Fare concretamente finanza solidale e sostenibile

cesec,condivivere,finanza,solidale,cohousing,gruppoacquisto,benessereImmaginiamo di voler acquistare in gruppo un’azienda agricola e renderla produttiva grazie a metodi biologici e naturali che ci permettono di ottenere prodotti qualitativamente migliori e soprattutto nel pieno rispetto dell’ambiente.
Immaginiamo anche di non voler avere nulla a che fare con situazioni tipo Parmalat, Cirio, Argentina, Banca 121 e tante altre che hanno segnato la memoria, e le tasche, di molti risparmiatori.
L’idea è quindi quella di investire il proprio capitale nel bene rifugio per eccellenza, la terra, dedicandoci a un’attività economica pulita sul piano ecologico ed etico.

cesec,condivivere,cohousing,etica,solidale,benessere

Terra significa anche edifici, abitazioni, condivsione di spazi. Ed ecco il cohousing. Ma può significare anche condivisione di interessi ed attività, ed ecco, per esempio, il gruppo di acquisto solidale, cioè quel pool di persone che decidono di incontrarsi per acquistare insieme prodotti alimentari o di uso comune, solitamente di produzione biologica o eco-compatibile, rispettosi dell’ambiente e dei lavoratori. Può infine significare turismo responsabile e rispettoso del territorio, ed ecco l’albergo diffuso. Per non dimenticare spazi ed iniziative legate al benessere fisico e spirituale ed ecco, chiamiamola così per praticità, la componente olistica.
La differenza tra questa iniziativa e l’investimento tradizionale, sta nel fatto che per aderire non si affidano i propri capitali ad un consulente o promotore finanziario, ad una sim o ad una banca, ma si uniscono le proprie risorse a quelle degli altri entrando a far parte di una società gestita da un normale consiglio di amministrazione formato dai soci.
Questa strategia permette ad un certo numero di risparmiatori di acquistare insieme un fondo, un terreno agricolo di una certa consistenza a un prezzo per ettaro in linea con il mercato. Oppure a costi inferiori se chi promuove l’iniziativa è in grado di reperire terreni ed immobili a prezzi inferiori a quelli di mercato, per esempio perché sottoposti a procedure esecutive.
Pensando più in grande si può addirittura ipotizzare la costituzione di un Fondo, che sarà proprietario di una parte di tutti i terreni e le aziende agricole, e del quale i risparmiatori investitori saranno a loro volta proprietari. La misura del fondo permette una gestione che sarebbe impossibile con un piccolo appezzamento, e in più la forma societaria delle singole srl agricole consente di superare problematiche di ordine fiscale garantendo l’investimento del risparmiatore.
Attualmente la legge italiana consente iniziative di questo genere, pur se in modo invero macchinoso e con tempi biblici per poter presentare i progetti, superando pareri, opinioni, e talvolta vere e proprie ubbìe, di comitati di comprensorio, territorio, quartiere, pianerottolo. Ormai il notro è diventato il paese dove si parla, dove si aprono i tavoli. E poi tutti si aspettano che sia qualcun altro ad apparecchiarli, in ogni caso nessuno li sparecchia o li richiude…

Per semplificare le cose, anche sotto il profilo fiscale, è fortunatamente possibile costituire il Fondo in un Paese europeo: no, non stiamo parlando di paradisi fiscali o altre, pardon, schifezze, stiamo parlando di un paese, sicuramente extracomunitario, sicuramente a nord delle Alpi, sicuramente ad ovest del Danubio, attento alle istanze ecologiche più di quanto i mezzi di informazione nostrani facciano credere, dove la finanza costituisca il pane quotidiano, dove l’imprenditoria è supportata anziché essere svantaggiata da norme incomprensibili, balzelli medioevali, ruberie di vario genere.
Tra i propositi del Fondo, naturalmente, vi sarà anche quello di rispettare le tipicità territoriali  differenziando le destinazioni produttive a seconda di dove avvengono gli acquisti dei terreni. Quindi frumento duro e tenero nella pianura padana piuttosto che raccolta di funghi e frutti spontanei ed erbe officinali in area boschiva, pascoli, uliveti e vigne dove fanno parte della storia del territorio.
La struttura del Fondo prevede un investimento complessivo ripartito in quote, ed ogni partecipante potrà acquistarne, per singola operazione, sino ad un massimo che non conferisca nessun tipo di prevalenza rispetto agli altri soci, questo per evitare eventuali tirannie di pochi assicurando uguaglianza a tutti gli aderenti. Ovviamente si tratta di un modello base,  che potrà essere adattato alle singole situazioni.
Per finire, il ricorso al credito ordinario sarà attuato nella misura minima possibile e, se possibile, evitato. Per quanto riguarda il credito agevolato sarà possibile fruirne a condizione di non dover sposare nessuno sponsor politico. Per lo meno sin quando la politica nel nostro Paese sarà quella cloaca che tutti abbiamo davanti agli occhi.
La nostra iniziativa sta riscuotendo interesse da molte regioni e da molti gruppi intenzionati ad acquistare un terreno, un’azienda agricola, o a recuperare edifici rurali dismessi: lo provano le numerose richieste informative che ci pervengono.
L’intenzione è quella di diffondere l’iniziativa su tutto il territorio. Non escludiamo naturalmente la collaborazione, in parte già in atto, con alcune amministrazioni locali, enti ed organismi preposti alla tutela ed allo sviluppo del territorio, per esempio in Valtellina e sulla sponda gardesana orientale.
La nostra iniziativa, sicuramente variegata poiché comporta imprese basate sulla coltivazione naturale, la rivalutazione ambientale, la creazione di centri di educazione ambientale e agriturismo naturale, strutture che permettano di vendere i prodotti senza intermediari in modo da ottimizzare i margini, prevede per sua stessa natura un impegno finanziario etico e solidale.

