Ci sarà da mangiare… per 6 intere settimane.

Natale è passato, l’Epifania pure, i Magi sono sulla via del ritorno in sella alle loro Harley e Gesù-Giuseppe-Maria, per riprendersi dallo stress post-partum e dai conseguenti impegni sociali, sono riusciti a trovare un volo per Sharm, scortati da contractors già agenti del Mossad perché di questi tempi non si sa mai.
Noi, visto che non lo faceva nessuno, abbiamo pensato bene di dare una rassettata alla stalla: poiché siamo nel Tertium Millennium non vi dico cosa non abbiamo trovato nella mangiatoia!
Oltre alla paglia vi erano residui di cereali, in particolare mais, ma anche frumento, riso, segale, orzo, luppolo, avena. E l’immancabile soia.
Abbiamo pensato di nutrirvi le nostre bestie dette anche, secondo il linguaggio caro alle Sacre Scritture, armenti.
Miracolo! vitelli, maialini e polli sono immediatamente cresciuti a dismisura… i vitelli, in particolare, a otto mesi sembravano manzi di due anni, i maialini diventavano belli sodi e patinati come la Peppa Pig, i polli mitragliavano uova con la cadenza di una slot-machine impazzita… come, i polli? Si, per non parlare dei tacchini, grandi come struzzi ma il cui latte non era però particolarmente buono da bere…
Messe in pentola, inoltre, le carni sfrigolavano, sobbollivano, rilasciavano un liquido strano, una specie di siero acquoso e colloso, e non erano particolarmente saporite.
KL-Cesec - Frankenstein ogmInoltre, osservando alcuni bambini, abbiamo notato che anch’essi crescevano immediatamente come canotti gonfiati ma con una pelle sottile, quasi trasparente, l’occhio vacuo, marcati caratteri femminili nei maschi e pochissima resistenza a sforzi e malattie. Ma per quelle, si sa, ci sono gli antibiotici…
Quindi, pur esprimendo gratitudine per quest’abbondanza di piaceri della carne, ci siamo domandati cosa ci sia in realtà nella mangiatoia di vitelli e scrofe, polli e tacchini.
Abbiamo proposto i nostri dubbi ad amministratori pubblici, stampa e studiosi, autorità agricole. In alcuni casi non abbiamo ricevuto risposta, anzi qualche interlocutore ha ostentato il miglior stile del raìs mediorientale, in altri abbiamo ottenuto ampie rassicurazioni che i nostri timori erano assolutamente infondati (proprio così: assolutamente) poiché il mais importato proviene da paesi che non coltivano varietà ogm, e che pertanto i nostri prodotti tipici: culatelli e strologhini, taleggi e parmigiani, latte e uova derivano da animali nutriti da mais tradizionali. Ah… e dove sono finiti gli avanzi di cucina, il famoso pastone delle galline, le bucce di patata e di mela e tutti gli altri scarti che normalmente finivano nel trogolo?
No, non stiamo facendo i finti ingenui, la nostra è solo provocazione perché a dire il vero non ci hanno mica tanto convinti con le loro rassicurazioni. Mais. E il resto, che fine fa? E poi, già che ci siamo, a quanto ammonta la quota per consumo alimentare  e qual è quella destinata alla zootecnia?
Pertanto, nonostante cotanti inoppugnabili pareri, abbiamo voluto curiosare nelle statistiche ufficiali, tenendo presente che il mercato cerealicolo ha una cadenza che copre due esercizi e si chiude tradizionalmente il 30 giugno. Proponiamo pertanto di seguito i dati ufficiali integrati da alcuni commenti.KL-Cesec - Campo grano 001Una cosa ci ha colpiti, tenendo presente che la nostra finalità era quella di tentare un’analisi del mercato non ogm. Tra i paesi esportatori mancano San Marino e Città del Vaticano ma quelli improbabili ci sono tutti: Belgio, Malta, Austria, Groenlandia… L’elenco delle fonti di approvvigionamento impone l’incredulità davanti a paesi che o non producono una spiga di mais o a loro volta importano, per l’esiguità della produzione, la quota preminenete del proprio fabbisogno. Per non parlare della soia.
