Milano: Per il diritto all’acqua, convegno promosso dal Forum Italiano Movimenti per l’Acqua

KL-Cesec VedovellaMilano: domani 18 gennaio dalle ore 14:30 alle 18:30 presso la sala convegni della sede provinciale ACLI in via Della Signora 3 avrà luogo il convegno Per il diritto all’acqua, promosso dal Forum Italiano Movimenti per l’Acqua e dedicato alla costituzionalizzazione del diritto all’acqua mediante la piena attuazione dei referendum del 2011. Durante i lavori, che prevedono di concludersi con un dibattito pubblico, si parlerà anche di un nuovo e legittimo sistema tariffario oltre che delle forme di finanziamento del servizio idrico.
Secondo gli organizzatori: “oggi, con l’approfondimento della crisi economica e sociale, il tema del diritto all’accesso all’acqua torna ad essere di stringente attualità anche in Italia. L’applicazione dei referendum, oltre ad essere elemento sostanziale del rispetto della volontà popolare, è un primo passo fondamentale nella direzione della piena realizzazione di tale diritto.
Per questo risulta decisivo avviare la discussione parlamentare e approvare la legge d’iniziativa popolare “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico” e constestualmente ridefinire un sistema di finanziamento del servizio idrico integrato che utilizzi, oltre alla leva tariffaria, anche la fiscalità generale e la finanza pubblica“.
Il convegno si propone pertanto da una parte l’obiettivo di denunciare come il diritto all’accesso all’acqua sia, anche in Italia, messo in discussione a partire da un sistema tariffario illegittimo e da un sistema di finanziamento del servizio idrico non equo e insostenibile e, dall’altra, di avviare un ragionamento sulla costituzionalizzazione di tale diritto.
Previo saluto di un rappresentante del Comune di Milano e del Comitato Milanese Acqua Pubblica, al convegno interverranno:
Emilio Molinari, presidente del Comitato Italiano del Contratto Mondiale dell’Acqua, sul tema:
Il diritto all’acqua come battaglia globale
Corrado Oddi, del Coordinamento nazionale Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, sul tema:
Contro il sistema tariffario dell’AEEG, per il riconsocimento dell’esito referendario
Marco Bersani, giornalista e scrittore autore fra gli altri di Acqua in movimento, ripubblicizzare un bene comune e CatasTroika, le privatizzazioni che hanno ucciso la società, sul tema:
Il ruolo della finanza pubblica nel diritto all’acquaCome raggiungere il convegno

Mobilità insostenibile

Mi sono chiesto quale fosse il modo migliore di iniziare un articolo complesso e potenzialmente noioso che argomenti di mobilità sostenibile e cultura del trasporto pubblico e, pensando pensando, ho trovato la risposta in una vecchia filastrocca di Gianni Rodari:

Un signore di Scandicci
buttava le castagne
e mangiava i ricci.
Un suo amico di Lastra a Signa
buttava i pinoli
e mangiava la pigna.
Un suo cugino di Prato
mangiava la carta stagnola
e buttava il cioccolato.
Tanta gente non lo sa
e dunque non se ne cruccia:
la vita la butta via
e mangia soltanto la buccia.

