Or ben m’intendete: questa tramvia non s’ha da fare, né domani né mai

Il rinnovato tram Milano Seregno mangiato dall’Expo? A quanto riferisce il quotidiano Il Sole 24 Ore http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2014-07-20/expo-pronte-prime-grandi-opere-081318.shtml?uuid=ABKSlecB sembrerebbe proprio di si, nonostante il progetto esecutivo e nonostante l’opera già appaltata la ricostruzione della tramvia Milano-Seregno slitterà, e il corsivo non è casuale.KL-Cesec - Metrotramvia Seregno

Per visionare i filmati cliccare qui

Ma consoliamoci: proprio oggi verranno inaugurati la Brebemi e l’arco Teem, 73 chilometri di asfalto per far viaggiare su gomma debito pubblico, corruzione, inquinamento e devastazione del territorio con il miraggio di snellire il traffico ma in realtà inducendo ad un suo incremento.
Forse qualcuno ha creduto che sarebbero bastati arresti e scandali per fermare la follia faraonica di Expo, che costerà ai cittadini un mucchio di soldi altrimenti spendibili per finanziare opere decisamente più utili. Per l’appunto come la tramvia per Seregno la cui realizzazione, in termini ufficiali, slitterà a dopo l’Expo.
Purtroppo ben conosciamo, e da decenni, le dinamiche delle provvisorie sospensioni, degli slittamenti e delle chiusure per riqualificazione di linee tramviarie.
Tanto per cambiare si è atteso il periodo estivo, quando le persone vanno in vacanza e l’attenzione si abbassa, per cambiare le carte in tavola.
Chissà se i comitati degli utenti saprano rispondere e organizzare la protesta per questo ulteriore gesto di malgoverno dei beni comuni.
In compenso neppure la Rho-Monza, rimasta priva di autorizzazioni ambientali e che avrebbe richiesto un investimento di 250 milioni, si farà. Sinceramente non ci dispiace.
Della tramvia Milano- Seregno avevamo parlato il 16 gennaio scorso su questo stesso Blog http://cesec-condivivere.myblog.it/2014/01/16/trasporti-integrati/.

ACS

In Lombardia non si bonificherà più il territorio. Ope legis.

Solamente il quotidiano La Repubblica ha dato risalto, in un articolo pubblicato ieri, alla nuova legge regionale lombarda che, nell’ambito del governo del territorio consentirebbe disboscamenti selvaggi senza più obbligo di compensazione. Per il resto, dal Corriere della Serva al Geniale tutto tace, anche se il condizionale s’impone poiché non abbiamo ancora avuto modo di leggere il provvedimento sul B.U.R.L. e sappiamo quanto i giornali siano pressapochisti pur di fare notizia.
Il quotidiano riporta l’affermazione del prsidente regionale di Legambiente, che definisce il provedimento un regalo ai costruttori, e quella del consigliere regionale Carlo Malvezzi, NCD, che afferma: “E’ stato tolto un inutile balzello che frenava la crescita delle imprese” al quale fa da spalla Francesco Dotti, FDI, rimarcando come la nuova disposizione sia: “Un provvedimento importante per far ripartire l’economia“.Bosco lombardo, da: ilsostenibile.itNon entriamo nel merito di cultura, consapevolezza e lucidità mentale di chi avrebbere pronunciato siffatte affermazioni, ma ci sia permessa una breve chiosa prima di affrontare l’argomento che ci preme: operando nel settore, sul regalo ai costruttori abbiamo qualche riserva. Il tessuto imprenditoriale lombardo, nel comparto, è massimamente rappresentato da piccole imprese, spesso artigiane, che non sono quelle in grado di costruire mostri firmati da architetti di grido, finanziati dalle banche e che saranno rivenduti ad altre banche, e che rimarranno pressoché inabitati. I costruttori minori sono quelli che oggi hanno il respiro corto, con le banche che non li finanziano più, con i prezzi delle case scesi del 40 per cento. Sono quelli che ormai si propongono su Bakeca, e persino con bigliettini a strappo affissi alle fermate del tram, per rifare il bagno, pavimentare e persino imbiancare. Non è certamente a loro che è stato fatto il regalo.Oscenità urbane, da: milanofotografo.itPer quanto devastante sia la possibilità di abbattere alberi trentannali in montagna, e quindicennali in pianura, senza obbligo di compensazione, e per quanto folle sia l’apertura a gare di motocross ed escursioni in fuoristrada, a noi preme verificare ben altro aspetto. Già oggetto di un provvedimento legislativo, pare si annidi anche nelle pieghe di quello in argomento: una vera e propria agevolazione per quanto attiene alla bonifica dei suoli contaminati, d’ora in avanti lasciata alla facoltà di chi ne ha interesse, con mezzi a propria discrezione e presentazione finale di apposito certificato all’Arpa che si riserverà di verificare.
Una norma del genere, in sostituzione di quelle esistenti, per quanto lacunose, lascerebbe spazio al riuso di terreni contaminati, senza nessun controllo, con le immaginabili conseguenze.
Se così fosse non di agevolazione si tratterebbe, ma di licenza di uccidere. Questo è quanto ci preme verificare e, se del caso, contrastare.