L’impressione è quella di una spasmodica ricerca, in ogni recesso del pianeta, di chi può fornire qualche tonnellata di mais dichiarato non ogm qualunque sia il prezzo di acquisto e di trasporto. Il risultato di questa follia importatrice è l’elevato costo medio del totale importato (nonostante che nell’anno appena trascorso i prezzi siano calati mediamente del 30% in ragione di una sovraproduzione) al quale si debbono aggiungere i maggiori oneri di trasporto. Per capirci: il costo di trasferimento per tonnellata di mais in container dal Peru è palesemente quattro volte il costo di una tonnellata caricata alla foce del Mississippi, su un cargo da 8.000 tonnellate dal più funzionale sistema di imbarco del Globo.KL-Cesec - Frumento 001Romacereali è il tradizionale incontro tra gli imprenditori della filiera cerealicola operanti sui mercati internazionali, per aggiornare i consuntivi e le previsioni nei passaggi di consegne tra le varie campagne. Nel nostro caso passaggio dalla campagna di commercializzazione 2012-2013, conclusasi il 30 giugno, a quella 2013-2014.
La superficie coltivata è aumentata del 3% e la quantità prodotta del 3,8 a fronte di stock iniziali valutati -9,1% rispetto ai fabbisogni ma che hanno presentato un saldo finale di +1,1%.
I consumi per utilizzo segnano un incremento pari a 0,6% quelli per commercio un -2,2%.
Passando a valutare la situazione degli stock per l’intero settore cerealicolo, secondo i dati dell’IGC, International Grains Council, la campagna 2013-2014 si è aperta il 1° luglio all’insegna di stock iniziali ridotti.KL-Cesec - Cereali 001All’apertura il frumento nel suo complesso presentava a livello mondiale stock iniziali pari a 179 milioni di tonnellate (-9,1% rispetto a quelli presenti all’avvio della campagna 2012-2013) che, rispetto agli utilizzi attesi (678 milioni di tonnellate), rappresentavano una copertura media per 3,1 mesi . A livello Europa a 27, gli stock iniziali del frumento nel complesso si collocavano a 10 milioni di tonnellate (-11% rispetto al livello della campagna 2012-2013) che, a fronte di un consumo atteso di 120 milioni di tonnellate, offrivano una copertura di 1 mese.
Relativamente al frumento gli andamenti delle semine e dei raccolti si presentavano positivi, con una previsione produttiva IGC che recuperava 25 milioni di tonnellate rispetto alla campagna precedente, attestandosi ad una produzione di 680 milioni di tonnellate (+3,8%). La superficie destinata a frumento avrebbe dovuto passare dai 215,3 milioni di ettari del 2012-2013 a 221,9 milioni di ettari nella campagna 2013-2014 (+3%). L’utilizzo di frumento per l’alimentazione animale è atteso in calo del 2,3% mentre aumenta l’impiego industriale (+5,3%) e si colloca a +1,1% la domanda per l’alimentazione umana. A livello Europa a 28, secondo IGC, la produzione di frumento totale aumenterebbe a 138,1 milioni di tonnellate nella campagna 2013-2014 (+5%). La superficie investita a frumento nell’EU28 è prevista aumentare del 2% (26,1 milioni di ettari). Secondo le stime la produzione 2013-2014 nell’UE28 si collocherebbe a 135,9 milioni di tonnellate (+2,5%).
Il mais, a livello mondiale, si collocava con stock iniziali 2013-2014 di 116,5 milioni di tonnellate (-10,5% ) che, a fronte di un utilizzo atteso pari a 912 milioni di tonnellate (che costituisce un record), offrivano una copertura di 1,5 mesi. A livello Europa a 27, gli stock iniziali di mais 2013-2014 avrebbero dovuto assommare a 4,1 milioni di tonnellate (-38,8% rispetto al livello della campagna 2012-2013) che, a fronte di usi stimati per 67 milioni di tonnellate, avrebbero garantito una copertura di soli 21 giorni.
Per la campagna 2013-2014 la domanda mondiale di mais è prevista in aumento, 912 milioni di tonnellate a fronte di 864 milioni nella campagna 2012-2013 (+5,5%): un risultato che emergerebbe dall’aumento del 7% nelle destinazioni per l’alimentazione animale ed un più contenuto incremento degli utilizzi per etanolo (+4,0%). In EU27 la produzione 2013-2014 è prevista crescente rispetto al livello della campagna precedente: 65,8 milioni di tonnellate (+7,5%), soprattutto per l’incremento delle rese. In Ucraina è prevista la conferma dell’andamento della campagna 2012-2013 che aveva segnato un aumento della superficie del 40% ed una produzione di 4,4 milioni di tonnellate.
L’orzo apriva la campagna mondiale 2013-2014 con stock di 23,4 milioni di tonnellate (-9,6%) che, considerando consumi pari a 132 milioni di tonnellate (-2,6% rispetto al livello della campagna 2012-2013), sarebbero stati in grado di garantire una copertura per 2,1 mesi. A livello Europa a 27, gli stock iniziali erano pari a 6,5 milioni di tonnellate (-13,3% rispetto alla campagna precedente) che, a fronte di consumi attesi per 48 milioni di tonnellate, garantivano una copertura di 1,6 mesi.