Virgolettato da Luca De Vito in un articolo pubblicato oggi (ieri per chi legge, NdA) dal quotidiano La Repubblica e intitiolato Milano, una rivoluzione verde: la città ha sempre meno auto Marco Ponti, docente di economia dei trasporti del Politecnico di Milano, definisce drammatico il fatto che ben pochi giovani – prima della crisi costituenti una notevole fetta di mercato – possano oggi permettersi l’acquisto di un’auto nuova. La ragione risiederebbe nel costo elevato, negli oneri afferenti all’esercizio ed alla manutenzione e, non da ultimo, all’esosa tassazione.
Mentre nel resto d’Italia le immatricolazioni aumentano nel capoluogo lombardo il calo è netto per effetto della crisi e delle misure che incentivano la condivisione veicolare spingendo sempre più gli utenti verso i trasporti pubblici. L’articolo prosegue dichiarando che a Milano ci sarebbe un’autovettura ogni 1,76 , in Lombardia 1,67 mentre nel resto del Paese 1,61.KL-Cesec - car-sharingLo stesso quotidiano intitolava il 17 settembre scorso: Italia troppe auto, 606 ogni 1000 abitanti, e la media nei paesi europei è di 473 un articolo di Antonio Cianciullo che, illustrando come nel nostro Paese la quota di gas serra proveniente dal traffico stradale sia aumentata dal 1990 al 2011 dal 21 al 26%, ed evidenziando come i trasporti rappresentino la terza voce di spesa dopo casa e alimentazione, concludeva affermando: in chiave di sostenibilità, a parte qualche eccellenza siamo ancora indietro ed individuando nel 4,6% la quota di Pil perduta per danni prodotti dal sistema dei trasporti.
Tornando all”articolo odierno, esso riferisce come le 64.375 immatricolazioni cittadine del 2010 siano scese a 36.091 nel 2013 con un calo del 43%. A fronte della drastica riduzione, risentita anche a livello regionale con 135.000 vetture vendute in meno, si affermano sempre di più le auto ecologiche. Il calo delle immatricolazioni (l’articolo parla però solo di auto e non, per esempio, di scooter) dev’essere comunque letto nella più ampia tendenza alla riduzione del parco circolante, in atto da quasi un ventennio e che ha tolto almeno 200mila auto dalle strade cittadine, portando a 716.094 i veicoli privati che, nel 1990, erano 922.040. L’articolo si conclude evidenziando come il fenomeno ambrosiano agisca in controtendenza rispetto a quanto avviene a livello regionale e nazionale: negli ultimi vent’anni in Lombardia le auto sono aumentate da 4,8 a 5,8 milioni, mentre in tutto il paese si sono riversati 10 milioni di mezzi in più.
Per parte nostra apprezziamo quanto sostenuto da Gianmarco Giorda dell’Anfia, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica: i costi per mantenere un’automobile in molti casi sono diventati insostenibili ed è uno dei veri motivi per cui non solo non si acquistano più veicoli, ma ci si libera del vecchio mezzo senza sostituirlo aggiungendo però che la situazione milanese rappresenta lo specchio di una realtà dove i servizi di trasporto pubblico non solo esistono ma sono mediamente efficienti e quasi capillari. Chi vive a Milano e nelle città immediatamente circostanti, lungo le direttrici storiche tracciate dalle strade più antiche, può fruire di servizi di trasporto pubblico diffusi e mediamente efficaci, spesso eredi delle prime linee ferroviarie: MIlano-Monza, la seconda ferrovia italiana inaugurata nell’agosto 1840 e che già al 31 dicembre dello stesso anno aveva trasportato 150mila viaggiatori, e le sue diramazioni per Como-Chiasso (1849) e Lecco-Sondrio (1873 e 1885) oppure la ferrovia Ferdinandea Milano-Treviglio (1842) o ancora la Milano-Novara-Torino (1855) senza dimenticare la rete briantea per Erba-Asso, Como, Varese-Laveno e Malpensa Aeroporto ora gestita da Trenord ma aperta a partire dal 1877 dalle FNM, ferrovie Nord Milano. Le direttrici di traffico sono talmente stabili che il tracciato del Passante Ferroviario ricalca in sotterranea l’antico sviluppo delle ferrovie nel loro percorso urbano, dismesso con la riorganizzazione del 1931, anno di inaugurazione dell’attuale stazione Centrale: il confronto tra l’attuale mappa cittadina ed una carta topografica dei primi del ‘900 lo dimostra; consiglio quella edita nel 1914 dal TCI, Touring Club Italiano, agevolmente reperibile in rete con un’ottima risoluzione.KL-Cesec - Tram Vimercate anni 70Ciò vale anche per i trasporti extraurbani gestiti da ATM, a partire dalla linea 1 rossa della metropolitana che, dal novembre 1964 non fa altro che ricalcare lungo il Borgo dei Nobili, corso Venezia, e lo Stradone di Loreto, corso Buenos Aires, il tracciato dell’ippovia Milano-Monza inaugurata nel 1876 e cessata nel 1966. Lo stesso discorso vale per la linea 2 verde della metropolitana che altro non è se non una ferrovia di penetrazione urbana, erede delle Linee Celeri dell’Adda, a loro volta nate dall’ammodernamento delle tramvie Milano-Vimercate (1880) e Milano-Gorgonzola (1878) con le sue diramazioni per Vaprio (cessata nel 1978) e Cassano d’Adda (cessata nel 1972). Senza dimenticare le Tramvie della Brianza Milano-Limbiate, riaperta da poco all’esercizio dopo una sospensione per motivi legati alla sicurezza, e Milano-Desio della quale parliamo in questo stesso scritto funzionalmente al progetto di riapertura come metrotramvia.
Non casualmente tutte le linee citate possiedono il tratto comune di essere su ferro; il dibattito tendente a dimostrare se siano eminentemente gli itinerari storici a favorire insediamenti stabili, e con essi la convenienza ad impiantarvi costose infrastrutture di trasporto, ovvero se siano le infrastrutture fisse per la mobilità a favorire gli insediamenti è da sempre in corso e probabilmente non si concluderà mai.
Altrettanto non casualmente non sono state in questa sede indicate le vie di penetrazione provenienti da Sud: Alessandria-Mortara, Genova-Pavia, Piacenza-Lodi, tutt’altro che ininfluenti ma certamente non portatrici dei volumi di traffico peculiari della Brianza.
Resta il fatto che Milano si è lentamente trasformata attraverso numerose ridefinizioni del tessuto urbano ed il progressivo spopolamento del centro a favore dell’hinterland, dove la vita costa meno pur non offrendo ovunque servizi che diano agli abitanti la sensazione di non dover dipendere dalla città, per esempio relativamente alla fruizione del tempo libero. Nel corso dei decenni ed a scadenze più o meno canoniche, per arginare l’afflusso del traffico veicolare privato, la municipalità milanese ha posto in essere numerose iniziative tendenti al decongestionamento, dal potenziamento dei mezzi pubblici alle corsie preferenziali ai parcheggi di corrispondenza, dal divieto di traffico nel centro all’Area C, quasi sempre scontrandosi con interessi corporativi, per non dire con una cultura della bottega: se una leggenda monzese sostiene che siano stati i negozianti a brigare affinché solo dopo un cinquantennio la linea rossa del metrò giungesse in città, peraltro attestandosi nel nulla, al fine di impedire l’esodo dei potenziali clienti verso i negozi milanesi, una leggenda milanese vuole che i locali titolari di esercizi commerciali temano di perdere i clienti scoraggiati dall’impossibilità di utilizzare l’auto privata.
Al di là delle dicerie resta il fatto che scontiamo non solo i nefasti effetti di una cultura dell’auto privata invasiva, forse retaggio di un malinteso senso di autonomia e di promozione sociale, ma anche il fatto di non disporre ancora di una tariffazione dei trasporti pubblici prevista ad ampio raggio, per esempio regionale, che consenta di percorrere distanze anche notevoli con un unico documento di viaggio utilizzabile con vettori differenti, per esempio linee ferroviarie, metrotramviarie ed automobilistiche.