Etica e sostenibile: la Finanza può esserlo

cesec,condivivere,forum,finanza,etica,sostenibileDal 5 al 12 novembre si svolgerà in diverse città italiane la Settimana dell’Investimento Sostenibile e Responsabile, un’iniziativa promossa e coordinata dal Forum per la Finanza Sostenibile.
Approfittiamo dell’evento, al quale prenderemo parte sia pure limitatamente ad incontri che si terranno a Milano, Bologna e Venezia, per esprimere alcune considerazioni circa la finanza, che può ed anzi dovrebbe essere etica e sostenibile. Si ma come?

cesec,condivivere,finanza,etica,sostenibilità,forum

Anzitutto riteniamo che la finanza debba generare un profitto. E’ dall’origine e dalla misura dello stesso, oltre dall’utilizzo che se ne fa che si esprime la vocazione etica e solidale dell’operatore.
Infatti, non casualmente la cosiddetta finanza sostenibile vanta, oltre ai suoi convinti seguaci, anche i suoi acerrimi oppositori. Tra i due estremi una variegata zona d’ombra di tiepido interesse, di moderato scetticismo e di chi semplicemente sta alla finestra a guardare. Insomma, come in tutte le cose terrene.
Giusto per esprimerci con la chiarezza che ci contraddistingue, e per non smentirci, ricorriamo ad alcuni esempi.

  • Primo esempio, surreale: traffichiamo in armi o stupefacenti, ma reinvestiamo i favolosi profitti che ne derivano nella costruzione di villaggi ecologici o in altre attività ecocompatibili ed all’insegna della solidarietà. Potrà avere una valenza karmica, ma non si tratta certamente di un’attività solidale.
  • Secondo esempio, questa volta connotato alla realtà: decidiamo di coltivare vasti appezzamenti di terreno secondo tecniche biodinamiche e collochiamo i prodotti sul mercato affermando che, oltre che biologiche, le nostre coltivazioni sono all’insegna della solidarietà perché abbiamo garantito un lavoro a n persone; in realtà queste persone sono sottopagate con la scusa dell’ecosostenibilità e della solidarietà. Anche in questo caso non siamto facendo proprio nulla di etico, anzi. E se il primo esempio appartiene alla sfera della fantasia, in questo caso molti che ci leggono sanno bene che non stiamo purtroppo parlando a vanvera.
  • Terzo esempio: costituiamo un fondo di investimento che con il denaro dei risparmiatori/investitori acquista fonti idriche inutilizzate. Dal fondo origina una serie di società, consorzi, cooperative e quant’altro legate al fondo per un’economia di scala ed un’uniformità normativa ma di esclusiva proprietà dei cittadini residenti nel territorio, nel comprensorio, nel comune, insomma nel bacino d’utenza di fruizione di quell’acqua. Le società, consorzi, cooperative e quant’altro sono proprietarie di ciò ciò che permette l’adduzione delle acque ed il loro smaltimento: condotte, rete distributiva, vasche di depurazione. Il vantaggio per gli utilizzatori/soci consiste nel fatto di sapere di essere gli effettivi proprietari dell’acqua che utilizzano, e che ovviamente pagano, ma a prezzi che corrispondono al costo reale degli impianti, della loro manutenzione, degli stipendi degli addetti. Il fondo a propria volta percepisce dei diritti, o royalties se così vogliamo chiamarle, che gli consentono di sopravvivere remunerando altresì il capitale degli investitori ad un tasso dignitoso pur se non certamente esorbitante.
  • Il quarto, ed ultimo, esempio è la fotocopia del precedente solo che al posto dell’acqua c’è il recupero di borghi abbandonati per trasformarli in complessi abitativi in cohousing, magari rurale ed all’insegna dell’ecocompatibilità.

Questi esempi, compreso il primo farneticante, sono inoltre tutti accomunati da un aspetto: non vi si parla di immaterialità. Patate e pomodori, acqua e case sono tutti beni concreti. In questo senso la nostra non tanto ipotetica attività finanziaria è la conseguenza di un lavoro reale, di produzione, di costruzione. Non di fantasie o scommesse su questa o quella catastrofe, sul fatto che i pomodori di Tizio potranno valere X e allora li acquistiamo ben prima della maturazione a X-60%, anzi già che ci siamo acquistiamo anche quelli di Caio, Sempronio e Mevio. Così abbiamo il monopolio della produzione di quell’anno e siamo noi a fare il prezzo. Siamo trogloditi finanziari? In effetti non siamo esperti di finanza o, peggio, guru; siamo solo professionisti e imprenditori che ad un certo punto hanno scelto di muoversi in un modo piuttosto che in un altro, nella consapevolezza che la decrescita non può essere legata agli abracadabra del pil: o è pil o è decrescita. E la decrescita o, se preferite, la consapevolezza, è ora più che mai necessaria se decidiamo di sopravvivere al futuro che ci aspetta. E decrescita non significa affatto tornare al medioevo o al paleolitico.

cesec,condivivere,finanza,etica,sostenibilità,forum

Ciò detto, appare quindi ovvio come gli investimenti finanziari, in quanto tali, implichino rendite. E’ vero, non è detto che tali rendite abbiano sempre origine diretta dal lavoro ma si sostanziano come etiche allorché seguono precisi parametri nell’ottica di un’equa riditribuzione della ricchezza generata.
In un mondo perfetto… afferma sempre uno di noi. Ok, il mondo perfetto non esiste, e se si aspetta la perfezione non ci si muove mai. Quindi ci muoviamo, programmando ma contemporaneamente navigando a vista pronti a correggere la rotta ogni volta che sia necessario od opportuno. Ma ponendoci costantemente la questione di affrontare questi temi secondo una matrice di sostenibilità e con meno iniquità possibile.

