Africa: quando i regali sono inutili

Accade che ci venga chiesto: cosa fate per le risorse idriche dei paesi africani? La nostra risposta è inequivocabile: Niente.
La ragione la spieghiamo con un esempio. Etiopia, non occorre specificare la località: ecco un pozzo rimesso a nuovo grazie al contributo di ben tre Ong, Voss Fondation, Gsta, Sahelco con tanto di targhe apposte per indicare al mondo il meraviglioso lavoro eseguito, per dire: io ho fatto tanto, io ho speso tanto.KL Cesec CV 2014.03.14 Acqua Africa 004Cartelli simili hanno invaso ogni sorta di paese povero africano. Ovviamente non ne trovate in Libia, Tunisia, Marocco, Egitto, Sudafrica. A proposito, proprio perché non c’entra niente con i pozzi, questa è l’immagine della nuova linea tramviaria di Tunisi.KL Cesec CV 2014.03.14 Acqua Africa 001Torniamo al pozzo etiope. L’ultimo ripristino risale all’anno 2011, tre anni fa. Con i soldi spesi per le targhe si sarebbe potuta comprare un po’ più di malta cementizia, viste le crepe che decorano la struttura e che sono comparse pressoché immediatamente dopo l’ultimazione dei lavori.
Ma diciamolo chiaramente: non è tutta colpa di chi fa lavori come se suonasse un trombone stonato e, con ancora il colonialismo dentro – si perché il colonialismo è come il viaggio: è nella testa – arriva in Africa pensando di sapere che cosa è meglio per questa gente.KL Cesec CV 2014.03.14 Acqua Africa 005KL Cesec CV 2014.03.14 Acaua Africa 003Ce lo conferma desiderando rimanere anonimo il presidente, originario di un paese centroafricano, di un’associazione che tenta di dare una mano alle popolazioni dell’Africa più povera: “La responsabilità è anche di certe popolazioni africane, e non hanno nessun significato certe frasi buoniste che sento spesso ripetere quando mi ritrovo a riunioni, convegni o seminari e che suonano sempre di compassione verso il povero negretto: che è colpa dell’occidente colonialista. No, non è colpa dell’occidente colonialista se a Milano, dove vivo, vedo squadre di operai che effettuano riparazioni stradali in cinque: uno sovrintende e gli altri lavorano sapendo esattamente cosa fare. Al mio paese, ed anche in altri dell’Africa equatoriale, non è così: otto sovrintendono creando un casino infernale mentre altri quindici lavorano sovrapponendosi a vicenda.” E aggiunge: “Tra i molti di noi che, spesso con grandi sacrifici economici delle famiglie, hanno studiato e si sono laureati c’era il sogno di tornare a casa e dare una mano. Alcuni ci hanno provato, ma solo chi è entrato nel vortice della politica grazie ad agganci tribali e di parentela si è sistemato, ma non sta di certo lavorando per il bene della gente. Gli altri hanno cercato spazio in Europa e negli Stati Uniti, ritrovandosi spesso frustrati e quindi rancorosi.“. E conclude con un’affermazione sconsolata che suona come un anatema: “L’Africa morirà. Morirà come il resto del pianeta, ma questa non è una consolazione.
Ma tornando ai pozzi, anzi al pozzo etiope delle immagini, le sue condizioni di utilizzo sembrano dar ragione al nostro amico intervistato. La sua acqua viene inquinata proprio dai secchi utilizzati per attingere il prezioso liquido, poiché i contenitori personali vengono appoggiati in terra, tra fango, urina ed escrementi animali. Gli animali girano liberi nei villaggi africani ed il suolo non è certo dei più puliti, e ci rifiutiamo di pensare che nessuno, tra missionari, volontari, pasionarie abbia mai insegnato a questa gente le più elementari regole igieniche. E così terra, urina ed escrementi solidi, si attaccano al fondo esterno del secchio che viene immerso nel pozzo per pescare l’acqua, piena di batteri fecali ed altre colonie batteriche dannose per la salute umana. Ed anche le crepe strutturali, sinceramente non ci vuole molto per chiuderle, in attesa di più significativi interventi, utilizzando terra paglia e fango ed evitando, magari, di usare nell’impasto la merda di vacca.
Ma come sono protetti i pozzi? Semplice: non lo sono. Vengono lasciati aperti con tutte le conseguenze di contaminazione. Troppo faticoso richiudere le lamiere incernierate dei quali sono provvisti.
Certo, il pozzo a larga bocca è sbagliato come concetto, va bene per l’idraulica pastorale, vale a dire per abbeverare gli animali. Per l’utilizzo umano sarebbe più opportuna la bocca stretta, dal diametro atto a lasciar passare un solo secchio, quello assicurato con una catena al pozzo stesso, e senza altre possibilità intrusive. Magari con un portello lucchettato. Risposta: lucchettato… ma dove vivete, nel paese delle meraviglie?
Allora proviamo con la domanda di riserva: ma perché anziché utilizzare questo metodo primitivo non si è mai pensato di installare una pompa a mano, come quelle che non mancavano mai nelle nostre campagne?
Risposta: perché non verrebbe utilizzata, nemmeno dai bambini per giocare. Troppa fatica. Verrebbe scalzata alla base e poi via di secchi, o bicchieri, o caraffe considerato il diametro inestirpabile della condotta di adduzione.
Il tubo metallico che si vede ai piedi di un bambino in una delle foto avrebbe dovuto servire per incanalare l’acqua in una vasca per abbeverare gli animali: mai usato. La giustificazione dei buonisti ecosolidalworkerallsaints: perché chi lo ha progettato non conosce gli usi e costumi locali… No comment.KL Cesec CV 2014.03.14 Acaua Africa 002Le foto sono un esempio di spreco di soldi dei donatori. E non pensiamo che la tanto vagheggiata costituzione di un’agenzia europea che gestisca gli aiuti destinati ai popoli africani possa arginare il fiume di denaro che verrà comunque gettato al vento.
Perché anche di questo si tratta: gettare al vento denaro e risorse preziose, favorendo ulteriore corruzione destinata ad ingrassare i soliti satrapi locali. Non ci ribelliamo noi che abbiamo i social, i blog, le piazze dove non ci prendono (non ancora) a fucilate e tutti gli altri strumenti per urlare il nostro impotente blablabla nella stanza imbottita, volete che si ribellino loro?
Non riteniamo che gli africani siano dei minus habens bisognosi di tutela, ma che ciascuno sia artefice del proprio destino. E’ per questa ragione che preferiamo dedicare le nostre energie per tutelare il territorio e le risorse idriche di casa nostra.

ACS

Africa: quando i regali sono inutiliultima modifica: 2014-03-14T13:52:42+01:00da cesec
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