Alberto C. Steiner

Solo attraverso profondi cambiamenti individuali il nostro Paese potrà rinascere

Stiamo vivendo un momento assolutamente particolare, forse unico: c’è chi dedica le proprie energie a diffondere una cultura delle regole, chi si impegna nella difesa dell’ambiente, chi si mobilita nel volontariato, chi affronta la fatica di un periodo di lavoro o di studio all’estero o semplicemente impara una lingua straniera in più, magari il cinese, il russo, l’arabo.CC 2014.04.30 Rinascere 001Nel segno di un’Energia nuova e pulita sono tante le riforme dal basso che ciascuno di noi può avviare da subito, e costituiscono un antidoto alla lagnanza, alla rassegnazione, al senso di impotenza che non è mai nelle cose ma dentro di noi. Sono quell’impotenza, quella rassegnazione che respiriamo oggi in Italia nell’attesa sempre delusa di grandi cambiamenti, svolte, catarsi collettive, rinascite nazionali. Che dovrebbe essere sempre qualcun altro ad attuare.
Questo aticolo nasce sulla scia di interessanti scritti pubblicati recentemente dal sito partner Consulenza-Finanziaria.it argomentando di competitività estera e di malcostume delle aziende nostrane, oltre che di gestione del credito bancario.
Iniziamo accennando al tanto vituperato cuneo fiscale che fa occupare al nostro Paese un posto niente affatto invidiabile nella classifica Ocse ma che, senza entrare nella disamina dei numeri – per quella basta leggere i siti del Sole 24 Ore e dell’Istat – è comunque inferiore a quelli tedeschi o francesi. Pertanto se Germania e Francia sono più competitive dell’Italia sui mercati mondiali non è certamente in ragione delle tasse sul lavoro.
Non a caso tiriamo in ballo la Germania, oggi da noi nuovamente nel mirino di una propaganda strumentale, che non esitiamo a definire sconcia, tendente a spostare l’attenzione dai problemi veri per raccattare voti nell’imminenza delle elezioni europee.
Per comprendere da dove deriva la minore competitività del nostro Paese rispetto ai due concorrenti bisogna considerare i dati della produttività per addetto, e prima di tutto nelle aziende manifatturiere, cioè quelle globali per definizione. Qui i dati parlano da soli: la produttività manifatturiera per occupato è pressoché identica in Germania e Francia ed è vicina ai 65mila euro. In Italia è pari a 48mila, inferiore di circa un quarto.ALSTOM TRANSPORT CORADIA MERIDIAN FITTING IN SAVIGLIANI , ITALYE la differenza non dipende dal fatto che i francesi sono bravi a fare treni e tram ed i tedeschi auto e frigoriferi, beni a tecnologia intermedia o elevata, e gli italiani lo sono a fare scarpe e cravatte, cioè beni tecnologicamente semplici.KL Cesec CV 2014.04.30 Consapevolezza e cambiamento 003KL Cesec CV 2014.04.30 Consapevolezza e cambiamento 002Se osserviamo attentamente l’intero settore manifatturiero ci accorgiamo che le produttività tedesca e francese sono quasi sempre più elevate rispetto alla nostra, per esempio in uno dei settori tipici del Made in Italy: tessile, abbigliamento e calzature, tradizionalmente considerato a più bassa produttività rispetto alla media economica europea. Ma in Germania e Francia la produttività annua per occupato è pari rispettivamente a 43 e 46mila euro, mentre da noi siamo a 33mila. Quindi inferiore del 25% circa. Come nel resto dell’economia.
Questa premessa per dire che, visto dal nostro Paese, il mondo appare immenso e fa paura. E’ un mondo che sta cambiando a velocità inaudita, nel quale sono entrati di prepotenza nuovi protagonisti ben più grandi di noi, dove antichi equilibri si sono alterati, gerarchie di potere improvvisamente stravolte, in cui nuovi pericoli incombono, mentre sfide e problemi mai incontrati prima chiedono una soluzione.
E’ già accaduto che per provincialismo, miopia e furbizia dei nostri attori politici ed imprenditoriali l’Italia sia arrivata impreparata di fronte a grandi svolte, perdendo tempo prezioso, e sta per accadere di nuovo: se non saremo pronti ad intuire gli scenari del futuro, se non sapremo valutare la direzione del cambiamento nelle tendenze di lungo periodo, rischieremo di prendere una volta di più le decisioni sbagliate.KL Cesec CV 2014.04.30 Consapevolezza e cambiamento 004Tanto è vero che invasione è la parola più usata dagli attuali predicatori dell’Apocalisse prossima ventura: invasione di immigrati clandestini, di prodotti cinesi, di capitali stranieri che ci colonizzano. E non ci accorgiamo che tutto ciò che temiamo è in realtà già accaduto.
Sia chiaro, di fronte ad ogni cambiamento la paura è legittima perché le grandi novità spaventano, possono nascondere delle incognite e il riflesso più spontaneo è difendersi. O negare il cambiamento.
Ma qual è esattamente la natura dei pericoli che ci minacciano? E qual è il modo per difenderci attaccando, per vincere la sfida senza accontentarci semplicemente di limitare i danni?
Imprenditori illuminati (ne esistono anche da noi) ed osservatori dell’Impero di Cindia possono tentare di rispondere a queste domande offrendoci punti di vista nuovi e in un certo senso rivoluzionari: le scelte da fare non riguardano solo governi, classi imprenditoriali e dirigenti.
Riguardano prima di tutto la vita quotidiana di ciascuno di noi, che inevitabilmente si ripercuote nelle famiglie e nelle imprese, di qualunque dimensione esse siano.
Siamo noi che, con maturata consapevolezza, impegno civile, consumi responsabili, andiamo in cerca, anzi costruiamo, il nostro futuro. Detto in altri termini: è solo attraverso una profonda revisione dei nostri modelli produttivi, di consumo, sociali che possiamo agire per scuotere i sistemi politico e produttivo.
Ma se continuiamo a lamentarci attribuendo a chicchessia la responsabilità dei nostri fallimenti e del nostro non andare avanti, non solo resteremo al palo, ma inevitabilmente ci attende una regressione: economica, sociale, delle coscienze.
Non ci sono alternative: o ci risvegliamo da quello che alcuni hanno definito sonno verticale, aprendoci ad un mondo nuovo, dove il punto di riferimento non è più il pil bensì la decrescita più o meno felice, un nuovo approccio alla qualità della vita, o saremo già morti senza saperlo.KL Cesc CV 2014.04.30 Consapevolezza e cambiamento 005Ed i cimiteri che potremo visitare saranno alla portata di chiunque avrà occhi per vedere e cuore per sentire: autobus e metropolitane, centri commerciali, le strade dove passeggeranno torme di zombies.
Dall’insieme delle decisioni individuali, decentrate, che ciascuno di noi compie ogni giorno possono nascere gli innumerevoli stimoli che possono spingere il nostro Paese all’ormai indifferibile cambiamento.

Alberto C. Steiner

22 aprile, Giornata della Terra

Accendiamo il pc e sulla pagina iniziale il doodle di Google ci ricorda, con il suo grazioso colibrì rosso animato, che oggi è la Giornata Mondiale della Terra.KL Cesec CV 2014.04.22 Giornata della Terra 001E’ un attimo, e a quello del colibrì si susseguono i disegni animati di una medusa quadrifoglio, un macaco giapponese, un camaleonte velato, un pesce palla ed infine uno scarabeo.
Quest’ultimo è sicuramente uno degli animali più misteriosi della storia, da sempre legato a simbologie esoteriche nonché apprezzato ornamento sulla cui forma si sono modellati numerosi gioielli in metalli preziosi e gemme. Ma lo scarabeo costituisce altresì un anello fondamentale nella perpetuazione dell’ecosistema.
Ed è da questa evidenza che probabilmente origina la scelta di Google di dedicare anche al simpatico animaletto il proprio logo animato.
Oggi, 22 aprile, è la Giornata della Terra, istituita il 22 aprile 1970, esattamente un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera, per sensibilizzare il mondo ai problemi della fame, dello sviluppo sostenibile, dell’inquinamento.
La celebrazione intende coinvolgere più nazioni possibili, oggi sono esattamente 175, per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra. Dall’originario movimento universitario, la Giornata è divenuta nel tempo un avvenimento educativo ed informativo, utilizzato da gruppi ecologisti come opportunità per valutare le problematiche del pianeta: dall’inquinamento di aria, acqua e suolo alla distruzione dell’ecosistema, dall’esaurimento delle risorse non rinnovabili alle migliaia di specie vegetali ed animali che scompaiono.KL Cesec CV 2014.04.22 Giornata della Terra 002Un esempio macroscopico di tale devastazione lo possiamo vedere in Cina, dove l’inquinamento è diventato talmente insostenibile da determinare l’invivibilità delle aree inquinate (notizia di qualche settimana fa: a Pechino alcune fabbriche hanno dovuto chiudere perché l’eccessivo inquinamento dell’aria impediva fisicamente il lavoro) ma addirittura influenza tutto il Pianeta.
Ed il nostro Paese non può certamente chiamarsi fuori da tali problematiche, a partire dal dissesto idrogeologico originato dalla devastazione, dall’incuria e dall’abbandono del territorio, in particolare di quello montano. Per tale ragione è nata Earth Day Italia, l’organizzazione italiana impegnata a promuovere l’Earth Day e le sue finalità sul territorio nazionale, favorendo lo sviluppo di progetti ed iniziative utilizzando, per esempio, il linguaggio dell’arte come moltiplicatore della sensibilità ambientale, ovvero dando voce e forza al mondo scientifico, istituzionale, delle imprese e della società civile per promuovere innovazione tecnologica e cambiamento culturale.KL Cesec CV 2014.04.22 Giornata della Terra 003Celebriamo dunque questa giornata, con spirito gioioso ma non come una festa, bensì come un momento di riflessione e impegno: ne va, letteralmente, della nostra vita e della sua qualità.

