Hortus Urbis. Ma anche su terrazzi e balconi è boom.

Saranno anche grossolane, le incubatrici del nostro orto sul terrazzo, ma intanto da novembre ad oggi l’insalata è al quinto taglio. Ed ora abbiamo messo a dimora fragole, aromatiche, piselli e pomodori.Cesec-CondiVivere 2015.03.24 Orti urbani 002A quanto pare siamo nella media, perché sembra che sia il momento dell’orto. Secondo un’indagine condotta da Coldiretti e Censis il 46 per cento degli italiani accudisce spazi verdi nei giardini e su terrazzi e balconi. Lo fanno perché desiderano mangiare prodotti sani e genuini, per passione e per risparmiare.
Parlo quindi nuovamente di orto urbano, un mezzo piacevole e visibile per permettere la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, attuato grazie a scelte urbanistiche che vincolano suoli altrimenti destinati a cadere o nelle mani della speculazione edilizia o nel nulla contribuendo al degrado del paesaggio.
Per creare un orto urbano basta poco, e non servono progetti di archistar vere o presunte, come quello attuato a Firenze dove Comune e Coldiretti hanno firmato uno scenografico Community Garden nella zona di Borgo Pitti, in pieno centro della città. Per creare un orto servono la vanga e la camicia bagnata di sudore sulla schiena, non il CAd o il rendering.Cesec-CondiVivere 2015.03.24 Orti urbani 001Non dimentichiamo che nel nostro passato c’erano gli orti di guerra: spazi urbani accuditi dai cittadini e privi di qualsiasi delimitazione, recinzione o lucchetto.
L’orto privato assomma l’attenzione alla qualità del cibo, per intenderci quella che orienta buona parte delle scelte per la spesa, cura per l’ambiente attraverso un riappropriarsi di spazi altrimenti inoperosi e suscettibili di degrado ambientale e sociale, la riduzione dei costi di approvvigionamento alimentare e la soddisfazione dell’autoproduzione.
Anche il fisco è favorevole: grazie agli incentivi fiscali che possono arrivare al 65% di detrazione Irpef, i cittadini che devono ristrutturare il terrazzo possono optare per il giardino pensile: ambiente migliore, isolamento termico naturale e minori infiltrazioni di acqua piovana e possibilità di servire in tavola frutta e verdura prodotte in casa.
Se in anni recenti l’orto individuale ha segnato un salto di qualità, da hobby di una minoranza a stile di vita sempre più diffuso, l’orto urbano costituisce una vera e propria rivoluzione verde che nasce al confine tra le decisioni pubbliche e le azioni private. Dati in affidamento gratuito o in comodato ad associazioni o gruppi di cittadini, o addirittura acquistati attraverso lo strumento del GAT, Gruppo Acquisto Terreni, si sono triplicati nell’ultim biennio passando da una superficie complessiva di 1,1 milioni di metri quadrati a 3,3 milioni. Un boom favorito dai bandi dei comuni, per dovere di cronaca emessi nell’81 per cento dei casi nel Centro-Nord, e da un’idea più evoluta, concreta e meno ideologica della cittadinanza attiva. Se a Roma sono stati censiti ben 150 appezzamenti, a Bologna un bando per l’assegnazione di 108 piccoli lotti di terreno di proprietà comunale ha visto candidarsi oltre duemila famiglie.Cesec-CondiVivere 2015.03.24 Orti urbani 003Non trascurabile, inoltre, il fatto che gli spazi dell’orto urbano non vengono sottratti solo all’incuria, ma anche al controllo della microcriminalità che spesso li utilizza per spaccio ed altre attività illecite, costituendo una forma morbida di controllo del territorio.
Tornati ad essere luoghi della comunità gli orti cittadini possono addirittura diventare strumenti di politica urbanistica: modificano l’aspetto del territorio e la stessa geografia urbana, e ove adeguatamente curati contribuiscono ad attenuare l’effetto di squallore che siamo abituati a percepire approssimandoci ai grandi centri urbani, in treno o in autostrada.
Gli orti urbani costituiscono inoltre una potenziale leva per creare lavoro in uno dei pochi settori, appunto l’agricoltura, dove il trend dell’occupazione in Italia è decisamente di segno positivo.
E poi c’è l’adozione di aree verdi, parti di giardini che vengono curati dai privati anche attraverso sponsorizzazioni, con un doppio vantaggio per le amministrazioni comunali: risparmio sui costi per la manutenzione del verde e certezza di protezione del territorio. Padova e Casale Monferrato hanno deciso di ringraziare i cittadini che si occupano a proprie spese di giardini pubblici o alberi di strada con uno sconto sulla tassa per i rifiuti.
E per avere la certezza che non costituiscano solo un diletto ecochic, basta pensare che ai tavoli del breakfast del Waldorf Astoria, albergo sito in uno degli edifici-simbolo di New York, ogni mattina si serve il miele fatto in casa, ovvero sul tetto, grazie a una delibera municipale che ha ammesso l’apicoltura urbana. Sempre a New York i tetti dei grattacieli di grandi società o di istituzioni pubbliche, dalla Bank of America al Whitney Museum of Art, sono diventati orti.Cesec-CondiVivere 2015.03.24 Orti urbani 004E nelle scuole, perché no? Li chiamano Orti in Condotta, MiColtivo, Ortogonale: di fatto nelle scuole italiane si sta sperimento questo strumento di didattica ambientale. Scorrendo la lista degli orti scolastici che fanno capo al movimento Slow Food se ne contano 500, alcuni dei quali contribuiscono a coprire una parte delle forniture per la mensa, ed altri che arrivano a coltivare addirittura sette ettari, come la Principe di Piemonte a Roma.