Ma, sia pure provvisti di un unico documento di viaggio, non sapremmo dove andare senza l’auto, se le iniziative per la mobilità sostenibile passano attraverso progetti tendenti all’eliminazione delle ferrovie perché il sistema ferroviario attuale rappresenta un grave pericolo per la città ed i suoi fabbricati; esso limita la fluidità del traffico e lo sviluppo del territorio, come recita uno studio effettuato nel 2011 dal Comune di Mantova volto a eliminare la ferrovia dal proprio territorio costruendo varianti tangenziali e spostando la stazione chissà dove, il tutto corredato di benefici, vantaggi e altre filosofiche considerazioni. La probabilità che si realizzi è, grazie agli attuali chiari di luna, prossima allo zero ma rimane istruttivo sul sentimento comune verso la ferrovia, ed anche su come si impegnino tempo e risorse in studi di fattibilità  quanto meno discutibili.KL-Cesec - Articolo Repubblica 8.2011Del resto anche la città di Torino non scherza se, come riportato nell’articolo pubblicato da La Repubblica il 27 agosto 2011 e qui riprodotto purtroppo da una malandata fotocopia, viene spacciato come un intervento a favore della qualità della vita cittadina la possibilità di spazzar via la stazione di Porta Nuova per ricucire il tessuto urbano. Il Piemonte, giova ricordarlo, è la Regione che ha smantellato il 30% delle linee ferroviarie.
KL-Cesec  - Studio Regione LombardiaUn respiro di sollievo ce lo consente, fortunatamente,  lo studio Le infrastrutture del futuro. Idee e proposte per i governi che verranno, pubblicato da Regione Lombardia nel febbraio 2013 e del quale è coautore Giorgio Stagni, ingegnere ambientale ad indirizzo urbanistico che lavora presso il Servizio Ferroviario Regionale occupandosi di programmazione dei servizi in collaborazione con il collega Fabrizio Bin, ingegnere trasportista inventore delle Linee S lombarde. Lo studio, raccolto in un volume di 81 pagine e scaricabile in formato pdf dal sito della Regione Lombardia prova a fare il punto sulle interazioni tra le infrastrutture ferroviarie e il servizio che vi si svolge, prendendo come esempio il percorso di crescita del servizio ferroviario regionale lombardo nel corso dell’ultimo decennio. Ringrazio l’ing. Stagni per le notizie desunte dal sito www.stagniweb.it unitamente alla filastrocca di Rodari e ad alcune immagini.
Tornando, letteralmente, per strada, un’iniziativa relativamente recente collocata a metà fra il trasporto privato e quello pubblico è il car-sharing. Afferma in proposito Luca Studer, esperto di mobilità sostenibile del Politecnico: una cosa notevole che è stata fatta negli ultimi anni è stato rompere il dualismo auto privata-mezzi pubblici, ora ci sono molte più alternative. Bisognerà valutare poi l’effettivo impatto del car sharing, visto che non è ancora chiaro se faccia concorrenza solo alle auto private oppure anche ai mezzi pubblici. Dalla primigenia iniziativa promossa da GuidaMi (Atm) e E-Vai ( Trenord) il fenomeno si è evoluto con le Smart accessibili direttamente su strada e senza prenotazione di Car2Go, alla quale dallo scorso dicembre si sono affiancate le 500 rosse di Enjoy (Eni-Fiat -Trenitalia) le Mini Cooper di DriveNow (Bmw) e le Volkswagen Up di Twist. Ai tassisti però non piace, non solo perché riterrebbero trattarsi di concorrenza sleale grazie ai prezzi assolutamente competitivi, ma soprattutto perché accusano il comune di tutelare il car-sharing dalle zone calde della delinquenza di strada pur obbligando le auto bianche ad andarci: Bovisa, Quarto Oggiaro, l’estremità di via Ripamonti e le vie Vaiano Valle e Selvanesco, corrispondenti ad aree occupate da campi rom.
In ragione di furti, aggressioni e rapine le società concessionarie dei servizi hanno chiesto al comune di eliminare queste strade dai noleggi, mentre i tassisti sostengono di non potersi rifiutare di andarci e questo ha scatenato le loro proteste, anche in ragione di un’altra iniziativa annunciata dal comune: l’apertura della Ztl Garibaldi alle automobiline condivise in quella che è un’isola pedonale accessibile esclusivamente a residenti, ciclisti, taxi, mezzi di soccorso e forze dell’ordine. I tassisti l’hanno presa come una decisione che intende smaccatamente valorizzare un’utenza di nicchia a discapito della collettività producendo una forte spinta alla circolazione di auto private, sia pure in condivisione, a discapito dell’intero sistema di trasporto pubblico, paventando inoltre la possibilità che vanifichi altre aree protette, presenti e previste. Com’era prevedibile i conducenti delle auto bianche sono stati bersagliati da accuse a non finire, a cominciare dalle tariffe che sarebbero elevatissime, di accampare la pretesa di agire in un libero mercato con condizioni garantiste da socialismo reale e di essere un emblema del più bieco corporativismo.
In qualità di assiduo frequentatore di taxi e tenendo presente che lo sono diventato, unitamente ad un sempre più nutrito numero di cittadini che hanno deciso di fare a meno dell’auto per gli spostamenti urbani, proprio per la possibilità di percorrere corsie riservate ed aree protette senza dover sottostare a code o a snervanti ricerche di parcheggi, posso affermare che le tariffe sono tutt’altro che improponibili e che sarebbe invece auspicabile migliorare il servizio con infrastrutture da tempo promesse: colonnine e telecamere, oltre che con una maggiore tutela delle aree formalmente destinate a posteggio ed invece liberamente invase da cani e porci in sosta vietata: a cominciare proprio da corso Garibaldi e via Ponte Vetero ormai diventate accampamento di tutti gli arroganti frequentatori di Brera per passare a Cagliero, Ticinese, Repubblica, Udine per citarne solo alcune dove i taxi sostano malvolentieri per evitare continue discussioni e liti. E questo senza citare l’accessibilità ai parcheggi, primo fra tutti il più visibile della città, quello in Duomo pateticamente piantato in mezzo alla piazza senza nemmeno uno straccio di pensilina. C’è, casomai, un’ambiguità di fondo che presiede alle dieci ore di turno giornaliere di questi artigiani: costituiscono un servizio pubblico a capitale privato, principiando dalle licenze il cui costo supera ormai i 200mila euro (e quindi i tassisti sono tutti, chi più chi meno tranne quelli anziani, indebitati con le banche) e costituisce l’equivalente della loro liquidazione quando cesseranno l’attività, nonché l’assenza di contributi da parte del comune; un tempo esisteva il cosiddetto buono carburante, oggi scomparso, e mi risulta che soltanto la casa automobilistica Mercedes pratichi loro un modesto sconto sull’acquisto delle autovetture. Un tassista non arriva oggi, nella più fortunata delle ipotesi, ai tremila euro mensili, registrati sino all’ultimo centesimo in ragione del tassametro, dai quali deve sottrarre tasse, costi di esercizio ed ammortamento del capitale investito e mancati guadagni dovuti al fermo macchina in caso di incidente o manutenzione.
Il car-sharing a mio parere, è un’encomiabile iniziativa nel momento in cui serve anche ad educare l’utenza al senso del pubblico in quanto, così come è attualmente concepito, non insegna al rispetto della circolazione in una città da sempre assediata dal traffico proponendo invece un modello individualista.KL-Cesec - Metrotramvia Seregno

