22 aprile, Giornata della Terra

Accendiamo il pc e sulla pagina iniziale il doodle di Google ci ricorda, con il suo grazioso colibrì rosso animato, che oggi è la Giornata Mondiale della Terra.KL Cesec CV 2014.04.22 Giornata della Terra 001E’ un attimo, e a quello del colibrì si susseguono i disegni animati di una medusa quadrifoglio, un macaco giapponese, un camaleonte velato, un pesce palla ed infine uno scarabeo.
Quest’ultimo è sicuramente uno degli animali più misteriosi della storia, da sempre legato a simbologie esoteriche nonché apprezzato ornamento sulla cui forma si sono modellati numerosi gioielli in metalli preziosi e gemme. Ma lo scarabeo costituisce altresì un anello fondamentale nella perpetuazione dell’ecosistema.
Ed è da questa evidenza che probabilmente origina la scelta di Google di dedicare anche al simpatico animaletto il proprio logo animato.
Oggi, 22 aprile, è la Giornata della Terra, istituita il 22 aprile 1970, esattamente un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera, per sensibilizzare il mondo ai problemi della fame, dello sviluppo sostenibile, dell’inquinamento.
La celebrazione intende coinvolgere più nazioni possibili, oggi sono esattamente 175, per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra. Dall’originario movimento universitario, la Giornata è divenuta nel tempo un avvenimento educativo ed informativo, utilizzato da gruppi ecologisti come opportunità per valutare le problematiche del pianeta: dall’inquinamento di aria, acqua e suolo alla distruzione dell’ecosistema, dall’esaurimento delle risorse non rinnovabili alle migliaia di specie vegetali ed animali che scompaiono.KL Cesec CV 2014.04.22 Giornata della Terra 002Un esempio macroscopico di tale devastazione lo possiamo vedere in Cina, dove l’inquinamento è diventato talmente insostenibile da determinare l’invivibilità delle aree inquinate (notizia di qualche settimana fa: a Pechino alcune fabbriche hanno dovuto chiudere perché l’eccessivo inquinamento dell’aria impediva fisicamente il lavoro) ma addirittura influenza tutto il Pianeta.
Ed il nostro Paese non può certamente chiamarsi fuori da tali problematiche, a partire dal dissesto idrogeologico originato dalla devastazione, dall’incuria e dall’abbandono del territorio, in particolare di quello montano. Per tale ragione è nata Earth Day Italia, l’organizzazione italiana impegnata a promuovere l’Earth Day e le sue finalità sul territorio nazionale, favorendo lo sviluppo di progetti ed iniziative utilizzando, per esempio, il linguaggio dell’arte come moltiplicatore della sensibilità ambientale, ovvero dando voce e forza al mondo scientifico, istituzionale, delle imprese e della società civile per promuovere innovazione tecnologica e cambiamento culturale.KL Cesec CV 2014.04.22 Giornata della Terra 003Celebriamo dunque questa giornata, con spirito gioioso ma non come una festa, bensì come un momento di riflessione e impegno: ne va, letteralmente, della nostra vita e della sua qualità.

Cesec, Centro Studi ed Esperienze di Consapevolezza

Dynamo Camp: noi andiamo a portare Amore. Chi viene?