Alberto C. Steiner

A scuola di orto, a Cernusco sul Naviglio

L’attenzione alla produzione alimentare a km zero ha portato alla nascita ed allo stabilizzarsi di manifestazioni locali, veri e propri mercatini di quartiere aperti al pubblico che vi può acquistare frutta, verdura, latticini, salumi commercializzati da produttori locali. Questi mercati si sono sempre più diffusi su tutto il territorio nazionale, e costituiscono un fenomeno di costume oltre che il segnale di una ritrovata consapevolezza al riguardo di un bisogno di natura e salute sotto il profilo alimentare. Secondo un censimento effettuato da Biobank, Federconsumatori e Coldiretti le aziende agricole bio lombarde che partecipano regolarmente a tali manifestazioni sarebbero 1.188: 237 con sede nella provincia di Milano, 37 di Monza e Brianza, 49 lecchesi e 62 comasche, 54 varesine e 42 della provincia di Sondrio e infine ben 255 bresciane, 290 pavesi e 162 mantovane. Non siamo riusciti a reperire dati dalla provincia di Lodi.KL Cesec CV 2014.03.10 Corbari 005A Milano, a parte la Cascina Cuccagna di Porta Romana, vero e proprio capostipite dei mercati bio, quelli storici sono il Verzierebio del sabato al quartiere Isola e il Mangiasano in Piazza Gramsci, ai quali recentemente se ne sono aggiunti altri dal carattere più o meno estemporaneo in varie zone cittadine; alcuni incontrano il favore del pubblico e si trasformano ben presto in incontri più o meno stabili, come per esempio quello che ha luogo una domenica al mese presso la Fabbrica del Vapore nell’area lasciata libera da un noto teatro che ha ritrovato la propria sede definitiva.
Anche in altre località dove la consapevolezza ecologista e l’attenzione al biologico non sono mai state particolarmente marcate si assiste ad un risveglio, per esempio a Monza dove ogni quarta domenica ha luogo il Mercatino del Biologico in piazza Duomo, inficiato però dalla presenza di emanazioni degli incombenti padroni di casa virtuali: volontari ed attivisti parrocchiali che propongono torte fatte in casa e ciarpame vario proveniente dallo svuotamento di soffitte e cantine con l’intento di raccogliere fondi, e ciò non contribuisce a fugare quell’atmosfera fumosa e mistificatoria che, per esempio nell’ambito finanziario, ancora oggi fa confondere la finanza etica con quella caritativa ed assistenziale.
Ben diversa invece l’aria che si respira, sempre a Monza, tra le bancarelle che ogni due settimane allegramente invadono la piazza del Carrobiolo, dove ha sede un convento i cui frati da qualche anno producono Fermentum, una birra bio eccezionalmente buona e che oltre a frutta, verdura, salumi e formaggi comprende anche manufatti quali tessuti ed abiti realizzati con filati e pigmenti naturali. Gli espositori non sono tutti a km zero: alcuni di essi provengono dalla Valtellina ed uno, che propone rimedi naturali ricavati da erbe, fiori e radici, addirittura dai colli piacentini.KL Cesec CV 2014.03.10 Corbari 003In altre realtà i mercati bio vengono spesso utilizzati per attrarre turisti, come quelli sul Lario a Como, Lecco, Bellagio o sul Garda a Gardone, Desenzano, Toscolano, Moniga, Sirmione, Salò.
Ma sta assumendo i contorni di un vero fenomeno sociale la spesa fatta direttamente in cascina: naturalmente non vi si trovano ananas o banane ma i prodotti locali secondo la rotazione stagionale.