Per visionare i filmati cliccare qui

Ma, tornando ai trasporti su rotaia, ci sarebbe una novità: la tramvia Milano-Desio-Seregno starebbe per risorgere ad alcuni anni dalla sua soppressione, nella smagliante forma di metrotramvia a doppio binario sino a Paderno Dugnano e, nuovamente prolungata dopo decenni di abbandono, permetterebbe di servire l’ospedale di Desio ed attuare l’interscambio con la stazione ferroviaria di Seregno.KL-Cesec - Metrotramvia inquadrature dai filmati MCSLa società Alstom si sarebbe aggiudicata un contratto da 40 milioni di euro per la sua realizzazione, per le infrastrutture ed i sottosistemi affidata alla CMC, Cooperativa Muratori e Cementisti, di Ravenna.
La rinnovata tramvia, che avrà uno sviluppo lineare di poco superiore a 14 km ed entrerà in esercizio entro il 2016, sarà dotata dei più moderni sistemi di segnalazione e sicurezza. Da segnalare che per la prima volta in Italia sarà installata una sottostazione di alimentazione elettrica reversibile HESOP, Harmonic & Energy Saving Optimizer, che permette di recuperare la quasi totalità dell’energia altrimenti dissipata dai rotabili in frenatura restituendola alla rete elettrica per essere riutilizzata. Non si tratta di una novità assoluta, in quanto il motore elettrico permette la frenatura a recupero, oltretutto risparmiando il consumo dei freni meccanici, ed ampiamente utilizzata su tram e filobus. Pe rimanere nell’ambito milanese la Filovia dello Stelvio Tirano-Bormio, realizzata dall’AEM di Milano nel 1940 per la costruzione di alcune dighe valtellinesi, ne era provvista anche per ragioni di sicurezza in ragione delle proibitive condizioni di esercizio. La novità è nell’ottimizzazione delle prestazioni, micrometricamente regolate grazie ai controlli consentiti dall’attuale sviluppo dell’elettronica.
In chiusura di questo scritto propongo un’animazione, devo dire realizzata magistralmente, costituita da un complesso di otto filmati – liberamente disponibili su YouTube, il link è riportato sotto una delle immagini a corredo – della futura metrotramvia. Poiché sono recentemente corse voci che l’ammodernamento non si farà più e che a titolo di provvisionale ad una delle imprese aggiudicatarie sia stato riconosciuto l’astronomico indennizzo di 13 milioni di euro, il filmato merita ancor più di essere visionato, non fosse altro che per la ragione che, se fossero vere tali affermazioni, è costato più di Guerre Stellari…

Alberto C. Steiner

Ci sarà da mangiare… per 6 intere settimane.