Cesec, Centro Studi ed Esperienze di Consapevolezza

Rieccoli: dopo Sanremo ritorna il Treno Verde

Se è giunto alla sessantaquattresima edizione il Festival di Sanremo, non vediamo ragione perché non debba accadere anche per il Treno Verde, quest’anno alla sua ventiseiesima passerella su e giù per le vie (ferrate) dello Stivale.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 002La campagna di Legambiente e Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane dedicata al rilevamento dell’inquinamento atmosferico e acustico, pensata per informare, sensibilizzare e promuovere tra i cittadini le buone pratiche per una mobilità sostenibile ed affidata ad un treno di quattro vetture (età media 30 anni) è partita il 13 febbraio da Palermo e, dopo aver toccato Cosenza, Potenza, Caserta, Roma, Pescara e, domani e dopodomani Ancona, giungerà a Verona dove il convoglio non verrà attestato a Porta Nuova, bensì nella ben più intima Porta Vescovo. Il 20 marzo stazionerà infine a Milano Porta Garibaldi per concludere il tour, passando prima da Varese, a Torino dove potrà essere visitato dal 25 al 27 marzo.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 001Durante le tappe il Treno Verde, grazie alla mostra interattiva ospitata a bordo dei suoi rotabili, incontrerà studenti, cittadini e amministrazioni per promuovere la qualità dei territori, l’innovazione nei centri urbani e l’attenzione negli stili di vita.
Il ministero dell’Ambiente, che si è recentemente aggiunto la specifica …e della Tutela del Territorio e del Mare (manca l’Aria ma ne comprendiamo la ragione; volete mettere, non sia mai qualcuno si metta a declamare cose turpi tipo: Ministeri di Terra, del Mare e dell’Aria!…) sostiene Treno Verde perché, come afferma il suo attuale titolare pro-tempore: “Riteniamo che sia un’iniziativa che diffonde un’idea di sostenibilità, dal punto di vista della mobilità, della produzione di energia e del modo in cui si vive il territorio, che corrisponde all’impostazione che abbiamo cercato di dare nel corso di questi mesi e che guarda all’Italia come a un Paese che ce la può fare se rivede profondamente il suo modello di sviluppo e se affronta la grande questione ambientale come un’occasione di modernizzazione” e, blablando chiosa circa l’importanza dell’accordo di programma sottoscritto per il bacino padano: “Accordo di grande importanza sul fronte delle emissioni, dell’attività agricola e dei trasporti, di cui abbiamo già siglato la prima tranche con le regioni interessate. Ora, è molto importante passare alla seconda fase dell’accordo di programma sull’inquinamento da Pm10 perché lì credo si debba affrontare il nodo della mobilità sostenibile e di come guardare al nuovo ciclo dei finanziamenti Ue, che partono quest’anno, come a un’occasione per sostenere il passaggio verso la mobilità sostenibile in particolare dalla gomma al ferro“.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 003Come opporre obiezioni a cotanta ecobanalità?
L’amministratore delegato di Ferrovie Italiane, per non essere da meno dichiara: ‘‘Il nostro sostegno alla campagna del Treno Verde diventa ogni anno sempre più convinto perché tutti i dati e i riscontri oggettivi confermano che la ferrovia è sempre più il fulcro irrinunciabile di una mobilità pubblica moderna e sostenibile. Guardiamo, ad esempio, al sistema delle Frecce, alla crescita esponenziale di viaggiatori registrata in pochi anni“.
Eh certo, grazie al sistema delle frecce… non fa niente se, per pagare gli spropositati costi delle infrastrutture ad alta velocità si sta lasciando andare in malora la ferrovia dei comuni mortali e la sua manutenzione, e non fa niente se la frequentazione delle frecce, in ragione delle tariffe e ad onta delle promozioni, è ormai sotto il 44%, e si sta sempre più sviluppando la concorrenza aerea.
Però, sempre secondo l’ineffabile Moretti all’uopo intervistato da La Repubblica: “Stiamo dimostrando che, laddove ci è data possibilità di esprimere in pieno le nostre capacità e potenzialità, i benefici per l’ambiente, per l’economia e per il turismo, sono incomparabili. Nel 2013 i 42 milioni di passeggeri che hanno preferito le Frecce all’auto privata o all’aereo hanno consentito di abbattere di oltre un milione di tonnellate le emissioni di Co2 nell’ambiente. E l’effetto positivo si dilata nelle città, grazie alle sinergie che stiamo incentivando con mezzi di trasporto privato, condiviso e pubblico a basso impatto ambientale“.
Come no, la città di Reggio Emilia, per esempio, ha visto grazie alla nuova stazione un’impennata tale di visitatori che non sa più dove metterli… NTV dal canto suo, si proprio quella di Italo, ha scoperto invece di avere un buco di 76 milioni e sta per chiedere ammortizzatori sociali per evitare licenziamenti. Della serie, i profitti me li pappo, i problemi li scrollo addosso alla collettività nella miglior tradizione dell’imprenditoria nazionale. Anche questo è inquinamento…KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 004Ma vediamo com’è fatto il Treno Verde. Premesso che l’ingresso è gratuito e ci mancherebbe, la prima vettura è dedicata al tema della mobilità sostenibile, dal trasporto su ferro alla mobilità elettrica, dall’urbanistica all’intermodalità, passando per le zone a traffico limitato, le piste ciclabili e le zone 30.
Alla città è invece dedicata la seconda carrozza, all’interno della quale l’allestimento è stato pensato per raccontare un’urbanistica che risponde alle esigenze dei cittadini e dell’ambiente.
Tema centrale della terza carrozza sono gli stili di vita: in questo vagone saranno forniti tanti piccoli accorgimenti per essere cittadini attenti e più smart. Ad esempio verrà spiegato come isolare l’abitazione per renderla efficiente, come fare una spesa sostenibile, come tenere sotto controllo i consumi domestici e, soprattutto, come differenziare e riciclare i rifiuti.
La quarta vettura, infine, è un vero e proprio parco urbano perché la città, secondo Legambiente, è più verde se con spazi pubblici attrezzati che consentono di passare il tempo libero, e non solo quello, respirando aria pulita o coltivando orti, riappropriandosi di tutti quegli spazi verdi spesso lasciati all’incuria e all’abbandono.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 005Se ci gira, e se non abbiamo cose più importanti da fare, il 20 facciamo un salto a Porta Garibaldi…

