Autocostruzione: il futuro nasce dalle nostre mani

cesec,autocostruzione,bioedilizia,ecocompatibilità,cohousingClassico film western: dopo inenarrabili traversie la carovana di pionieri giunge a bordo di carri Conestoga in una valle dell’Eden che si specchia in un lago idilliaco, cinta da pinete a non finire sullo sfondo di montagne innevate. Dopo aver riunito i carri in cerchio ed acceso il fuoco c’è sempre la scena in cui, dall’alto di uno sperone di roccia che domina la valle, il protagonista cinge la vita di una donna – l’amore è ovviamente sbocciato durante la traversata – dicendole: “MaryAnnRoseJean qui sorgerà Oregon City e qui sarà il futuro felice dei nostri figli.” E il film si chiude sull’ultima scena in cui tutti gli abitanti della futura Oregon City abbattono alberi, piallano assi, inchiodano piattaforme, travi e centine. Musica in crescendo, titoli di coda, luci, uscita, sigaretta.

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 Quello rappresentato nella scena finale del nostro western altro non è che un esempio di autocostruzione. Essa risale all’alba della storia, precisamente a quando l’Uomo smise di essere nomade e nel contesto tribale tutti si aiutarono vicendevolmente costruendo ricoveri, palafitte, capanne e case con tecniche sempre più evolute in funzione delle esperienze maturate e dei materiali locali disponibili.

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L’autocostruzione è tuttora una caratteristica del mondo rurale, specialmente in montagna e l‘idea che le istituzioni potessero sostenere le famiglie nella costruzione della propria casa fu introdotta in Svezia nel 1904, diffondendosi negli anni ’20 in diverse aree europee e nell’Unione Sovietica. Nel 1945 venne coniata l’espressione Aided Self-Help Housing ma il primo progetto notevole di autocostruzione assistita fu condotto nel 1939 a Porto Rico. Nell’occasione le Autorità fornirono assistenza tecnica e finanziaria, incoraggiando centinaia di nuclei familiari che alloggiavano in baracche e capanne, a costruirsi col proprio lavoro una nuova casa. I risultati ottenuti con quel progetto pilota furono talmente positivi che negli anni ’40 Porto Rico divenne il primo luogo al mondo a mettere al centro delle politiche per la casa l’aided self-help, in breve tempo imitata da molti paesi caraibici.
Negli anni ’60 l’autocostruzione venne adottata sempre più spesso dalle Amministrazioni di Colombia, Perù , Sud Africa, Kenia, India e, con il nome di self-building, da Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna.
In Italia, esclusi i fenomeni rurali di cui si è detto, la pratica si è diffusa con modalità legate alla storia dei movimenti operai che, grazie alla forte coscienza di classe, portarono alla costituzione di cooperative edilizie che andarono però scemando negli anni ’60 con l’attenuarsi dello spirito di mutualità; subentrò una fase connotata da edificazioni in autocostruzione individuale o da abusivismi per necessità. L’assenza di una reale politica della casa e del territorio, congiunta ad una maturata consapevolezza in materia di solidarietà, condivisione ed ecosostenibilità, hanno negli ultimi anni contribuito a creare le condizioni favorevoli all’autocostruzione associata.
Per chi volesse saperne di più: Autocostruzione associata ed assistita in Italia, progettazione e progetto edilizio di un modello di housing sociale di Massimiliano Bertoni e Andrea Cantini, edito da Dedalo nel 2008 è uno dei testi più esaustivi in materia.

Ma in che cosa consiste esattamente l’autocostruzione? Oggi è quel processo edilizio attraverso il quale le persone si costruiscono parte della casa con le proprie mani, risparmiando su gran parte dei costi di manodopera (fino al 40%) e riducendo pertanto il costo complessivo di costruzione degli alloggi. Ogni autocostruttore si impegna a dedicare, nell’arco della durata del progetto, parte del proprio tempo libero a lavorare in cantiere, secondo le vigenti norme edili di sicurezza e sotto la guida di professionisti ed esperti del settore.
Autocostruzione è una bella espressione che evoca contesti di solidarietà e gioiosa condivisione. Ma lo spontaneismo da festa campestre dev’essere rigorosamente bandito, pena guai seri. Perché l’attività sia coronata dal successo occorrono metodo, disciplina e conoscenze adeguate. Altrimenti le buone intenzioni finiscono per scontrarsi con le difficoltà e tutto diventa precario oltre che fonte di pericolo.