Ed è qui che accogliamo pienamente la teoria del male minore che, in una logica di sano pragmatismo, costituirà il filo conduttore della Settimana dell’Investimento Sostenibile.
In questa settimana coloro che interverranno: operatori finanziari, imprenditori, esponenti del mondo accademico non parleranno di aria fritta ma di engagement come nuova opportunità per gli investitori istituzionali, di cambiamento climatico e dei rischi connessi, delle nuove frontiere dell’impact investing e del responsible property investing, della possibile svolta sostenibile del mercato retail e, temiamo con poche speranze di successo, del ruolo dei decisori politici nella promozione di una cultura della sostenibilità in Italia.
L’Investimento Sostenibile Responsabile” spiegano i promotori dell’iniziativa  “è la pratica in base alla quale considerazioni di ordine ambientale o sociale integrano le valutazioni di carattere finanziario che vengono svolte nel momento delle scelte di acquisto o vendita di un titolo o nell’esercizio dei diritti collegati alla sua proprietà. L’ISR si esplica attraverso la selezione di titoli di società, per lo più quotate, che soddisfano alcuni criteri di responsabilità sociale, cioè svolgono la propria attività secondo principi di trasparenza e di correttezza nei confronti dei propri stakeholder tra i quali, per esempio, i dipendenti, gli azionisti, i clienti ed i fornitori, le comunità in cui sono inserite e l’ambiente. Investitori sostenibili e responsabili possono essere sia i singoli individui, che operano direttamente o attraverso la mediazione dei gestori, sia le istituzioni: fondazioni, fondi pensione, enti religiosi, imprese o organizzazioni non-profit“.

Vallesanta, un Ecovillaggio nella Foresta Casentinese

Vallesanta è una località nella Foresta Casentinese, frazione di Corezzo, borgo situato a 760 metri  di altitudine nel cuore dell’Appennino Tosco-Romagnolo e tappa obbligata sulla strada che collega i principali luoghi di culto della zona: il Monastero di Camaldoli ed il Santuario della Verna, dai quali dista circa 15 chilometri. Durante i mesi invernali il paese conta soltanto poche decine di abitanti, ma in estate si risveglia arrivando ad ospitarne centinaia.

cesec,condivivere,corezzo,vallesanta,cohousing,ecosostenibilità,territorio

Come molte numerose località di montagna, anche Corezzo ha subito un progressivo spopolamento a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, in ragione dei mutamenti sociali dovuti al passaggio dalla civiltà agro-pastorale a quella industriale del dopoguerra. Numerosi sono infatti nella zona i terreni agricoli abbandonati.

cesec,condivivere,corezzo,vallesanta,cohousing,ecosostenibilità

La Vallesanta ha conseguentemente subito un indebolimento del tessuto sociale per le stesse ragioni che abbiamo descritto nell’articolo Cohousing montano e salvaguardia del territorio pubblicato in questo Blog il 15 giugno scorso: e quindi scuole e negozi serrati, nessun servizio e, per inevitabile conseguenza, il disgregarsi della comunità locale superstite.

cesec,condivivere,autunno,circo,cohousing,ecosostenibilità

Ma alcune persone sensibili alla natura ed alla storia del territorio, dapprima per aggregazione spontanea e successivamente dandosi una denominazione, uno statuto, un regolamento  ed un progetto hanno pensato a come fare per riportare nuovi abitanti in questa zona montana, creando stimoli ed opportunità concrete per famiglie e singoli motivati a stabilirvisi, portando nuova linfa e nuove prospettive per un futuro vivo e vivibile nella Vallesanta, per non correre il rischio di creare un museo all’aperto o un borgo della ruralità intellettuale da salotto, per intenderci quella che noi chiamiamo macrovegetoveganbiobau che no ha mai vissuto la fatica del lavoro contadino e crede che le vacche si mungano da sole.

cesec,condivivere,corezzo,vallesanta,cohousing,ecosostenibilità,cottura, lastradi pietra

Appurata l’esistenza di un crescente interesse da parte di molte persone ecologicamente e socialmente motivate a tornare a vivere in zone ormai abbandonate e selvagge, con l’intento e la capacità di recuperare un territorio proprio perché ha conservato quel valore ambientale e paesaggistico che sancisce un’elevata qualità del vivere, si sono dati da fare. E qui, giusto per non dilungarci, preferiamo ricorrere ad un’ulteriore autocitazione: Perché vivere in un ecovillaggio, articolo pubblicato in questo Blog il 17 giugno scorso.
Soldi, come sempre, pochi. Ma la Regione Toscana, attraverso il Decreto 51/2004 che prevede misure straordinarie, urgenti e sperimentali per la progettazione e attuazione di interventi regionali pilota nel campo della bioarchitettura e bioedilizia, concorre per una disponibilità complessiva di 13 milioni di Euro alla realizzazione di interventi riferiti ad organismi abitativi con caratteristiche di sostenibilità ambientale e che favoriscano le relazioni umane e sociali. La norma risale a nove anni fa, ma si sa che le regioni Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Toscana sono state pioniere sotto il profilo legislativo, copiate da Lombardia, Umbria, Liguria e persino Trentino Alto Adige. Infatti la disposizione legislativa prevede persino l’autocostruzione.

