Rieccoli: dopo Sanremo ritorna il Treno Verde

Se è giunto alla sessantaquattresima edizione il Festival di Sanremo, non vediamo ragione perché non debba accadere anche per il Treno Verde, quest’anno alla sua ventiseiesima passerella su e giù per le vie (ferrate) dello Stivale.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 002La campagna di Legambiente e Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane dedicata al rilevamento dell’inquinamento atmosferico e acustico, pensata per informare, sensibilizzare e promuovere tra i cittadini le buone pratiche per una mobilità sostenibile ed affidata ad un treno di quattro vetture (età media 30 anni) è partita il 13 febbraio da Palermo e, dopo aver toccato Cosenza, Potenza, Caserta, Roma, Pescara e, domani e dopodomani Ancona, giungerà a Verona dove il convoglio non verrà attestato a Porta Nuova, bensì nella ben più intima Porta Vescovo. Il 20 marzo stazionerà infine a Milano Porta Garibaldi per concludere il tour, passando prima da Varese, a Torino dove potrà essere visitato dal 25 al 27 marzo.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 001Durante le tappe il Treno Verde, grazie alla mostra interattiva ospitata a bordo dei suoi rotabili, incontrerà studenti, cittadini e amministrazioni per promuovere la qualità dei territori, l’innovazione nei centri urbani e l’attenzione negli stili di vita.
Il ministero dell’Ambiente, che si è recentemente aggiunto la specifica …e della Tutela del Territorio e del Mare (manca l’Aria ma ne comprendiamo la ragione; volete mettere, non sia mai qualcuno si metta a declamare cose turpi tipo: Ministeri di Terra, del Mare e dell’Aria!…) sostiene Treno Verde perché, come afferma il suo attuale titolare pro-tempore: “Riteniamo che sia un’iniziativa che diffonde un’idea di sostenibilità, dal punto di vista della mobilità, della produzione di energia e del modo in cui si vive il territorio, che corrisponde all’impostazione che abbiamo cercato di dare nel corso di questi mesi e che guarda all’Italia come a un Paese che ce la può fare se rivede profondamente il suo modello di sviluppo e se affronta la grande questione ambientale come un’occasione di modernizzazione” e, blablando chiosa circa l’importanza dell’accordo di programma sottoscritto per il bacino padano: “Accordo di grande importanza sul fronte delle emissioni, dell’attività agricola e dei trasporti, di cui abbiamo già siglato la prima tranche con le regioni interessate. Ora, è molto importante passare alla seconda fase dell’accordo di programma sull’inquinamento da Pm10 perché lì credo si debba affrontare il nodo della mobilità sostenibile e di come guardare al nuovo ciclo dei finanziamenti Ue, che partono quest’anno, come a un’occasione per sostenere il passaggio verso la mobilità sostenibile in particolare dalla gomma al ferro“.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 003Come opporre obiezioni a cotanta ecobanalità?
L’amministratore delegato di Ferrovie Italiane, per non essere da meno dichiara: ‘‘Il nostro sostegno alla campagna del Treno Verde diventa ogni anno sempre più convinto perché tutti i dati e i riscontri oggettivi confermano che la ferrovia è sempre più il fulcro irrinunciabile di una mobilità pubblica moderna e sostenibile. Guardiamo, ad esempio, al sistema delle Frecce, alla crescita esponenziale di viaggiatori registrata in pochi anni“.
Eh certo, grazie al sistema delle frecce… non fa niente se, per pagare gli spropositati costi delle infrastrutture ad alta velocità si sta lasciando andare in malora la ferrovia dei comuni mortali e la sua manutenzione, e non fa niente se la frequentazione delle frecce, in ragione delle tariffe e ad onta delle promozioni, è ormai sotto il 44%, e si sta sempre più sviluppando la concorrenza aerea.
Però, sempre secondo l’ineffabile Moretti all’uopo intervistato da La Repubblica: “Stiamo dimostrando che, laddove ci è data possibilità di esprimere in pieno le nostre capacità e potenzialità, i benefici per l’ambiente, per l’economia e per il turismo, sono incomparabili. Nel 2013 i 42 milioni di passeggeri che hanno preferito le Frecce all’auto privata o all’aereo hanno consentito di abbattere di oltre un milione di tonnellate le emissioni di Co2 nell’ambiente. E l’effetto positivo si dilata nelle città, grazie alle sinergie che stiamo incentivando con mezzi di trasporto privato, condiviso e pubblico a basso impatto ambientale“.
Come no, la città di Reggio Emilia, per esempio, ha visto grazie alla nuova stazione un’impennata tale di visitatori che non sa più dove metterli… NTV dal canto suo, si proprio quella di Italo, ha scoperto invece di avere un buco di 76 milioni e sta per chiedere ammortizzatori sociali per evitare licenziamenti. Della serie, i profitti me li pappo, i problemi li scrollo addosso alla collettività nella miglior tradizione dell’imprenditoria nazionale. Anche questo è inquinamento…KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 004Ma vediamo com’è fatto il Treno Verde. Premesso che l’ingresso è gratuito e ci mancherebbe, la prima vettura è dedicata al tema della mobilità sostenibile, dal trasporto su ferro alla mobilità elettrica, dall’urbanistica all’intermodalità, passando per le zone a traffico limitato, le piste ciclabili e le zone 30.
Alla città è invece dedicata la seconda carrozza, all’interno della quale l’allestimento è stato pensato per raccontare un’urbanistica che risponde alle esigenze dei cittadini e dell’ambiente.
Tema centrale della terza carrozza sono gli stili di vita: in questo vagone saranno forniti tanti piccoli accorgimenti per essere cittadini attenti e più smart. Ad esempio verrà spiegato come isolare l’abitazione per renderla efficiente, come fare una spesa sostenibile, come tenere sotto controllo i consumi domestici e, soprattutto, come differenziare e riciclare i rifiuti.
La quarta vettura, infine, è un vero e proprio parco urbano perché la città, secondo Legambiente, è più verde se con spazi pubblici attrezzati che consentono di passare il tempo libero, e non solo quello, respirando aria pulita o coltivando orti, riappropriandosi di tutti quegli spazi verdi spesso lasciati all’incuria e all’abbandono.KL Cesec CV 2014.03.11 Treno Verde 005Se ci gira, e se non abbiamo cose più importanti da fare, il 20 facciamo un salto a Porta Garibaldi…

Malleus

Un campus residenziale per fare impresa in Appennino

Sono partiti tutti
Hanno spento la luce, chiuso la porta
E tutti, tutti
Se ne sono andati uno dopo l’altro

Soli sono rimasti gli alberi e il ponte, l’acqua che canta ancora.KL Cesec CV 2014.03.07 Lago NeroReStartApp è un’iniziativa del Progetto Appennino promosso dalla Fondazione Edoardo Garrone di Genova, con l’obiettivo di riqualificare pienamente un’area che può tuttora costituire una concreta opportunità per il futuro del nostro Paese.
Per 15 giovani con meno di 35 anni, in possesso di idee imprenditoriali e convinti che l’Appennino sia il luogo per realizzarle, è l’occasione per partecipare al primo campus residenziale, che si terrà da giugno a settembre a Grondona in provincia di Alessandria per lo sviluppo di idee di impresa e startup impegnate nelle filiere tipiche dell’Appennino negli ambiti:

  • agricolo, agroalimentare e dell’allevamento
  • turistico e culturale
  • dell’ambiente e cura del territorio
  • del trattamento del legname e delle risorse boschive
  • venatorio, della pesca e dei prodotti derivati
  • dell’artigianato e del design