Ogni anno in Italia oltre diecimila minori sono affetti da patologie gravi o croniche. Se dovessimo dar retta al mito dell’efficientismo, all’ossessione della perfezione dell’involucro ci converebbe buttarli, in quanto difettati.
No, forse è meglio se li curiamo…
Ok, cominciamo da uno dei mostri sacri della bellezza holliwoodiana: sembra che, marinaio nel Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale, vide il fungo atomico di Hiroshima da molte miglia di distanza e che in seguito non amasse affatto parlarne. Dopo aver mietuto numerosi successi come attore e regista, nel 1982 fondò un’azienda alimentare, tuttora esistente, specializzata in produzioni biologiche i cui ricavati vengono devoluti in beneficenza per scopi umanitari ed educativi.
KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 001Ma fu anche un apprezzato pilota automobilistico: nel 1995 si aggiudicò la 24 Ore di Daytona mettendo però all’asta il premio, un orologio, che venne battuto per 39mila dollari devoluti in beneficienza.
Nel 2006, infine, venne in Italia per inaugurare la locale sezione della fondazione Dynamo Camp, nata dall’iniziativa che egli stesso attuò nel 1988 per accogliere bambini affetti da patologie gravi e croniche. Stiamo parlando di Paul Newman.KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 004Dynamo Camp è un luogo dove i bambini con gravi patologie tornano ad essere bambini, un luogo di vacanza dove la vera cura è ridere e la medicina è l’allegria. Dynamo Camp è un luogo magico dove si fa terapia ricreativa, il primo in Italia appositamente strutturato per ospitare per periodi di vacanza e svago bambini e ragazzi malati dai 6 ai 17 anni, in terapia o nel periodo di post ospedalizzazione. In modo assolutamente gratuito intende offrire loro la possibilità di riappropriarsi della propria infanzia attraverso un programma che, in totale sicurezza ed allegria, li porti a ritrovare e acquisire fiducia in loro stessi e nelle proprie potenzialità.KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 005A Dynamo Camp i ragazzi possono sviluppare le proprie capacità sperimentando numerose attività creative e sportive, a contatto con la splendida natura dell’oasi di Limestre, in provincia di Pistoia, affiliata al WWF nella quale il Camp è inserito. Possono condividere momenti indimenticabili con altri ragazzi che hanno vissuto esperienze simili alle loro senza sentirsi diversi. Collaborando e divertendosi traggono reciproco sostegno, spesso scoprendo di poter riuscire laddove non ritenevano di essere capaci, concentrandosi così sulle loro abilità piuttosto che sulle disabilità, e ritrovando autostima e fiducia in loro stessi.
Si tratta infatti di minori che devono sottoporsi a terapie spesso invasive e di lunga durata che li costringono a trascorrere molto tempo in ospedale, e la condizione della malattia li porta ad affrontare paura, stanchezza, effetti correlati alle terapie che spesso vincolano anche la loro socializzazione con i coetanei compromettendo inevitabilmente spensieratezza ed allegria.KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 006Chiunque può contribuire a fare in modo che i bambini trascorrano gratuitamente una settimana a Dynamo Camp. Non dimenticheranno questa settimana di divertimento in un ambiente protetto, dove la massima sicurezza è sempre garantita da un’assistenza medica di eccellenza e dalla costante supervisione di personale qualificato: medici ed infermieri in grado di intervenire tempestivamente, ma non casualmente l’infermeria è discretamente nascosta ed allegramente colorata.
La struttura è attiva tutto l’anno ed offre anche programmi specifici rivolti all’intero nucleo familiare e ai fratelli sani, coinvolgendo così tutta la famiglia che si trova ad affrontare la delicata situyazione della malattia.KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 003KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 002Dynamo Camp nasce dall’esperienza di SeriousFunChildren’s Network, che ad oggi ha sostenuto 440.000 bambini, che con le loro famiglie hanno partecipato a programmi di  in tutto il mondo. I Camp sono 17 diffusi in Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Irlanda, Ungheria, Israele mentre 11 sono i Global Parnership Programs, programmi di Terapia Ricreativa promossi dall’associazione in Africa, Asia e Sud America.KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 008Per sostenere l’attività, oltre a donazioni in denaro, beni e servizi, è ammessa la possibilità di prestare servizio volontario per un giorno, un week-end, una settimana: “Entri con la presunzione di poter ‘lasciare il segno’ per poi accorgerti che il segno è stato lasciato proprio dai ragazzi, ‘tatuato’ indelebilmente nel cuore: un bimbo gioioso a cavalcioni del mondo.” ha lasciato scritto una volontaria.KL Cesec CV 2014.03.20 Dynamo Camp 007

Il filmato relativo all’immagine sovrastante è visibile all’indirizzo
http://www.youtube.com/watch?v=g5MiyWwapho#t=36

Come avviene con i membri dello staff, anche i volontari vengono scelti accuratamente, e ricevono una formazione intensiva prima delle sessioni in modo da garantire ai ragazzi una supervisione adeguata e costante, per regalare loro un soggiorno indimenticabile. Ciascuno può portare capacità ed esperienze: ,shiatsu piuttosto che yoga, reiki o ayurveda, tiro con l’arco, nuoto, arrampicata, equitazione ed altre discipline sportive, saper far ridere inventando situazioni, giochi e teatri improvvisati. I limiti sono costituiti da cuore e fantasia.
Noi abbiamo deciso di andarci, probabilmente a pasqua. Porteremo Amore e torneremo arricchiti. Chi viene?