La produzione mondiale di orzo per la campagna 2013-2014 è stimata dall’IGC in 138 milioni di tonnellate (+6%, circa 8 milioni di tonnellate) rispetto alla campagna precedente. Il comparto si presenta alquanto stabile per stock, commercio e destinazioni d’uso, con un lieve incremento dell’incidenza della mangimistica. Nell’EU27 è prevista una lieve diminuzione delle superfici investite, da 12,4 a 12,2 milioni di ettari, con un corrispondente decremento della produzione che da 54,7 scenderebbe a 54,4 milioni di ettari, a causa delle non favorevoli condizioni climatiche.
E’ interessante notare come il 21 gennaio 2013 abbiano debuttato alla Borsa italiana di Piazza Affari i contratti future sul frumento duro. Il nuovo segmento di mercato, denominato Agrex, opera su lotti di grano duro da 50 tonnellate. I mesi di consegna sono marzo, maggio, settembre e dicembre con cinque scadenze previste per i contratti in negoziazione. La consegna fisica della merce è a Foggia e fa perno su un silos autorizzato con una capacità di 240.000 tonnellate. Banca Imi, Gruppo Casillo e Granite Negoce hanno assunto il ruolo di market maker, mentre tra i grandi acquirenti (operatori diretti ma non market maker) figurano anche Barilla e Divella.
KL-Cesec - Sequestrati ogmDurante l’analisi è emersa una notizia curiosa: alcuni ricercatori volevano stabilire se un certo tipo di mais ogm predisponesse a tumori o gravi malattie, ed i risultati sono stati chiarissimi: i ratti nutriti con questo tipo di mais, morivano tutti di cancro entro breve tempo. A fronte di tale constatazione la Russia avrebbe risposto  in modo netto ed immediato, decidendo di sospendere le importazioni di mais geneticamente modificato e creando così un grave disagio ad una nota multinazionale dell’agro-alimentare. Tuttavia la nota multinazionale ha risposto minimizzando i danni e dicendo che la Russia ha adottato questa strategia non tanto per tutelare la salute dei cittadini e dei consumatori, quanto per fare concorrenza in quanto la stessa Russia è esportatrice di cereali. La verità? Chissà dov’è…
Le tabelle ufficiali dimostrano peraltro che l’ambizioso risultato di cancellare gli Stati Uniti ed i loro ogm dalla lista dei fornitori sarebbe stato gloriosamente conquistato. Increduli, abbiamo interpellato autorevoli esperti del nostro interscambio agricolo, che ci hanno spiegato che a tutto il mondo del commercio è noto che i nostri fornitori maggiori, Moldavia, Ucraina, Bielorussia sarebbero, tuttora, paesi in cui ogni legge è poco più che una chimera. Essi stessi acquisterebbero sul mercato mondiale sementi di mais ogm vendendoceli certificati come non ogm. Per disposizioni superiori nessun laboratorio pubblico controllerebbe, all’arrivo, in provetta; la maggior parte del mais importato sarebbe quindi mais ogm da sementi americane, oltreuttto importato ad un costo superiore del 60% rispetto al prodotto USA. Se così fosse, questa sarebbe la strada migliore per annientare economicamente qualunque allevamento.
Come si vede non abbiamo riferito nomi perché, nonostante i nostri tentativi di approfondimento, non siamo riusciti a venire a capo di nulla: voci contrastanti, silenzi rigorosi quando non sdegnati e dati che si smentiscono a vicenda non ci hanno permesso di stabilire la veridicità di tali affermazioni. Pubblichiamo pertanto queste note semplicemente come indicatrici del caos e della disinformazione che presiedono ad un aspetto fondamentale dell’alimentazione umana. E, sinceramente, la nostra piccola esperienza ci ha fatto comprendere quanto, in tutto questo, i danni peggiori non siano causati da dolo bensì da disinformazione, posizioni arroccate, sentito dire, luoghi comuni, pressapochismo e dogmi.
E, giusto per dirla tutta una volta per tutte: gli ogm non sono quel mostro dalle sette teste a prescindere, come si vuol far credere… Ma per affrontare questo argomento come merita ci riserviamo una trattazione apposita.
In compenso, per la soia il quadro è estremamente cristallino, con buona pace dei nostri amici vegani: tracciarlo non impone di godere delle confidenze anonime di importatori e mangimisti. Importiamo 1,5 milioni di tonnellate di semi dai quali ricaviamo olio e farina zootecnica, e 2,1 milioni di tonnellate di farina, acquistando i primi essenzialmente dal Paraguay, e la seconda da Argentina e Brasile. Non ci risulta che tra il Rio delle Amazzoni e il Mar del Plata venga seminato ormai un solo campo di soia che non sia ogm. Siamo felicemente (quasi) certi che ogm non sia la farina ottenuta da soia coltivata in Italia, che però rappresenta solo un decimo del totale, collocato peraltro a prezzi astronomici.