cesec,condivivere,corezzo,vallesanta,cohousing,ecosostenibilità,progetto

Alta qualità del vivere, si diceva. E politica del fare, del rimboccarsi le maniche. Di case abbandonate nei boschi non ne mancano e allora si progetta un futuro sostenibile , fatto anche per famiglie con bambini.
Il progetto del Villaggio Ecologico in Vallesanta cerca quindi di realizzare un’offerta accessibile e attraente per chi è intenzionato a stabilirvisi, creandosi un’abitazione sana ed economica e occupazioni compatibili legate al territorio.
Non vuole inoltre essere un’entità isolata, ma intende collaborare con persone, associazioni, enti e istituzioni a livello locale, nazionale e internazionale. A livello locale esistono già da diversi anni collaborazioni con l’Amministrazione Comunale di Chiusi della Verna, con le Pro-Loco della zona, con l’Ecomuseo del Casentino e con associazioni presenti sul territorio, nell’intento di creare sinergie utili a sostenere la qualità del vivere in una zona marginalizzata. Particolarmente intenso è il legame con la piccola scuola di Corezzo, grazie alla quale negli anni diverse famiglie hanno deciso di insediarsi nella zona, e con la quale sono state realizzate varie iniziative di carattere culturale e ambientale. Inoltre l’arrivo recente di alcune famiglie richiamate dal progetto dell’ecovillaggio ha permesso di allontanare la minaccia di chiusura della scuola.
Il progetto è sin dall’inizio animato dall’intento di realizzare abitazioni a minimo impatto ambientale, utilizzando materiali locali, naturali, biodegradabili – legno, paglia, terra, lana – e per quanto possibile di recupero, per ottenere case veramente ecologiche e che rispondano a criteri di alta efficienza energetica, obiettivo decisamente  difficile e costoso da ottenere nelle vecchie case in pietra.
Le abitazioni saranno inoltre armoniosamente inserite nel paesaggio, quasi a confondersi in esso, ma al tempo stesso raggruppate intorno a spazi comuni, con lo scopo di creare una nuova tipologia di insediamento che risponda a una nuova filosofia abitativa frutto di un approccio dei nostri tempi che tenga in considerazione l’ambiente, la socialità, la condivisone e lo scambio con il territorio, anche attraverso l’autocostruzione, obiettivo da realizzare nei termini più ampi possibili nel rispetto delle vigenti leggi in materia.
La vicinanza all’abitato di Corezzo è chiaramente considerata un atout per consentire l’integrazione con la comunità locale preesistente e per la fruizione di servizi come scuola, negozi, mezzi pubblici, ambulatorio medico.

I futuri cohousers immaginano, come noi abbiamo fatto da tempo, che hic et nunc siamo in un momento topico, perché viviamo contemporaneamente il fallimento della modernità e quello della civiltà contadina. E da questo doppio fallimento può uscire l’idea per un nuovo Umanesimo delle Montagne.

La partenza dei lavori è prossima, il Comitato per la realizzazione del villaggio cerca nuovi aderenti rendendo noto che ogni nucleo familiare che intendesse aderire al percorso può risultare assegnatario di un contributo fino a 35.000 euro, finalizzato all’autocostruzione partecipata della propria abitazione.
Il progetto prevede la realizzazione di 14 unità abitative autonome, 8 delle quali da terminare entro giugno 2016, provviste di sala polivalente, officina/falegnameria, lavatoio, orti comuni, frutteto. E’ naturalmente prevista la gestione condivisa e responsabile dell’acqua e delle fonti energetiche: lago e fitodepurazione.
Al fine di evitare sgradevoli sorprese il Comitato rende noto che aderire al progetto significa prendere parte ad un percorso di costruzione di fiducia reciproca. Per tale ragione l’adesione è subordinata ad un periodo di conoscenza ed all’accettazione degli attuali aderenti. Per consentire la partecipazione al Bando tutti gli aderenti versano inoltre una quota paritaria nelle intenzioni non superiore a 15.000 Euro per nucleo famigliare, una parte investiti come partecipazione alla Cooperativa ed il rimanente per la realizzazione delle case, anche attraverso lo svolgimento di attività lavorative comuni.

Per chi desidera informazioni l’indirizzo di questa Comunità è:

Comitato per un villaggio ecologico in Vallesanta
Località Biforco, 2 – 52010 Chiusi della Verna (AR)
 www.ecovillaggiovallesanta.org

Autocostruzione: il futuro nasce dalle nostre mani

cesec,autocostruzione,bioedilizia,ecocompatibilità,cohousingClassico film western: dopo inenarrabili traversie la carovana di pionieri giunge a bordo di carri Conestoga in una valle dell’Eden che si specchia in un lago idilliaco, cinta da pinete a non finire sullo sfondo di montagne innevate. Dopo aver riunito i carri in cerchio ed acceso il fuoco c’è sempre la scena in cui, dall’alto di uno sperone di roccia che domina la valle, il protagonista cinge la vita di una donna – l’amore è ovviamente sbocciato durante la traversata – dicendole: “MaryAnnRoseJean qui sorgerà Oregon City e qui sarà il futuro felice dei nostri figli.” E il film si chiude sull’ultima scena in cui tutti gli abitanti della futura Oregon City abbattono alberi, piallano assi, inchiodano piattaforme, travi e centine. Musica in crescendo, titoli di coda, luci, uscita, sigaretta.

cesec,tex,willer,conestoga,cohousing,autocostruzione,western

 Quello rappresentato nella scena finale del nostro western altro non è che un esempio di autocostruzione. Essa risale all’alba della storia, precisamente a quando l’Uomo smise di essere nomade e nel contesto tribale tutti si aiutarono vicendevolmente costruendo ricoveri, palafitte, capanne e case con tecniche sempre più evolute in funzione delle esperienze maturate e dei materiali locali disponibili.