Il sogno della Fondazione è che la montagna torni a vivere, che il bosco sia accudito e la legna raccolta e utilizzata per fornire calore ed energia, che i frutti e le erbe spontanee siano lavorati per prodotti che abbiano ancora il gusto ricco della nostra storia.KL Cesec CV 2014.03.07 Appennino piacentinoI partecipanti al campus avranno la possibilità di apprendere, affiancati da un team di docenti, esperti  eprofessionisti, teorie e tecniche di avvio e gestione di un’impresa rurale montana e di business planning, tecniche di gestione dei processi produttivi rurali e di montagna, tendenze macro e micro economiche, teorie e strumenti di marketing tradizionale e digitale, tecniche e strumenti per l’ottenimento di finanziamenti, contributi e agevolazioni finanziarie all’avvio per la gestione dell’impresa e di conoscere esperienze virtuose e di successo in ambito imprenditoriale e di valorizzazione del territorio attraverso la vita, il lavoro rurale e di montagna.
La residenzialità costituirà un’importante esperienza di socialità e di confronto con il territorio e la comunità locale, in un’autentica dimensione di scambio e reciproco arricchimento ed apprendimento. Attraverso laboratori, business coaching e coworking, mentorship e, passando attraverso l’affiancamento a realtà produttive locali i partecipanti giungeranno a viaggi studio relativi a case history di successo.KL Cesec CV 2014.03.07 Idee che muovono montagne34719La partecipazione è gratuita per i candidati selezionati e la Fondazione mette a disposizione premi per un ammontare di 60mila euro da destinare all’avvio dei migliori progetti di impresa sviluppati nell’ambito di ReStartApp.
L’Università della Montagna di Edolo, alla quale gli interessati possono rivolgersi per informazioni e adesioni, è partner in questo progetto, molto lungimirante e in linea con gli obiettivi di sviluppo e salvaguardia dei territori montani.

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Progettare edifici in modo responsabile

Il titolo originario di questo articolo avrebbe dovuto essere: Dritte semiserie per una progettazione responsabile.KL Cesec CV 2014.03.05 Progettare 001Un mio maestro, un anziano geometra titolare di una piccola impresa di costruzioni nell’Oltrepo’ pavese con il quale ebbi occasione di collaborare, mi insegnò tantissimo anche se a volte aveva dei convincimenti stravaganti. Per esempio questo: “Quando vendi sbagli sempre, perché se avessi venduto prima avresti potuto risparmiare sui costi finanziari, e perché se avessi venduto dopo avresti potuto spuntare un prezzo maggiore.” Ma forse era solo una delle sue infinite battute…
Però una cosa mi disse, in tempi non ancora segnati dalla consapevolezza ecosostenibile, e che porto sempre dentro di me: “Quando ristrutturi una cascina, rispetta il suo stile originario senza abbatterla completamente per ricostruirla come fanno oggi i barbari dell’ edilizia. Prima di ristrutturarla filmala e fotografala per avere una testimonianza di come era, e non variarne cubatura, dimensioni, materiali. Recupera fin dove puoi i materiali originali” e aggiunse: “Quando costruisci una nuova casa fallo rispettando lo stile delle cascine e dei rustici lombardi. Un paesaggio nel quale si costruisce rispettando lo stile tradizionale appare più in armonia con le altre case e con la natura circostante. Lo stile tradizionale è più bello e caratteristico. Dà la possibilità di vivere meglio, in un ambiente più sano e più familiare. Si evitano quegli obbrobriosi scatoloni di cemento, perché la casa non è solo un posto dentro al quale mangiare e dormire, ma è anche una scultura che trasmette valori al mondo esterno.
Nonostante la crisi che attanaglia ogni settore, e che ha dato un colpo di freno anche all’edilizia, mi sono spesso domandato se i lombardi, e non solo loro, non si stiano autodistruggendo attraverso la visione di un contesto che non conduce al senso del bello, bensì al suo opposto.KL Cesec CV 2014.03.05 Progettare 002Credo che sia molto importante, prima di costruire o recuperare un edificio pensare di farlo con centratura, consapevolezza ed attenzione perchè il pensiero e l’intento possano tradursi in una casa fatta bene che contribuirà ad acuire il senso del bello, della solidità e del risparmio.
E’ anche per questa ragione che cerco di essere sempre aggiornato sull’architettura bioclimatica, sulla bioarchitettura e la bioedilizia, sulle nuove modalità per smaltire i reflui e per risparmiare energia leggendo libri in biblioteca e navigando in internet. Prima ancora di progettare cerco di comprendere consistenza e direzione delle correnti fresche e calde, ed in base a questo stabilisco, per esempio, dove realizzare la cucina affinché vi batta corrente calda e le camere perché vi batta corrente fresca.
Cerco di ottenere dalla Natura il meglio relativamente a luce, fresco, caldo, umidità. Nei progetti inserisco sempre alberi a foglia caduca e sempreverdi in modo da posizionarli per avere ombra d’inverno che rinfreschi alcune zone della casa, e che fungano da barriera porotettiva contro le correnti fredde invernali, oltre che da quinta per occultare viste poco gradevoli.
Tanto il costo del progetto non varia, i metri cubi sono i medesimi, ma una disposizione adatta all’ambiente farà risparmiare riscaldamento durante l’inverno ed evitare un climatizzatore in estate. E, prima ancora di pensare a come produrre energia elettrica e riscaldamento, penso a come risparmiarli tramite l’utilizzo di materiali appropriati a garantire l’isolamento termico, che posso ottenere con cappotto esterno tramite pannelli a incastro, soprattutto quando l’edificio esiste già, oppure inserendo tra due muri di argilla o sassi dei materiali a  basso λ, Lambda, che avrò avuto cura di conservare durante la demolizione: così l’isolante spesso è praticamente gratis.
Se sono in montagna posso costruire una casa in legno e poi, contro il rischio di incendi, rivestirla con sassi reperiti in loco ed utilizzando isolanti traspiranti e naturali: costano un po’ più degli altri, ma chi vivrà in quella casa non respirerà schifezze sotto forma di nanoparticelle di essenze aromatiche cancerogene.
Soprattutto penso ad isolare gli infissi, attraverso i quali entrano spifferi, correnti d’aria, caldo e freddo posando finestre a doppia e tripla vetrocamera con gas a basso λ, dotandole di ante in legno che non lasciano passare spifferi e, chiudendosi, includono una superficie superiore a quella dell’infisso stesso.KL Cesec CV 2014.03.05 Progettare 003Quanto all’allestimento interno è possibile realizzare armadi a muro in legno a ridosso delle pareti a contatto con il freddo esterno, perché così facendo si contribuisce ad  isolare la parete, magari posando un materiale isolante tra muro e armadio.
L’ isolamento comporta un doppio vantaggio:

  • Fa risparmiare gas ed energia, e questo è ovvio
  • Fa spendere la metà per acquistare le quote di partecipazione di fonti idriche, centrali e mulini ad acqua ed eletrici, e questa è una battuta che ha però un senso quando, come fa Kryptos Life&Water, si parla di acquistare l’acqua per salvare l’acqua
  • Fa acquistare metà dei pannelli fotovoltaici perché servirà metà energia rispetto ad una casa non isolata
  • Fa spendere meglio il denaro destinato ad acquistare un climatizzatore
  • Parlando di risparmio energetico posso aggiungere la parzializzazione programmabile dell’impianto in modo da avere caldo solo dove e quando serve.