Natale è passato, l’Epifania pure, i Magi sono sulla via del ritorno in sella alle loro Harley e Gesù-Giuseppe-Maria, per riprendersi dallo stress post-partum e dai conseguenti impegni sociali, sono riusciti a trovare un volo per Sharm, scortati da contractors già agenti del Mossad perché di questi tempi non si sa mai.
Noi, visto che non lo faceva nessuno, abbiamo pensato bene di dare una rassettata alla stalla: poiché siamo nel Tertium Millennium non vi dico cosa non abbiamo trovato nella mangiatoia!
Oltre alla paglia vi erano residui di cereali, in particolare mais, ma anche frumento, riso, segale, orzo, luppolo, avena. E l’immancabile soia.
Abbiamo pensato di nutrirvi le nostre bestie dette anche, secondo il linguaggio caro alle Sacre Scritture, armenti.
Miracolo! vitelli, maialini e polli sono immediatamente cresciuti a dismisura… i vitelli, in particolare, a otto mesi sembravano manzi di due anni, i maialini diventavano belli sodi e patinati come la Peppa Pig, i polli mitragliavano uova con la cadenza di una slot-machine impazzita… come, i polli? Si, per non parlare dei tacchini, grandi come struzzi ma il cui latte non era però particolarmente buono da bere…
Messe in pentola, inoltre, le carni sfrigolavano, sobbollivano, rilasciavano un liquido strano, una specie di siero acquoso e colloso, e non erano particolarmente saporite.
KL-Cesec - Frankenstein ogmInoltre, osservando alcuni bambini, abbiamo notato che anch’essi crescevano immediatamente come canotti gonfiati ma con una pelle sottile, quasi trasparente, l’occhio vacuo, marcati caratteri femminili nei maschi e pochissima resistenza a sforzi e malattie. Ma per quelle, si sa, ci sono gli antibiotici…
Quindi, pur esprimendo gratitudine per quest’abbondanza di piaceri della carne, ci siamo domandati cosa ci sia in realtà nella mangiatoia di vitelli e scrofe, polli e tacchini.
Abbiamo proposto i nostri dubbi ad amministratori pubblici, stampa e studiosi, autorità agricole. In alcuni casi non abbiamo ricevuto risposta, anzi qualche interlocutore ha ostentato il miglior stile del raìs mediorientale, in altri abbiamo ottenuto ampie rassicurazioni che i nostri timori erano assolutamente infondati (proprio così: assolutamente) poiché il mais importato proviene da paesi che non coltivano varietà ogm, e che pertanto i nostri prodotti tipici: culatelli e strologhini, taleggi e parmigiani, latte e uova derivano da animali nutriti da mais tradizionali. Ah… e dove sono finiti gli avanzi di cucina, il famoso pastone delle galline, le bucce di patata e di mela e tutti gli altri scarti che normalmente finivano nel trogolo?
No, non stiamo facendo i finti ingenui, la nostra è solo provocazione perché a dire il vero non ci hanno mica tanto convinti con le loro rassicurazioni. Mais. E il resto, che fine fa? E poi, già che ci siamo, a quanto ammonta la quota per consumo alimentare  e qual è quella destinata alla zootecnia?
Pertanto, nonostante cotanti inoppugnabili pareri, abbiamo voluto curiosare nelle statistiche ufficiali, tenendo presente che il mercato cerealicolo ha una cadenza che copre due esercizi e si chiude tradizionalmente il 30 giugno. Proponiamo pertanto di seguito i dati ufficiali integrati da alcuni commenti.KL-Cesec - Campo grano 001Una cosa ci ha colpiti, tenendo presente che la nostra finalità era quella di tentare un’analisi del mercato non ogm. Tra i paesi esportatori mancano San Marino e Città del Vaticano ma quelli improbabili ci sono tutti: Belgio, Malta, Austria, Groenlandia… L’elenco delle fonti di approvvigionamento impone l’incredulità davanti a paesi che o non producono una spiga di mais o a loro volta importano, per l’esiguità della produzione, la quota preminenete del proprio fabbisogno. Per non parlare della soia.
L’impressione è quella di una spasmodica ricerca, in ogni recesso del pianeta, di chi può fornire qualche tonnellata di mais dichiarato non ogm qualunque sia il prezzo di acquisto e di trasporto. Il risultato di questa follia importatrice è l’elevato costo medio del totale importato (nonostante che nell’anno appena trascorso i prezzi siano calati mediamente del 30% in ragione di una sovraproduzione) al quale si debbono aggiungere i maggiori oneri di trasporto. Per capirci: il costo di trasferimento per tonnellata di mais in container dal Peru è palesemente quattro volte il costo di una tonnellata caricata alla foce del Mississippi, su un cargo da 8.000 tonnellate dal più funzionale sistema di imbarco del Globo.KL-Cesec - Frumento 001Romacereali è il tradizionale incontro tra gli imprenditori della filiera cerealicola operanti sui mercati internazionali, per aggiornare i consuntivi e le previsioni nei passaggi di consegne tra le varie campagne. Nel nostro caso passaggio dalla campagna di commercializzazione 2012-2013, conclusasi il 30 giugno, a quella 2013-2014.
La superficie coltivata è aumentata del 3% e la quantità prodotta del 3,8 a fronte di stock iniziali valutati -9,1% rispetto ai fabbisogni ma che hanno presentato un saldo finale di +1,1%.
I consumi per utilizzo segnano un incremento pari a 0,6% quelli per commercio un -2,2%.
Passando a valutare la situazione degli stock per l’intero settore cerealicolo, secondo i dati dell’IGC, International Grains Council, la campagna 2013-2014 si è aperta il 1° luglio all’insegna di stock iniziali ridotti.KL-Cesec - Cereali 001All’apertura il frumento nel suo complesso presentava a livello mondiale stock iniziali pari a 179 milioni di tonnellate (-9,1% rispetto a quelli presenti all’avvio della campagna 2012-2013) che, rispetto agli utilizzi attesi (678 milioni di tonnellate), rappresentavano una copertura media per 3,1 mesi . A livello Europa a 27, gli stock iniziali del frumento nel complesso si collocavano a 10 milioni di tonnellate (-11% rispetto al livello della campagna 2012-2013) che, a fronte di un consumo atteso di 120 milioni di tonnellate, offrivano una copertura di 1 mese.
Relativamente al frumento gli andamenti delle semine e dei raccolti si presentavano positivi, con una previsione produttiva IGC che recuperava 25 milioni di tonnellate rispetto alla campagna precedente, attestandosi ad una produzione di 680 milioni di tonnellate (+3,8%). La superficie destinata a frumento avrebbe dovuto passare dai 215,3 milioni di ettari del 2012-2013 a 221,9 milioni di ettari nella campagna 2013-2014 (+3%). L’utilizzo di frumento per l’alimentazione animale è atteso in calo del 2,3% mentre aumenta l’impiego industriale (+5,3%) e si colloca a +1,1% la domanda per l’alimentazione umana. A livello Europa a 28, secondo IGC, la produzione di frumento totale aumenterebbe a 138,1 milioni di tonnellate nella campagna 2013-2014 (+5%). La superficie investita a frumento nell’EU28 è prevista aumentare del 2% (26,1 milioni di ettari). Secondo le stime la produzione 2013-2014 nell’UE28 si collocherebbe a 135,9 milioni di tonnellate (+2,5%).
Il mais, a livello mondiale, si collocava con stock iniziali 2013-2014 di 116,5 milioni di tonnellate (-10,5% ) che, a fronte di un utilizzo atteso pari a 912 milioni di tonnellate (che costituisce un record), offrivano una copertura di 1,5 mesi. A livello Europa a 27, gli stock iniziali di mais 2013-2014 avrebbero dovuto assommare a 4,1 milioni di tonnellate (-38,8% rispetto al livello della campagna 2012-2013) che, a fronte di usi stimati per 67 milioni di tonnellate, avrebbero garantito una copertura di soli 21 giorni.
Per la campagna 2013-2014 la domanda mondiale di mais è prevista in aumento, 912 milioni di tonnellate a fronte di 864 milioni nella campagna 2012-2013 (+5,5%): un risultato che emergerebbe dall’aumento del 7% nelle destinazioni per l’alimentazione animale ed un più contenuto incremento degli utilizzi per etanolo (+4,0%). In EU27 la produzione 2013-2014 è prevista crescente rispetto al livello della campagna precedente: 65,8 milioni di tonnellate (+7,5%), soprattutto per l’incremento delle rese. In Ucraina è prevista la conferma dell’andamento della campagna 2012-2013 che aveva segnato un aumento della superficie del 40% ed una produzione di 4,4 milioni di tonnellate.
L’orzo apriva la campagna mondiale 2013-2014 con stock di 23,4 milioni di tonnellate (-9,6%) che, considerando consumi pari a 132 milioni di tonnellate (-2,6% rispetto al livello della campagna 2012-2013), sarebbero stati in grado di garantire una copertura per 2,1 mesi. A livello Europa a 27, gli stock iniziali erano pari a 6,5 milioni di tonnellate (-13,3% rispetto alla campagna precedente) che, a fronte di consumi attesi per 48 milioni di tonnellate, garantivano una copertura di 1,6 mesi.
La produzione mondiale di orzo per la campagna 2013-2014 è stimata dall’IGC in 138 milioni di tonnellate (+6%, circa 8 milioni di tonnellate) rispetto alla campagna precedente. Il comparto si presenta alquanto stabile per stock, commercio e destinazioni d’uso, con un lieve incremento dell’incidenza della mangimistica. Nell’EU27 è prevista una lieve diminuzione delle superfici investite, da 12,4 a 12,2 milioni di ettari, con un corrispondente decremento della produzione che da 54,7 scenderebbe a 54,4 milioni di ettari, a causa delle non favorevoli condizioni climatiche.
E’ interessante notare come il 21 gennaio 2013 abbiano debuttato alla Borsa italiana di Piazza Affari i contratti future sul frumento duro. Il nuovo segmento di mercato, denominato Agrex, opera su lotti di grano duro da 50 tonnellate. I mesi di consegna sono marzo, maggio, settembre e dicembre con cinque scadenze previste per i contratti in negoziazione. La consegna fisica della merce è a Foggia e fa perno su un silos autorizzato con una capacità di 240.000 tonnellate. Banca Imi, Gruppo Casillo e Granite Negoce hanno assunto il ruolo di market maker, mentre tra i grandi acquirenti (operatori diretti ma non market maker) figurano anche Barilla e Divella.
KL-Cesec - Sequestrati ogmDurante l’analisi è emersa una notizia curiosa: alcuni ricercatori volevano stabilire se un certo tipo di mais ogm predisponesse a tumori o gravi malattie, ed i risultati sono stati chiarissimi: i ratti nutriti con questo tipo di mais, morivano tutti di cancro entro breve tempo. A fronte di tale constatazione la Russia avrebbe risposto  in modo netto ed immediato, decidendo di sospendere le importazioni di mais geneticamente modificato e creando così un grave disagio ad una nota multinazionale dell’agro-alimentare. Tuttavia la nota multinazionale ha risposto minimizzando i danni e dicendo che la Russia ha adottato questa strategia non tanto per tutelare la salute dei cittadini e dei consumatori, quanto per fare concorrenza in quanto la stessa Russia è esportatrice di cereali. La verità? Chissà dov’è…
Le tabelle ufficiali dimostrano peraltro che l’ambizioso risultato di cancellare gli Stati Uniti ed i loro ogm dalla lista dei fornitori sarebbe stato gloriosamente conquistato. Increduli, abbiamo interpellato autorevoli esperti del nostro interscambio agricolo, che ci hanno spiegato che a tutto il mondo del commercio è noto che i nostri fornitori maggiori, Moldavia, Ucraina, Bielorussia sarebbero, tuttora, paesi in cui ogni legge è poco più che una chimera. Essi stessi acquisterebbero sul mercato mondiale sementi di mais ogm vendendoceli certificati come non ogm. Per disposizioni superiori nessun laboratorio pubblico controllerebbe, all’arrivo, in provetta; la maggior parte del mais importato sarebbe quindi mais ogm da sementi americane, oltreuttto importato ad un costo superiore del 60% rispetto al prodotto USA. Se così fosse, questa sarebbe la strada migliore per annientare economicamente qualunque allevamento.
Come si vede non abbiamo riferito nomi perché, nonostante i nostri tentativi di approfondimento, non siamo riusciti a venire a capo di nulla: voci contrastanti, silenzi rigorosi quando non sdegnati e dati che si smentiscono a vicenda non ci hanno permesso di stabilire la veridicità di tali affermazioni. Pubblichiamo pertanto queste note semplicemente come indicatrici del caos e della disinformazione che presiedono ad un aspetto fondamentale dell’alimentazione umana. E, sinceramente, la nostra piccola esperienza ci ha fatto comprendere quanto, in tutto questo, i danni peggiori non siano causati da dolo bensì da disinformazione, posizioni arroccate, sentito dire, luoghi comuni, pressapochismo e dogmi.
E, giusto per dirla tutta una volta per tutte: gli ogm non sono quel mostro dalle sette teste a prescindere, come si vuol far credere… Ma per affrontare questo argomento come merita ci riserviamo una trattazione apposita.
In compenso, per la soia il quadro è estremamente cristallino, con buona pace dei nostri amici vegani: tracciarlo non impone di godere delle confidenze anonime di importatori e mangimisti. Importiamo 1,5 milioni di tonnellate di semi dai quali ricaviamo olio e farina zootecnica, e 2,1 milioni di tonnellate di farina, acquistando i primi essenzialmente dal Paraguay, e la seconda da Argentina e Brasile. Non ci risulta che tra il Rio delle Amazzoni e il Mar del Plata venga seminato ormai un solo campo di soia che non sia ogm. Siamo felicemente (quasi) certi che ogm non sia la farina ottenuta da soia coltivata in Italia, che però rappresenta solo un decimo del totale, collocato peraltro a prezzi astronomici.
Del resto, facendo un paragone con l’olio, già un decennio fa alcuni produttori liguri e toscani attenti all’ecosostenibilità ci confidavano di non poterlo vendere direttamente al consumo, eliminando quindi ogni passaggio intermedio, ad un prezzo inferiore a 7 euro al litro.
In conclusione, chi si occupa di coltivazioni di nicchia biodinamiche e naturali è considerato, nel mondo della logica dei numeri, poco più che un hobbista. Ma a noi non interessa il Pil, bensì la decrescita felice, che non è un ossimoro come lo sviluppo sostenibile…