Limitandoci alle verdure, in quanto Padani parliamo di ciò che troviamo dalle nostre parti, lieti di ricevere informazioni da parte di lettori residenti in altre aree geografiche. A marzo si inizia con le lattughe che ci accompagneranno fino all’autunno e con le diverse insalatine, e non è infrequente trovare quella vera e propria medicina che è il tarassaco, e poi spinaci, rucola, ravanelli, cicorino, catalogna, asparagi. In aprile e maggio la disponibilità riguarda zucchine, biete, piselli, fagiolini mentre a giugno, insieme con le prime patate novelle, arrivano pomodori, peperoni, melanzane, borlotti. E settembre é una vera esplosione di prodotti, con i primi radicchi, le zucche, i cavoli, i broccoli, le rape, le cime e così via fino all’autunno inoltrato in cui ai pomodori o melanzane si sostituiscono i finocchi, di nuovo gli spinaci, la valerianella, le coste, i cavolfiori, tutti i radicchi.KL Cesec CV 2014.03.10 Corbari 002I produttori più attenti danno inoltre ampio spazio in tutte le stagioni alle erbe selvatiche: ortiche, farinaccio, borsa del pastore, cecerbe, luppolo, rafanistro, rosolaccio, piantaggine e alle aromatiche: rosmarino, menta, basilico, salvia, lavanda, timo e ginepro dove le condizioni climatiche e l’altitudine lo consentono.
Ma un dato interessante emerge dall’ultimo censimento effettuato  congiuntamente da Istat, Federconsorzi e Coldiretti: cala il numero di aziende agricole ma aumenta la loro dimensione media. La conduzione familiare resta prevalente, ma si rafforzano forme più flessibili di gestione fondiaria mentre, pur nell’ambito di una riduzione della forza lavoro, cresce la manodopera salariata secondo un concetto di agricoltura sempre più professionale e imprenditoriale. Le aziende agricole e zootecniche attive in Italia sono 1.597.034 e registrano un calo del 34,7% rispetto al 2000, ma contemporaneamente cresce la dimensione media aziendale arrivando a 7,9 ettari di SAU, Superficie Agricola Utilizzata, con un incremento del 46,1 per cento su un totale di 13,7 milioni di ettari, in calo del 2,9% rispetto all’anno 2000. Tra queste sono aumentate quelle con un’estensione superiore ai 30 ettari e cresce il numero di quelle biologiche: tra nuove imprese e conversioni sono oggi 45.167 e la loro localizzazione prevalente è, neanche a dirlo, in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Toscana.
Mediamente la loro superficie è di 18 ettari, e coltivano prevalentemente cereali da granella, prati permanenti e pascoli oltre al prodotto prevalente nell’ambito delle coltivazioni certificate: la vite, con oltre 320 mila ettari, 56.042 dei quali localizzati in Veneto.
Oggi è normale parlare di aziende agricole bio e di prodotti a km zero, ma circa quaranta anni fa, quando i primi esperimenti cominciavano ad affacciarsi timidamente nel panorama nazionale, “quelli lì” erano i matti, i visionari, gli spostati quando non addirittura gli hippies, quei lazzaroni drogati che lasciavano banche, fabbriche e non di rado aziende di famiglia per imbarcarsi in questa avventura dai contorni oscuri e dagli esiti incerti.
Tra questi non sono mancati esponenti di grandi catene editoriali come i Crespi del Corriere della Sera o quelli dell’antica nobiltà fondiaria lombarda proprietaria dell’intera collina di Sant’Angelo Lodigiano, dove oggi si produce l’unico vino milanese e dove è stato realizzato uno dei meglio strutturati musei dell’agricoltura.KL Cesec CV 2014.03.10 Corbari 001Uno di questi matti si chiama Antonio Corbari. Nel 1976 molla la scuola professionale che dirige per collaborare con un amico contadino a Pessano con Bornago, nella Brianza milanese. Dopo un anno acquista un appezzamento a Cernusco sul Naviglio dove inizia a produrre ortaggi imprimendo poco dopo una svolta radicale alla propria attività dedicandosi completamente al biologico.