Lampadine a basso consumo, elettrodomestici in classe A, riscaldamento mirato sono tutti accorgimenti che prendo in considerazione per evitare di acquistare ed installare impianti energetici e termici inutilmente sovradimensionati. Sinceramente, propendo per la totale assenza dell’impianto di riscaldamento, ma non sempre i committenti sono così avanti… e se temono il freddo io non posso fare la suffragetta per convicerli che può essere un timore infondato.
Qualche volta mi sono ritrovato a recuperare vecchi mulini ad acqua, e mi sono divertito ad applicarvi, quando le norme me lo consentivano, dinamo ed inverter per produrre energia elettrica e, in un caso, disponendo del terreno, del corso d’acqua, dello spazio e del salto adeguati, addirittura una piccola turbina a caduta libera acquistata per quattro soldi da una piccola centrale dismessa dall’Enel in Toscana.
I miei nonni dicevano sempre: mangiare al caldo e dormire al freddo, e non dimentico mai questa semplice norma di saggezza. E di tenere a portata di mano qualche maglione.
A proposito di riscaldamento: applicare un motore Stirling alla caldaia costa relativamente poco e serve per produrre energia.
E poi penso che ogni abitazione debba avere almeno un metro quadrato di verde per ogni metro cubo di edificato, per poter disporre di giardini il più possibile ampi, salutari per il corpo e per la mente.
Dice: “E bravo, tu recuperi case di campagna, applausi! dove lo metto io il giardino nel mio bilocale nel condominio di quattordici piani?” La risposta è semplice: “Da nessuna parte, a meno che non vi mettiate d’accordo per trasformare il più a verde possibile gli spazi comuni, i tetti dei box, creando platee, rilievi, angoli, che ne so. E’ il concetto del condominio di quattordici piani ad esser sbagliato, e io non posso farci niente, Ciccio“.
Bene, verde… verde verde verde… ah, ecco: orto! Non ci vuole molto, e poi è utile per lo spirito, oltre che per la tavola e per contribuire ad eliminare dalle strade ingombranti camion che trasportano frutta e verdura.
Eh già, arriva lui adesso! io con tre pomodori e quattro patate contribuisco ad eliminare i camion dalle strade. Ma dove vivi?
Uffa, mai sentito parlare del proverbio che dice che le gocce riempiono il bicchiere? Ciascuno fa il suo, quello che può, senza aspettarsi che sia qualcun altro a farlo, e senza aspettarsi cha sia qualcun altro a cominciare.
A proposito di orto, e di giardino: perché non annaffiare con l’acqua piovana immagazzinata in apposite cisterne esterne? Meglio ancora se, prima di usarla, viene fatta confluire in cisterne non isolate sotto terra, e in estate fatta transitare attraverso dei tubi a contatto con i muri per rinfrescare la casa. I tubi poi escono e vanno a finire nella cisterna esterna che serve per annaffiare il giardino. Se ne trovano di economicissime nel mercato dell’usato, e si possono coprire con piante che contribuiscono a loro volta a mantenere un adeguato gradiente igrometrico. Si tratta solo di progettare adeguatamente.
Eh già, e con tutta quell’acqua in giro d’estate zanzare a gogò!
Che palle! dai un alloggio a qualche pipistrello e vedrai che di zanzare non ne vedi più.
Per finire, non sono particolarmente a favore del geotermico, non mi piace l’idea di perforare il terreno per cento metri e inserire tubi che scambiano calore che, a quella profondità, è di circa 16° Celsius. Non mi piace l’idea del buco, del vuoto nel sottosuolo, della roccia non perforata adeguatamente e della potenziale fuoriuscita di gas velenosi. Ma, lo riconosco, ho le mie fisse.
Oh, a proposito di riscaldamento voglio parlare per un attimo delle stufe a pellets. A parte che ormai c’è in giro tanto di quel veleno che la metà basta e non puoi mai sapere in anticipo cosa ti metti in casa al di là delle attestazioni verbali, ed anche scritte, dei produttori, ho letto di una macchinetta che mi ha fatto tanto ridere: realizza pellets dalla segatura secca o dalla spremitura dei nocciolini dell’ uva, che in aggiunta crea olio alimentare. Mi immagino l’intera famiglia che a tavola sputazza semi d’uva in un’apposita ciotola…
E poi ne ho letta un’altra. La riassumo: “Non dividete le famiglie con il divorzio, perché dove una famiglia inquinava per una casa, adesso inquina per due.” Ma, secondo voi, cosa si fuma la gente? Ah giusto, il pellet, forse…

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Fattorie didattiche: da dove si comincia?

Premessa, noiosa ma necessaria:
“Carletto, cosa farai da grande?”
“L’ecovillaggista, papà”
“Allora molla quegli strafatti che frequenti a vai in montagna per tre anni. All’università”.
Rispondiamo, per puro divertimento, a due email che ci sono pervenute a seguito dell’articolo intitolato Percorsi per ecovillaggisti. Formativi? pubblicato oggi su questo blog e che ci accusano di essere settari e di volerci appropriare dell’ecosostenibilità per traghettarla verso freddi lidi imprenditoriali e finanziari.
A parte il fatto che ci vengono attribuiti poteri ben lontani dalle nostre modeste facoltà – roba che nemmeno con i riti Woodoo – probabilmente a differenza di chi ci scrive sappiamo invece bene, quanto “l’interesse dell’imprenditore non sempre coincide con quello pubblico, e pertanto bisogna guardarsi dal seguirlo ciecamente; le proposte di legge che vi si ispirano vengono da una categoria di persone che sono istintivamente portate a ingannare e opprimere i lavoratori, e che di fatto molto spesso li ingannano e li opprimono”. No, non l’ha scritta Marx questa frase, ma un tranquillo scozzese che si chiamava Adam Smith nel suo libro Natura e cause della ricchezza delle Nazioni, pubblicato nel 1776.
Quindi, ribadiamo con forza il nostro pensiero che condanna il dilettantismo camuffato da alternativo perché oggi, ed ancor più in un futuro niente affatto lontano, ci saranno due sole alternative: mangiare o morire di fame. Il resto sono chiacchiere, fumo o, come abbiamo scritto nell’articolo richiamato, fuffa.
Bene, ciò premesso per doverosa risposta, a nostro avviso gli ecovillaggi si studiano all’università, e non tra danze,cerchi più o meno sacri e scambi di massaggi reiki. Poi ciascuno è libero di illudersi come preferisce, ma non venga a dare lezioni quando avrebbe invece bisogno di apprenderne.KL Cesec CV 2014.02.21 Edolo neveE passiamo alle cose serie. Fattorie didattiche:da dove si comincia?
Pochi sanno che presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano è stato istituito il corso di laurea triennale in Valorizzazione e tutela dell’ambiente e del territorio montano, caratterizzato da una notevole particolarità sancita dal motto: la montagna si studia in montagna. InfattI l’ateneo ha sede a Edolo, in Valle Camonica.KL Cesec CV 2014.02.21 Università MontagnaPer il nostro Paese la montagna rappresenta una parte ampiamente significativa del territorio, che in passato contribuiva molto più che ai giorni nostri all’economia ed al sostentamento della popolazione.
Sappiamo bene come scelte economiche e politiche abbiano gradualmente trascurato queste aree comportando gravi conseguenze sociali e di degrado ambientale.
Oggi il territorio montano si presta ben più che in passato alle attività  agro-forestali, alla zootecnia di qualità, alle produzioni artigianali, alla protezione dell’ambiente ed al turismo in un contesto in grado di garantire una migliore qualità di vita per chi sceglie di operare nel settore.
Il mare e la montagna non tradiscono ma sono, semplicemente, severe maestre: le cronache traboccano di leggerezze pagate con la vita. Ed anche un notevole impegno economico e di lavoro non può essere improvvisato, soprattutto in un territorio difficile come quello montano. Ma occorrono dedizione, esperienza e prima ancora una seria formazione. Per questa ragione è stato istituito il corso di laurea in valorizzazione e tutela dell’ambiente e del territorio montano.
Martedì 25 febbraio con inizio alle ore 15:30 presso l’Aula Magna dell’università si terrà un incontro sul tema: Le fattorie didattiche: da dove si comincia?
Relatore sarà Valentino Bonomi dell’ Azienda Agricola S. Faustino, che spiegherà le opportunità legate all’apertura di una fattoria didattica. Per partecipare è necessario accreditarsi sul sito della Facoltà www.valmont.unimi.it.