Malleus

Carletto guarda: le Apuane! Dove papà? Non le vedo

Carletto guarda: le Apuane!
Dove papà? Non le vedo
Uffa, non serve che guardi fuori dal finestrino… qui, sul tablet, in queste vecchie foto.
KL Cesec CV 2014.03.04 Cave di marmo
In questo scritto parto dallo scempio delle Apuane per terminare il mio viaggio in Lombardia, nella un tempo operosa Brianza, all’insegna di consumo del suolo tra agricoltura che scompare ed attività mercantili e mercatali cinesi.
Prendo le mosse da una petizione lanciata per fermare la distruzione delle Alpi Apuane, che pienamente condivido ed il cui link riporto in calce a questo scritto ma, come è mio costume, cerco di affrontare la questione da una prospettiva differente rispetto a quella canonica infarcita dai dogmatismi dell’ecosostenibilità.KL Cesec CV 2014.03.04 Petizione ApuaneArrivo subito al punto: quel composto di carbonato di calcio comunemente detto marmo è un prodotto assolutamente inutile per l’esistenza umana.
Senza nulla togliere alle antiche ville Romane, alle Pietà, al Mosè ed a tutte le statue ed i monumenti destinati a celebrare imperitura la gloria umana, facendo le debite proporzioni se ipoteticamente il marmo sin qui estratto occupasse volumetricamente un container da 60 piedi, tutti gli ingegneri ed architetti dell’antica Roma messi insieme, nonché Michelangelo e soci ne avrebbero prelevato l’equivalente di due, o forse tre, cucchiaini da caffè.
Il marmo non possiede nessuna delle caratteristiche che ne fanno una pietra da costruzione: fragile, delicato, non sopporta tensioni né sollecitazioni torsionali e, in più, tende a sfaldarsi. Viene infatti utilizzato come pietra per pavimentazioni e rivestimenti, dopo essere stato adeguatamente trattato antigelivo, antimacchia, antitutto. In fase di posatura bisogna maneggiarlo come fosse nitroglicerina. E se nell’uso quotidiano vi casca sul pavimento o sul piano della cucina una goccia di vino o aceto o limone, per non dire di trementina, siete fregati.
Però, e mi riferisco a quello bianco di Carrara, è bello, bianco, splendente, luminescente. Detto in altri termini, è perfetto per supportare pulsioni egoiche dalla nascita alla morte ed oltre, visto che è usatissimo anche per monumenti funebri.
Personalmente preferisco ed utilizzo, quando non posso farne a meno e dietro espressa richiesta di un committente che non sono riuscito a convincere, il botticino, il rosso veronese o quello portoghese, anche se per me l’apoteosi è rappresentata dall’azul brasiliano, composto da sodalite ed indiscutibilmente più versatile di quello nostrano. In realtà il marmo non mi piace, gli preferisco di gran lunga il serizzo e la beola ma, lo riconosco, queste sono mie ubbie progettuali.
Soprattutto non mi piace tutto quello che gravita oggi attorno al marmo: dalle ville alla Scarface a tutto il sottobosco di maneggioni, intermediari, traffichini ed evasori fiscali, al fatto che il marmo (sto parlando di quello di Carrara) si dice non venga più lavorato in loco ma spedito via mare in India ed altri paesi asiatici dove la manodopera costa infinitamente meno e dove gli imprenditori possono serenamente evitare l’installazione di costosi sistemi di sicurezza antinfortunistica.
E così a Carrara, dove anche le botteghe artigiane degli scultori si sono ridotte al lumicino, restano le briciole, nel vero senso degli sfridi di lavorazione. Vale a dire le scoasse che, idealmente raccolte con la paletta, finiscono all’industria cosmetica, cartotecnica e delle vernici.
E che dire infine del prezzo fissato non si sa bene in base a quali criteri in 450 €/t quando in realtà si sa benissimo che il valore di transazione è almeno dieci volte superiore? E che la differenza viene tradizionalmente regolata in nero? Però è stato istituito un osservatorio… io amo gli osservatori: per non stare lì in piedi sotto il sole piantano un ombrellone, aprono un tavolo, e osservano.
Specialisti in tal senso sono quelli dell’ONU, che troppe volte ho incrociato quando esercitavo il mestiere delle armi: come osservavano loro non osservava nessuno. Ma, pensandoci bene, anche quando da ragazzo andavo in camporella al Parco Lambro o al Forlanini era pieno di osservatori…
Paradosso: è perfettamente inutile fermare la distruzione delle Alpi Apuane. Semplicemente perché le Apuane non esistono più. Esiste un passo sull’antica Via del Sale, la cui strada scorre ormai all’interno di una cava; esistono le malattie a carico dell’apparato respiratorio degli abitanti di Carrara, Pietrasanta e degli altri comuni facenti parte del comprensorio; esistono contributi per diritti di scavo – eufemisticamente detti di coltivazione – che affluiscono nelle casse comunali nella misura di qualche milione all’anno, ma esistono debiti pluriennali di portata ben superiore ai contributi introitati che i comuni hanno contratto per realizzare tangenziali e vie di scorrimento che tengano i camion del marmo, il cui carico ad onta di leggi e regolamenti nessuno si guarda bene dal coprire, lontani dagli abitati. Esistono costi sanitari dovuti al pulviscolo infinitesimale che si respira ed alla contaminazione delle vene idriche, e queste sono certezze. Ma esisterebbe una cultura della colonizzazione dove i colonizzati sarebbero gli Apuani; questo è invece un luogo comune, perché l’effettiva consistenza economica e sociale del marmo non ha affatto limitate ricadute per la comunità, visto che il settore lapideo continua a rappresentare l’ossatura portante dell’economia locale, occupando più di 12.517 persone, circa 1.000 delle quali impegnate direttamente nell’attività estrattiva (dati Cciaa) e la filiera non si è affatto svuotata, ma lavora 600.000 tonnellate di materiale locale, vale a dire il 40% di quanto viene esportato dall’intero Paese, nonostante il drastico ridimensionamento della lavorazione innescato dall’ingresso sulle arene commerciali globali dei Paesi emergenti.
Per avere un’idea della rilevanza sociale del fenomeno riporto il numero di abitanti dei comuni appartenenti al distretto marmifero apuano: Carrara 64.127, Fivizzano 8.815, Massa 68.941, Minucciano 2.521, Montignoso 10.439, Piazza al Serchio 2.501, Pietrasanta 24.931, Seravezza 13.440, Stazzema 3.367, Vagli di Sotto 995 per complessivi 200.077 residenti. La filiera marmifera interessa quindi il 6,25% della popolazione locale.
Disconoscere le reali dimensioni del settore è perciò irresponsabile, disinformato o strumentale: intorno al marmo non campa un ristretto numero di attività e di individui come si vuol far credere, e le imprese che operano direttamente e nell’indotto del marmo fanno girare oltre un terzo dell’intera economia provinciale.
Perciò, stante quello che ho affermato più sopra, e di cui posso fornire dati e fonti, questa è casomai la vera peste del marmo: l’assenza di una seria regolamentazione, di una volontà locale di crearla. Niente di nuovo sotto il sole: massimizzare i profitti privati, fregare tutto e tutti per non parlare di quella cosa inutile e dannosa che è il fisco, e buttare sulla collettività gli oneri sociali che tutto questo comporta. Devi realizzare una strada esterna all’abitato perché altrimenti i miei camion inquinano e tritano le vecchiette? Che me ne frega, fattela.
E non crediamo alle favole della consapevolezza dei cittadini: è già stato tentato, in passato e più volte, di sensibilizzarli al problema, e il risultato è stata un’alzata di scudi al grido: ci vogliono togliere il lavoro.
Sotto questo aspetto ho sempre ammirato gli Svizzeri: a casa loro guai se tocchi un filo d’erba, ma loro fanno ciò che gli pare in casa degli altri che glie lo permettono. E non a caso ho citato gli svizzeri, che nel panorama lapideo apuano non sono esattamente degli sconosciuti.
Con tutto il rispetto per la biosfera e per l’eventuale morte di una marmotta la questione è quindi ben altra: non siamo diversi dall’India o dall’Amazzonia colonizzate, solo che a noi italiani, themostfurboftheworld, come sempre non ci frega nessuno: siamo bravissimi a colonizzarci da soli.
Scusate il francesismo: siamo e resteremo un popolo di merda, servi adusi a lamentarci ed a fotterci tra servi. Scusate, ho scritto popolo. No, noi non siamo un popolo, e meno ancora una nazione, siamo solo un’accozzaglia di gente che condivide il medesimo spazio.KL Cesec CV 2014.03.04 Consumo del suoloDovremmo invece parlare di consumo del suolo, che è forse il vero problema nazionale. Consumo del suolo è un’espressione efficace anche se impropria perché, in realtà, il suolo non si consuma ma cambia uso attraverso i processi di trasformazione da usi agricoli o naturali ad usi urbani. Pensiamo solo alla Lombardia, quella che possiede le terre più fertili in assoluto e che contribuisce per il 16% al prodotto agroalimentare nazionale, dove dal 1999 al 2007 si sono persi oltre 43.000 ettari, e altri 27mila dal 2007 al 2012.
Urbanizzazione e impermeabilizzazione dei suoli comportano pesanti compromissioni del patrimonio ambientale e paesaggistico, risultando strettamente correlati ai dissesti idrogeologici che purtroppo costituiscono in Italia una emergenza costante. Ma che continuiamo a fronteggiare come se si trattasse di sciagure ineluttabili e non di improvvida gestione del territorio.
Probabilmente grazie alla crisi che ha reso più debole la pressione edificatoria, la limitazione del consumo di suolo sembra finalmente entrata nell’agenda politica regionale, dove parebbe finalmente concreta la possibilità di portare a conclusione l’iter legislativo del progetto di legge: Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e per il riuso del suolo edificato, da tempo immemore fermo a prender polvere da qualche parte.KL Cesec CV 2014.03.04 Ambiente maneggiare con curaE’ sperabile che la legge enunci con chiarezza l’importante principio fondamentale: il suolo libero è una risorsa non riproducibile da preservare e tutelare nelle funzioni produttive e paesaggistico ambientali, e prima di trasformarlo si deve accertare se siano praticabili soluzioni alternative.
E’ necessario che in tal senso la legge esprima procedure univoche di computo e monitoraggio, evitando che opere di grande impatto, fossero di interesse generale come le infrastrutture, siano sottratte a bilanci e valutazioni di sostenibilità come è purtroppo troppe volte accaduto, o che deroghe permissive riducano la portata di un provvedimento quanto mai urgente. E’ anche importante che la legge sia in grado di responsabilizzare tutti gli attori delle trasformazioni territoriali, definendo la necessità di verificare nessi oggettivi tra bisogni e previsioni di sviluppo, e introduca misure disincentivanti e di compensazione ecologica per gli interventi di trasformazione, e al contrario di incentivo al riuso, al fine di rendere sempre meno conveniente l’edificazione su suoli liberi.
Finora non abbiamo avuto segnali in tal senso e va tenuto ben presente che consumare il suolo non significa solo edificare. La viabilità stradale comporta un consumo relativamente modesto ma gli oneri indotti, sociali e sanitari, sono oggi ormai inconcepibili. E non mi riferisco solo alle varie gronde, tangenziali, tangenzialine e bretelle in corso di realizzazione, ma anche alla viabilità ordinaria che dev’essere adeguata allorché viene realizzato un complesso suscettibile di creare anomali afflussi veicolari.KL Cesec CV 2014.03.04 Megastore cineseKL Cesec CV 2014.03.04 CineseUn esempio, giusto per chiarire: lungo la strada che collega Argate con Carugate, c’è l’area dismessa dall’industria chimica Uquifa, che ha delocalizzato licenziando 80 lavoratori. In quest’area, quindi senza apparente consumo di suolo, sono in corso i lavori per realizzare entro il 2015 il megastore cinese all’ingrosso più grande d’Europa, esteso su 45.000 metri quadri oltre a parcheggi e piazzali di manovra, che raggrupperà 220 attività commerciali Made in China, negozi, ristoranti, bar, parrucchieri e, naturalmente, troiai camuffati da centri massaggi (sfido chiunque a dirmi che non sono troiai).
L’ostruzionismo, in verità non particolarmente barricadiero, espresso dalla comunità locale è stato rintuzzato dall’amministrazione comunale, alla quale andranno 12 milioni di euro di oneri di urbanizzazione, che verranno investiti in lavori pubblici, a partire dall’edificazione di una nuova scuola materna e alla riqualificazione di varie zone della città. Tutto ha un prezzo, per chi è in vendita.