cesec,cohousing,autocostruzione,ecocompatibilità,bioedilizia

L’autocostruzione è tuttora una caratteristica del mondo rurale, specialmente in montagna e l‘idea che le istituzioni potessero sostenere le famiglie nella costruzione della propria casa fu introdotta in Svezia nel 1904, diffondendosi negli anni ’20 in diverse aree europee e nell’Unione Sovietica. Nel 1945 venne coniata l’espressione Aided Self-Help Housing ma il primo progetto notevole di autocostruzione assistita fu condotto nel 1939 a Porto Rico. Nell’occasione le Autorità fornirono assistenza tecnica e finanziaria, incoraggiando centinaia di nuclei familiari che alloggiavano in baracche e capanne, a costruirsi col proprio lavoro una nuova casa. I risultati ottenuti con quel progetto pilota furono talmente positivi che negli anni ’40 Porto Rico divenne il primo luogo al mondo a mettere al centro delle politiche per la casa l’aided self-help, in breve tempo imitata da molti paesi caraibici.
Negli anni ’60 l’autocostruzione venne adottata sempre più spesso dalle Amministrazioni di Colombia, Perù , Sud Africa, Kenia, India e, con il nome di self-building, da Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna.
In Italia, esclusi i fenomeni rurali di cui si è detto, la pratica si è diffusa con modalità legate alla storia dei movimenti operai che, grazie alla forte coscienza di classe, portarono alla costituzione di cooperative edilizie che andarono però scemando negli anni ’60 con l’attenuarsi dello spirito di mutualità; subentrò una fase connotata da edificazioni in autocostruzione individuale o da abusivismi per necessità. L’assenza di una reale politica della casa e del territorio, congiunta ad una maturata consapevolezza in materia di solidarietà, condivisione ed ecosostenibilità, hanno negli ultimi anni contribuito a creare le condizioni favorevoli all’autocostruzione associata.
Per chi volesse saperne di più: Autocostruzione associata ed assistita in Italia, progettazione e progetto edilizio di un modello di housing sociale di Massimiliano Bertoni e Andrea Cantini, edito da Dedalo nel 2008 è uno dei testi più esaustivi in materia.

Ma in che cosa consiste esattamente l’autocostruzione? Oggi è quel processo edilizio attraverso il quale le persone si costruiscono parte della casa con le proprie mani, risparmiando su gran parte dei costi di manodopera (fino al 40%) e riducendo pertanto il costo complessivo di costruzione degli alloggi. Ogni autocostruttore si impegna a dedicare, nell’arco della durata del progetto, parte del proprio tempo libero a lavorare in cantiere, secondo le vigenti norme edili di sicurezza e sotto la guida di professionisti ed esperti del settore.
Autocostruzione è una bella espressione che evoca contesti di solidarietà e gioiosa condivisione. Ma lo spontaneismo da festa campestre dev’essere rigorosamente bandito, pena guai seri. Perché l’attività sia coronata dal successo occorrono metodo, disciplina e conoscenze adeguate. Altrimenti le buone intenzioni finiscono per scontrarsi con le difficoltà e tutto diventa precario oltre che fonte di pericolo.

cesec,autocostruzione,ecocompatibilità,bioedilizia

Case realizzate o recuperate con materiali ecocompatibili reperiti localmente quali legno, paglia, terra, pietra, calce e caratterizzate da soluzioni impiantistiche finalizzate al risparmio energetico, destinate a diventare l’abitazione primaria degli autocostruttori. Questo è, in sintesi, l’odierno spirito dell’autocostruzione.

Qual’è l’identikit dell’autocostruttore ideale? L’autocostruttore, ovviamente, cerca casa e:
⦁    la vuole nuova o frutto di un attento recupero che la renda decisamente particolare;
⦁    che costi il meno possibile;
⦁    di qualità elevata e costruita secondo criteri di bioedilizia;
⦁    che utilizzi energie rinnovabili consentendo un elevato risparmio energetico;
⦁  possibilmente in una posizione strategica che unisca la serenità della campagna alla vicinanza al contesto urbano ed ai servizi;
⦁    vuole averla al massimo entro 12 – 15 mesi rendendosi protagonista della progettazione e della costruzione;
⦁    vuole prendere parte ad un innovativo progetto di abitare sostenibile e solidale;
⦁    vuole fare amicizia con i vicini prima ancora di andarci ad abitare, in modo da stringere con loro rapporti di fiducia e mutualità che gli permettano di vivere meglio.
Insomma, un maledetto rompicoglioni…

Ed ora, prima di proseguire, illustriamo la la nostra filosofia dell’autocostruzione. Che è poi la medesima del cohousing, visto che le due cose non solo possono coesistere, ma anzi si sposano benissimo perché:
⦁    sotto il profilo finanziario: se l’autocostruzione consente sensibili risparmi in fase realizzativa, il cohousing consente la prosecuzione di tali risparmi in fase gestionale;
⦁    sotto il profilo della socialità: se l’autocostruzione consente di innescare rapporti di vicinanza e collaborazione, il cohousing consente di rafforzarli.
Autocostruire, o recuperare nel caso di borghi dismessi, la propria casa mette indubbiamente in una condizione d’animo particolare, che nasce dal sentirsi protagonisti di una realtà in divenire, costruttori del proprio futuro, vedendo letteralmente nascere dalle proprie mani qualcosa di nuovo e importante. La scelta congiunta dell’autocostruzione e del cohousing permette di conoscere in anticipo, e in definitiva di scegliere, quelli che saranno i propri vicini – possibilità assolutamente preclusa a chi va ad acquistare od affittare una casa secondo le modalità tradizionali – instaurando da subito rapporti di fiducia, rispetto, collaborazione e amicizia.

Optare per l’autocostruzione significa massimamente scegliersi fra simili. Per cultura, obiettivi, status economico al fine di non creare disparità che nel tempo potrebbero risultare letali. In questo contesto, che è quello della costruzione o del recupero di unità di pregio per garantire un elevato standard di vita attraverso il ricorso a tecniche, quelle ecocompatibili, che sono mediamente più costose rispetto a quelle che presiedono all’edilizia tradizionale, non parliamo di edilizia convenzionata o agevolata. E’ pertanto fondamentale, oltre alla manifestazione di interesse, la verifica della bancabilità dei singoli soggetti.