Del resto, facendo un paragone con l’olio, già un decennio fa alcuni produttori liguri e toscani attenti all’ecosostenibilità ci confidavano di non poterlo vendere direttamente al consumo, eliminando quindi ogni passaggio intermedio, ad un prezzo inferiore a 7 euro al litro.
In conclusione, chi si occupa di coltivazioni di nicchia biodinamiche e naturali è considerato, nel mondo della logica dei numeri, poco più che un hobbista. Ma a noi non interessa il Pil, bensì la decrescita felice, che non è un ossimoro come lo sviluppo sostenibile…

Malleus

Contro la fame… a Natale 440mila tonnellate di cibo nella spazzatura

2013 anno europeo contro lo spreco alimentare? Certo, infatti tra natale e capodanno solo in Italia 440mila tonnellate di cibo sono finite nella spazzatura. Evviva.KL-Cesec - Presepe spazzaturaSecondo i dati diffusi da Food We Want, campagna contro lo spreco alimentare promossa dall’Istituto Oikos, le famiglie italiane hanno buttato letteralmente nell’immondizia l’equivalente di 50 euro per un totale di 1,32 miliardi di euro. In pratica, acquistiamo una quantità eccessiva di alimenti che non mangiamo e che poi buttiamo via sotto forma di avanzi, nonostante trasmissioni televisive, libri, siti web trabocchino di consigli e trucchi contro gli sprechi e per spendere bene il denaro, iniziative per aiutare chi ha più bisogno. Ma paradossalmente, specialmente se si pensa alla crisi economica con la quale da anni ci troviamo a convivere, invertire questa tendenza sembra tutt’altro che semplice. La realtà è che, nonostante le esortazioni ad assumere stili di vita ecosostenibili, attenti al portafogli ed al rispetto per il pianeta, continuiamo ad acquistare molto più di quanto consumiamo.
Il periodo natalizio…
… è quello in cui si spreca di più rispetto al resto dell’anno, e non consumare il cibo gettandolo nei rifiuti significa, oltretutto, sprecare risorse naturali sempre più preziose: pensiamo soltanto che per produrre un chilo di carne bovina servono 15mila litri d’acqua, per non parlare di quanti potrebbero beneficiare di quel cibo – un terzo di quello prodotto nel mondo viene perduto – degli 870 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame.
Ma non di solo cibo…
… In pattumiera finiscono anche migliaia di tonnellate di carta, plastica, vetro ed ogni sorta di materiali. Neanche a dirlo, specialmente durante le appena trascorse festività gli imballaggi hanno fatto la parte del leone: nastri, pacchi e fiocchi, lustrini e nastrini che si sono aggiunti a vecchi elettrodomestici, eliminati per far posto a quelli nuovi, divani e persino porte e scaldabagni. Con buona pace dei luoghi appositamente realizzati per il conferimento dei rifiuti speciali.
Siamo un paese di ecocompatibilai, da noi si contano a migliaia i Rambo dell’antispecismo militante e le Anna Howard Shaw dell’antiqualcosa, ma fino a quando non ci tocca alzare il fondoschiena, caricare in macchina le nostre schifezze e conferirle al punto di raccolta, e persino i comuni di seimila abitanti ne possiedono uno: allora ci prende la tetraparesi…
Indulgo ad un breve ricordo personale…
… Abitavo da poco in uno dei punti più belli del Naviglio, in quegli anni non ancora diventato un luna-park. Dalle finestre di casa vedevo il ponte di via Corsico e, d’infilata, il Vicolo Lavandai. Magico, specialmente alla sera. Ma una notte di settembre mi svegliai… avevano fatto “l’asciutta”, vale a dire il prosciugamento del canale per la rituale pulizia. E fu così che il mio sguardo potè commuoversi alla vista di un televisore, una lavatrice, una bici e di quel che restava di un divano.
Secondo Legambiente…
… in Italia la quota di raccolta differenziata di rifiuti urbani è del 27,5 per cento (42% al Nord, 20% al Centro, 12% al Sud) e con un po’ di buona volontà i sacchetti di spazzatura indifferenziata che invadono le nostre città potrebbero diminuire insieme al fabbisogno di discariche.