ACS

https://secure.avaaz.org/it/petition/Ferma_la_distruzione_delle_Alpi_Apuane/?pv=47

Fattorie didattiche: da dove si comincia?

Premessa, noiosa ma necessaria:
“Carletto, cosa farai da grande?”
“L’ecovillaggista, papà”
“Allora molla quegli strafatti che frequenti a vai in montagna per tre anni. All’università”.
Rispondiamo, per puro divertimento, a due email che ci sono pervenute a seguito dell’articolo intitolato Percorsi per ecovillaggisti. Formativi? pubblicato oggi su questo blog e che ci accusano di essere settari e di volerci appropriare dell’ecosostenibilità per traghettarla verso freddi lidi imprenditoriali e finanziari.
A parte il fatto che ci vengono attribuiti poteri ben lontani dalle nostre modeste facoltà – roba che nemmeno con i riti Woodoo – probabilmente a differenza di chi ci scrive sappiamo invece bene, quanto “l’interesse dell’imprenditore non sempre coincide con quello pubblico, e pertanto bisogna guardarsi dal seguirlo ciecamente; le proposte di legge che vi si ispirano vengono da una categoria di persone che sono istintivamente portate a ingannare e opprimere i lavoratori, e che di fatto molto spesso li ingannano e li opprimono”. No, non l’ha scritta Marx questa frase, ma un tranquillo scozzese che si chiamava Adam Smith nel suo libro Natura e cause della ricchezza delle Nazioni, pubblicato nel 1776.
Quindi, ribadiamo con forza il nostro pensiero che condanna il dilettantismo camuffato da alternativo perché oggi, ed ancor più in un futuro niente affatto lontano, ci saranno due sole alternative: mangiare o morire di fame. Il resto sono chiacchiere, fumo o, come abbiamo scritto nell’articolo richiamato, fuffa.
Bene, ciò premesso per doverosa risposta, a nostro avviso gli ecovillaggi si studiano all’università, e non tra danze,cerchi più o meno sacri e scambi di massaggi reiki. Poi ciascuno è libero di illudersi come preferisce, ma non venga a dare lezioni quando avrebbe invece bisogno di apprenderne.KL Cesec CV 2014.02.21 Edolo neveE passiamo alle cose serie. Fattorie didattiche:da dove si comincia?
Pochi sanno che presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano è stato istituito il corso di laurea triennale in Valorizzazione e tutela dell’ambiente e del territorio montano, caratterizzato da una notevole particolarità sancita dal motto: la montagna si studia in montagna. InfattI l’ateneo ha sede a Edolo, in Valle Camonica.KL Cesec CV 2014.02.21 Università MontagnaPer il nostro Paese la montagna rappresenta una parte ampiamente significativa del territorio, che in passato contribuiva molto più che ai giorni nostri all’economia ed al sostentamento della popolazione.
Sappiamo bene come scelte economiche e politiche abbiano gradualmente trascurato queste aree comportando gravi conseguenze sociali e di degrado ambientale.
Oggi il territorio montano si presta ben più che in passato alle attività  agro-forestali, alla zootecnia di qualità, alle produzioni artigianali, alla protezione dell’ambiente ed al turismo in un contesto in grado di garantire una migliore qualità di vita per chi sceglie di operare nel settore.
Il mare e la montagna non tradiscono ma sono, semplicemente, severe maestre: le cronache traboccano di leggerezze pagate con la vita. Ed anche un notevole impegno economico e di lavoro non può essere improvvisato, soprattutto in un territorio difficile come quello montano. Ma occorrono dedizione, esperienza e prima ancora una seria formazione. Per questa ragione è stato istituito il corso di laurea in valorizzazione e tutela dell’ambiente e del territorio montano.
Martedì 25 febbraio con inizio alle ore 15:30 presso l’Aula Magna dell’università si terrà un incontro sul tema: Le fattorie didattiche: da dove si comincia?
Relatore sarà Valentino Bonomi dell’ Azienda Agricola S. Faustino, che spiegherà le opportunità legate all’apertura di una fattoria didattica. Per partecipare è necessario accreditarsi sul sito della Facoltà www.valmont.unimi.it.