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Una tesi per rilanciare i Borghi Autentici d’Italia

Vittorio Emanuele I di Savoia fu l’ultimo sovrano che, mentre il mondo si affacciava al XIX Secolo con tutti gli sconvolgimenti che avrebbe portato, se ne andava ancora in giro con la parrucca incipriata in una corte fra le più retrive d’Europa.
I borghi italiani, soprattutto quelli abbandonati, mentre attendono un Mazzini, un Cattaneo, un Confalonieri che li riportino a nuova vita, stanno sfuggendo di mano agli ultimi tenutari dei sepolcri imbiancati che, come nelle corti d’Europa del primo Ottocento, persistono ad imparentarsi fra loro per garantirsi effimere alleanze, non rendendosi conto che il loro tempo è finito.Castello TorrechiaraCome afferma l’Associazione Borghi Autentici d’Italia: i giovani sono il futuro del borgo, senza i quali il borgo non ha futuro.
Per questa ragione Borghi Autentici d’Italia apre un nuovo bando di concorso per tesi di laurea incentrate su temi legati al Manifesto BAI, dal titolo “…territori e comunità che ce la vogliono fare…”. L’obiettivo è quello di incoraggiare studi e iniziative su taluni temi dello sviluppo locale di interesse dei Comuni partecipanti alla rete nazionale Borghi Autentici e a questo scopo istituisce un premio di euro 2.500 che verrà assegnato alla migliore tesi di laurea su argomenti attinente alle condizioni ed alle prospettive dei borghi e delle loro comunità.Borghi autentici logoLa tesi dovrà trattare contenuti di uno o al massimo due dei cinque temi indicati di seguito:

  • I giovani sono il futuro del borgo, senza i quali il borgo non ha futuro;
  • L’altra metà del cielo nei borghi;
  • Lo scrigno dei borghi;
  • Borgo intelligente;
  • Rifiuti zero.

Possono partecipare al concorso i laureati o laureandi di qualsiasi facoltà universitaria italiana che abbiano discusso o preparato una tesi inerente ad uno o due temi di cui sopra. I partecipanti devono aver depositato la propria tesi dal 2 settembre 2013, e le domande di partecipazione vanno inviate con gli allegati in pdf indicati nel bando, entro e non oltre il 30 aprile 2014. Maggiori informazioni sul sito borghiautenticiditalia.it.

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Percorsi per ecovillaggisti. Formativi?

Leggiamo su un noto mensile dedicato all’ecosostenibilità la notizia dell’istituzione di un percorso formativo a moduli, di durata annuale, istituito per conoscere gli ecovillaggi, capire come funzionano, avere consigli per crearne uno. Presentato come “percorso di conoscenza ed esperienza delle numerose pratiche di vita che caratterizzano la vita degli ecovillaggi”, ci sembra un’ottima iniziativa; incuriositi andiamo a guardarci dentro.
Il percorso di formazione è suddiviso in 5 moduli: visione del mondo, crescita personale, ecologia e ambiente, economia e questioni giuridico-amministrative, sociale e, come leggiamo nella presentazione dei singoli moduli, più precisamente:

  • Crescita personale dal 28 febbraio al 2 marzo
  • Ambiente-agricoltura dal 28 al 30 marzo
  • Ambiente-agricoltura dall’11 al 13 aprile
  • Ambiente-agricoltura dal 4 al 6 luglio
  • Ambiente-abitare dall’11 al 13 luglio