Anima in Cammino – Arcani

Africa: quando i regali sono inutili

Accade che ci venga chiesto: cosa fate per le risorse idriche dei paesi africani? La nostra risposta è inequivocabile: Niente.
La ragione la spieghiamo con un esempio. Etiopia, non occorre specificare la località: ecco un pozzo rimesso a nuovo grazie al contributo di ben tre Ong, Voss Fondation, Gsta, Sahelco con tanto di targhe apposte per indicare al mondo il meraviglioso lavoro eseguito, per dire: io ho fatto tanto, io ho speso tanto.KL Cesec CV 2014.03.14 Acqua Africa 004Cartelli simili hanno invaso ogni sorta di paese povero africano. Ovviamente non ne trovate in Libia, Tunisia, Marocco, Egitto, Sudafrica. A proposito, proprio perché non c’entra niente con i pozzi, questa è l’immagine della nuova linea tramviaria di Tunisi.KL Cesec CV 2014.03.14 Acqua Africa 001Torniamo al pozzo etiope. L’ultimo ripristino risale all’anno 2011, tre anni fa. Con i soldi spesi per le targhe si sarebbe potuta comprare un po’ più di malta cementizia, viste le crepe che decorano la struttura e che sono comparse pressoché immediatamente dopo l’ultimazione dei lavori.
Ma diciamolo chiaramente: non è tutta colpa di chi fa lavori come se suonasse un trombone stonato e, con ancora il colonialismo dentro – si perché il colonialismo è come il viaggio: è nella testa – arriva in Africa pensando di sapere che cosa è meglio per questa gente.KL Cesec CV 2014.03.14 Acqua Africa 005KL Cesec CV 2014.03.14 Acaua Africa 003Ce lo conferma desiderando rimanere anonimo il presidente, originario di un paese centroafricano, di un’associazione che tenta di dare una mano alle popolazioni dell’Africa più povera: “La responsabilità è anche di certe popolazioni africane, e non hanno nessun significato certe frasi buoniste che sento spesso ripetere quando mi ritrovo a riunioni, convegni o seminari e che suonano sempre di compassione verso il povero negretto: che è colpa dell’occidente colonialista. No, non è colpa dell’occidente colonialista se a Milano, dove vivo, vedo squadre di operai che effettuano riparazioni stradali in cinque: uno sovrintende e gli altri lavorano sapendo esattamente cosa fare. Al mio paese, ed anche in altri dell’Africa equatoriale, non è così: otto sovrintendono creando un casino infernale mentre altri quindici lavorano sovrapponendosi a vicenda.” E aggiunge: “Tra i molti di noi che, spesso con grandi sacrifici economici delle famiglie, hanno studiato e si sono laureati c’era il sogno di tornare a casa e dare una mano. Alcuni ci hanno provato, ma solo chi è entrato nel vortice della politica grazie ad agganci tribali e di parentela si è sistemato, ma non sta di certo lavorando per il bene della gente. Gli altri hanno cercato spazio in Europa e negli Stati Uniti, ritrovandosi spesso frustrati e quindi rancorosi.“. E conclude con un’affermazione sconsolata che suona come un anatema: “L’Africa morirà. Morirà come il resto del pianeta, ma questa non è una consolazione.
Ma tornando ai pozzi, anzi al pozzo etiope delle immagini, le sue condizioni di utilizzo sembrano dar ragione al nostro amico intervistato. La sua acqua viene inquinata proprio dai secchi utilizzati per attingere il prezioso liquido, poiché i contenitori personali vengono appoggiati in terra, tra fango, urina ed escrementi animali. Gli animali girano liberi nei villaggi africani ed il suolo non è certo dei più puliti, e ci rifiutiamo di pensare che nessuno, tra missionari, volontari, pasionarie abbia mai insegnato a questa gente le più elementari regole igieniche. E così terra, urina ed escrementi solidi, si attaccano al fondo esterno del secchio che viene immerso nel pozzo per pescare l’acqua, piena di batteri fecali ed altre colonie batteriche dannose per la salute umana. Ed anche le crepe strutturali, sinceramente non ci vuole molto per chiuderle, in attesa di più significativi interventi, utilizzando terra paglia e fango ed evitando, magari, di usare nell’impasto la merda di vacca.
Ma come sono protetti i pozzi? Semplice: non lo sono. Vengono lasciati aperti con tutte le conseguenze di contaminazione. Troppo faticoso richiudere le lamiere incernierate dei quali sono provvisti.
Certo, il pozzo a larga bocca è sbagliato come concetto, va bene per l’idraulica pastorale, vale a dire per abbeverare gli animali. Per l’utilizzo umano sarebbe più opportuna la bocca stretta, dal diametro atto a lasciar passare un solo secchio, quello assicurato con una catena al pozzo stesso, e senza altre possibilità intrusive. Magari con un portello lucchettato. Risposta: lucchettato… ma dove vivete, nel paese delle meraviglie?
Allora proviamo con la domanda di riserva: ma perché anziché utilizzare questo metodo primitivo non si è mai pensato di installare una pompa a mano, come quelle che non mancavano mai nelle nostre campagne?
Risposta: perché non verrebbe utilizzata, nemmeno dai bambini per giocare. Troppa fatica. Verrebbe scalzata alla base e poi via di secchi, o bicchieri, o caraffe considerato il diametro inestirpabile della condotta di adduzione.
Il tubo metallico che si vede ai piedi di un bambino in una delle foto avrebbe dovuto servire per incanalare l’acqua in una vasca per abbeverare gli animali: mai usato. La giustificazione dei buonisti ecosolidalworkerallsaints: perché chi lo ha progettato non conosce gli usi e costumi locali… No comment.KL Cesec CV 2014.03.14 Acaua Africa 002Le foto sono un esempio di spreco di soldi dei donatori. E non pensiamo che la tanto vagheggiata costituzione di un’agenzia europea che gestisca gli aiuti destinati ai popoli africani possa arginare il fiume di denaro che verrà comunque gettato al vento.
Perché anche di questo si tratta: gettare al vento denaro e risorse preziose, favorendo ulteriore corruzione destinata ad ingrassare i soliti satrapi locali. Non ci ribelliamo noi che abbiamo i social, i blog, le piazze dove non ci prendono (non ancora) a fucilate e tutti gli altri strumenti per urlare il nostro impotente blablabla nella stanza imbottita, volete che si ribellino loro?
Non riteniamo che gli africani siano dei minus habens bisognosi di tutela, ma che ciascuno sia artefice del proprio destino. E’ per questa ragione che preferiamo dedicare le nostre energie per tutelare il territorio e le risorse idriche di casa nostra.

