Ecosostenibilità dell’anima: la memoria è Donna

Quando noi italiani pensiamo alla pulizia etnica ci raffiguriamo normalmente i Balcani, l’Africa post-coloniale o, andando a ritroso nel tempo, gli Armeni, i Nativi Americani, i Catari.
Quasi mai arriviamo a considerare che anche la nostra Penisola fu teatro di simili efferatezze, eppure i Celti – o, per meglio dire, le tribù di matrice celtica – primi abitanti della Lombardia e fondatori di Milano, furono dapprima sterminati fisicamente dai Romani e, successivamente, la religione cristiana tentò in ogni modo di cancellare le tracce delle loro credenze religiose basate su una Natura Madre e su un intimo contatto con foreste, acqua, animali, montagne. Ma non vi riuscì: possiamo ancora ritrovare, vivissimi e presenti, i segni di quell’arcaico e arcadico modo di intendere la vita nella tradizione, nelle leggende, nei miti, nelle feste popolari, nelle filastrocche, e nelle testimonianze oggettive.CC 2016.07.04 Celti 001Per esempio, nel capoluogo lombardo, in quella stele con la famosa “scrofa mediolanuta” sognata da Belloveso e che originò il toponimo Mediolanum, peraltro conteso con i significati di località in mezzo alla pianura oppure luogo fra corsi d’acqua, stante la presenza dell’Olona, del Lambro e del Seveso. Si tratta di uno dei bassorilievi più antichi mai rinvenuti nella Regione, che tuttora campeggia al posto d’onore su uno degli edifici più importati del capoluogo, il Palazzo della Ragione di piazza Mercanti.CC 2016.07.04 Celti 002Dei Celti si sa ancora pochissimo perché come altri erano un popolo che non affidava alla scrittura la propria memoria, ma nel corso degli anni scolastici 2009-2010 e 2010-2011 vennero attuati onorevoli tentativi, in programmi didattici per le scuole elementari e medie, per insegnare l’acquisizione di un metodo atto a riconoscere ciò che dei Celti è rimasto insegnando a bambini e ragazzi ad osservare ciò che li circonda con occhi nuovi, a censire le tradizioni popolari locali alla scoperta delle matrici celtiche e, al termine del corso, organizzando una festa con tanto di falò propiziatori.
Come in tutte le comunità arcaiche anche in quella celtica le donne occupavano un posto di rilievo nell’economia della tribù e del villaggio: furono le prime contadine, preparavano il cibo, curavano i malati, determinavano i tempi della festa e del piacere, della vita e della morte, amministravano il rapporto con gli spiriti, prevedevano il futuro e interpretavano le voci dell’aldilà. Sappiamo bene come tale cultura venne ad un certo punto demonizzata e distrutta da Chiesa e Stato: in tal senso la caccia alle streghe fu la prima “soluzione finale” della storia europea.
Ma anche in questo caso non tutto il loro sapere è andato perduto, anche se certe capacità e conoscenze sopravvivono ancora oggi, alcune rivalutate pubblicamente, altre in maniera sotterranea.CC 2016.07.04 Celti 003Ritroviamo la figura dell’Herbaria già nella cultura Romana, e non ancora con valenza completamente negativa: è storicamente provato come i primi orti non servissero per nutrire bensì per guarire, e furono proprio le donne a realizzarli; e ancora le donne provvidero a curarli ed a renderli esteticamente gradevoli, non solo per il piacere dello sguardo ma anche per l’energia che emana da ciò che costituisce una gioia per l’anima e uno sfogo di creatività.
Il corso sopra menzionato si occupò ache di tale aspetto: nella cornice del Parco Nord furono realizzate alcune aule verdi nelle quali vennero attuate delle sperimentazioni basate sull’antico uso delle erbe officinali, creando nel contempo spazi dedicati ai colori dei fiori, ed in special modo ad alcuni di essi,i che da sempre la tradizione assegna  all’uso rituale sacralizzato.
Il corso non trascurò di far conoscere, mediante audiovisivi ed altri supporti, la storia della stregoneria in Europa, il censimento delle tradizioni popolari locali e la ricognizione degli orti esistenti, coinvolgendo inoltre nelle lezioni sull’uso delle erbe e degli orti donne che se ne occupavano.

Alberto C. Steiner