Ci risulta che da fine febbraio a metà luglio siano cinque mesi, non ci è quindi chiaro il senso di quell’annuale. Ma fiduciosi proseguiamo. Ogni modulo si tiene nei fine settimana, ogni volta in un ecovillaggio differente e, citiamo: “Viene sviluppato riportando esperienze concrete degli ecovillaggi italiani e approfondito negli aspetti caratteristici dell’ecovillaggio stesso, così i partecipanti possono conoscere la filosofia e i metodi che orientano l’ecovillaggio ospitante. I membri dell’ecovillaggio che organizzano  il modulo, possono far intervenire esperti e ospiti esterni, se dai residenti o altri ecovillaggi non giungono  contributi“.
In che senso, se non giungono contributi? boh, proseguiamo nella disamina del programma.KL Cesec CV 2014.02.21 Fattoria didatticaUna comunità nella comunità… essendo la vita comunitaria la matrice fondante di ogni ecovillaggio, durante il periodo di formazione i partecipanti vivranno il proprio gruppo come una vera e propria comunità nella comunità: essi si impegneranno per collaborare, comunicare, esprimere le proprie attitudini, organizzare le attività della giornata all’interno dell’ecovillaggio, confrontarsi e condividere pratiche del vivere comune“.
Detto in altri termini si sgobba, e non solo in aula. Bene, visto che val più la pratica della grammatica. Ma, chissà perché, cominciamo a sentire fetore di worker, di cleaning meditation e di cazzeggio… andiamo avanti.
I costi vanno da un minimo di 50 euro ad un massimo di 150 euro a modulo, a seconda dell’ecovillaggio ospitante“. Non poco. Rileviamo 150 indicati come apparentemente omnicomprensivi in una struttura, mentre una seconda prevede la sottoscrizione di una tessera associativa del costo di 10 euro oltre a contributo libero a partire da 50 euro.
Il terzo specifica: alloggio 110 € in tenda, 120 € a persona in camerata; vitto € 5,00 a pasto; corso € 70,00, quindi nell’ipotesi più economica 70+5×6+110=210.  Le restanti location non danno indicazioni, quasi tutte le sedi chiedono ai partecipanti di portare materassino o sacco a pelo.
Ed ora passiamo a vedere a chi è rivolto il percorso formativo: “Il percorso formativo è sopratutto una opportunità per chi sta avvicinandosi al mondo degli ecovillaggi, con un progetto o semplicemente un’idea, di conoscere e sperimentare le numerose attività che essi svolgono, ricevere informazioni utili, costruirsi delle competenze sulla base delle esperienze di ecovillaggi più solidi. Le finalità del progetto sono diffondere strumenti di natura pratica e relazionale, far conoscere la cultura degli ecovillaggi, promuovere modelli di ecoreversibilità (favorevoli all’ambiente) e proporre un’esperienza di vita all’interno di un ecovillaggio“.KL Cesec CV 2014.02.21 PecoreNel primo modulo, Crescita personale, si contempla:
Arrivo venerdì alle ore 15:00 e varie attività introduttive sino alle ore 20:00 quando si terrà Scambio trattamenti Reiki. Fondamentale. Segue pizza nel forno a legna.
Sabato e domenica impegnati in ascolto reciproco, comunicazione e counseling per giungere, dalle ore 16:00 alle 18:00, a Giochi per conoscere se stessi e costruire comunità. Imprescindibile. A seguire, Cerchio conclusivo di condivisione
Nel secondo modulo Ambiente-agricoltura, relativo ad agricoltura ed autosufficienza alimentare, si contempla:
Arrivo in concomitanza del pranzo di venerdì, presentazione e socializzazione e lezione itinerante di presentazione della comune per arrivare dalle 17:00 alle 19:00 a lezione su Agricoltura biologica ed altre tipologie agricolturali.
Si riprende il sabato con vigna, uliveta, bosco: coltivazione ed equilibrio ambientale (09:00-10:15) e attività pratiche: vigna, olivi, bosco (10:30-12:15). Dopo pranzo attività pratiche nell’orto e nella cucina, panificazione e, dalle 17:00 alle 19:00, cucina ed autosufficienza: alimentazione sostenibile.
La domenica attività pratiche in pollaio, conigliaia, porcile, stalla dalle 07:30 alle 09:00 e, dalle 09:30 alle 11:00, lezione su norme e pratica dell’allevamento oppure, in alternativa, orticoltura biologica e, dalle 11:30 alle 12:30 lezione su sottobosco, erbe selvatiche, api.
Si specifica che “Il programma potrà essere adattato anche in relazione degli interessi espressi dai partecipanti“. Segue dibattito?
E passiamo al terzo modulo Ambiente-agricoltura, che contempla tecniche di agricoltura naturale: agricoltura biologica e biodinamica, cenni di permacultura realizzazione di swales, organizziamo una piccola food forest, metodi di progettazione. Vediamo:
Arrivo per il pranzo del venerdì e presentazione dell’ecovillaggio ospitante e del programma formativo.
Dalle 16:30 alle 19:30 agricoltura biodinamica, storia dell’orto del giardino, come realizzare swales, realizzare aiuole perpendicolari alle curve di livello e realizzare palline di argilla per reinverdire in modo funzionale. In sole tre ore? Niente male…
Dopo la colazione del sabato sopralluoghi sui diversi tipi di orti, acquisizione di conoscenze sul campo, esperienza pratica, avvio di sentieri sensoriali con elementi naturali e, dopo pranzo, applicazione delle conoscenze acquisite mediante servizio in ecovillaggio legato all’agricoltura.
Domenica mattina dalle 09:00 alle 10:30 teoria all’aperto: come seminare e come trapiantare, come piantumare, come raccogliere, per proseguire dalle 10:30 alle 11:30 con sperimentazione conoscenze acquisite e concludere dalle 11:30 alle 12:30 con cerchio conclusivo di condivisione e consegna attestati.
Dopo pranzo e prima dei saluti, dalle 15:00 alle 17:00 servizio volontario nell’ecovillaggio.
Per inciso, questa è la location che prevede il contributo libero a partire da 50 euro.
E veniamo al quarto modulo di Ambiente-agricoltura, in una location che dispone di 1,3 ha di terreno con ulivi ed alberi da frutto, poco meno di mezzo ettaro adibito a frutteto ed orto sinergico e tradizionale, 10 galline ovaiole ed un fienile adibito ad attività olistiche e creative.
Il programma, non definito quanto ad orari ma che prevede il rilascio di dispense, prevede Introduzione all’orto sinergico: agricoltura naturale, sinergica, biodinamica e permacultura; Osservazione del sito: note sul clima italiano, geobotanica e indicatori botanici, i venti dominanti, giacitura e pendenze, esposizione del sito, qualità del terreno, autofertilità del suolo; Costruzione dell’orto: squadro del terreno, costruzione di una spirale, costruzione dei bancali; Note generali: compost, semenzaio, sinergia e consociazioni delle piante, lotta ai parassiti, elenco voci delle opere e forniture per la realizzazione di un orto sinergico, percorso floristico di riconoscimento specie forestali ed erbe selvatiche commestibili e medicinali.
Tutto questo in 15h30′ intervallati da canti e balli intorno al fuoco, preparazione cena vegetariana, cerchi di condivisione, al costo di 210 euro.
E concludiamo con il quinto ed ultimo modulo, Ambiente-abitare, che si tiene nella location del modulo precedente, si suppone quindi debba costare nuovamente 210 euro.
Bioedilizia: inserimento dell’ecovillaggio nel paesaggio, feng shui e geomanzia occidentale, presentazione tecniche alternative di costruzione in legno, paglia/legno, terra cruda, geocase, bioarchitettura, iter di concessione abitativa e percorso di autocostruzione;
Tecniche di analisi paesaggistica: evoluzione della vegetazione ed evoluzione dei paesaggi agro/forestali, metodi di valutazione del paesaggio, esempio di analisi paesaggistica;
Studio di ecovillaggio a scala territoriale: uso del suolo per agricoltura, forestazione e zootecnia, proprietà delle aree, collegamenti e trasporti, demografia e servizi, economia e turismo, opportunità culturali, peculiarietà e potenzialità;
Studio del paesaggio a vasta scala: clima, suolo, acqua, topografia, morfologia del terreno, esposizione e pendenze, vegetazione naturale e antropica, agricoltura, forestazione e zootecnia, fauna, valori e difetti;
Quali abitazioni per quali paesaggi?: ecovillaggi, cohousing, moduli abitativi e insediamenti umani sostenibili;
Teoria e pratica sulle tecniche alternative di costruzione: case in legno, paglia, terra, geocase;
Bioarchitettura: masse termiche, recupero acque, risparmio energia, materiali biocompatibili:
Normative: opportunità di accesso alla terra, percorso amministrativo per autorizzazioni edilizie:
Avviamento e coordinamento per l’autocostruzione abitativa.
il tutto in 15 ore intervallate come sopra da canti e balli intorno al fuoco, preparazione cena vegetariana, cerchi di condivisione.
Consegna attestati, saluti, baci e inevitabili abbracci di condivisione.
KL Cesec CV 2014.02.21 MonnezzaSignori, questa è fuffa. Allo stato puro e a caro prezzo.
In questi moduli, dove intanto si dà una mano nell’orto e nella stalla (povere le bestie che verranno munte da mani inesperte!) si sfornano illusi convinti, poiché per espressa dichiarazione di presentazione riportata in apertura vengono forniti strumenti, di sapere come si impianta un ecovillaggio, veleggiando amabilmente nello spazio di qualche ora condita di pressapochismo su argomenti che normalmente occorre qualche anno per sviluppare negli istituti per geometri e periti agrari o nelle facoltà di biotecnologia, architettura, ingegneria, agraria, medicina veterinaria. E in ulteriori anni di pratica, studio, sperimentazione.
Un esempio? Solo per costruire case in terra cruda è in atto da cinque anni un percorso formativo che si avvale di vecchi artigiani sardi e francesi, i soli che oggi da noi siano i depositari di quel sapere.
Se i moduli fossero stati proposti come: cinque week-end in campagna per dare un’occhiata divertendosi niente da dire. No, invece si dichiara espressamente: ricevere informazioni utili, costruirsi delle competenze. Competenze?
La questione è che, finché l’ecosostenibilità sarà appannaggio di questa gente alternativa che di alternativo ha solo notevole pochezza condita da altrettanto sussiego, la numerosa gente normale ma attenta alle questioni ecologiche si guarderà bene dall’accostarsi a siffatte istituzioni, temendo di finire in una comune fricchettona e lasciandole così preda di chi vive una realtà che, stando così le cose, sarà sempre e solo marginale e fuorviante.