ACS

Onoriamo il Lupo, per noi è un animale veramente Sacro. Soprattutto se parliamo di finanza

Senza nulla voler togliere allo zio d’America Sunkmanitu Tanka ed alle sue coreografiche tradizioni iniziamo con un riferimento al nostro lupo oggi presente in circa un migliaio di esemplari diffusi tra Appennino marsicano, Toscana e alto Lazio, Aspromonte, Alpi Maittime e Dolomiti con qualche sconfinamento in Francia e Svizzera. Il germoplasma del nostro Lupo come esemplare codificato origina nel 1966 da un cucciolo nato dall’incrocio tra un pastore tedesco (non sappiamo se luterano) ed una lupa selvatica proveniente dall’Appennino laziale.
Se la gente sapesse quali sono le vere modalità comportamentali del Lupo bandirebbe la frase homo homini lupus: magari gli esseri umani si comportassero come i lupi con i loro simili!
Bene, detto questo aggiungiamo che non ci piace quando gli squali della finanza si travestono da lupi per poi travestirsi da agnelli. Oltretutto equoecobiobausolidalsostenibili
, e proprio per questa ragione abbiamo titolato Se Mangiafuoco addobba il carro con le luci della finanza sostenibile, un breve scritto pubblicato questa mattina sulla nostra pagina Fb.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Mangiafuoco della finanza sostenibileSi è concluso, almeno per quanto ci riguarda, il Forum per la Finanza Sostenibile. Abbiamo visto quello che dovevamo vedere, detto quello che dovevamo dire ma soprattutto annusato un odore che avremmo preferito non sentire.
Non ci sono piaciuti i toni paludati, saccenti, supponenti. Non ci sono piaciuti i sorrisi a 96 denti splendenti d’acciaio su tre file. Non ci è piaciuto il tono da accademici illuminati, tanto per cambiare da guru della finanza, questa volta eticobiobau. Saremo reattivi? Dobbiamo osservare meglio dentro di noi perché certe cose ci risuonano? Si, è vero, ci risuonano ferite dell’infanzia… chissà perché ci sono venuti in mente fatti accaduti nel 1969, quando migliaia di risparmiatori che avevano investito nell’allora Montedison si sono ritrovati in mano carta straccia (si può dire da culo?), quando si scoprì che le Cartelle Fondiarie dell’allora Cariplo non erano legate a nessun tipo di fondo inteso come appezzamento di terreno: Ah ma noi non l’avevamo mai detto…, quando iniziò l’attività, immediatamente osteggiata dai santuari della finanza tradizionale, di un certo ingegner Orazio che aveva inventato la macchina per far soldi grazie ad un meccanismo che, anni più tardi – all’epoca d’oro di panino e listino – si sarebbe chiamato con una parola magica: cartolarizzazione. Peccato che quel meccanismo dirottasse, sottraendolo, il denaro dei risparmiatori dalle banche: Anatema! Noi che allora giocavamo ancora con la Barbie, il G.I. Joe e i trenini Märklin e Rivarossi, certe cose le abbiamo sapute, e comprese, solo molto tempo dopo. E’ stato dopo che abbiamo saputo dell’esistenza di quello che chiamavate parco buoi… ed ora come lo chiamate, parco illusi ecosolidali?
Cosa credevate Signori, che perché ci presentiamo con il maglioncino, pur se di Boggi o Bardelli, anziché con la cravatta veniamo giù con la piena? Come disse Jack Nicholson in Codice d’Onore: “Hai scelto il Marine sbagliato“…
Cesec-Condivivere 2014.10.20 Squali della finanza sostenibileNon siamo in grado di stabilire se e in quale misura siamo finanziariamente etici e sostenibili, secondo quelli che sono diventati i parametri ufficiali. Dei quali, sinceramente, non ci frega il classico beneamato cazzo perché sono artefatti, e possiamo dimostrarlo. Ma per quanto attiene al nostro piccolo mondo di Amélie dove ci piace vivere abbiamo ancora una volta dimostrato a noi stessi di avere gli attributi e di non essere in vendita. E nemmeno in fistfactoring o in fuckleasing.
Però di una cosa, che avevamo dapprima compreso o se preferite sentito, siamo certi: la finanza, quella vera, quella con i denti a sciabola, si è appropriata dell’ecosostenibilità, della sostenibilità e della solidarietà, con la complicità di coloro che preferiscono usare il termine collettivo al posto di pubblico e nelle retrovie stanno scaldando i motori delle loro Kooperativistiche und Onlusaistische Panzer Divisionen
Indossando il vestitino etico e solidale si sta preparando l’ennesimo atto sodomitico ai danni dei risparmiatori. Non stiamo farneticando: alcune cooperative edilizie che promettevano comunità residenziali in cohousing in autocostruzione lo hanno già dimostrato. Una per tutte: Alisei..
Abbiamo fatto ciò che era nostro dovere fare affinché non rimanessero margini di dubbio circa la supposta (appunto…) eticità di una certa finanza e, pur nella limitata potenza della nostra voce, possiamo lanciare un monito: attenzione a chi, con retrostante pabulus politico, irretisce, seduce, indora pillole di ecosolidarietà finanziaria, perché vuole solo avere il controllo anche di quelle realtà, per portarvi l’acqua del proprio mulino fatto di drenaggio di denari pubblici, clientele, commissioni, carrozzoni, compagnie circensi, osservatòri e corte canterina varia.
Iniziativa privata. Iniziativa privata. Iniziativa privata. Non ci stancheremo mai di affermarlo.
E questo è quanto.
Giusto per concludere, un rimando: Attenti! ora la finanza speculativa si traveste di verde, che riportiamo qui sotto anche in formato immagine, non si sa mai che lo cancellino.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Attenti alla finanza sostenibileE’ l’attenta analisi di una minaccia che andrebbe solo ad impoverire e beffare ulteriormente i cittadini oltre che, come sempre, ad arricchire le banche. Leggetela.