Un recente sondaggio Ipsos-Comieco ha rivelato che otto italiani su dieci fanno regolarmente la raccolta differenziata, il problema però è che molti non la fanno nel modo corretto. I buoni propositi ci sono ma, se si sbaglia a dividere i materiali, risultano poco efficaci. Un caso tipico riguarda i sacchetti di plastica: spesso usati per trasportare carta e vetro fino ai contenitori condominiali o stradali, finiscono nel cassonetto insieme a loro. Altro errore comune riguarda le confezioni in cui si mescolano cartone, plastica e, a volte, parti metalliche. Ogni elemento dovrebbe essere separato dagli altri e buttato in contenitori diversi. Un esempio: la confezione di una banale lampadina (rifiuto speciale) è costituita da carta e platica termosaldata, che dovrebbero essere separate.KL-Cesec - Brontolo e PuffoA mio parere non servirà proprio a nulla…
… il decreto 205/2010 entrato in vigore proprio il giorno di natale, che commina maxisanzioni per chi abbandona rifiuti in strada o li butta in fiumi o mari elevando le multe sino a 3mila euro. Nessuna legge serve se non c’è la volontà interiore di rispettarla, in questo caso vale a dire la consapevolezza e la determinazione di non voler vivere in un letamaio.
La nuova legge, recependo la direttiva comunitaria 2008/98, si propone di creare, nell’ambito di una società europea del riciclaggio, il Pinpas, Piano nazionale di prevenzione dei rifiuti, il cui gruppo di lavoro si riunirà per la prima volta il prossimo 5 febbraio, che sarà dichiarato Giornata Nazionale contro lo Spreco Alimentare.
Alè, altro tavolo, altra commissione, altre chiacchiere… In casa nostra le celebrazioni non mancano mai, quando basterebbe invece soltanto un poco di buon senso e la consapevolezza che non esistiamo solo noi ma, si sa, fa più figo farsi vedere in piazza con cartelli, palloncini e sonagli per poi mandare la foto agli amici di Facebook.
Dai, prima di concludere…
… facciamo un ripasso delle regole da seguire per la raccolta differenziata; sono certo che sarà letto avidamente.
Carta
Qui vanno depositati carta, cartone, cartoncini, giornali, riviste, sacchetti, scatole, quaderni, libri e, in alcuni comuni, il tetrapak. Vanno nell’indifferenziata, invece, i tovaglioli e qualsiasi altro tipo di carta sporca o con residui di cibo. Occhio agli scontrini: sono carta chimica e devono finire, anche loro, nell’indifferenziata.
Plastica
E’ il posto per contenitori, pellicole, imballaggi, sacchetti della spesa, vaschette, flaconi, bottiglie e tappi. No a bicchieri, piatti e posate usa e getta. I pezzi voluminosi andrebbero schiacciati e i residui sempre eliminati.
Vetro
E’ la palestra dell’ardimento, a causa di tappi, etichette, corone. La raccolta del vetro varia da comune a comune. In alcuni si segue il metodo multimateriale con plastica e metalli, in altri il monomateriale talvolta con la distinzione tra vetro bianco e colorato. Si possono gettare bottiglie, bicchieri, barattoli, contenitori. Tutto, ovviamente, in vetro. No a specchi, lampadine, ceramiche e porcellana, che potrebbero andare nell’indifferenziata anche se sarebbe meglio portarle negli ecositi comunali.
Metallo
Acciaio, alluminio, barattoli, lattine, scatolette, tubetti, coperchi, tappi, bombolette, vaschette vengono spesso raccolti o con la plastica o con il vetro.
Elettrodomestici
A parte, sottoscala, vicoli più o meno bui, strade, piazze, parchi ed alvei dei fossi, vale a dire i luoghi dove questi rifiuti vengono oggi reperiti in maggior misura, le norme prevedono tre possibilità: portarli negli ecositi comunali, farli ritirare dal comune previo accordo telefonico, consegnarli al rivenditore al momento dell’acquisto di un modello equivalente.
Ed eccoci a pile, farmaci, lampadine
Non vanno buttati nell’indifferenziata ma, pile e farmaci, negli appositi contenitori in strada, nei supermercati o nelle farmacie. Le lampadine vanno invece portate negli ecositi o consegnate ai commercianti quando si acquista un’altra lampadina.
Giocattoli
Apoteosi del dopo natale… vanno nell’indifferenziata dopo aver tolto eventuali batterie.
Organico
Sorprendente: non tutti i comuni lo prevedono. Comprende avanzi di cibo, scarti alimentari, sacchetti biodegradabili, terriccio, legno non trattato, foglie e rifiuti simili, fondi di caffè e the (una menzione particolare per i sacchetti filtro: vanno separati dal contenuto).