E così chiariamo subito un altro concetto fondamentale. Non esiste nessuna legge che vieti l’autocostruzione nel contesto di un’iniziativa privata: si acquista la superficie o l’immobile dismesso (per esempio un antico opificio, un vecchio mulino, un borgo disabitato) si stilano il progetto ed il capitolato, si verifica la compatibilità ambientale ove necessario, si presenta il progetto definitivo alle autorità competenti, si versano gli oneri relativi, si nomina un direttore dei lavori, si apre il cantiere e si comincia. Nel frattempo si accende un mutuo che verrà successivamente frazionato sui singoli acquirenti a partire dalla consegna degli immobili e, per quanto in termini ridotti dovuti al minor costo della manodopera, si inizia a pagare impresa, tecnici, artigiani specializzati, materiali a stato d’avanzamento lavori. Insomma, nelle sue linee generali una normale operazione cantieristica e finanziaria con assegnazione finale in proprietà e non in diritto di superficie.

E’ per contro altrettanto vero che l’autocostruzione può consentire l’accesso alla proprietà della casa a  famiglie che non hanno un reddito compatibile con i parametri del mercato immobiliare. Ma nel nostro Paese i mezzi d’informazione hanno ingenerato il convincimento che sia possibile accedere all’autocostruzione solo in regime di edilizia assistita attraverso onlus, ong, cooperative sociali. Abbiamo addirittura letto di Unità di mediazione per l’animazione e diffusione territoriale dell’iniziativa, ricerca e selezione degli autocostruttori, costituzione delle cooperative, team building… oppure: per quanto riguarda le condizioni di contesto non esistono vincoli rispetto alla percentuale tra cittadini italiani e cittadini migranti precedentemente fissata al 50%.
Per diventare autocostruttori non è obbligatorio varcare le forche caudine di ong, comitati, cooperative.

cesec,autocostruzione,cohousing,bioedilizia,ecocompatibilità

Parlando di risorse finanziarie e considerato lo spirito solidale ed ecocompatibile afferente a queste iniziative, è auspicabile il ricorso a banche vicine a questo sentire. Fra tutte segnaliamo Banca Etica che, attraverso il ricorso all’emissione di prestiti obbligazionari, ha dato vita a Sostieni i progetti di Economia Civile: attraverso questa forma di risparmio vincolato sostiene finanziariamente microcredito, investimenti per lo sviluppo di imprese sociali e storie di economia civile.
Tra queste merita una menzione  Le mani, per vivere insieme, progetto di autocostruzione varato a Senigallia che ha permesso di realizzare 20 alloggi ad alta efficienza energetica consegnati nel 2012. Banca Etica ha concesso il mutuo per l’acquisto e la costruzione delle case ed i beneficiari hanno iniziato a pagare le rate a lavori terminati, in modo da non dover pagare contemporaneamente la rata del mutuo e il canone di affitto nell’abitazione in cui alloggiavano durante i lavori. Ed ora, sempre nelle Marche, è partito un secondo progetto di autocostruzione.

cesec,cohousing,autocostruzione,ecocompatibilità,bioedilizia

In conclusione, quand’anche possiede una connotazione solidale ed ecosostenibile, l’autocostruzione non è da intendersi esclusivamente come uno strumento innovativo di edilizia popolare tradizionale che permette l’accesso ad un alloggio dignitoso anche a chi, per scarsità di risorse disponibili, non potrebbe accedervi a prezzi compatibili con il proprio reddito. La pratica dell’autocostruzione si differenzia da altri sistemi di edificazione perché i futuri proprietari partecipano alla costruzione della loro casa con l’apporto del proprio lavoro, il che consente il contenimento dei costi di edificazione. Questa pratica, quando opera tramite cooperative, ha un inquadramento normativo chiaro. Lo stesso non accade per l’autocostruzione familiare, dove con familiare si intende la costruzione di un nucleo abitativo, solitamente su area privata, in cui i componenti di un piccolo gruppo di persone (una famiglia, un gruppo di amici, alcune coppie) assieme a terzi competenti in materia intervengono direttamente nel processo di costruzione, in forma assolutamente gratuita: in questo caso valgono, come detto in precedenza, le norme che regolamentano l’edilizia privata.
E questo porta ad un’ultima doverosa precisazione: è indispensabile la supervisione di tecnici e professionisti abilitati, per le necessarie competenze tecniche ed in materia di sicurezza. Non tutti, a meno che non sia il loro mestiere, sanno erigere un muro in bolla, usare flessibili, puntatrici, battipalo o ruspe, o ingallettare scossaline. Ed in un cantiere il rischio di farsi molto male è costantemente in agguato.

Centro Studi Cesec

Case in terra cruda

 

CHE NE DITE DI QUESTA CASA?

cesec,condivivere,bioedilizia,ecocompatibilità,terracruda,cohousing

E’ stata costruita seguendo un metodo antichissimo, assolutamente ecocompatibile, antisismico ed eccezionale sotto il profilo termico, del quale si stava perdendo la memoria ma che grazie a pochi appassionati ha ritrovato vigore: da qualche anno esiste addirittura una scuola che sta formando tecnici e progettisti grazie al recupero delle conoscenze di alcuni anziani artigiani sardi e francesi.

cesec,condivivere,terracruda,ecocompatibilità,bioedilizia

Il metodo si chiama Terra Cruda, un sistema costruttivo che risale all’origine dell’abitare. Viene utilizzata terra, meglio se ad elevato tenore argilloso, impastandola con acqua e leganti naturali quali fibre o paglia (in passato veniva usato anche letame) o artificiali quali calce.
Si creano murature gettate (pisè) eventualmente aggregate con ciottoli di fiume, o in blocchi (adobe), in Abruzzo e Marche detti massoni. Per migliorare la resistenza dell’edificio si possono costruite pilastrate angolari mattonate, nonché inserire catenature in legno direttamente nel getto di terra per elevare la resistenza strutturale rispetto alle sollecitazioni orizzontali.
Le case costruite secondo questa metodologia possono essere ipogee oppure, ed una tipologia non esclude l’altra, elevarsi anche su due o persino tre piani fuori terra.
Se previsto in fase progettuale gli edifici possono essere addossati gli uni agli altri a formare una sorta di borgo, garantendo sensibili vantaggi in termini strutturali e di coibenza termica.