Alberto C Steiner

Quando l’acqua non muore: la scelta di Rochefort

Nelle piccole Comunità le idee nascono per essere applicate. E noi pensiamo che il futuro risieda nelle piccole Comunità autonome ed autosufficienti, pur se fra loro interconnesse.
L’acqua, ormai definita oroblu, costituirà sempre più un bene primario e dovrà essere messa al riparo dalle mani adunche della speculazione internazionale, in special modo se camuffata con il vestitino etico. Non con bombe, barricate o manifestazioni di piazza destinate ad essere strumentalizzate, bensì con l’unica arma veramente rivoluzionaria: il notaio.
Si, proprio quel professionista che serve a stilare gli atti necessari a costituire associazioni, consorzi, società. Per entrare legalmente nel sistema attuando interventi di finanza etica attraverso società, niente affatto marginali, di proprietà dei diretti utilizzatori dell’acqua. Vale a dire i cittadini di comuni, comprensori, aree territoriali più o meno estese.Cesec-CondiVivere 2013.10.20 Rochefort 002E che l’acqua non rappresenti solo un costo ma un utile potenziale persino nei suoi utilizzi apparentemente marginali, lo dimostra un’iniziativa partita sperimentalmente due anni fa nella città francese di Rochefort e che oggi conferma la validità della scelta di trasformare il costo di un depuratore delle acque reflue in risorsa per la collettività.
Ricordate quando i nostri nonni ci insegnavano che buttare è sbagliato? Bene, nella città francese affacciata sull’Atlantico hanno pensato bene di non buttare nemmeno… la cacca, Evitando di fingere che la recessione non esista ed aguzzando l’ingegno poiché i soldi erano pochi, quell’amministrazione comunale ha pensato a come mutare le difficoltà in opportunità trasformando i costi di un depuratore in introiti per la collettività. Va detto che il costo di depurazione delle acque reflue, generalmente piuttosto alto, è quantificabile in circa 60 euro annui pro-capite.Cesec-CondiVivere 2013.10.20 Rochefort 003A Rochefort, presso il fiume Charente, hanno quindi realizzato un impianto che depura le acque con la tecnica detta del lagunaggio: prima di raggiungere il fiume i liquami passano attraverso un sistema di bacini dove vengono ripuliti utilizzando luce solare e degradazione batterica; infine vengono fatti fermentare per produrre gas. Da ultimo acque e fanghi vengono separati.
Questo sistema ha ridotto dell’85% i consumi energetici rispetto ai depuratori tradizionali; i silos per la fermentazione dei fanghi posti a valle del sistema producono gas per autotrazione, venduto tramite distributori allestiti presso l’impianto medesimo generando in tal modo introiti per la collettività.Cesec-CondiVivere 2013.10.20 Rochefort 001Esaurita la notizia veniamo ora alla nostra realtà e, per un attimo, immaginiamo che esista una legge che consente l’utilizzo di detersivi, saponi e shampoo solo se biodegradabili al 100%. In questo modo anche i residui solidi potrebbero essere utilizzati senza nessun problema.
Non è impossibile, perché già oggi sono disponibili prodotti per l’igiene biodegradabili completamente e il loro costo, leggermente più elevato in ragione della relativamente modesta diffusione, diminuirebbe sensibilmente in ragione di un utilizzo massiccio, e verrebbe inoltre compensato ampiamente dai vantaggi economici derivanti dal binomio risparmio energetico + introito di un sistema come quello in uso nella cittadina francese.
Aggiungiamo che a Rochefort l’acqua è un bene comune e tale è rimasto, in barba ai furbetti, alle società multiutility colluse con le multinazionali speculative ed ai trasformisti capaci di dire contemporaneamente no ma anche sì.
E’ la dimostrazione che ha senso privatizzare il servizio idrico, facendo però in modo che tale privatizzazione sia pubblica, vale a dire che i soci della società proprietaria dell’acqua a livello di distribuzione locale siano i diretti fruitori. Non è affatto una contraddizione se tale atto, compiuto secondo le regole e le possibilità offerte dalla legge, costituisce una forma di autodetrrminazione ben più rivoluzionaria ed efficace di rivolte o blocchi stradali: rompe il sistema usando le regole stesse del sistema.
Acquistare l’acqua per salvare l’acqua non diventa più solo uno slogan, ma la dimostrazione che è possibile. I nostri Comuni devono solo modificare il proprio statuto inserendo una volta per tutte l’acqua come bene primario della comunità, appoggiando e sostenendo le iniziative tese a preservarla da speculazioni. Contribuendo così a cancellare quel capitolo dolente che, nel nostro Paese, viene mal-inteso come sviluppo, parola usata ed abusata spesso in abbinamento a pil.