Io odio la raccolta differenziata…
… afferma il Puffo brontolone nell’immagine a corredo di questo scritto, mentre il vecchio Brontolo alza sconsolato lo sguardo al cielo. Forte della sua esperienza di minatore e uomo dei boschi sa bene come evitare la raccolta differenziata: non buttando ma riciclando.
La raccolta differenziata è stata un’invenzione encomiabile ma ci siamo mai chiesti quanto risparmieremmo, in termini  di denaro, inquinamento, consumo del suolo e delle risorse se riciclassimo tutto ciò che può essere riutilizzato? No, forse no: non siamo ancora diventati abbastanza poveri per pensarci.

Malleus

Pane, origini della vita e spreco alimentare.

Proponiamo questo articolo, decisamente prenatalizio perché tra pochi giorni tavole imbandite, cibi tradizionali, chi ha mangiato che cosa e dove, chili da smaltire a gennaio costituiranno la notizia. Noi preferiamo invece parlare di un unico soggetto, semplice e fortemente evocativo: il pane.KL-Cesec - Non di solo pane 1Non di solo pane, progetto pluriennale situato tra le iniziative di Expo 2015 al quale partecipano fotografi, pittori, scultori, videomaker, designer uniti attorno al tema del pane: cibo, ma anche elemento culturale ed immateriale rappresentativo della sostenibilità sociale, ambientale ed economica. Il pane è connaturato alla nostra simbologia evolutiva, religiosa, economica, è il lievito sociale che arricchisce la comunità, è cibo per tutti ma è anche il pane che manca, è la memoria della fame, della guerra, della povertà, di buone e cattive abitudini, di sprechi imperdonabili.La proposta stimola sui temi dell’alimentazione, dei consumi, degli stili di vita attraverso una mostra collettiva che percorre il tempo, possiede una profonda valenza rituale ed è spunto di meditazione perché mediante segni, simboli, forme e materiali, attraverso la storia del pane riporta alle radici dell’Uomo che parte dalla Terra assimilata alla Madre poiché simbolo di fecondità, fertilità e nutrimento.KL-Cesec - Non di solo pane 2Dal nomadismo agli insediamenti stanziali all’emigrazione in cerca di cibo, il pasto consumato collettivamente si arricchisce di nuovi rituali diventando esso stesso rito, e la tavola luogo dove accogliere, condividere, esprimere cultura od esibire il proprio status.
E dalla tavola al luogo paradigmatico dei tempi in cui viviamo, simbolo di spreco, consumismo superficiale e disattento, metafora della disgregazione in un’alternanza di significati che mettono a confronto il valore che attribuiamo al cibo, paradosso di un’epoca ricca di contraddizioni: la discarica.
Siamo partiti da questa mostra, ottimamente allestita, per riprendere uno dei nostri temi fondamentali ricordando che un terzo degli alimenti finisce nella spazzatura, e che per limitare questo spreco basterebbe imparare a fare meglio la spesa e a conservare correttamente gli acquisti.
Se ad accumulare in casa prodotti vecchi, non scaduti ma considerati di dubbia bontà, per esempio perché aperti da molto tempo, sono soprattutto i single, lasciar scadere i prodotti prima di consumarli è prerogativa delle famiglie con figli, che fanno maggiori scorte in dispensa. Nessuno sfugge agli avanzi, gettando le porzioni di cibo rimaste dopo i pasti.
E ce n’è per ogni tipologia di alimento: frutta e verdura vanno a male perché spesso acquistate in quantità maggiore del necessario, o perché non conservate correttamente; il latte a lunga conservazione scaduto finisce nella spazzatura insieme allo yogurt ed a pezzi di formaggio avanzati e ricoperti di muffa; vengono buttate non solo le bibite aperte e non consumate nel giro di qualche giorno ma persino il vino, specialmente se rosso, mentre scatolame, conserve, sughi, farine, legumi secchi vengono scartati se scaduti o considerati vecchi.
Anche i surgelati vengono buttati se ci accorge di averli nel freezer da troppo tempo o quando, una volta scongelati, cambiano colore ed emanano cattivi odori, non di rado perché dimenticati nel frigorifero.
La carne è invece un alimento che si butta raramente: viene conservata in frigorifero o nel congelatore, mentre il pesce viene acquistato per il consumo immediato e difficilmente viene congelato, raramente sprecato.
E concludiamo la carrellata con il pane: ancora oggi fa sentire particolarmente in colpa buttarlo, è perciò difficile che finisca nella spazzatura.KL-Cesec - Bueo marso e sprecoStabilire quale sia il male peggiore, tra il cibo-spazzatura e la quantità di cibo che finisce nella spazzatura, è arduo anche se gli effetti del primo problema si stanno ridimensionando grazie alla sempre maggiore attenzione dedicata al nostro benessere e alla qualità di ciò che portiamo in tavola.
