 del 23 novembre 2010 avente come oggetto: Comune di Brenzone – Recupero e valorizzazione storico-culturale, paesaggistica, turistica e ambientale di Brenzone – località Campo; Approvazione della Convenzione relativa alle modalità di attuazione dell’intervento ai sensi della L.R. 13/1999 venne stanziato un importo di 760.000 €.
cesec,condivivere,campodibrenzone,borgo,cohousing,lagodigardaNell’agosto 2011, fu approvata dal Consiglio Europeo, e conseguentemente ritenuta finanziabile, la proposta di massima finalizzata al salvataggio di Campo per farne un’accademia del restauro ed un centro di eccellenza per la tutela delle tradizioni artigianali locali, eventualmente non disgiunto da un’attività di albergo diffuso sulla scorta di quanto realizzato in altri borghi abbandonati italiani e previo parere favorevole della Soprintendenza dei Beni Ambientali di Verona. All’uopo venne costituita appositamente la
Fondazione Campo – Campo Stiftung ed alcuni studi di massima furono redatti dall’Accademia del Restauro di Raesfeld, in Germania, e da Edilscuola di Verona con il parziale sostegno economico della Fondazione Cariverona.
Numerose le ipotesi progettuali legate al riuso del sito, previo un recupero che nei fatti non è ancora iniziato, non solo per mancanza di fondi.
Se un eventuale plesso museale può avere buone possibilità teoriche di essere realizzato in ragione dell’esiguità degli spazi e degli investimenti occorrenti, così non sembra essere per un centro che salvaguardi l’eccellenza artigiana: “
la gente vuole arrivare in auto, diversamente potremo contare solo su un’utenza occasionale” affermava in un’intervista rilasciata tempo fa all’Arena, il quotidiano veronese, un esponente della Confartigianato locale, aggiungendo: “e questo a fronte di investimenti finanziari non indifferenti che, in un momento economico difficile come l’attuale, sarebbe molto arduo recuperare. Certo, sarebbe bello poter educare la gente a non usare l’auto, alle passeggiate nella natura ed ai silenzi, ma il turismo mordi e fuggi non è tarato su questa lunghezza d’onda. E oggi più che mai dobbiamo prendere quello che c’è”. Pessimismo o sano pragmatismo? Sta di fatto che, oltre a qualche convegno e ad alcune pubblicazioni non si è andati.
Un’altra ipotesi sulla quale punta il recupero di Campo è la costituzione di un albergo diffuso, una soluzione che, rispettando e valorizzando il territorio ed i suoi caratteri naturalistici ed antropologici, offre un’ospitalità, generalmente di ottimo livello qualitativo.
Esempi in Italia non ne mancano. Come scrive Giancarlo Dall’Ara nel suo sito www.albergodiffuso.com un albergo diffuso è sostanzialmente due cose:
·
 un modello di ospitalità originale
·
 un modello di sviluppo turistico del territorio.
In estrema sintesi si tratta di una proposta concepita per offrire agli ospiti l’esperienza di vita di un centro storico di una città o di un paese, potendo contare su tutti i servizi alberghieri, cioè su accoglienza, assistenza, ristorazione, spazi e servizi comuni per gli ospiti, alloggiando in case e camere che distano non oltre 200 metri dal “cuore” dell’albergo diffuso: lo stabile nel quale sono situati la reception, gli ambienti comuni, l’area ristoro.
cesec,condivivere,cohousing,campodibrenzone,lagodigarda,borgo,recuperoMa l’AD è anche un modello di sviluppo del territorio che non crea impatto ambientale. Per dare vita ad un Albergo Diffuso infatti non è necessario costruire niente, dato che ci si limita a recuperare/ristrutturare e a mettere in rete quello che esiste già. Inoltre un AD funge da “presidio sociale” e anima i centri storici stimolando iniziative e coinvolgendo i produttori locali considerati come componente chiave dell’offerta. Un AD infatti, grazie all’autenticità della proposta, alla vicinanza delle strutture che lo compongono, e alla presenza di una comunità di residenti riesce a proporre più che un soggiorno, uno stile di vita. Proprio per questo un AD non può nascere in borghi abbandonati.
E poiché offrire uno stile di vita è spesso indipendente dal clima, l’AD è fortemente destagionalizzato, può generare indotto economico e può offrire un contributo per evitare lo spopolamento dei borghi.
La prima idea italiana di Albergo Diffuso nacque dal terremoto che sconvolse il Friuli nel 1976 utilizzando a fini ricettivi turistici le case ristrutturate con i fondi destinati alla ricostruzione. Il progetto-pilota, a firma dell’architetto Carlo Toson, risalente al 1982 e relativo al Borgo Maranzanis di Comeglians nacque da un’idea del poeta e scrittore Leonardo Zanier. All’epoca, in una logica di
marketing l’approccio iniziale poteva essere definito product oriented: si tenevano cioè in considerazione le prospettive di sviluppo del territorio e le aspettative dei proprietari delle case, ma si trascuravano le esigenze degli ospiti. Oggi il modelo dell’Albergo Diffuso, normato da 13 regioni italiane come modello orizzontale sostenibile, attrattore per i centri storici ed i borghi, non offre solo posti letto bensì il concetto di albergo che non si costruisce, respirando lo stile di vita del borgo grazie alla possibilità di alloggiare in case che si trovano in mezzo a quelle dei residenti, vale a dire nell’ambito di una comunità viva. Diversamente si tratterebbe di un villaggio per turisti.
Esistono attualmente diversi alberghi diffusi, attivi con successo; ai primi costituitisi in Friuli a Sauris, in Sardegna a Bosa, in Puglia ad Alberobello se ne sono aggiunti nelle Marche, in Abruzzo, nel Lazio, in Molise, in Toscana, in Trentino Alto Adige ed in Basilicata dove una particolare menzione merita l’albergo diffuso
Grotte della Civita di Matera, realizzato ricavando residenze dagli storici Sassi, mentre di quello denominato Sextantio, in Abruzzo, riferiamo a parte in ragione delle sue caratteristiche di unicità.