ACS

Scommettiamo che… e se fosse l’Acqua il prossimo eldorado della finanza creativa?

Risale all’anno 1983 Trading places, in italiano Una poltrona per due, girato da John Landis ed interpretato da Dan Aykroyd, Eddie Murphy e Jamie Lee Curtis; il film, estremamente istruttivo sotto il profilo sociologico, propone nella non casuale scenografia della Borsa di Chicago, dove vennero inventati, uno spaccato del mercato dei futures e delle commodities, nel caso specifico relativi al mercato del succo d’arancia.

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Dal film alla realtà: negli ultimi tempi le vicende legate al Monte dei Paschi di Siena hanno posto per l’ennesima volta sotto i riflettori quella nuova frontiera o, meglio, terra di nessuno costituita dalla finanza creativa dei derivati e dell’utilizzo spregiudicato e pericolosissimo che se ne fa. Ma ciò che i mezzi di informazione riferiscono è nulla rispetto a quanto già sta accadendo nei chiaroscuri dell’alta finanza: un modo assurdo di fare soldi a palate scommettendo sulle nostre paure più ancestrali. Considerato che non c’è nulla di più catastrofico che scommettere sulle riserve mondiali di cibo, che sia il caso di cominciare a domandarsi quale risorsa globale costituirà il prossimo derivato finanziario? Se fosse arrivata la volta dell’acqua?
In realtà l’Acqua è da tempo nel mirino della speculazione: banche d’affari, fondi di investimento, multinazionali ed altri attori economici mondiali, compresi FMI e Banca Mondiale, sono già pronti a mettere la mani su questa fonte primaria per la vita umana. La mafia lo fa già da tempo…
Friedrick Kaufman, professore presso la City University di New York, in un articolo apparso sulla testata britannica Nature e ripreso il 21 diembre 2012 da Internazionale sostiene che la prossima grande risorsa mondiale non sarà costituita da oro, grano o petrolio bensì da acqua. L’acqua potabile, poiché entro un ventennio almeno tre miliardi di persone avranno problemi a reperire quella necessaria per vivere.

Questo scenario, scandito dall’ossessione per la penuria idrica mentre estati interminabili e caldissime si ripetono con cadenza allarmante rappresenta il massimo che uno speculatore possa desiderare. Gli investitori adorano le situazioni apocalittiche: violenza e caos nascondono sempre possibilità di guadagno e creare denaro speculando sulla mancanza d’acqua in un’area geografica o in un settore, non è una previsione fantascientifica bensì una realtà molto vicina.
E per la finanza creativa – che produce molto di più del Pil mondiale ed è passata dai 500 miliardi di dollari del 1980 agli oltre 60 trilioni di dollari di oggi, cifra che molti hanno sentito pronunciare solo da Zio Paperone – la paura è sempre un ottimo affare. Oggi i grandi profitti, generati da strumenti finanziari totalmente separati dalla realtà, non nascono più dalla compravendita di oggetti e di beni: case, grano, auto ma dalla manipolazione di concetti eterei come rischio e collateralizzazione del debito. Ed a quanto pare investire in un indice del mercato dell’acqua sta diventando un’idea sempre più appetibile.