Per quanto riguarda lo spreco distrazione ed insensibilità regnano sovrane, come se ciò non avesse a che fare con la nostra salute e con quella del pianeta. I dati sono sconcertanti: nel mondo finiscono nella spazzatura 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, in pratica un terzo di quanto prodotto. Lo ha recentemente denunciato la Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, nel suo ultimo Rapporto sulle conseguenze ambientali dello spreco di prodotti alimentari. Crisi o non crisi, ciò significa che acquistiamo più cibo di quello che realmente ci occorre, dissipando più risorse naturali rispetto a quelle strettamente necessarie.
Conseguentemente produciamo più rifiuti di quelli che altrimenti produrremmo, rifiuti da smaltire, riciclare, recuperare. Operazioni che hanno a loro volta un costo e un impatto sull’ambiente e sulle risorse disponibili per noi e per le generazioni future. La Fao ha anche calcolato le conseguenze economiche dirette di questi sprechi: ammontano alla cifra mostruosa di 550 miliardi di euro l’anno.
Per capirci, 550 miliardi di euro costituiscono l’ammontare dei crediti che Equitalia avrebbe da riscuotere, a 557 miliardi assomma il costo previsto per realizzare la linea 5 della metropolitana milanese.
Ma, oltre alle implicazioni ecologiche ed economiche, non va sottovalutata quella etica: un terzo di tutto il cibo che viene prodotto nel mondo va perduto quando vi sono 870 milioni di persone che sono, letteralmente, alla fame. E quanto ciò sia ingiustificabile lo sappiamo tutti, dal momento che gettare nella spazzatura anche solo un pezzo di pane è motivo di disagio, anche se meno che in passato. Lo spreco alimentare è un argomento tabù quando ci riguarda personalmente. Infatti, quando parli con qualcuno, nessuno ammette di buttare cibo, anzi. Tutti a mettere le mani avanti: “Io non butto niente, se mi accorgo che qualcosa sta per scadere la congelo” oppure: “riutilizzo gli avanzi per preparare torte salate“. Salvo poi scoprire, se ci si prende la briga di tenere un diario alimentare, che nella pattumiera finisce di tutto.KL-Cesec - Supermercato - OrtofruttaIl buongiorno si vede dal mattino… e il mattino, nel nostro caso, è la spesa al supermercato dove solo una sparuta minoranza arriva con la lista, dove un sacco di gente si fa prendere dalle offerte promozionali (sono fatte apposta!) e dalle confezioni maxxxi, maxi-risparmio, dove tantissimi cedono alla seduzione di slogan salutisti e nutrizionisti di prodotti alla Mulino Bianco.
Del resto è noto che i GOI, Gruppi Operativi Incursori, del marketing sono abilissimi a farci diventar scemi fin da piccoli. E’ storia di questi giorni prenatalizi, ed ha un nome, ovviamente quanto mai evocativo: Sugar, zucchero. Trattasi di un’assolutamente inutile foca meccanica dall’iniziale esorbitante costo di oltre 100 euro (già ribassato del 50% da Coop, Auchan e persino dalla blasonata Rinascente) proposta al target di riferimento – da 3 a 6 anni – attraverso ridondanti pubblicità televisive che mostrano fiabeschi paesaggi innevati con tanto di igloo e bambina felice. Ci è accaduto di assistere a veri e propri pianti greci, in special modo di bambine, intrippate dal desiderio di avere quel gioco. Che non sviluppa nulla, non fa nulla a parte due o tre movimenti che nemmeno il Big Jim dei nostri tempi, per intenderci quello che poteva calciare un pallone grazie ad un pulsante sulla schiena, non serve a nulla, non è interattivo, e presumibilmente dopo tre giorni finisce nella cesta dei giochi dimenticati…
Ok, atto dovuto… e poi in questi tempi di insicurezza e di paura c’è la sindrome della dispensa vuota. Abbiamo assistito a veri e propri assalti ai forni di manzoniana memoria, in questi giorni di terrore indotto dal 9 dicembre, neanche fosse la profezia dei Maya: l’Italia si ferma! e noi che ci divertivamo come monelli a gridarci, da sei metri di distanza: “serve il sedano?” “nooo, ne abbiamo ancora un gamboooo!” mentre gli zombies attorno a noi riempivano parossisticamente i carrelli, uno per componente familiare, di ogni ben di dio, assolutamente indispensabile in un’economia di guerra: tonno, fagioli, pizza margherita surgelata, prosecco, improbabili merendine Ciccia&BrufoliBio, panettone perché-è-in-offerta-e-magari-a-natale-non-si-sa-mai…KL-Cesec - SupermercatoL’Italia non si è fermata, il nostro gambo di sedano è ancora lì, e occhieggia ridendo divertito dal frigo nella consapevolezza di essere stato protagonista del nostro divertissement, non sappiamo se inteso come quell’istanza filosofica concettualizzata da Blaise Pascal, sappiamo solo che abbiamo riso tanto…
Purtroppo, contro il tanto insano quanto compulsivo bisogno di dovizia alimentare poco o nulla possono iniziative lodevoli come quella di alcuni supermercati inglesi: hanno adottato la promozione 2×1 in due fasi, in pratica i clienti ritirano il secondo prodotto in omaggio la volta successiva.