Alberto C. Steiner

 

Campo, la nostra ipotesi di Recupero

 In quanto rispettosi del territorio e delle identità culturali suggeriamo un’ipotesi su cui lavorare: non albergo diffuso sic et simpliciter, bensì l’attuazione di una realtà residenziale in cohousing e, tra gli spazi di proprietà comune, quelli destinati all’attività ricettiva.

cesec,borgo,cohousing,albergodiffuco,campodibrenzoneCohousing, ovvero comunità coresidenziale, significa che ciascun nucleo familiare vive in uno spazio di proprietà esclusiva, condividendo spazi comuni pensati per lo svolgimento di un’attività collettiva: biblioteca, ludoteca, lavanderia e via enumerando. Perché non un albergo diffuso? o, addirittura, la possibilità per chi lo desidera di aprire la propria casa ad un’attività di Bed & Breakfast, con l’albergo diffuso a coprire un ventaglio di esigenze ulteriormente ampio.
In buona sostanza, alcune persone o nuclei familiari acquisterano una casa o un appartamento (dipende dalle singole esigenze e dalle possibilità che emergeranno relativamente alla suddivisione degli spazi in sede progettuale) condividendo nel contempo la proprietà degli spazi destinati all’attività alberghiera. Questa soluzione potrà altresì consentire la creazione di posti di lavoro, tutelando nel contempo l’ambito territoriale ed evitando che l’iniziativa assuma la connotazione di un presepe o di una
Disneyland avulsa dal contesto come fin troppe ormai ne esistono, per esempio in Toscana.
Ci rendiamo conto che panorama, antiche case arroccate ed ulivi secolari non bastano ad attirare persone. Windsurf, vela, mountain-bike possono essere praticati non essendo necessariamente residenti a Campo. Che fare quindi per attrarre turisti, possibilmente non
mordi-e-fuggi? L’idea è quella di strutturare percorsi di benessere fisico e spirituale: attività olistiche, meditative e naturopatiche, preparazione e vendita di prodotti naturali a base di olive, olio, miele, risorse del bosco (per alimentazione, erboristica, cosmetica e via enumerando) organizzazione di eventi, disponibilità di spazi per singoli e gruppi che intendano organizzarvi convegni, incontri e seminari tematici, e magari un luogo dove, favorendo l’avvicinamento all’alimentazione naturale, ritrovare i sapori della tradizione locale, beninteso senza dimenticare quel prezioso corpo fruttifero ipogeo, come viene definito nei trattati naturalistici, che gli intenditori sanno bene dove trovare sulle pendici del Monte Baldo: il tartufo.

cesec,condivivere,campodibrenzone,borgo,cohousing,lagodigardaQuesta possibilità si sposa, a nostro avviso, con un’ipotesi a suo tempo ventilata: costituzione di un nucleo permanente di artisti, in una fucina di creatività a contatto con la natura e lontana quanto basta da traffico veicolare, rumori ed altre fonti di disturbo.
Se, infine, la distanza tra Campo ed i principali centri limitrofi: Rovereto e Trento, Verona, Desenzano e persino Brescia, potrà consentire ai residenti di recarsi agevolmente al lavoro, la connotazione ecosostenibile del borgo potrà permettere lo sviluppo di un mercato
a km zero che promuova i prodotti locali, magari attraverso l’accorpamento ad uno dei numerosi Gruppi di Acquisto Solidale presenti sul territorio.
Le idee non mancano, noi stiamo buttando qualche sasso… vedremo se e quali forme prenderanno le onde nello stagno.

Alberto C. Steiner