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Case realizzate o recuperate con materiali ecocompatibili reperiti localmente quali legno, paglia, terra, pietra, calce e caratterizzate da soluzioni impiantistiche finalizzate al risparmio energetico, destinate a diventare l’abitazione primaria degli autocostruttori. Questo è, in sintesi, l’odierno spirito dell’autocostruzione.

Qual’è l’identikit dell’autocostruttore ideale? L’autocostruttore, ovviamente, cerca casa e:
⦁    la vuole nuova o frutto di un attento recupero che la renda decisamente particolare;
⦁    che costi il meno possibile;
⦁    di qualità elevata e costruita secondo criteri di bioedilizia;
⦁    che utilizzi energie rinnovabili consentendo un elevato risparmio energetico;
⦁  possibilmente in una posizione strategica che unisca la serenità della campagna alla vicinanza al contesto urbano ed ai servizi;
⦁    vuole averla al massimo entro 12 – 15 mesi rendendosi protagonista della progettazione e della costruzione;
⦁    vuole prendere parte ad un innovativo progetto di abitare sostenibile e solidale;
⦁    vuole fare amicizia con i vicini prima ancora di andarci ad abitare, in modo da stringere con loro rapporti di fiducia e mutualità che gli permettano di vivere meglio.
Insomma, un maledetto rompicoglioni…

Ed ora, prima di proseguire, illustriamo la la nostra filosofia dell’autocostruzione. Che è poi la medesima del cohousing, visto che le due cose non solo possono coesistere, ma anzi si sposano benissimo perché:
⦁    sotto il profilo finanziario: se l’autocostruzione consente sensibili risparmi in fase realizzativa, il cohousing consente la prosecuzione di tali risparmi in fase gestionale;
⦁    sotto il profilo della socialità: se l’autocostruzione consente di innescare rapporti di vicinanza e collaborazione, il cohousing consente di rafforzarli.
Autocostruire, o recuperare nel caso di borghi dismessi, la propria casa mette indubbiamente in una condizione d’animo particolare, che nasce dal sentirsi protagonisti di una realtà in divenire, costruttori del proprio futuro, vedendo letteralmente nascere dalle proprie mani qualcosa di nuovo e importante. La scelta congiunta dell’autocostruzione e del cohousing permette di conoscere in anticipo, e in definitiva di scegliere, quelli che saranno i propri vicini – possibilità assolutamente preclusa a chi va ad acquistare od affittare una casa secondo le modalità tradizionali – instaurando da subito rapporti di fiducia, rispetto, collaborazione e amicizia.

Optare per l’autocostruzione significa massimamente scegliersi fra simili. Per cultura, obiettivi, status economico al fine di non creare disparità che nel tempo potrebbero risultare letali. In questo contesto, che è quello della costruzione o del recupero di unità di pregio per garantire un elevato standard di vita attraverso il ricorso a tecniche, quelle ecocompatibili, che sono mediamente più costose rispetto a quelle che presiedono all’edilizia tradizionale, non parliamo di edilizia convenzionata o agevolata. E’ pertanto fondamentale, oltre alla manifestazione di interesse, la verifica della bancabilità dei singoli soggetti.

E così chiariamo subito un altro concetto fondamentale. Non esiste nessuna legge che vieti l’autocostruzione nel contesto di un’iniziativa privata: si acquista la superficie o l’immobile dismesso (per esempio un antico opificio, un vecchio mulino, un borgo disabitato) si stilano il progetto ed il capitolato, si verifica la compatibilità ambientale ove necessario, si presenta il progetto definitivo alle autorità competenti, si versano gli oneri relativi, si nomina un direttore dei lavori, si apre il cantiere e si comincia. Nel frattempo si accende un mutuo che verrà successivamente frazionato sui singoli acquirenti a partire dalla consegna degli immobili e, per quanto in termini ridotti dovuti al minor costo della manodopera, si inizia a pagare impresa, tecnici, artigiani specializzati, materiali a stato d’avanzamento lavori. Insomma, nelle sue linee generali una normale operazione cantieristica e finanziaria con assegnazione finale in proprietà e non in diritto di superficie.