Cesec

cesec,condivivere,cohousing,terracruda,ecocompatibilità,bioedilizia

 

Completato il programma di abbattimento dei cinghiali nelle Selve Valtellinesi

Il grosso mammifero selvatico ungulato, non considerato specie autoctona nell’area delle Alpi lombarde, in cima al Lago di Como è addirittura considerato infestante.
La sua presenza in Valtellina, Valchiavenna e nelle valli laterali è dovuta a due ragioni: superficialità e dolo. La prima motivazione, che assumendocene la responsabilità non esitiamo a definire imbecillità, si sostanzia, nella sua terribile semplicità, in questo modo: a partire dal 2008/2009 alcuni residenti hanno importato cinghiali confidando di allevarli per macellarli ricavandone salumi pregiati. Non hanno considerato che il cinghiale non è un maiale, tantomeno un porcellino d’india, ma un selvatico invasivo, vorace, assolutamente distruttivo ed incontrollabile. Alcuni capi sono scappati dai recinti nei quali erano stati delimitati, altri sono stati liberati da qualche demente deluso e, grazie alla loro estrema prolificità (una femmina meticciata con il maiale è in grado di partorire sino a 14 cuccioli anche due volte l’anno) si sono diffusi come un’epidemia.

cesec,condivivere,malleus,penitentiarium,cinghiali,valtellina,abbattimento

Abitudine caratteristica del cinghiale, comune al cervo, è il cosiddetto insoglio. Esso consiste in un bagno di acqua e fango che gli animali hanno necessita’ di fare per liberarsi dai parassiti e dallo sporco o per rinfrescarsi durante i periodi caldi. Naturalmente lo effettuano nei torrenti, ammalorando ed inquinando le vene acquee.
Dal punto di vista alimentare il cinghiale è invece un onnivoro, con una dieta costituita da radici, tuberi, frutti, invertebrati, piccoli mammiferi, carcasse di animali e anche mammiferi di maggiori dimensioni feriti e quindi facili da predare in gruppo. Possiamo quindi immaginare i danni causati alle coltivazioni, ed in particolare alle viti, vera ricchezza di Valtellina.
Numerosi capi sono stati inoltre avvistati mentre circolavano, solitari o in branchi, nei centri abitati. Altri hanno creato problemi a cervi, camosci e ad altra fauna autoctona. Altri ancora si sono spinti oltre il crinale delle Orobie invadendo i boschi della provincia di Bergamo. Persino alcuni turisti accampatisi ai Piani Resinelli si sono svegliati circondati da cinghiali.
Del resto, magra consolazione, in Piemonte non stanno meglio: sul Mottarone pare vi sia una vera e propria colonia di cinghiali selvatici.
Tipico del cinghiale è infine il grufolare, vale a dire l’abitudine di cercare cibo nel suolo usando il grugno per rivoltare il terreno, che viene lasciato in condizioni assolutamente disastrose.
E veniamo alla seconda motivazione, assolutamente idiota: implementare cinghiali per permettere a certi soggetti di giocare ai Rambo della Valtellina, naturalmente in modo assolutamente illegale. Andate a giocare in Afghanistan, coglioni!

Risultato: 54 capi abbattuti nel 2010, 136 nel 2011 e 149 quelli effettuati da gennaio a settembre 2012, oltre ai circa 200 di quest’anno.
Anche noi abbiamo nostro malgrado partecipato, in quanto titolari di interessi sul territorio e nella consapevolezza che non è lecito far sì che siano altri a toglierci le castagne dal fuoco. Certo, non siamo stati noi, ma il senso della comunità è proprio questo: prima risolviamo il problema, poi penseremo a prendercela con i colpevoli.
Appurato che le regioni Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Sardegna e Marche, e persino Molise e Calabria hanno espresso il loro diniego all’accoglienza di capi catturati, a causa di irrisolvibili problemi di sovraffollamento, con la morte nel cuore ed in forza del nostro porto d’armi che ci consente di chiedere una licenza di caccia temporanea, ci siamo dati da fare. Imbracciato un Sauer S 303 prestato caricato con cartucce veloci abbiamo partecipato a battute e posti fissi.
Cesec,condivivere,malleuspenitentiariu,conghiale,valtellina,cartucce,consapevolezzaIl problema del cinghiale non è la sua aggressività se ferito, non è la sua irruenza e, tutto sommato, nemmeno la sua pericolosità. Il vero problema del cinghiale è il suo sguardo, quando lo hai nel mirino: è umano.

Alberto C. Steiner

Tra cielo e acqua: a Lovere il primo albergo diffuso di Lombardia

Dal 30 agosto al 1° settembre fondaci, porticati, cortili ed angoli caratteristici del borgo medievale della città sulla sponda bergamasca del Sebino – considerata fra le più belle d’Italia – si offriranno come scenario di un nutrito calendario di eventi all’insegna della conoscenza e della riscoperta di sapori tipici, esposizioni artistiche ed artigianali, esibizioni di artisti di strada, visite guidate al borgo antico, alla Torre Civica e ad altri luoghi significativi.

cesec,condividere,cohousing,acquapubblica,lovere,torresoca,albergodiffuso

cesec,condivivere,cohousing,acquapubblica,lovere,torresoca,albergodiffusoNell’occasione sarà possibile visitare l’albergo diffuso Torre Soca, il primo ad essere aperto in Lombardia, inaugurato nel maggio scorso dopo un complesso lavoro di intese fra pubblica amministrazione, proprietari di appartamenti, esercizi commerciali e locali pubblici finalizzato a riportare in vita il centro cittadino, di origine medioevale .
Torre Soca, un tempo utilizzata come casa torre, è tra gli edifici più antichi del comprensorio e l’albergo diffuso che ne porta il nome è stato ricavato nel centro storico tra cortili, loggiati ed altri edifici dalla particolare atmosfera. Dispone di sette unità abitative molto particolari ed ottimamente arredate.