Malleus

A Berceto vogliono che l’acqua sia limpida. In ogni senso.

Nel piazzale della stazione ferroviaria di Ghiare di Berceto campeggia dal 2012 un erogatore di acqua del sindaco, naturale e gassata, molto apprezzata dai cittadini e dai numerosi villeggianti e che si aggiunge a quello presente dal 2010 nella piazza del duomo.
L’acqua ha un nome, Fonte Romea, dal toponimo della strada che ripercorre il tracciato dell’antica via Francigena.
Luigi Lucchi, per diverse ragioni decisamente un sindaco con le palle pur se  nascoste nelle mutande – unico capo di abbigliamento da lui indossato unitamente alla fascia tricolore d’ordinanza facendosi in tale mise fotografare per protestare contro l’insostenibile aggravio fiscale deciso dal governo romano – ha dichiarato: “L’installazione serve anche per far riflettere sul consumismo, gli sprechi e le cattive abitudini che impoveriscono l’ambiente. C’è stata e ci sarà una notevole riduzione delle bottiglie di plastica e anche un apprezzamento dei prodotti a chilometro zero.KL Cesec CV 2014.02.13 Berceto Acqua pubblica 001In ragione dell’attività che svolgiamo relativamente alla tutela delle risorse idriche ben sappiamo come l’Acqua sia destinata a diventare motivo di conflitto nel mondo e bottino dei sostenitori della finanza creativa: sono previsioni formulate da tempo. Non a caso il motto di Kryptos Life&Water è: Compriamo l’acqua per salvare l’acqua.
Non siamo nell’area subsahariana, pertanto da noi i conflitti per l’acqua non si combattono a colpi di Kalashnikov, non ancora,  bensì di carta bollata.
Ma non per questo sono meno accese e drammatiche le battaglie legali fra le comunità locali che accampano l’assurda pretesa di gestire a modo loro la loro acqua, e organismi sovraordinati che difendono altri interessi.
Nel principale centro della Val di Taro, ricchissima d’acqua e per tale ragione estremamente appetibile, sta accadendo proprio questo: un progetto avviato già nel 2010, che con il referendum pro acqua pubblica del 2011, oltretutto corroborato da un secondo referendum locale (754 voti contro 169 su poco più di duemila abitanti tra i quali infanti e minori che non hanno ancora diritto al voto rappresenta un dato estremamente significativo) aveva chiesto di interrompere il rapporto con Montagna 2000, la multiutility locale, e passare ad una gestione autonoma delle risorse idriche. Sembrava prossimo alla realizzazione, ma a sbarrare la strada a Berceto è sceso in campo Atersir di Bologna, ente regionale che ha assunto le competenze degli Ato, l’agenzia che regola i servizi idrici e i rifiuti. Un conflitto istituzionale sul quale è stato chiamato ad esprimersi il Tar di Parma. Atersir ha fatto ricorso contro gli atti dell’amministrazione bercetese, contestando la sua decisione di chiudere i rapporti con Montagna 2000.
Fra Comune di Berceto e Montagna 2000 c’è una convenzione che scadrà solo nel 2025, come deciso dall’Atesir (ex Ato) per uniformare la durata di tutte le convenzioni analoghe nel parmense. Ma l’amministrazione comunale bercetese sostiene che quella convenzione, scaduta nel 2007, è stata prolungata da Ato senza chiedere il parere del Comune. Quindi il contratto è a pena di nullità.
Sembra che il sindaco Lucchi ed i suoi assessori vaneggino, in realtà pretendono che Montagna 2000 riconosca 1,6 milioni di euro a rimborso di mutui pagati per coprire i costi di investimento nella rete idrica usata dalla utility, che a sua volta contesta la richiesta, sulla base dei contenuti della convenzione che ha con Ato. Il Comune sostiene poi che Montagna 2000 non ha fatto gli investimenti promessi e che diversi suoi cittadini siano malamente serviti. Infine, che gestendo da soli la loro acqua, ai bercetesi costerà meno.
Tutte motivazioni certamente strumentali e capziose, si dirà: in effetti i bercetesi accampano l’assurda pretesa di ritorane a riprendersi la propria acqua egestirla in autonomia. Ma il ritorno ad una gestione in autonomia dell’acqua è possibile solo superando diverse dighe giuridiche. Ce la farà Berceto a risalire la corrente degli interessi del ciclo idrico?KL Cesec CV 2014.02.13 Berceto Acqua pubblica 002Interessante il testo, che qui riportiamo pressoché integralmente, di una lettera chiarificatrice a firma del sindaco, inviata ad una testata online che argomenta di questioni locali:
“Signor direttore,
mi permetta di chiarire la posizione del Comune di Berceto nei confronti di Montagna 2000 s.p.a che gestisce la distribuzione dell’acqua in tutto il territorio comunale.
Ho piacere, come premessa, di ripetere, ancora una volta e pubblicamente, la mia stima come persona, tecnico e dirigente all’arch. Gloria Resteghini che è presidente della società. Stima che me la accomuna con il direttore Mauro Bocciarelli.
Come montanaro ho modo di assicurare che ce ne vorrebbero di dirigenti come questi per aiutare a far rinascere la montagna. Nulla, quindi, di personale ma una battaglia, la mia e dei bercetesi, per sopravvivere e cercare di migliorare grazie alle nostre risorse e nostre forze. Il giorno 16 aprile, con grande e giusto risalto, la Presidente è intervenuta in difesa della società e ha anche sminuito, per doveri d’ufficio, i gravi fatti che mi hanno indotto ad emettere, come Sindaco, ordinanze per i cittadini di Castellonchio e Roccaprebalza che imponevano, in considerazione delle analisi dell’Ufficio d’Igiene, di bollire l’acqua prima dell’uso. Questo divieto è l’ultimo di una grande serie di disservizi che i cittadini del Comune di Berceto subiscono da anni per una gestione che è impossibilitata a migliorare e il cui destino è solo quello di peggiorare e continuare ad essere una palla al piede, come tutti i carrozzoni pubblici nati da miopi visioni politiche, per la montagna e per il Comune di Berceto in particolare.
E’ doveroso che io riaffermi, con profonda convinzione, che l’acqua non deve essere, in nessun modo e per alcun motivo, privatizzata. I cittadini hanno dei diritti inalienabili e tra questi l’uso dell’acqua e dell’aria. Montagna 2000 nata nei primi anni 90 come società pubblico/privata per gestire la distribuzione dell’acqua nei 15 comuni della Comunità Montana s’è rivelata, ben presto, come gli acquedotti del meridione, più adatta a dare da “mangiare” piuttosto che da bere. Sarebbe interessante conoscere e sommare i costi, lo spreco del nostro denaro, il ruolo di freno in ambito degli investimenti e programmazione che questa società ha avuto per le Terre Alte. In lire sono cifre mostruose e tali restano anche in euro.
