Acqua e Luce: in mostra la storia milanese dell’energia rinnovabile

Entri e, nell’oscurità, l’enorme muraglione di una fortezza gotica incatena milioni di metri cubi d’acqua mentre le nubi sullo sfondo, dopo aver sfiorato severe montagne, sembrano avventarsi su di te che hai osato avventurarti in uno spazio sacro che non ti appartiene.Cesec-CondiVivere 2015.06.05 Acqua e Luce 001Succede in piazza Po, a Milano, dove fino al 30 settembre è allestita presso la Casa Dell’Energia e dell’Ambiente la mostra Acqua e Luce, un viaggio lungo un secolo che ripercorre la storia dell’energia idroelettrica al servizio di Milano.Cesec-CondiVivere 2015.06.05 Acqua e Luce 004Dalle valli bergamasche alla Valtellina l’interesse per la sostenibilità ambientale, compreso quello per le tecnologie che la rendono possibile, si sviluppa attraverso una serie incredibile di immagini, disegni, piantine, cimeli, a partire dalla prima centrale di via Santa Radegonda a quella di piazza Trento, costruita dal Comune per contrastare il monopolio della Edison. Ampio spazio è lasciato alle centrali valtellinesi, a partire da quella di Grosotto con le sue turbine Pelton ed alle dighe, in particolare alla prima, quella del Fusino risalente al 1928, la prima in Valtellina. Non mancano entusiasmanti foto, disegni e documenti – alcuni finalmente inediti – sulla filovia dello Stelvio, realizzata in tempi incredibilmente ristretti per portare in alta valle il cemento necessario alla costruzione della diga di Fraele, l’impressionante muraglia lunga un chilometro ed alta più di 90 metri che a monte del lago di Cancano, a quota 1.947 metri sullo spartiacque danubiano generò un invaso di oltre 64 milioni di metri cubi.Cesec-CondiVivere 2015.06.05 Acqua e Luce 002La mostra va anche apparentemente fuori tema, con digressioni sulle altre notevoli presenze in valle: quelle della Falck, diventata successivamente Sondel e Arvedi con i suoi impianti e le sue ferrovie decauville, e della Edison tra corsi e ricorsi.Cesec-CondiVivere 2015.06.05 Acqua e Luce 003L’evento, organizzato dalla Fondazione Aem – Gruppo A2A e che avrebbe dovuto concludersi il 31 luglio, racconta anche l’evoluzione del territorio valtellinese, completamente ridisegnato dalla tecnologia idroelettrica e la cui metamorfosi è ottimamente documentata attraverso la visione dei segni impressi sul paesaggio.Cesec-CondiVivere 2015.06.05 Acqua e Luce 006La seconda sezione della mostra, maggiormente versata sul fronte cronologico del dopoguerra, è proprio quella che celebra il progresso sociale, scientifico, economico del capoluogo Lombardo durante tutto il Novecento.
Le foto provengono dall’archivio storico della Fondazione Aem e da altri archivi, tra questi quelli della Banca Popolare di Sondrio e della Fondazione Isec.

Lorenzo Pozzi

La montagna dell’oblio

I paesi di montagna si spopolano e vengono abbandonati: è un problema sempre più grave ma sottovalutato e sono le mezze stagioni a svelare la solitudine della montagna, di quella vera, difficile e autentica, che non è quella delle località blasonate dello sci o delle terme.
Lo spopolamento parla la lingua di quella montagna dimenticata e sconosciuta dove la vita segue ritmi naturali e dove non ci sono alternative, quella montagna caduta nell’oblio di questa società distratta e frenetica perché lontanissima dall’ipertecnologizzazione odierna.Cesec-CondiVivere 2015.06.05 Montagna oblio 001Molte frazioni alpine ed appenniniche in vallate non turistiche sono ormai abbandonate a loro stesse, restituite alla forza della natura a causa del disinteresse dei figli e nipoti degli antichi abitanti, delle amministrazioni locali e della pretenziosità del turista che vuole ritrovare la città in montagna.
E, pur salvandosi dal totale abbandono, quei borghi che in estate si ripopolano dei vecchi abitanti dando vita a momenti di ritrovo e festa si ritrovano, per contro, deserti per il resto dell’anno e in alcuni periodi addirittura isolati a causa delle condizioni atmosferiche.
Questi pugni di case corrono, fra gli altri, anche il rischio di diventare preda di gruppi di sbandati che già oggi iniziano a lasciare le città in cerca di uno stile di vita non tanto agreste quanto incontrollabile. Non siamo catastrofisti ma non ci stancheremo mai di dirlo: saranno i nuovi predoni che contribuiranno a riportarci verso il Medioevo prossimo venturo.
D’altra parte se gli abitanti titolari sfollano e se i nuovi arrivati non vogliono crepare di fame, per un’improvvisa piena o per una slavina, dovranno pur occuparsi del territorio. Non è una novità, in questo senso la storia si sta ripetendo.
Lo spopolamento è comunque un dato oggettivo che potrebbe portare ad avere nel giro di pochi anni ulteriori villaggi fantasma in aggiunta alle migliaia che già esistono sulle nostre montagne.Cesec-CondiVivere 2015.06.05 Montagna oblio 002Soluzioni? Ce ne sarebbero, ma la cultura dominante fa ritenere che l’unica risorsa sia il turismo, che però comporta onerose infrastrutture, incapaci di garantire posti di lavoro sufficienti a coprire la domanda, oltretutto con il rischio altissimo insito nel promuovere una realtà ignota al turista. A parte che tra un po’ scomparirà anche il turista…
Rimangono la pastorizia, l’agricoltura e le relative trasformazioni agroalimentari. Si, proprio quelle che non danno di che vivere perché spodestate da allevamenti e coltivazioni intensive di pianura, dalle sementi delle multinazionali e dalla produzione nelle colonie in Argentina, in Estremo Oriente o in Africa.  Come? Non ci sono più le colonie? Ah già, che distratti: oggi c’è il land grabbing e meno male che esistono le organizzazioni assistenziali non governative…
Le piccole produzioni, se diventano di nicchia e di eccellenza come per esempio lo zafferano di montagna lombardo sviluppato da alcuni produttori in Valtellina, Valcamonica e Valtrompia con l’assistenza dell’Università della Montagna, possono dare risultati inaspettati.
La questione vera, invece, è il sostegno: il sostegno, anche solo morale per non parlare di quello finanziario, di cui hanno bisogno quei matti, quei dissennati per lo più giovani, che non hanno deciso di andare a vivere in montagna in una nuova visione hudsoniana o ecochic, perché in montagna c’è già la loro vita, la loro storia e la storia dell’azienda di famiglia.
E vogliono farcela. Con sano pragmatismo e senza implorare uno stato latitante che debba loro dare, fare, garantire. Questi sono quelli che in caso di terremoto, frana o slavina vanno giù di badile asciugandosi insieme sudore e lacrime. Pensando a ricostruire. Ai morti penseranno quando il disgelo li disvelerà dal loro sudario di ghiaccio.

Alberto C. Steiner