Si fa promotore del Biologico in Piazza e fa da incubatoio per l’attività di altri colleghi/concorrenti, sviluppando quella che diventa ben presto una vera e propria seconda attività: tenere corsi e seminari a tema aperti al pubblico ed agli operatori dalle provenienze più disparate, per esempio albanesi grazie al contatto con un missionario. Finché arriviamo alla nascita dei GAS, Gruppi di Acquisto Solidale. A chi si rivolgono i primi per avere consigli e prodotti? Ma ad Antonio Corbari, naturalmente. E infine arriva l’Istituto di entomologia della Facoltà di Agraria, che dopo una ricerca durata due anni sui terreni della sua azienda agricola scopre colonie di insetti che possono vivere solo in terre incontaminate. E oggi? E oggi provate, per esempio al sabato mattina, a fare la spesa alla Cascina Corbari, poco distante dalla Cascina Imperiale, quattrocentesco esempio di corte fortificata lombarda: mettetevi l’animo in pace, non sfuggirete alla coda. Ma è una coda piacevole, naturalmente rispettosa delle precedenze, dove c’è sempre qualcuno con cui scambiare opinioni, battute, racconti, consigli anche gastronomici: per esempio al riguardo del remulàss sula quale abbiamo scritto qualche tempo fa, una sorta di rapa che sembrava relegata al folclore di certe canzonacce milanesi e che invece qui, in stagione, è più che mai viva e pronta a finire in pentola!
Intendiamoci, l’estensione dei loro terreni non è quella delle piantagioni di Via col Vento e non potete pretendere che proprio tutto-tutto-tutto sia a km zero. Però è tutto bio, senza se e senza ma.
Sara Petrucci è una giovane agronoma entusiasta, con specializzazione in agricoltura biologica e multifunzionale che lavora da anni presso Corbari, ed è stata più  volte docente di corsi di orticoltura ed anche quest’anno, il 10, 12, 24 e 31 maggio terrà un Corso di Orticoltura Biologica Familiare: quattro lezioni che prevedono una parte teorica e prove pratiche in campo.KLK Cesec CV 2014.03.10 Corbari 004Il corso è rivolto a chiunque desideri apprendere conoscenze di base, eventualmente da approfondire, su come coltivare un orto per l’autoconsumo secondo metodi naturali e biologici. Questi i temi delle sessioni:

  • Sabato 10 maggio – Il terreno, le lavorazioni e la fertilità: l’importanza della sostanza organica e il compost con la prova pratica dell’allestimento di un un cumulo di compostaggio.
  • Sabato 17 maggio – Progettare l’orto biologico, rotazioni e consociazioni: le diverse famiglie botaniche a cui appartengono gli ortaggi coltivati, con prova pratica di lavorazione del terreno e formazione di aiuole.
  • Sabato 24 maggio – Caratteristiche fisiologiche e tecniche colturali: i principali ortaggi coltivati, lattughe, pomodori, zucchine, fagioli, con prova pratica di traianti e semine nelle aiuole formate durante la lezione precedente.
  • Sabato 31 maggio – La difesa ecologica da malattie, parassiti ed erbe infestanti: sostanzialmente la prova pratica della preparazione di un macerato e un giro di riconoscimento di flora spontanea commestibile.

Chi volesse aderire all’iniziativa partecipando al corso può farlo scrivendo all’indirizzo info@corbaribio.it o telefonando al numero impresso sul volantino.

Malleus