Ora, per volontà dell’ex Presidente della Comunità Montana Carlo Berni, Montagna 2000 è una società interamente pubblica. Per combattere la casta, ora, i politici hanno ridotto drasticamente l’appannaggio del Presidente e degli Amministratori e Gloria Resteghini, primo Presidente del nuovo corso pubblico, può essere presa a male parole, almeno nelle riunioni pubbliche di Berceto, per pochi euro com’è, in effetti, il suo emolumento. In pratica è una masochista.
Avere ridotto gli appannaggi, però, è un imbellimento da sepolcri imbiancati proprio perché Montagna 2000, come posso dimostrare per il Comune di Berceto, è una società che costa tantissimo e pare fatta apposta per peggiorare i servizi. In definitiva i cittadini, anche per l’acqua, si trovano a dover pagare, in pochi anni, anche aumenti del 200% (duecento x 100) rispetto alla gestione comunale del passato, con servizi nettamente peggiori: Corchia è servita da autocisterne come il Castello di Lozzola e altre località; la depurazione del 70% del capoluogo, nonostante un depuratore, è affidata al vecchio sistema delle fosse Himoff che giustamente rigettano anche nei Paesi Africani e in quelli dell’Est; strade come quella principale di Via Marconi, come altre, attendono il rifacimento dell’acquedotto e della rete fognaria dal 2002; gli agglomerati urbani di Case Brusini e altri scaricano a cielo aperto in canali che poco sotto alimentano nuovi acquedotti che distribuiscono un’acqua imbevibile; la manutenzione dell’intera rete acquedottistica è affidata a due pensionati che per fortuna essendo stati operai del comune conoscono il loro mestiere ma debbono lesinare i metri di tubo da sostituire ancor più di quando facevano lavorando per il Comune e c’erano i famigerati decreti Stammati; l’ordinaria pulizia dei bacini e delle prese d’acqua rientra in lotterie che hanno meno probabilità d’essere prescelte rispetto al sei milionario del super enalotto. Ho evidenziato, vi assicuro, solo pochi casi e neppure quelli più clamorosi. E’ una situazione insostenibile e non resterò, come Sindaco, passivo.
Ho la fortuna di non essere ricattabile n’è politicamente, n’è personalmente e allora posso e debbo fare solo gli interessi dei miei amministrati e del mio Comune. A ben vedere questo diventa una forza enorme che i miei predecessori e i miei oppositori non possono mettere in campo e non hanno messo in campo altrimenti, nel 2001, avrebbero, nel contratto di servizio a Montagna 2000, delibera n. 2 del 12 gennaio 2001, fatto rispettare la Legge Galli. Il mancato rispetto della Legge danneggia notevolmente ogni bercetese e crea una situazione ridicola simile a quella che avrà provato l’ignaro turista dopo aver acquistato la Fontana di Trevi da Toto.
In effetti, regaliamo l’acqua, regaliamo gli investimenti fatti dal Comune che ancora gravano per circa 90.000 euro l’anno sul nostro bilancio come hanno gravato dal 2001 ad oggi (1.000.000 d’euro regalati dai bercetesi a Montagna 2000 e ai borgotaresi), paghiamo gli aumenti come se fossero state fatte migliorie agli impianti che non sono state fatte e aggiungiamo, inoltre, come quest’anno, 392.000 d’euro per pagare le bollette dell’acqua. 392.000 che diventeranno, tenuto conto dell’ulteriore aumento del 5% sul 2010 euro 411.000. Questi 411.000 euro, nello scalcinato e drammatico bilancio del Comune di Berceto, per quello che riguarda le entrate dei primi tre titoli rappresenterebbero il 10% E’ tantissimo.
Tutte queste cose che affermo e posso dimostrare, già nei primi giorni dopo la mia elezione a Sindaco dell’8 giugno 2009, essendo un uomo di compromesso, le ho illustrate a Gloria Resteghini e Mauro Bocciarelli in diversi e amichevoli incontri voluti per arrivare a qualche soluzione meno gravosa per il Comune e i bercetesi. Ho avuto un muro. Un niet come quelli per cui era famoso il ministro degli esteri Sovietico ai tempi di Breznev. Ora serve, com’è suo dovere, l’intervento del Presidente della Provincia, dell’Assessore Provinciale all’Ambiente, del Presidente dell’Ato (Ambito territoriale ottimale) per arrivare ad una soluzione che smetta di penalizzare in modo tanto gravoso ogni singolo utente di Berceto. Per mettere fine, insomma, ad un’ingiustizia che non possiamo più accettare. Ho cercato e cerco di far intervenire Luigi Bassi Presidente della Comunità Montana ma è del tutto sordo, muto e non vedente come le famose tre scimmiotte. A Bassi, però, come Sindaco di Varano, tenuto conto che lui è portato ad esaltare tanto Montagna 2000 e ad affidargli anche la raccolta e smaltimento dei rifiuti oltre i finanziamenti che dovevano andare ai singoli comuni proprio nel settore rifiuti, chiedo di comprare, come Comune, le quote di Montagna 2000 detenute da Berceto tenuto conto che lo considera un affare.
Un affare che come Berceto facciamo volentieri meno di fare. Possiamo anche regalargliele. Per concludere faccio pubblicamente, a voce alta, due conti: I cittadini di Berceto, nel 2010, pagheranno 411.000 euro per le bollette dell’acqua, a questo importo sottraggo 56.000 euro che immagino il costo di due operai comunali nel settore acquedottistico al 5° livello, detraggo, inoltre, anche il costo del mutuo oggi ingiustamente pagato dal Comune al posto di Montagna 2000, euro 90.044, resterebbero, per fare investimenti circa 264.955 euro l’anno. Cifra molto, ma molto efficace per il nostro drammatico bilancio comunale al quale si aggiungerebbero i benefici d’avere più cespiti, di presentare meno ricorso all’anticipazione di cassa della Tesoreria e l’aumento dell’occupazione in loco oltre ad un giro virtuoso e locale del denaro dei bercetesi. Volendo fare, per la grande passione, bene il Sindaco di Berceto mi prefiggo, in ogni modo, di raggiungere questi risultati oltre il risultato strategico di captare e accumulare molta buona acqua da vendere anche agli altri Comuni. Sono un fautore degli aiuti alle Terre Alte ma visto che non ci sono quantomeno non privateci delle nostre risorse. Non fateci mantenere carrozzoni inutili come la Comunità Montana, Montagna 2000, l’ASP, l’ACER, l’ATO. Continuate pure, insomma, a non darci nulla, a tenerci nel sottosviluppo, ma non rubateci più e come bercetesi saremmo ricchi. – Luigi Lucchi
Non aggiungiamo nemmeno un sospiro, una virgola, un’interpunzione a questa lettera, che ci sembra oltremodo significativa di un sentire, e che non riteniamo affatto frutto di localismi esasperati.