Alberto C. Steiner

Campo: una petizione per salvare le antiche mulattiere

KL Cesec CV 2014.01.31 Campo Petizione 002Per favorire lo sviluppo sostenibile del territorio scongiurando degrado, danni ambientali e speculazione è nato il Comitato Tutela Sviluppo Garda Baldo ONLUS, che ha sede in località Cà Politei a Brenzone ed opera nell’ambito della Provincia di Verona nei territori dei comuni dell’alto lago.KL Cesec CV 2014.01.31 Campo Petizione 001Il Comitato ha promosso tramite il sito Petizione Pubblica una petizione per favorire l’accessibilità al “Mont” attraverso la realizzazione di nuovi percorsi alternativi, per esempio lungo il tracciato da Villanova fino a Cà dell’Umen per creare un collegamento con la strada di Tenuta Cervi in Comune di San Zeno di Montagna, oltre che la sistemazione ed il recupero della mulatiera Campo – Cà Politei – Prada, l’antica strada di comunicazione dal Garda al Baldo fra le varie frazioni di Brenzone, così da far tornare a vivere luoghi oggi in stato di abbandono.
Segnaliamo l’iniziativa auspicando che sia coronata dal successo che merita, indicando i link per chi volesse saperne di più e sottoscrivere la petizione: www.gardabaldo.org e www.petizionepubblica.it/PeticaoVer.aspx?pi=Mont.KL Cesec CV 2014.01.31 Campo Petizione 003