ACS

Campo, un progetto che non decolla

 Con Deliberazione Regionale n.2802 del 23 novembre 2010 avente come oggetto: Comune di Brenzone – Recupero e valorizzazione storico-culturale, paesaggistica, turistica e ambientale di Brenzone – località Campo; Approvazione della Convenzione relativa alle modalità di attuazione dell’intervento ai sensi della L.R. 13/1999 venne stanziato un importo di 760.000 €.
cesec,condivivere,campodibrenzone,borgo,cohousing,lagodigardaNell’agosto 2011, fu approvata dal Consiglio Europeo, e conseguentemente ritenuta finanziabile, la proposta di massima finalizzata al salvataggio di Campo per farne un’accademia del restauro ed un centro di eccellenza per la tutela delle tradizioni artigianali locali, eventualmente non disgiunto da un’attività di albergo diffuso sulla scorta di quanto realizzato in altri borghi abbandonati italiani e previo parere favorevole della Soprintendenza dei Beni Ambientali di Verona. All’uopo venne costituita appositamente la
Fondazione Campo – Campo Stiftung ed alcuni studi di massima furono redatti dall’Accademia del Restauro di Raesfeld, in Germania, e da Edilscuola di Verona con il parziale sostegno economico della Fondazione Cariverona.
Numerose le ipotesi progettuali legate al riuso del sito, previo un recupero che nei fatti non è ancora iniziato, non solo per mancanza di fondi.
Se un eventuale plesso museale può avere buone possibilità teoriche di essere realizzato in ragione dell’esiguità degli spazi e degli investimenti occorrenti, così non sembra essere per un centro che salvaguardi l’eccellenza artigiana: “
la gente vuole arrivare in auto, diversamente potremo contare solo su un’utenza occasionale” affermava in un’intervista rilasciata tempo fa all’Arena, il quotidiano veronese, un esponente della Confartigianato locale, aggiungendo: “e questo a fronte di investimenti finanziari non indifferenti che, in un momento economico difficile come l’attuale, sarebbe molto arduo recuperare. Certo, sarebbe bello poter educare la gente a non usare l’auto, alle passeggiate nella natura ed ai silenzi, ma il turismo mordi e fuggi non è tarato su questa lunghezza d’onda. E oggi più che mai dobbiamo prendere quello che c’è”. Pessimismo o sano pragmatismo? Sta di fatto che, oltre a qualche convegno e ad alcune pubblicazioni non si è andati.
Un’altra ipotesi sulla quale punta il recupero di Campo è la costituzione di un albergo diffuso, una soluzione che, rispettando e valorizzando il territorio ed i suoi caratteri naturalistici ed antropologici, offre un’ospitalità, generalmente di ottimo livello qualitativo.
Esempi in Italia non ne mancano. Come scrive Giancarlo Dall’Ara nel suo sito www.albergodiffuso.com un albergo diffuso è sostanzialmente due cose:
·
 un modello di ospitalità originale
·
 un modello di sviluppo turistico del territorio.
In estrema sintesi si tratta di una proposta concepita per offrire agli ospiti l’esperienza di vita di un centro storico di una città o di un paese, potendo contare su tutti i servizi alberghieri, cioè su accoglienza, assistenza, ristorazione, spazi e servizi comuni per gli ospiti, alloggiando in case e camere che distano non oltre 200 metri dal “cuore” dell’albergo diffuso: lo stabile nel quale sono situati la reception, gli ambienti comuni, l’area ristoro.
cesec,condivivere,cohousing,campodibrenzone,lagodigarda,borgo,recuperoMa l’AD è anche un modello di sviluppo del territorio che non crea impatto ambientale. Per dare vita ad un Albergo Diffuso infatti non è necessario costruire niente, dato che ci si limita a recuperare/ristrutturare e a mettere in rete quello che esiste già. Inoltre un AD funge da “presidio sociale” e anima i centri storici stimolando iniziative e coinvolgendo i produttori locali considerati come componente chiave dell’offerta. Un AD infatti, grazie all’autenticità della proposta, alla vicinanza delle strutture che lo compongono, e alla presenza di una comunità di residenti riesce a proporre più che un soggiorno, uno stile di vita. Proprio per questo un AD non può nascere in borghi abbandonati.
E poiché offrire uno stile di vita è spesso indipendente dal clima, l’AD è fortemente destagionalizzato, può generare indotto economico e può offrire un contributo per evitare lo spopolamento dei borghi.
La prima idea italiana di Albergo Diffuso nacque dal terremoto che sconvolse il Friuli nel 1976 utilizzando a fini ricettivi turistici le case ristrutturate con i fondi destinati alla ricostruzione. Il progetto-pilota, a firma dell’architetto Carlo Toson, risalente al 1982 e relativo al Borgo Maranzanis di Comeglians nacque da un’idea del poeta e scrittore Leonardo Zanier. All’epoca, in una logica di
marketing l’approccio iniziale poteva essere definito product oriented: si tenevano cioè in considerazione le prospettive di sviluppo del territorio e le aspettative dei proprietari delle case, ma si trascuravano le esigenze degli ospiti. Oggi il modelo dell’Albergo Diffuso, normato da 13 regioni italiane come modello orizzontale sostenibile, attrattore per i centri storici ed i borghi, non offre solo posti letto bensì il concetto di albergo che non si costruisce, respirando lo stile di vita del borgo grazie alla possibilità di alloggiare in case che si trovano in mezzo a quelle dei residenti, vale a dire nell’ambito di una comunità viva. Diversamente si tratterebbe di un villaggio per turisti.
Esistono attualmente diversi alberghi diffusi, attivi con successo; ai primi costituitisi in Friuli a Sauris, in Sardegna a Bosa, in Puglia ad Alberobello se ne sono aggiunti nelle Marche, in Abruzzo, nel Lazio, in Molise, in Toscana, in Trentino Alto Adige ed in Basilicata dove una particolare menzione merita l’albergo diffuso
Grotte della Civita di Matera, realizzato ricavando residenze dagli storici Sassi, mentre di quello denominato Sextantio, in Abruzzo, riferiamo a parte in ragione delle sue caratteristiche di unicità.