Malleus

L’autobus del futuro è interattivo

Si chiama Willie, quasi come Un amico da salvare o come il simpatico fuco fancazzista amico dell’Ape Maia, anche se a nostro avviso non ha nulla di amichevole, lo troviamo anzi temibile. E’ un autobus articolato lungo 18 metri pensato per il circuito urbano e potrebbe incombere sulle nostre strade in un futuro nemmeno troppo lontano.
La tecnologia che presiede alla sua ideazione esiste già: si tratta di disseminare le fiancate del veicolo di schermi LCD trasparenti touchscreen, attualmente prodotti in serie ed utilizzati per numerosissime applicazioni.KL Cesec 2014.01.28 Willibus 001In questo modo finirebbero in cantina le pubblicità realizzate su supporti cartacei e con pellicole microforate, perché gli autobus del futuro sarebbero ricoperti di schermi, trasformando il veicolo in un mezzo che non si limita a trasportare passeggeri bensì a riportare su di sè indicazioni stradali sul percorso, ultime notizie, informazioni di intrattenimento, bollettino meteo, stampa e copertura televisiva, informazioni turistiche presentate in maniera accattivante, condizioni del traffico, e naturalmente la pubblicità dimensionata come su un cartellone, però dinamica, multimediale e interattiva.

Guardate il filmato cliccando qui.

Willie è stato definito “un concept interessante che utilizza le nuove tendenze della tecnologia per trasformare i paesaggi della città e fornire un ulteriore ragione per muoversi in città“. Per trasformare i paesaggi della città? Aiuto!
L’idea, definita progetto avveniristico, è da attribuire a tale Tad Orlowski, a sua volta definito designer, relativamente al quale siamo riusciti a scoprire – oltre al bus Willie per ora fortunatamente solo allo stadio di rendering dinamico – soltanto un sito che raffigura modelli ignudi fino alla cintola in pose da machos fatali.KL Cesec 2014.01.28 Willibus 002E veniamo alle nostre considerazioni.
Nulla sappiamo circa ciò che, in materia di sicurezza attiva e passiva, prenderà il posto delle fiancate in lega o policarbonato, sappiamo però che in caso di urto il fatto che si sviluppi un incendio con emissione di gas tossici non è una possibilità, è una certezza.
Ci immaginiamo inoltre noi stessi che, per conoscere la direzione dell’autobus e gli eventuali punti di interscambio ci mettiamo a guardare sulla sua fiancata nei circa 10 secondi in cui è fermo alla fermata… No, non ci sembra un’evoluzione ma solo un’abuso tecnologico, fatto perchè fa tanto figo.
Mica è finita. Non ci sono più le Prinz verdi ed i relativi conducenti con cappello, ma i rimbambiti sulle Strade d’Italia sono aumentati in maniera esponenziale:
Amo guarda, i nuovi orecchini di Marmellato! Dove? Dove? Dove? Ahhhh! #Crash!#
E, giusto per finire: evidentemente non bastavano i monitor che ci ammorbano in stazioni ferroviarie e metropolitane, i pannelli Lcd che incombono su vie e piazze, le musiche a palla che fuoriescono da store di vario genere per contribuire al rincoglionimento di massa, all’anestesia tendente a mantenere inalterato il sonno del popolo bue.

Malleus

Quando l’acqua non muore: la scelta di Rochefort

Nelle piccole Comunità le idee nascono per essere applicate. E noi pensiamo che il futuro risieda nelle piccole Comunità autonome ed autosufficienti, pur se fra loro interconnesse.
L’acqua, ormai definita oroblu, costituirà sempre più un bene primario e dovrà essere messa al riparo dalle mani adunche della speculazione internazionale, in special modo se camuffata con il vestitino etico. Non con bombe, barricate o manifestazioni di piazza destinate ad essere strumentalizzate, bensì con l’unica arma veramente rivoluzionaria: il notaio.
Si, proprio quel professionista che serve a stilare gli atti necessari a costituire associazioni, consorzi, società. Per entrare legalmente nel sistema attuando interventi di finanza etica attraverso società, niente affatto marginali, di proprietà dei diretti utilizzatori dell’acqua. Vale a dire i cittadini di comuni, comprensori, aree territoriali più o meno estese.Cesec-CondiVivere 2013.10.20 Rochefort 002E che l’acqua non rappresenti solo un costo ma un utile potenziale persino nei suoi utilizzi apparentemente marginali, lo dimostra un’iniziativa partita sperimentalmente due anni fa nella città francese di Rochefort e che oggi conferma la validità della scelta di trasformare il costo di un depuratore delle acque reflue in risorsa per la collettività.
Ricordate quando i nostri nonni ci insegnavano che buttare è sbagliato? Bene, nella città francese affacciata sull’Atlantico hanno pensato bene di non buttare nemmeno… la cacca, Evitando di fingere che la recessione non esista ed aguzzando l’ingegno poiché i soldi erano pochi, quell’amministrazione comunale ha pensato a come mutare le difficoltà in opportunità trasformando i costi di un depuratore in introiti per la collettività. Va detto che il costo di depurazione delle acque reflue, generalmente piuttosto alto, è quantificabile in circa 60 euro annui pro-capite.Cesec-CondiVivere 2013.10.20 Rochefort 003A Rochefort, presso il fiume Charente, hanno quindi realizzato un impianto che depura le acque con la tecnica detta del lagunaggio: prima di raggiungere il fiume i liquami passano attraverso un sistema di bacini dove vengono ripuliti utilizzando luce solare e degradazione batterica; infine vengono fatti fermentare per produrre gas. Da ultimo acque e fanghi vengono separati.
Questo sistema ha ridotto dell’85% i consumi energetici rispetto ai depuratori tradizionali; i silos per la fermentazione dei fanghi posti a valle del sistema producono gas per autotrazione, venduto tramite distributori allestiti presso l’impianto medesimo generando in tal modo introiti per la collettività.Cesec-CondiVivere 2013.10.20 Rochefort 001Esaurita la notizia veniamo ora alla nostra realtà e, per un attimo, immaginiamo che esista una legge che consente l’utilizzo di detersivi, saponi e shampoo solo se biodegradabili al 100%. In questo modo anche i residui solidi potrebbero essere utilizzati senza nessun problema.
Non è impossibile, perché già oggi sono disponibili prodotti per l’igiene biodegradabili completamente e il loro costo, leggermente più elevato in ragione della relativamente modesta diffusione, diminuirebbe sensibilmente in ragione di un utilizzo massiccio, e verrebbe inoltre compensato ampiamente dai vantaggi economici derivanti dal binomio risparmio energetico + introito di un sistema come quello in uso nella cittadina francese.
Aggiungiamo che a Rochefort l’acqua è un bene comune e tale è rimasto, in barba ai furbetti, alle società multiutility colluse con le multinazionali speculative ed ai trasformisti capaci di dire contemporaneamente no ma anche sì.
E’ la dimostrazione che ha senso privatizzare il servizio idrico, facendo però in modo che tale privatizzazione sia pubblica, vale a dire che i soci della società proprietaria dell’acqua a livello di distribuzione locale siano i diretti fruitori. Non è affatto una contraddizione se tale atto, compiuto secondo le regole e le possibilità offerte dalla legge, costituisce una forma di autodetrrminazione ben più rivoluzionaria ed efficace di rivolte o blocchi stradali: rompe il sistema usando le regole stesse del sistema.
Acquistare l’acqua per salvare l’acqua non diventa più solo uno slogan, ma la dimostrazione che è possibile. I nostri Comuni devono solo modificare il proprio statuto inserendo una volta per tutte l’acqua come bene primario della comunità, appoggiando e sostenendo le iniziative tese a preservarla da speculazioni. Contribuendo così a cancellare quel capitolo dolente che, nel nostro Paese, viene mal-inteso come sviluppo, parola usata ed abusata spesso in abbinamento a pil.

ACS