Niente, è la stessa ragione per cui è ormai impossibile contrastare qualsiasi puttanata venga pubblicata su Facebook, versione virtuale della piazza e del bar del paese. Almeno al bar, il cacciapalle lo riconoscevi e, in casi, estremi, due schiaffoni ben dati risolvevano la questione. Salvo poi berci sopra tutti insieme.
Bene, e passiamo alla scadenza degli alimenti. Premesso che le aziende produttrici prevedono un franco di sicurezza, la buona abitudine di controllare la data di scadenza degli alimenti è tutt’altro che diffusa, per molti addirittura non esiste differenza tra da consumarsi entro e da consumarsi preferibilmente entro, interpretando entrambe in senso restrittivo: non si deve più mangiare. Se la prima è tassativa perché ne va della sicurezza dell’alimento, la seconda significa solo che l’alimento, dopo quella data, non garantirà gusto, aroma, colore, consistenza e parte del valore nutrizionale che gli sono propri e anche parte del suo valore nutrizionale.
Non ci riteniamo migliori di altri, però potremmo avere un frigo delle dimensioni di quelli presenti nelle camere d’albergo, salvo che per il comparto dei surgelati. Detto in altri termini: pur svolgendo un’attività lavorativa intensa riusciamo, senza per questo svenarci, a fare la spesa pressoché quotidianamente. Dedichiamo quella mezzora congiunta alla passeggiata, all’aperitivo, al che ne so, decidendo praticamente ogni giorno che cosa abbiamo voglia di mangiare per cena.
Certo, sappiamo bene che per la maggior parte delle persone acquistare meno e fare la spesa più spesso, è un’esigenza che si scontra con il poco tempo a disposizione e la poca voglia di svolgere un’incombenza spesso ritenuta fastidiosa. Ecco il punto nodale della questione: fastidiosa.
Fare la spesa significa provvedere primordialmente alla grotta, alla caverna, alla tana. E se oggi circolano a piede libero un sacco di coppie, di famiglie costituite da ex-singles abituati a trovare la pappa pronta grazie a mammà oppure stanche ed insofferenti per il fatto di essere coppia, sinceramente non è affar nostro.
Torniamo al solito discorso: c’è chi nasce per essere Libero e chi per essere schiavo, e ciascuno della propia vita ne fa quel che gli pare.
Comunque sia, una volta tornati a casa con la spesa, molti non sanno come conservarla, molti non hanno ben chiaro come usare il frigorifero, un ripiano vale l’altro, i prodotti vengono riposti a casaccio, quasi nessuno sospetta che la temperatura del frigo non sia omogenea in tutti i suoi scomparti e che esiste un preciso criterio per posizionare gli alimenti al suo interno, un criterio che allunga la vita dei prodotti. Il cibo però non finisce nell’immondizia solo perché non consumato in tempo – ed è quindi scaduto, ammuffito, emana cattivo odore o sapore – ma anche perché se ne è cucinato troppo. Preparare porzioni eccessive è un difetto di pianificazione che riguarda moltissime famiglie. Potremmo parlare di consapevolezza e risveglio, ma non vogliamo infierire…
E passiamo finalmente all’apoteosi del trash: la spazzatura! Ansia da raccolta differenziata, e il cerchio si chiude: dove è partita anche quella dell’umido, si sono moltiplicati nervosismi e ansie. La si fa con sforzo, controvoglia e sfiducia. Che sia il motivo per cui non ci si applica abbastanza?
Come conseguenza lo spreco di cibo che, per onor del vero, si verifica in ogni fase della catena alimentare, diventa un problema etico, al quale però si aggiungono costi economici e ambientali, con ripercussioni sul clima, sullo sfruttamento del suolo, sulle risorse idriche e sulla biodiversità.
Il cibo che finisce nella spazzatura mangia una quantità impensabile di risorse naturali e genera rifiuti ed emissioni inquinanti nell’atmosfera.
E intanto c’è chi sopravvive grazie ad immonde pappette fornite dagli aiuti internazionali…