Alberto C. Steiner

 

Campo, la nostra ipotesi di Recupero

 In quanto rispettosi del territorio e delle identità culturali suggeriamo un’ipotesi su cui lavorare: non albergo diffuso sic et simpliciter, bensì l’attuazione di una realtà residenziale in cohousing e, tra gli spazi di proprietà comune, quelli destinati all’attività ricettiva.

cesec,borgo,cohousing,albergodiffuco,campodibrenzoneCohousing, ovvero comunità coresidenziale, significa che ciascun nucleo familiare vive in uno spazio di proprietà esclusiva, condividendo spazi comuni pensati per lo svolgimento di un’attività collettiva: biblioteca, ludoteca, lavanderia e via enumerando. Perché non un albergo diffuso? o, addirittura, la possibilità per chi lo desidera di aprire la propria casa ad un’attività di Bed & Breakfast, con l’albergo diffuso a coprire un ventaglio di esigenze ulteriormente ampio.
In buona sostanza, alcune persone o nuclei familiari acquisterano una casa o un appartamento (dipende dalle singole esigenze e dalle possibilità che emergeranno relativamente alla suddivisione degli spazi in sede progettuale) condividendo nel contempo la proprietà degli spazi destinati all’attività alberghiera. Questa soluzione potrà altresì consentire la creazione di posti di lavoro, tutelando nel contempo l’ambito territoriale ed evitando che l’iniziativa assuma la connotazione di un presepe o di una
Disneyland avulsa dal contesto come fin troppe ormai ne esistono, per esempio in Toscana.
Ci rendiamo conto che panorama, antiche case arroccate ed ulivi secolari non bastano ad attirare persone. Windsurf, vela, mountain-bike possono essere praticati non essendo necessariamente residenti a Campo. Che fare quindi per attrarre turisti, possibilmente non
mordi-e-fuggi? L’idea è quella di strutturare percorsi di benessere fisico e spirituale: attività olistiche, meditative e naturopatiche, preparazione e vendita di prodotti naturali a base di olive, olio, miele, risorse del bosco (per alimentazione, erboristica, cosmetica e via enumerando) organizzazione di eventi, disponibilità di spazi per singoli e gruppi che intendano organizzarvi convegni, incontri e seminari tematici, e magari un luogo dove, favorendo l’avvicinamento all’alimentazione naturale, ritrovare i sapori della tradizione locale, beninteso senza dimenticare quel prezioso corpo fruttifero ipogeo, come viene definito nei trattati naturalistici, che gli intenditori sanno bene dove trovare sulle pendici del Monte Baldo: il tartufo.

cesec,condivivere,campodibrenzone,borgo,cohousing,lagodigardaQuesta possibilità si sposa, a nostro avviso, con un’ipotesi a suo tempo ventilata: costituzione di un nucleo permanente di artisti, in una fucina di creatività a contatto con la natura e lontana quanto basta da traffico veicolare, rumori ed altre fonti di disturbo.
Se, infine, la distanza tra Campo ed i principali centri limitrofi: Rovereto e Trento, Verona, Desenzano e persino Brescia, potrà consentire ai residenti di recarsi agevolmente al lavoro, la connotazione ecosostenibile del borgo potrà permettere lo sviluppo di un mercato
a km zero che promuova i prodotti locali, magari attraverso l’accorpamento ad uno dei numerosi Gruppi di Acquisto Solidale presenti sul territorio.
Le idee non mancano, noi stiamo buttando qualche sasso… vedremo se e quali forme prenderanno le onde nello stagno.

Alberto C. Steiner