Malleus

L’arte breve del fiammifero da cucina

Ovvero della conseguente attività meditativa et di consapevolezza insita nella preparazione di una sigaretta…
ManoscrittoSarà una domanda esiziale… ma me la sono posta più volte. Inquina di più il fiammifero o l’accendino?
Se utilizzassi i fiammiferi dovrei tenere in considerazione le notevoli quantità di legno impiegate per produrli, nonché il materiale costituito dalla capocchia infiammabile, prevalentemente zolfo, che rilascia gas tossici alla combustione. Inoltre vi è la scatola realizzata con carta.
Se l’accendino è usa e getta il gas che contiene non è metano, pertanto bruciando inquina rilasciando nell’atmosfera gas tossici; una volta esaurito il liquido interno rimane da smaltire  l’involucro realizzato in plastica non biodegradabile, metallo e pietra focaia.
Se l’accendino è ricaricabile il corpo è riutilizzabile ma si presenterebbe comunque il problema della bomboletta della ricarica: che sia gas o benzina origina in ogni caso vapori inquinanti.
Ricostruire tutte le conseguenze della produzione dei fiammiferi o degli accendini è, per me, praticamente impossibile ma, da qualche tempo e pur nella consapevolezza che l’accendino vince la gara in termini di comodità, ho scelto il fiammifero da un punto di vista morale, di inquinamento e, perché no? anche ritualistico e spettacolare…
Ritualistico e spettacolare? Certamente. Sono passato dalle sigarette al tabacco perché la sigaretta ha una componente di gesto compulsivo non controllato. Quante volte, per esempio mentre siamo al telefono, accendiamo una sigaretta e, poiché dobbiamo cercare una cosa o prendere appunti, la lasciamo consumare nel posacenere?TabaccoFumare tabacco presuppone manualità, ritualità e consapevolezza. Non solo devi essere dotato di tabacco, cartine, filtrini e, ovviamente, mezzi di accensione, ma in non pochi casi devi preparare il tabacco umidificandolo e, nel mio caso, anche aromatizzandolo: d’estate con bucce di limone, d’inverno con bucce d’arancia alle quali aggiungo talvolta una presa di cacao amaro in polvere o un goccio di brandy.
E poi ti devi preparare la sigaretta. Io non sono di quelli che se ne preparano il quantitativo necessario al fabbisogno giornaliero: tanto vale fumare le sigarette.
Per me fumare è un piacere, e preparare la sigaretta un rito. Devo fare solo quello, è una sorta di hic et nunc meditativo. Apro il sacchetto che contiene i filtrini e ne estraggo uno che tengo delicatamente stretto tra le labbra, ripongo il sacchetto e prendo la busta del tabacco, estraggo la cartina, estraggo una presa di tabacco e la dispongo nella cartina e, da ultimo, infilo il filtrino, rollata, leccata e via.
Non voglio sembrare esagerato ma prepararsi una sigaretta è un esercizio di consapevolezza e centratura, significa essere nel momento presente. Non vado oltre: ci abbiamo stati capiti…
Non da ultimo e ripensandoci, quando fumavo sigarette accadeva che un pacchetto non bastasse per l’intera giornata mentre con il tabacco fumo molto di meno. Per esempio se sto camminando non mi fermo per rollarmi una sigaretta, se sono al telefono non metto il mio interlocutore in viva voce per avere le mani libere… Il tabacco possiede infine una caratteristica dispettosa: sembra che ce ne sia ancora e invece improvvisamente, puff! finito. Quante volte è accaduto alla sera! e poiché il tabacco non è presente nei distributori automatici – ai quali comunque non mi rivolgo a prescindere perché non vedo la ragione di far sapere al Grande Fratello Stronzo attraverso l’inserimento del mio codice fiscale i miei gusti in materia di prodotti da fumo – non mi metto di certo in cerca del tabaccaio aperto di notte, mi rifiuto perché mi fa sentire un tossico.
Tornando a comburenti e combustibili, è pur vero che per produrre il fiammifero si usa il legno, ma se paragono i millenni occorrenti per degradare una accendino di plastica… e poi il fiammifero viene prevalentemente realizzato con gli sfridi di lavorazione di legno dolce non pregiato, cioè con legno destinato ad essere buttato o riciclato.
In realtà sto pensando ad un’alternativa: no, non a smettere di fumare, a quello non ci penso proprio… alla pietra focaia. Fa molto Corto Maltese… perché no?
E, al prossimo giro, potrei anche decidere di scrivere dello spritz o dell’arte biberatica…