Da comune hippie a Fondazione: in Svizzera può accadere

Mentre da noi ci si gingilla con fondazioni che servono prevalentemente ad arraffare quattrini, si istituiscono osservatori e si tengono convegni in una sarabanda di tavoli aperti e chiusi mentre certi borghi, veri e propri gioielli, vanno in malora, nella vicina Svizzera accadono cose molto concrete.KL Cesec CV 2014.01.31 EcovillaggioCes 002Monte Chiesso, Canton Ticino, Svizzera: luogo di ecologismi un po’ radicali ripartito tra un antico villaggio costituito da venticinque case in pietra ed un’azienda agricola è una enclave un tempo decisamente fricchettona. Gente radicale ma simpatica, proveniente da mezza Europa e dove spicca una parlata che suona pressappoco così: A-zont andàa a cattàa i verz, hoo dovùu fal cont i man… nue ca l’è ca te l’è mettüù ol zapètt? Ah damm a traa, ta la fètt tii la bügada ztasira? Traduzione, anzi traduzzzione: Sono andato a cogliere le verze, ho dovuto farlo con le mani… dove hai messo la zappetta? a proposito, lo fai tu il bucato questa sera?KL Cesec CV 2014.01.31 Ecovillaggio Ces 003Il villaggio montano, situato non lontano da Locarno ad un’altitudine di 1.450 metri, è praticamente disabitato d’inverno ma variamente vissuto d’estate, quando risuona dello sciabordio, anzi del mantra, di un’impetuosa cascata. Abitato a partire dal sedicesimo secolo, durante la II Guerra Mondiale accolse partigiani, rifugiati e famiglie ebree in fuga.
Ma negli anni Cinquanta gli allettanti agi cittadini sradicarono anche i più tenaci, lasciando il posto ai camosci finché, all’alba dei moti sessantottardi, decise di avventurarvisi in una temeraria azione di recupero (alcuni anche perché ricercati dalla polizia in quegli anni formidabili) un gruppo di giovani locarnesi ai quali si aggiunsero zurighesi, qualche olandese nonché alcuni milanesi che, oggi ormai nonni quelli che non sono nel frattempo morti di Aids o di epatite, ed ormai usciti di galera quelli condannati per tangenti, pedalano tuttora eco-chic per le vie ambrosiane pur avendo la Morgan in garage.KL Cesec CV 2014.01.31 Ecovillaggio Ces 001Volutamente dis-organizzati in una comunità di ricerca politica, ecologica, sociale e spirituale, a partire dal 1972  trasformarono Ces, così si chiama la località, in luogo alternativo e aperto, dove la cristallina selvaticità dell’ambiente potesse coniugarsi alla ricerca di una purezza interiore: organizzarono campi estivi, corsi, gruppi di autocoscienza che riuscirono a coinvolgere tantissimi giovani. Ogni tanto arrivava la polizia, sequestrava un po’ di maria e se ne andava, preferendo con calvinista pragmaticità non intraprendere ulteriori iniziative perché, in fondo, quella banda di ragazzi non faceva male a nessuno e almeno lì era fuori dalle palle.
Successivamente nacque la tuttora esistente Fondazione per la rinascita di Ces che ha tuttora, con i suoi quasi quaranta membri, la responsabilità del borgo montano. Oggi le case, ristrutturate e fornite di pannelli fotovoltaici, hanno mantenuto gli originali tetti in pietra mentre gli interni sono stati rivestiti in legno.
Arrivare a Ces richiede impegno: bisogna camminare per circa due ore su di un sentiero che può scoraggiare i meno convinti, osservati severamente da castagni pluricentenari e, non di rado, sotto una pioggia torrenziale. A Ces si vive volentieri a lume di candela, ci si scambiano massaggi, si consumano prevalentemente prodotti biologici locali, alcuni coltivati negli orti del villaggio, altri recapitati da una teleferica. Ma non si rinuncia ad olio, pasta e vino che arrivano dalla realtà comunitaria de Il Casale, vicino Pienza in provincia di Siena. Una particolarità: i gabinetti sono comuni, posti ad un’estremità del villaggio poiché strutturati per il compostaggio a secco.
Apparente stranezza nella piazzetta principale del borgo, la piccola chiesa dedicata ai santi Pietro e Paolo ottimamente restaurata. Niente affatto strano, invece, veder pascolare liberamente lungo i sentieri polli e vacche, alcune sacre in quanto appartenenti ad una donna hindu. Sotto una tettoia una serie di vasche comunicanti, continuamente irrorate dal gettito continuo di acqua sorgiva, garantiscono refrigerio a bidoni di latte, burro e lievito di birra mentre ortaggi e frutta vengono conservati in una cantina seminterrata.
Durante la stagione estiva alcune case vengono affittate o tenute a disposizione dei volontari del Servizio Civile Internazionale, impegnati in lavori di recupero.
E, chi vuole salire ancora, può giungere a quota 1.537 dov’è situato l’ancor più minuscolo villaggio di Doro, abitato da alcune coppie che allevano capre ed hanno dato vita all’azienda Monte Sponda, specializzata nella produzione casearia. Figura mitica, da qualcuno definita ginsberghiana-shivaita, è il Giovanni che vive vestito di pelli di capra insieme con due donne in un tepee – sia pure munito di pannello fotovoltaico per alimentare l’irrinunciabile radio –  e che, pur avendo contribuito a parte dei lavori nel borgo, ritiene che i membri della fondazione: “Discutono troppo, si sono imborghesiti e nella realtà dei fatti un solido progetto comunitario è ancora di là da venire“.
Il Giovanni, tra l’altro, costituisce anche la risposta all’eventuale domanda: quando e perché i ragazzi milanesi se ne andarono, tenendo altresì presente che qualcuno di loro raggiunse il fondovalle vagamente saccagnato… e poi divenne avvocato o commercialista, non escludendo di conseguire rosee, o per meglio dire rosè, mire politiche. Chi volesse saperne di più può trovare i sopravvissuti al Radetzky in largo la Foppa all’ora dell’aperitivo, ormai inconsolabilmente orfani della libreria Utopia che ha chiuso i battenti poco tempo fa, ma accompagnati dagli inseparabili pointer o levrieri afgani, a pontificare di migranti e cultura altra. Qualcuno si è riciclato nel terzo settore, c’è chi addirittura ha aperto una banca. Neanche a dirlo: etica e solidale.
Fin qui la storia di quello che, pur non essendo l’antesignano degli ecovillaggi svizzeri, è sicuramente il più coreografico.KL Cesec CV 2014.01.31 Ecovillaggio Ces 004Qualche tempo fa la Fondazione, ormai attiva sul web, in attività redazionali ed editoriali ed in alcune trasmissioni radiofoniche piuttosto seguite in Italia, lanciò un questionario. Il tema, che riprendiamo poiché suona come un chiarissimo manifesto, era:
Il cohousing, semplificando, non è altro che il condividere degli spazi abitativi con altri nuclei familiari. E’ una interessantissima soluzione, che risolve sia l’ottimizzazione degli spazi sia il concetto di integrazione e comunità di persone appartenenti a gruppi omogenei. E’ indubbio che nel venirsi a creare un progetto di cohousing, uno degli aspetti più importanti sia quello di redigere un’idea adatta al territorio e ai potenziali residenti.
In questo modo possiamo ottenere dei complessi abitativi ecosostenibili, con costi accettabili e studiati per integrare ed aggregare le persone. Se ci pensiamo potrebbe essere non solo la soluzione per condividere ad esempio la centrale termica, la lavanderia, la sala attrezzi, un tagliaerba per tutte le famiglie, ma anche la possibilità di avere un orto suddiviso, magari con serre  per verdure buone a costo quasi zero, un mini nido gestito dai residenti ma anche la possibilità di avere un locale comune per gli ospiti, una sorta di foresteria che potrebbe anche essere affittata come B&B e portare piccole entrate per le spese correnti. Secondo voi, quali zone possono essere condivise e quali no?
Tra le numerosissime risposte pervenute ce ne sono state segnalate alcune tra quelle giunte dall’Italia.
Gianfranco
La mia risposta è in realtà una domanda: perchè noi dobbiamo dividerci cose o zone, poi con le tasse che paghiamo dobbiamo arrivare a livelli così… quando i nostri politici sperperano soldi pubblici e cioè nostri, abbiamo bellezze architettoniche o costruzioni lasciate lì a marcire per mancanza di fondi e causa sprechi o lentezze burocratiche non possono essere destinate ad altri usi?
Lorena
All’inizio mi piaceva. Poi mi sono ricreduta. E’ una cavolata megagalattica. Lavanderia: separata dal corpo delle abitazioni, se hai la jella di abitare lontano devi farti tutto il cortile coi panni da lavare e viceversa, e d’inverno e quando piove? I bambini meglio madarli all’asilo, tutti vogliono parcheggiare i pargoli poi alla fine nessuno vuole prendersi la responsabilità di curare quelli degli altri. L’orto? Come l’asilo, tutti vogliono raccogliere ma quelli che zappano e seminano alla fine sono sempre gli stessi. Tosaerba: cos’è? Il locale in comune per le feste poi è una tragedia: ogni volta che ne hai bisogno tu è già accupato. No parliamo della pulizia… Insomma: meglio la casa di ringhiera!
Marco
Noi Italiani non siamo culturalmente preparati a esperienze simili, la casa è sempre e sempre sarà un focolare molto intimo, dove difficilmente si condividono interessi di gruppo. Io personalmente avrei forti dubbi nel condividere parti comuni con una persona sconosciuta, sono convinto che ci sarebbero problematiche irrisolvibili per chi deve o non deve fare. L’intimità deve prevalere, almeno nell’ambito abitativo è impensabile che acquistata una casa con sacrifici e rinunce debba trovarmi nella situazione di condividere parti comuni con persone che, culturalmente sono lontane anni luce dalle mie idee. L’ipocrisia non è nel mio dna e devo ammettere che condividere parti comuni con un mussulmano o altro, non sarebbe una cosa fattibile. Datemi pure del razzista, non mi preoccupo per questo, l’importante che la casa rimanga un luogo dove condividere gioie e dolori, solo con le persone che amo.
Marcello
Non sono d’accordo che vivere in un appartamento sia una forma di cohousing, una persona non condivide nulla con gli altri inquilini, spazzatura a parte. Quando chiudo la porta d’entrata, automaticamente mi creo una situazione di assoluto isolamento. E’ vero che posso sentire quello che dice il mio vicino di casa, ma tra lui e la mia famiglia c’è in ogni modo, una parete che divide e protegge.
Trovarsi in situazioni come ad esempio, dividere le spese sopportate da persone che accettano di vivere in una comunità, non è facile come dirlo. Sappiamo tutti che, mettere d’accordo un numero imprecisato di persone è veramente una fatica enorme e la vita in comune è assai complicata: tra marito e moglie, spesso si intraprendono discussioni per futili motivi, figuriamoci cosa succederebbe in caso di persone che si conoscono da poco tempo, sarebbe veramente complicato.
In questo particolare momento che stiamo vivendo, le persone hanno sempre meno voglia di ascoltare e i rapporti che si creavano fino a qualche anno fà, erano diversi. Oggi si parla solo ed esclusivamente con il computer o con il telefonino e la gente è sempre meno propensa a fare amicizia e su questo bisognerebbe aprire un dibattito. Persone sempre più arrabbiate e pronte alla lite, sostanzialmente vogliose di rimanere sole e senza troppi problemi.
Troppi galli in un pollaio, non possono convivere, la gente non è pronta e non lo sarà mai, a meno che, non cambi radicalmente la vita.
Luciano
Per quindici anni ho vissuto a Lugano in una palazzina di 22 famiglie con relativi spazi comuni tipo lavanderia e relativa asciugatrice,locale ludico con flipper,calcio balilla,piccola biblioteca,computer collegato a internet(nel 1993 era una cosa all’ avanguardia),campo di calcio e campo di hochey a rotelle,un campo da tennis su terra rossa.Nel locale ludico si sono tenuti corsi di vela, corsi di subacquea,diversi corsi sulla sicurezza in ambiente domestico,presentazione di birre artigianali,ecc.ecc.ecc.
Mai un problema per 15 anni.Il cohousing non è fattibile per noi italiani ,ma è un nostro limite su cui meditare e riflettere.Con questo non dico che vivere in Svizzera sia tutto rosa e fiori.
Serena
Premetto che sono abituata a vivere in case singole, sicuramente il cohousing non è per tutti, specialmente se consideriamo come siamo noi italiani, ma quali sono alla fin fine le differenze dal vivere in condominio? Gli spazi comuni sicuramente andranno studiati in base alla nostra cultura ed alla nostra mentalità, nella peggiore delle ipotesi si litigherà come accade sempre tra condomini, ma se si valutano i risparmi ed i vantaggi che da esso possono scaturire credo che la maggior parte di noi dovrà ricredersi ed ammettere l’interesse.
Facciamo l’esempio della città di Modena, ha fatto un bando per presentare progetti di cohousing da parte della popolazione e la cosa ha avuto scarso riscontro, mentre a pochi chilometri di distanza in un paese della provincia hanno già fatto realizzazioni. Credo che, fatto nei dovuti modi, potrebbe essere simile alle realizzazioni nelle zone Peep, dove si costituiscono le cooperative per l’assegnazione del terreno o della casa.
Non siamo così diversi, per esigenze, dalla maggior parte della popolazione, siamo solo più ottusi ed in un momento di regressione non farebbe male a prendere in considerazione questa formula inventata da paesi di certo più evoluti di noi.KL Cesec CV 2014.01.31 Ecovillaggio Ces 005I membri della Fondazione ci hanno infine fornito una risposta, che è il condensato di quelle fornite singolarmente:
Che la classe dirigente debba cambiare modus operandi e che la tassazione italiana debba essere rivalutata è fuori dubbio: non fatevi più fregare votando sempre gli stessi! ma non siamo qui per parlare di politica.
Il cohousing, indipendentemente dalla situazione economica dovuta a questa crisi, potrebbe essere di aiuto per esempio alle giovani coppie che in ogni caso avrebbero problemi ad acquistare la casa. E non solo a loro.
Certamente, il patrimonio immobliare esistente deve essere il più possibile recuperato e ristrutturato con  intelligenza. Esistono già dei progetti realizzati proprio su questa direzione.
I dubbi di Lorena sono legittimi e condivisibili da chiunque. Bisogna però considerare che il cohousing deve prevedere già a livello progettuale le necessità dei futuri residenti e la pianificazione urbanistica del progetto stesso: ovvio che la lavanderia non deve essere lontana, e che l’orto andrebbe suddiviso, ognuno si coltiva il proprio, molti attrezzi e l’impianto di irrigazione potrebbero essere in comune. Poi, se qualche volontario appassionato vuole aiutare gli altri, tanto meglio. Noi, nonostante la nostra partenza, abbiamo saputo adattarci ad un mondo che è cambiato e, pur non rinnegando la nostra matrice, non siamo più favorevoli alla visione del cohousing tipo hippie, ma riteniamo che ogni nucleo familiare debba avere la propria indipendenza, ma nel contempo dividere certi costi e certe spese. Questo può solo aiutare.
Un nuovo progetto di cohousing, prevede delle linee guida proposte dai promotori e da implementare e discutere con i futuri residenti. In tal modo si litiga prima e non dopo.
Vivere in condominio è già una forma di cohousing, ma ad ogni riunione ci sono liti. In questo modo verrebbero eliminate alla base. Lo ripetiamo, dipende molto dal progetto.
Un esempio molto banale: alcuni di noi hanno vissuto in Germania per un paio d’anni, ed in tutti i condomini c’era la lavanderia, inclusa nei costi condominiali. Ogni condomino aveva a disposizione un monte ore in base al nucleo familiare, bastava scendere e prenotare gli orari su un’apposita lavagna. Si tratta di una questione culturale.
Indubbiamente il cohousing non è per tutti e per esempio non vediamo la condivisione della cucina. Ma se studiato bene diventa un bell’esercizio di vita. Nella piccola contrada di montagna dove viviamo vige la regola non scritta che tutti si aiutano. Ci diamo il cambio per portare i bimbi a scuola, quando qualcuno scende in paese chiede agli altri se hanno bisogno di qualcosa al supermercato, ci si ritrova per preparare gli orti di ognuno, eccetera. Ci creda, non solo non costa nessuna fatica ma si viene anzi di coseguenza aiutati e si risparmiano dei bei soldini. Ed è un piacevolissimo momento di coesione, che termina sempre a tarrallucci e vino: un ottimo antistress. Crediamo infine che varcare il confine e vedere cosa c’è di buono, tornare a casa e studiacchiare per come renderlo adatto al nostro paese per migliorare la qualità di vita debba essere un ottimo esercizio che qualcuno dovrebbe avere la volontà di fare. Così diventerebbe, forse, anche meno ottuso e razzista da ignorante che ha visto solo il confine delle proprie montagne e crede che il mondo sia tutto lì.
Infine, il cohousing non è una forma di condivisione all’insegna del volemose bene, ma un progetto studiato a priori, dove ci si sceglie tra simili anche sotto il profilo delle capacità finanziarie, delle aspettative e delle aspirazioni, al fine di avere ciascuno la propria casetta ed il proprio giardinetto privato, condividendo invece con gli altri spazi che non recano disagio ma che aiutano a ridurre le spese. Oltretutto questa forma associativa porta notevoli vantaggi in termini, come si dice, di economia di scala per l’acquisto comune del lotto di terreno o del borgo da recuperare, delle strutture e dell’impiantistica.

