Se ne parla da almeno un decennio. E anche quest’anno, potenza della primavera che reca con sè tramonti incendiati e serotini afrori di pitosfori, gardenie, limoni ed elezioni amministrative, riecco il progetto dell’anello ciclabile lungo le sponde del Benaco.
Perfetto, sentivamo giusto la mancanza di 70 milioni di euro forniti dallo stato… e approfittiamo per fare un po’ di conti: 140 km al costo di 70 milioni fa 500mila euro a km. E invece no, di più, perché il 60% del percorso risulterebbe già completato, si tratta solo di congiungere gli spezzoni ed uniformare l’aspetto esteriore ed i sistemi di sicurezza. Due milioni e mezzo a chilometro quindi. Non male: fatte le debite proporzioni quasi quanto una TAV. A Milano le ciclabili costano 60mila euro/km, in Liguria qualche anno di galera a certi amministratori locali, ma questo è un altro discorso. Siamo certi che sul Garda non accadrà, esattamente come siamo certi dell’esistenza della Befana.
Eccerto, mica sono pirla nel Nordeuropa, a casa loro costruiscono o recuperano tramvie e persino antiche ferrovie forestali a scartamento ridotto o Decauville che non infrequentemente costeggiano idilliaci laghetti e toccano villaggi immersi nei boschi.
È da noi, nel Sud del mondo, che il più grande specchio lacustre non è servito nemmeno da un metro di binario, se si escludono le stazioni di Desenzano e Peschiera lungo la Milano-Venezia, e chiunque conosca almeno un po’ il Garda sa quale incubo siano la Gardesana occidentale ed orientale, specialmente se percorse nei fine settimana o d’estate. E dire che in passato il Garda poteva avvalersi di una efficiente rete di trasporti su rotaia: la ferrovia Mori-Arco-Riva, chiusa all’esercizio nel 1936, la tranvia Brescia-Salò, soppressa nel 1954, la ferrovia Verona-Caprino-Garda smantellata a partire dal 1959, la ferrovia Mantova-Peschiera cessata nel 1967 e persino il breve tratto da Desenzano a Desenzano Porto, dismesso nel 1969.
Di più, tenendo conto del fatto che l’ampiezza delle due Gardesane è quella che è, e salvo varianti che escludono gli abitati non è ampliabile per la presenza degli edifici (alcuni dei quali sono anzi stati rastremati per permettere il transito nei centri urbani di mezzi pesanti ed autobus) la ciclabile correrà lungo le rive. Dove? In commistione con le aree pedonali, naturalmente. Addirittura, secondo i primi abbozzi del progetto, verranno realizzati tratti a sbalzo, vale a dire sospesi sull’acqua, proprio per sopperire alla carenza di spazio.
Ma, e qui viene il bello, gli standard di sicurezza prevedono che la platea ciclabile sia riservata e fisicamente protetta con apposite transenne, nelle quali verranno ricavati dei varchi di attraversamento muniti di cancelletto girevole od altri accorgimenti ogni tot decine di metri, quando non addirittura sottopassi. Detto in altri termini: una barriera invalicabile di asfalto e metallo che toglierà spazio pedonale, modificherà l’impatto visivo e costerà un botto.
E chissà se, come già accade con certi appezzamenti, circoli, complessi residenziali o locali che dovrebbero essere pubblici, vedremo affissi cartelli con la scritta parcheggio bici vietato agli italiani…
Bene, mentre al Brennero camper e suv con o senza roulottes stanno scaldando i motori in attesa di calare sul Garda noi continuiamo ad osannare il cicloturismo d’assalto spacciandolo come ecologico, in particolare quello che usurpa le sedi ferroviarie dismesse, che da sede di un trasporto al servizio della collettività assumono il ruolo di giocattolo ecochic. Quel cicloturismo che fatte le debite proporzioni è ecologico come la caccia, perché come la caccia ammorba l’ambiente e crea non di rado rischi anche mortali assicurando però un indotto che fattura milioni di euro.
Alberto C. Steiner