Immobilità urbana

Le statistiche più aggiornate individuano in 1,25 il coefficiente di occupazione urbana degli autoveicoli privati. Ciò significa che ogni auto circolante in città trasporta mediamente 1,25 persone, ovvero poco più rispetto al solo conducente. Per trasportare 250 persone occorrono 200 auto.
Sono ben note le conseguenze in termini di congestione del traffico, inquinamento e rumore. A queste devono essere aggiunti fattori sui quali non si pone la necessaria attenzione: per esempio l’erosione del manto stradale – il cui rifacimento rappresenta un costo per la collettività – a sua volta foriera di particelle rilasciate nell’atmosfera, aggregate con residui condensati (i fumi dei tubi di scarico) ed oleosi.
E tutto questo senza trascurare ciò che può essere monetizzato solo indirettamente: incremento dell’aggressività, incazzature da parcheggio, pericoli ed infortuni ad automobilisti e pedoni.
L’utilizzo di auto a trazione elettrica, ivi compresa la sua eventuale connotazione in car-sharing, può modificare notevolmente gli aspetti legati alle emissioni ed al rumore, ma non gli altri trattandosi pur sempre dell’uso di un mezzo di trasporto privato. Anzi, l’assenza di rumore potrebbe paradossalmente incrementare gli incidenti che coinvolgono pedoni.
L’impianto viario delle nostre città è inoltre di impronta medioevale, ed a nulla sono valsi i tentativi di creare assi di scorrimento e tangenziali urbane, il cui unico esito è stato quello di incrementare esponenzialmente l’afflusso veicolare realizzando veri e propri mostri cementizi. Pensiamo solo al progetto milanese di creare nell’immediato dopoguerra un’arteria centrale di scorrimento da Porta Vittoria a Porta Magenta sfruttando gli spazi creati dai bombardamenti aerei, lungo quello che oggi è l’asse Forlanini-Corsica-XXII Marzo-Vittoria-Larga-Albricci. Fortunatamente il progetto non si è concluso perché diversamente sarebbe stata sbancata una parte consisstente della città medioevale e romana: il tracciato avrebbe dovuto proseguire attraversando via Torino ed incunearsi lungo l’attuale corso Magenta. Addio al Circo e alle Terme, per dirne solo una, oltre che a piazza Borromeo ed a quel reticolo di atmosfere costituito dalle vie Morigi, Nerino, Santa Marta, San Maurilio. E chissà,  forse anche alla Stretta Bagnera
E’ il concetto ad essere sbagliato, ma questo si sa ormai da tempo anche se per pigrizia ed altro si fa poco o nulla, salvo lamentarsi che la benzina costa un patrimonio… Ma le auto, non dimentichiamolo, non vanno solo a benzina, gasolio o gpl, oggi rispettivamente a €/l 1,729, 1,656 e 0,888 secondo le tabelle ministeriali. Le auto vanno a tasse, assicurazioni, ammortamento del capitale, manutenzione periodica e straordinaria, imprevisti, pedaggi e contravvenzioni. E incidenti, con i loro costi sanitari e sociali che gravano sulla collettività.Sede Viaria 200 AutoOggi ho voluto togliermi uno sfizio, immaginando quanto spazio occupano le 200 vetture necessarie secondo le statistiche per trasportare le 250 persone indicate.
Visto che il coefficiente è 1,25 ho tralasciato Mercedes, Bmw ed altre auto ingombranti, interpretando liberamente, per il mio figurino, una Smart: larga 1.510 mm e lunga 2.700 può trasportare 2 persone: non è quindi eccessiva ma costituisce, in termini di spazio occupato al suolo e della sua proiezione visiva planimetrica, il minimo indispensabile. Ne ho allineate 200 in 20 file da 10 unità ciascuna, in una sede stradale ricavata elaborando unìimmagine aerea di corso Buenos Aires. Lo confesso, ho barato: la carreggiata di quest’arteria è larga 28 metri, io l’ho ristretta a 20. Però ho barato anche allineando le vetture come tanti soldatini e fingendo che corso Buenos sia un’arteria a senso unico: un artificio resosi necessario per motivi legati alla lunghezza dell’immagine.
Il risultato è quello che si vede nell’immagine 1, dove le auto occupano l’intero corso nel tratto piazzale Oberdan – viale Tunisia mentre, se avessi rispettato le proporzioni ed il doppio senso di marcia, sarei arrivato almeno in piazzale Lima, vale a dire che bastano 200 smart ad occupare mezzo corso Buenos Aires.
A questo punto mi son chiesto che cosa accadrebbe se le 250 persone prendessero l’autobus. Presto fatto: un bus urbano da 12 metri, ho preso come riferimento il Citaro Mercedes, uno dei più diffusi in Italia, può accogliere nella sua configurazione standard 70 persone, di cui 30 sedute. Bene, 250/70= 3,57 autobus. Poiché preferivo un numero intero ho deciso di affollare un po’ gli autobus, tenendo presente che la percorrenza media urbana di un passeggero non dura oltre i 14′, quindi il disagio dell’affollamento e dello stare in piedi è solo limitato. Ho ottenuto un 83,3 per 3 autobus che, considerando la capienza dichiarata di 70, non è poi così disastroso come affollamento.
Se dovessi calcolare veramente questo dato funzionalmente alla progettazione di una linea di trasporto dovrei: o aumentare le vetture incrementando le frequenze o incrementare la capienza delle vetture ricorrendo a mezzi articolati da 18 metri. Nel primo caso potrei anche ricorrere a veicoli di minore capienza, nel secondo, per non far viaggiare le vetture semivuote, i passaggi non potranno essere molto frequenti.
In ogni caso il risultato, poiché sto parlando solo di occupazione dello spazio, è quello illustrato nell’immagine 2.Sede Viaria 3 BusA questo punto ho voluto esagerare: e se li facessi viaggiare in tram? Ho considerato il Sirio prodotto da AnsaldoBreda – ormai diventato il tram standard italiano, oltre che esportato in Svezia, in Grecia ed in Turchia per citare solo alcuni paesi – nella sua versione da 26,45 metri di lunghezza e capace di ospitare 202 passeggeri. Se volessi farli viaggiare più comodi potrei utilizzare il modello lungo 35,35 metri, che può accogliere 285 persone 71 delle quali sedute.SirioIl risultato è: 1 vettura. E in termini di spazio occupato al suolo, raffontato con quello occupato a parità di lughezza dall’autobus, a sua volta raffontato con quello occupato dalle auto, lo si vede nell’immagine 3.Sede Viaria 1 TramHo voluto concludere provando ad immaginare come avrebbe potuto presentarsi corso Buenos Aires senza il traffico veicolare privato. Non ho cercato una foto che raffigurasse un ingorgo natalizio, non avrebbe avuto senso. Ho scelto la foto di un’ora di morbida, con i suoi bravi suv in sosta vietata, i taxi al parcheggio e nemmeno un filo d’erba, così com’è effettivamente il corso. L’ho elaborata senza lavorarci troppo di precisione ma così, giusto per curiosità: il risultato è quello dell’immagine 4.Sede Viaria FronteCosa ho voluto dimostrare con questo scritto? Sostanzialmente nulla, perché altrimenti avrei dovuto cercare riferimenti più precisi e ricorrere a dati sul traffico e sulle sue conseguenze (Comune di Milano, Atm, tassisti, Asl e ospedali…) però ritengo interessante il risultato. Che in ogni caso fa riflettere e può costituire lo spunto per un lavoro più approfondito.

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Contro la fame… a Natale 440mila tonnellate di cibo nella spazzatura