Malleus

Monza: il cohousing si farà. Ma anche no.

Stanno per essere diffusi nella città di Monza i risultati di un’indagine esplorativa svoltasi a partire dal novembre scorso ed il cui bando si è chiuso l’8 gennaio, finalizzata all’acquisizione di manifestazioni di interesse per la realizzazione di un edificio polifunzionale. Destinato a coresidenza per giovani studenti e lavoratori, giovani coppie, centro di quartiere con servizi per l’aggregazione e la socializzazione oltre che per formazione e lavoro, verrebbe realizzato in un’area situata tra le vie Andrea Lissoni e sant’Andrea, prospiciente il Parco, edificando su campi di calcio dismessi. L’oggetto riguardava una palazzina della superficie di 3.930 mq nella quale ricavare 30 miniappartamenti, sita sulla medesima area dove sorgeranno quattro palazzi privati, acquisita dal Comune in conto oneri per una licenza edilizia concessa alla società di web-hosting Aruba in un altro quartiere cittadino.KL Cesec CV 2014.01.30 Monza Cohousing Aerea 001Nell’avviso diffuso a novembre erano previsti appartamenti in vendita, in locazione a canone agevolato ed eventualmente forme di affitto/riscatto.
L’idea è nata dal fatto che anche nel capoluogo della Brianza l’emergenza casa si fa sentire, e l’Amministrazione comunale aveva pensato di sviluppare una residenza in cohousing sociale, poiché andare a vivere da soli è la grande scommessa che gran parte dei giovani stanno cercando di vincere: affitti alti, mutui impossibili da ottenere, sempre meno soldi in tasca sono ostacoli noti ai ragazzi che tentano di affrancarsi da mamma e papà.
L’idea è partita dallo staff dell’attuale sindaco Roberto Scanagatti, che ha avviato con serietà e determinazione un’opera di ricostruzione, prima di tutto etica basata sulla fiducia, sulla trasparenza e sulla partecipazione. Da sempre intollerante verso gli sprechi, una delle azioni più incisive sin qui condotte dall’attuale giunta è chiara nello slogan Consumo del territorio uguale a zero. Naturalmente non significa impedire lo sviluppo della città, ma scegliere di usare le aree dismesse, notevolmente estese e spesso  da bonificare da svariati materiali inquinanti, salvando le aree verdi e quelle agricole e favorendo  l’edilizia bioclimatica per migliorare la qualità ambientale.
Per chiarire il concetto, in città non si è ancora spenta l’eco di una querelle ventennale che aveva per oggetto un grande appezzamento di terreno agricolo sottoposto a tutela ambientale acquisito dall’esponente di un noto gruppo imprenditoriale che intendeva ricavarne una lussuoso complesso residenziale.KL Cesec CV 2014.01.30 Monza piazza del MunicipioEd ora, prima di riportare gli esiti dell’indagine, mi sia consentita una divagazione, niente affatto peregrina ma utile ad inquadrare il contesto di una città dove la previsione di espansione edilizia prevista nella variante al PGT era abnorme, di una città dove il dettagliatissimo PRG messo online nella primavera 2002 è scomparso dai server (e chi lo possiede si comporta, giustamente, come se custodisse i Rotoli del Mar Morto) per lasciare il posto al vecchio ed illeggibile PRG risalente al 1971.  Di una città dove da oltre un decennio la popolazione è stabile e il fenomeno degli alloggi sfitti non diminuisce: significa che i proprietari, in non rari casi di notevoli patrimoni immobiliari, preferiscono tenere gli appartamenti chiusi piuttosto che affittarli ad un canone non di loro gradimento.
Di una città, infine, dove nel 2002 a chi scrive venne conferito dall’allora sindaco l’incarico riservato di monitorare aree dismesse ed immobili inutilizzati per individuare – nell’ottica della provincia di Monza e Brianza allora in fase di cosituzione – spazi di ricettività turistica che andasse oltre i pochi alberghi cittadini, oltre che residenziale da considerare per edificazioni convenzionate per accogliere nuovi residenti.
L’incarico era talmente riservato che dopo un quarto d’ora lo sapeva tutta la città… ma non siamo a Los Angeles.
Nel pomeriggio del giorno successivo al conferimento dell’incarico chi scrive incontrò (casualmente?) in una delle (tre) centralissime vie della città la facoltosa proprietaria di uno sterminato patrimonio immobiliare che, salutandolo, così lo apostrofò: “Ma ingeggnuere, cosa ciui sta combinando! case popolari in ciuentro? Ma per i poveri ci sono Bresso, Cinisello, Muggiò!… E poi anche lei abita qui, è un po’ come sentirsi traditi da uno di noi…” Aria finto contrita (la mia) e poi via con il carico da undici circa il messaggio mafioso affidato alla garrula troia. Per la cronaca lo scrivente completò l’incarico ma, sempre per la cronaca, non se ne fece nulla e dopo un po’ cambiarono sindaco e giunta.
Ed eccoci dunque all’esito dell’indagine esplorativa. Interesse da parte dei potenziali acquirenti od inquilini: tantissimo. Interesse da parte dei potenziali costruttori, cooperative comprese: zero.

Malleus