Il territorio loverese, prevalentemente collinare e montano, si è prestato sin dall’antichità come favorevole alla funzione abitativa grazie alla presenza di acqua, boschi e terreni fertili, in aggiunta al clima mite legato alla vicinanza del lago.

cesec,condivivere,cohousing,acquapubblica,lovere,torresoca,albergodiffuso

Nel territorio sono state rinvenute tracce, risalenti all’Età del Ferro, della presenza dei Galli Insubri ai quali si sostiuirono i Romani, presumibilmente attorno al II Secolo a.C., ma l’impronta fortemente medievale che caratterizza il centro storico loverese ha cancellato ogni testimonianza di epoca romana.
Nel periodo medievale Lovere fu attivo centro manifatturiero e di scambi commerciali legati prevalentemente alla produzione del panno di lana, nonché luogo fortificato di importanza strategica.
Nel XVIII Secolo la città risorse da un periodo di guerre, carestie, violenze e brigantaggio iniziato due secoli prima e prese ad imporsi come luogo di villeggiatura in grado di attirare nobili lombardi e stranieri.
Nel febbraio 1841 venne inaugurato il primo servizio di navigazione lacuale a vapore e, nella seconda metà del XIX Secolo, si sviluppò l’industria siderurgica destinata a prosperare sino a pochi decenni fa.

Oggi Lovere si reinventa sviluppando idee nell’ambito dei servizi e del turismo, come testimoniano diverse iniziative presenti sul territorio.

Lascia che ogni bene a tutti faccia bene

Lascia che ogni bene a tutti faccia bene
La palma dell’acqua
Ma che bella storia che vi racconterò: la storia di una bimba in cerca di un torrente, sopra le montagne un giorno se ne andò a  prendere dell’acqua per tutta la sua gente.
Riempi questa brocca“, le disse suo papà “Non perdere una goccia, è il bene più prezioso.”
cesec,condivivere,acquapreziosa,lapalmadell'acqua,zecchinod'oroDallo Zecchino d’Oro 2011 una canzone interpretata da Amelia Fenosoa Casiello ci parla di quanto l’Acqua, per noi così comune da giungere a sprecarla senza pensarci, sia in realtà preziosa, e di come ogni bene a tutti faccia bene ove amorevolmente condiviso.
Perché gli umani, ad onta di ciò che alcuni di essi ritengono, non sono affatto i proprietari di ciò che Madre Terra mette a disposizione con Amore. A condizione di trattare questi doni con Rispetto.

http://www.youtube.com/watch?v=UJiy3z6AHNg

Jeux d’eau: e io ti bagno il naso…

cesec,condivivere,versailles,oroblu,bancaetica,sostenibilitàNo, niente Versailles o Colorno, detta la Versailles dei Duchi di Parma. Il viaggio che proponiamo, nell’ambito della solidarietà sociale e dell’educazione al consumo responsabile, può indifferentemente svolgersi sul tavolo, per terra, nel prato, in spiaggia.
Il Gioco dell’H2Oca è una rivisitazione ecosostenibile del Gioco dell’Oca che più o meno tutti conosciamo dall’infanzia. Con una particolarità: per vincere bisogna letteralmente bagnare il naso agli avversari. Si, perché il gioco è dedicato all’Acqua, alla sua storia ed alle sue particolarità.

cesec,condivivere,giocodell'acqua,bancaetica,sostenibilità

Elaborato da Clementoni – storica azienda produttrice di giochi educativi – con il sostegno di Banca Popolare Etica e della Fondazione Comunitaria Provincia di Lodi, si avvale dell’esperienza in materia idrica del Movimento per la Lotta contro la Fame nel Mondo, organizzazione umanitaria che dal 1964 realizza progetti  di sviluppo idrico per aiutare le popolazioni meno fortunate, dando loro acqua potabile: riabilita acquedotti, costruisce pozzi, porta acqua pulita nei villaggi operando prevalentemente in Niger, Togo, Tanzania e Haiti.
Il classico percorso della pedina verso la mitica Casella 63 diventa un divertente ed avvincente viaggio di esplorazione di tutte le sfaccettature del tema idrico, ma la strada è tutt’altro che spianata: per proseguire in avanti e raggiungere il traguardo, bisogna fornire la corretta risposta a 132 divertenti domande sull’oro blu.

cesec,condivivere,bancaetica,oroblu,giocodell'acqua,sostenibilitàUn messaggio importante per grandi e piccoli inteso a costituire un progetto di sensibilizzazione sul tema idrico, finalizzato ad informare e far riflettere bambini ed adulti. MLFM ha voluto unire le sue esperienze in campo idrico ed educativo per incoraggiare, anche attraverso questo nuovo strumento, una cultura idrica responsabile e sostenibile, per combattere gli sprechi di acqua nelle pratiche quotidiane e per favorire un cambiamento consapevole e virtuoso nei consumi idrici. Ma soprattutto, per diffondere un messaggio quanto mai attuale ed urgente da comunicare: l’oro blu è un bene prezioso, limitato benché presente in quantità enormi, e per questi motivi va tutelato e utilizzato in maniera appropriata.

• Sensibilizzando al tema dell’accesso idrico nel Sud del Mondo.
• Diventando tutti più responsabili in tema di consumo e spreco idrico.
• Aprendo la mente ad un’ampia visione ed allargando i propri orizzonti di conoscenza.
• Stimolando la curiosità in modo piacevole e ludico allenando la mente.

Riferimenti:
www.clementoni.it
www.bancaetica.it
www.fondazionelodi.org
www.mlfm.it