2013 anno europeo contro lo spreco alimentare? Certo, infatti tra natale e capodanno solo in Italia 440mila tonnellate di cibo sono finite nella spazzatura. Evviva.KL-Cesec - Presepe spazzaturaSecondo i dati diffusi da Food We Want, campagna contro lo spreco alimentare promossa dall’Istituto Oikos, le famiglie italiane hanno buttato letteralmente nell’immondizia l’equivalente di 50 euro per un totale di 1,32 miliardi di euro. In pratica, acquistiamo una quantità eccessiva di alimenti che non mangiamo e che poi buttiamo via sotto forma di avanzi, nonostante trasmissioni televisive, libri, siti web trabocchino di consigli e trucchi contro gli sprechi e per spendere bene il denaro, iniziative per aiutare chi ha più bisogno. Ma paradossalmente, specialmente se si pensa alla crisi economica con la quale da anni ci troviamo a convivere, invertire questa tendenza sembra tutt’altro che semplice. La realtà è che, nonostante le esortazioni ad assumere stili di vita ecosostenibili, attenti al portafogli ed al rispetto per il pianeta, continuiamo ad acquistare molto più di quanto consumiamo.
Il periodo natalizio…
… è quello in cui si spreca di più rispetto al resto dell’anno, e non consumare il cibo gettandolo nei rifiuti significa, oltretutto, sprecare risorse naturali sempre più preziose: pensiamo soltanto che per produrre un chilo di carne bovina servono 15mila litri d’acqua, per non parlare di quanti potrebbero beneficiare di quel cibo – un terzo di quello prodotto nel mondo viene perduto – degli 870 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame.
Ma non di solo cibo…
… In pattumiera finiscono anche migliaia di tonnellate di carta, plastica, vetro ed ogni sorta di materiali. Neanche a dirlo, specialmente durante le appena trascorse festività gli imballaggi hanno fatto la parte del leone: nastri, pacchi e fiocchi, lustrini e nastrini che si sono aggiunti a vecchi elettrodomestici, eliminati per far posto a quelli nuovi, divani e persino porte e scaldabagni. Con buona pace dei luoghi appositamente realizzati per il conferimento dei rifiuti speciali.
Siamo un paese di ecocompatibilai, da noi si contano a migliaia i Rambo dell’antispecismo militante e le Anna Howard Shaw dell’antiqualcosa, ma fino a quando non ci tocca alzare il fondoschiena, caricare in macchina le nostre schifezze e conferirle al punto di raccolta, e persino i comuni di seimila abitanti ne possiedono uno: allora ci prende la tetraparesi…
Indulgo ad un breve ricordo personale…
… Abitavo da poco in uno dei punti più belli del Naviglio, in quegli anni non ancora diventato un luna-park. Dalle finestre di casa vedevo il ponte di via Corsico e, d’infilata, il Vicolo Lavandai. Magico, specialmente alla sera. Ma una notte di settembre mi svegliai… avevano fatto “l’asciutta”, vale a dire il prosciugamento del canale per la rituale pulizia. E fu così che il mio sguardo potè commuoversi alla vista di un televisore, una lavatrice, una bici e di quel che restava di un divano.
Secondo Legambiente…
… in Italia la quota di raccolta differenziata di rifiuti urbani è del 27,5 per cento (42% al Nord, 20% al Centro, 12% al Sud) e con un po’ di buona volontà i sacchetti di spazzatura indifferenziata che invadono le nostre città potrebbero diminuire insieme al fabbisogno di discariche.
Un recente sondaggio Ipsos-Comieco ha rivelato che otto italiani su dieci fanno regolarmente la raccolta differenziata, il problema però è che molti non la fanno nel modo corretto. I buoni propositi ci sono ma, se si sbaglia a dividere i materiali, risultano poco efficaci. Un caso tipico riguarda i sacchetti di plastica: spesso usati per trasportare carta e vetro fino ai contenitori condominiali o stradali, finiscono nel cassonetto insieme a loro. Altro errore comune riguarda le confezioni in cui si mescolano cartone, plastica e, a volte, parti metalliche. Ogni elemento dovrebbe essere separato dagli altri e buttato in contenitori diversi. Un esempio: la confezione di una banale lampadina (rifiuto speciale) è costituita da carta e platica termosaldata, che dovrebbero essere separate.KL-Cesec - Brontolo e PuffoA mio parere non servirà proprio a nulla…
… il decreto 205/2010 entrato in vigore proprio il giorno di natale, che commina maxisanzioni per chi abbandona rifiuti in strada o li butta in fiumi o mari elevando le multe sino a 3mila euro. Nessuna legge serve se non c’è la volontà interiore di rispettarla, in questo caso vale a dire la consapevolezza e la determinazione di non voler vivere in un letamaio.
La nuova legge, recependo la direttiva comunitaria 2008/98, si propone di creare, nell’ambito di una società europea del riciclaggio, il Pinpas, Piano nazionale di prevenzione dei rifiuti, il cui gruppo di lavoro si riunirà per la prima volta il prossimo 5 febbraio, che sarà dichiarato Giornata Nazionale contro lo Spreco Alimentare.
Alè, altro tavolo, altra commissione, altre chiacchiere… In casa nostra le celebrazioni non mancano mai, quando basterebbe invece soltanto un poco di buon senso e la consapevolezza che non esistiamo solo noi ma, si sa, fa più figo farsi vedere in piazza con cartelli, palloncini e sonagli per poi mandare la foto agli amici di Facebook.
Dai, prima di concludere…
… facciamo un ripasso delle regole da seguire per la raccolta differenziata; sono certo che sarà letto avidamente.
Carta
Qui vanno depositati carta, cartone, cartoncini, giornali, riviste, sacchetti, scatole, quaderni, libri e, in alcuni comuni, il tetrapak. Vanno nell’indifferenziata, invece, i tovaglioli e qualsiasi altro tipo di carta sporca o con residui di cibo. Occhio agli scontrini: sono carta chimica e devono finire, anche loro, nell’indifferenziata.
Plastica
E’ il posto per contenitori, pellicole, imballaggi, sacchetti della spesa, vaschette, flaconi, bottiglie e tappi. No a bicchieri, piatti e posate usa e getta. I pezzi voluminosi andrebbero schiacciati e i residui sempre eliminati.
Vetro
E’ la palestra dell’ardimento, a causa di tappi, etichette, corone. La raccolta del vetro varia da comune a comune. In alcuni si segue il metodo multimateriale con plastica e metalli, in altri il monomateriale talvolta con la distinzione tra vetro bianco e colorato. Si possono gettare bottiglie, bicchieri, barattoli, contenitori. Tutto, ovviamente, in vetro. No a specchi, lampadine, ceramiche e porcellana, che potrebbero andare nell’indifferenziata anche se sarebbe meglio portarle negli ecositi comunali.
Metallo
Acciaio, alluminio, barattoli, lattine, scatolette, tubetti, coperchi, tappi, bombolette, vaschette vengono spesso raccolti o con la plastica o con il vetro.
Elettrodomestici
A parte, sottoscala, vicoli più o meno bui, strade, piazze, parchi ed alvei dei fossi, vale a dire i luoghi dove questi rifiuti vengono oggi reperiti in maggior misura, le norme prevedono tre possibilità: portarli negli ecositi comunali, farli ritirare dal comune previo accordo telefonico, consegnarli al rivenditore al momento dell’acquisto di un modello equivalente.
Ed eccoci a pile, farmaci, lampadine
Non vanno buttati nell’indifferenziata ma, pile e farmaci, negli appositi contenitori in strada, nei supermercati o nelle farmacie. Le lampadine vanno invece portate negli ecositi o consegnate ai commercianti quando si acquista un’altra lampadina.
Giocattoli
Apoteosi del dopo natale… vanno nell’indifferenziata dopo aver tolto eventuali batterie.
Organico
Sorprendente: non tutti i comuni lo prevedono. Comprende avanzi di cibo, scarti alimentari, sacchetti biodegradabili, terriccio, legno non trattato, foglie e rifiuti simili, fondi di caffè e the (una menzione particolare per i sacchetti filtro: vanno separati dal contenuto).
Io odio la raccolta differenziata…
… afferma il Puffo brontolone nell’immagine a corredo di questo scritto, mentre il vecchio Brontolo alza sconsolato lo sguardo al cielo. Forte della sua esperienza di minatore e uomo dei boschi sa bene come evitare la raccolta differenziata: non buttando ma riciclando.
La raccolta differenziata è stata un’invenzione encomiabile ma ci siamo mai chiesti quanto risparmieremmo, in termini  di denaro, inquinamento, consumo del suolo e delle risorse se riciclassimo tutto ciò che può essere riutilizzato? No, forse no: non siamo ancora diventati abbastanza poveri per pensarci.

Malleus

L’idrometano per autotrazione riduce consumi ed emissioni

Consumi ridotti del 13% ed emissioni di anidride carbonica del 15% rispetto ai veicoli tradizionali. Questo l’esito della sperimentazione condotta a Ravenna utilizzando un autobus urbano alimentato a idrometano, miscela di idrogeno e metano.KL-Cesec - Ravenna Bus ibridoIl mezzo utilizzato è un Breda MenariniBus, con motore Mercedes modificato per l’alimentazione a idrometano, che da gennaio a settembre ha percorso mediamente 212 km giornalieri, per oltre 45.000 km complessivi trasportando oltre 10mila passeggeri.
I test hanno accertato che l’utilizzo dell’idrometano non ne ha alterato in alcun modo l’efficienza e che, sulla percorrenza di 45mila km, la riduzione del 15% delle emissioni di CO2 ha significato, in termini quantitativi, quasi 60 tonnellate in meno.
Al progetto, finalizzato a rendere più ecosostenibile la mobilità pubblica urbana, hanno concorso Regione Emilia-Romagna, il consorzio regionale Aster, Enea, il gruppo di ricerca Sol  e Start Romagna, azienda per il trasporto pubblico locale.
Il progetto, che ha avuto valore di apripista per gli aspetti tecnici e per la definizione procedurale relativa all’omologazione di un nuovo tipo di veicolo da utilizzare per il trasporto pubblico, può essere applicato, secondo quanto dichiarato da un esponente di Aster, ad una flotta di 10 mezzi spendendo complessivamente una cifra non superiore a 210-218 mila euro.