E’ per contro altrettanto vero che l’autocostruzione può consentire l’accesso alla proprietà della casa a  famiglie che non hanno un reddito compatibile con i parametri del mercato immobiliare. Ma nel nostro Paese i mezzi d’informazione hanno ingenerato il convincimento che sia possibile accedere all’autocostruzione solo in regime di edilizia assistita attraverso onlus, ong, cooperative sociali. Abbiamo addirittura letto di Unità di mediazione per l’animazione e diffusione territoriale dell’iniziativa, ricerca e selezione degli autocostruttori, costituzione delle cooperative, team building… oppure: per quanto riguarda le condizioni di contesto non esistono vincoli rispetto alla percentuale tra cittadini italiani e cittadini migranti precedentemente fissata al 50%.
Per diventare autocostruttori non è obbligatorio varcare le forche caudine di ong, comitati, cooperative.

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Parlando di risorse finanziarie e considerato lo spirito solidale ed ecocompatibile afferente a queste iniziative, è auspicabile il ricorso a banche vicine a questo sentire. Fra tutte segnaliamo Banca Etica che, attraverso il ricorso all’emissione di prestiti obbligazionari, ha dato vita a Sostieni i progetti di Economia Civile: attraverso questa forma di risparmio vincolato sostiene finanziariamente microcredito, investimenti per lo sviluppo di imprese sociali e storie di economia civile.
Tra queste merita una menzione  Le mani, per vivere insieme, progetto di autocostruzione varato a Senigallia che ha permesso di realizzare 20 alloggi ad alta efficienza energetica consegnati nel 2012. Banca Etica ha concesso il mutuo per l’acquisto e la costruzione delle case ed i beneficiari hanno iniziato a pagare le rate a lavori terminati, in modo da non dover pagare contemporaneamente la rata del mutuo e il canone di affitto nell’abitazione in cui alloggiavano durante i lavori. Ed ora, sempre nelle Marche, è partito un secondo progetto di autocostruzione.

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In conclusione, quand’anche possiede una connotazione solidale ed ecosostenibile, l’autocostruzione non è da intendersi esclusivamente come uno strumento innovativo di edilizia popolare tradizionale che permette l’accesso ad un alloggio dignitoso anche a chi, per scarsità di risorse disponibili, non potrebbe accedervi a prezzi compatibili con il proprio reddito. La pratica dell’autocostruzione si differenzia da altri sistemi di edificazione perché i futuri proprietari partecipano alla costruzione della loro casa con l’apporto del proprio lavoro, il che consente il contenimento dei costi di edificazione. Questa pratica, quando opera tramite cooperative, ha un inquadramento normativo chiaro. Lo stesso non accade per l’autocostruzione familiare, dove con familiare si intende la costruzione di un nucleo abitativo, solitamente su area privata, in cui i componenti di un piccolo gruppo di persone (una famiglia, un gruppo di amici, alcune coppie) assieme a terzi competenti in materia intervengono direttamente nel processo di costruzione, in forma assolutamente gratuita: in questo caso valgono, come detto in precedenza, le norme che regolamentano l’edilizia privata.
E questo porta ad un’ultima doverosa precisazione: è indispensabile la supervisione di tecnici e professionisti abilitati, per le necessarie competenze tecniche ed in materia di sicurezza. Non tutti, a meno che non sia il loro mestiere, sanno erigere un muro in bolla, usare flessibili, puntatrici, battipalo o ruspe, o ingallettare scossaline. Ed in un cantiere il rischio di farsi molto male è costantemente in agguato.

Centro Studi Cesec

Autocostruzione: il futuro nasce dalle nostre maniultima modifica: 2013-10-23T08:36:02+02:00da cesec
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