Anche quest’anno la multinazionale svedese del mobile prêt à monter mi ha graziosamente inviato avvolto in un’elegante confezione che sembra uno dei suoi famosi pacchi piatti, però mini, il Report di cui al titolo: da Brescia Roncadelle a Gorizia Villesse, da Milano Carugate e Corsico a Parma, da Roma Anagnina e sino a Torino non mi ricordo … ah si, Collegno, ma senza trascurare il centro distribuzione di Piacenza e via elencando tutti quelli che, con maestra padronanza del basso profilo, definisce negozi, indica i consumi di acqua e la produzione di rifiuti ovviamente differenziati.
Esistono due categorie che mi ripugnano, quella degli sfuggenti che pronunciano il mantra “come può benissimo immaginare” a suo tempo abusato dai Consulenti Globali di Programma Italia, ora Banca Mediolanum, e quella di chi ti prende per il culo dicendoti la verità per mentirti.
Torniamo a Ikea. Chi verifica che la mamma di Billy è ecosolidalciaociao? Ikea, naturalmente. La stessa che certifica i propri bilanci, guardandosi bene dal nominare revisori esterni. E poi, quali bilanci? Di quale Ikea? Se esiste un muro impenetrabile è il complesso di scatole cinesi, pardon svedesi e olandesi che avviluppano i misteri del pacchetto societario.
Il volume di ben 124 pagine traccia il compendio virtuoso di un anno di attività suddiviso nei capitoli Economia e ambiente (ripartito nei paragrafi Rifiuti, Energia, Acqua, Materie prime, Logistica e mobilità, Food) Dimensione sociale, Dimensione business (Dati aziendali, L’opinione su Ikea, Ikea sul web, Sempre più sostenibili, Prodotti a basso impatto) e infine Negozi, CSC e depositi.
Visto che parliamo di sostenibilità vado allora alle pagine 88 e 89: Sempre più sostenibili. Quel che c’è scritto lo vedete nella scansione riportata sotto. Questo è quanto.
Grazie a questa iniziativa, recita l’ineffabile pubblicazione, “dal 2006 ad oggi Unicef e Stc hanno potuto contare su un totale di risorse donate da Ikea Italia pari a 7 milioni di euro.” Non male, considerando che per il solo 2015 il fatturato svetta a quota 14.571 milioni di euro (pagina 75).
Al di là di qualsiasi attestazione verbale penso che sia il modello stesso Ikea a non essere sostenibile, non solo e non tanto a partire dall’idea di far vivere persone, sorridenti come quelle dello loro pubblicità, in una casa di 35 metri quadri affastellata di mobili, ma soprattutto per il concetto stesso di mobile usa e getta. Per tacere della politica che induce ad acquisti compulsivi.
Alberto C. Steiner