La ricetta contro lo spopolamento dei piccoli borghi? La banda larga. Parola di Legambiente.

Un recentissimo dossier di Legambiente lo definisce disagio insediativo riferendosi a quelli che stanno sempre più diventando comuni fantasma: 2.430 secondo le stime dell’associazione ambientalista, piccoli borghi dove un cittadino su 7 è andato via e ci sono due anziani per ogni giovane, una casa su tre vuota.Castello TorrechiaraPer corroborare la propria tesi che, almeno per quanto ci riguarda, è la scoperta dell’acqua calda, Legambiente infarcisce la relazione con dati numerici che, oltre a renderla leggibile con difficoltà (ma a ciò contribuiscono anche l’assoluta mancanza di scorrevolezza del testo e l’utilizzo di una lingua che assomiglia soltanto all’italiano) spesso fuori contesto e che si contraddicono fra loro. Eccone un esempio: «Due anziani per ogni giovane, una casa su tre vuota, 36 abitanti per ogni chilometro quadrato, un ragazzo su sette che è scappato altrove: ecco perché rischiano di sparire, letteralmente, 2.430 Comuni italiani. Piccoli o piccolissimi borghi, spesso incantevoli, che soffrono di forte disagio demografico ed economico. Pur avendo bellezze e caratteristiche uniche che potrebbero renderli attraenti dal punto di vista turistico, infatti, mancano di servizi, e così l’ospitalità ricettiva è cresciuta appena del 21% negli ultimi 25 anni, passando da 1,12 milioni di posti letto a 1,36. Per capirci, mentre le presenze turistiche aumentavano del 15% in questi piccoli centri, in città arrivavano al 35%. Anche la popolazione straniera, pur cresciuta negli ultimi 15 anni, è rimasta inferiore del 22,1% rispetto alla media nazionale. Dato ribadito dal deficit di imprese straniere, pari a -25.6%. È come dire che l’attrattività economica e le opportunità lavorative sono mediamente inferiori.»KL Cesec CV 2014.03.12 Agriturismi 001Afferma Legambiente che mentre le città del triangolo industriale (nostra osservazione: che non esiste più da decenni), del Nord-Est (ancora nostra osservazione: dove i miracoli sono finiti da tempo), della Pianura Padana e di alcune aree marchigiane, toscane e campane crescevano consolidando la propria identità e trascinando anche i paesini dell’hinterland, il 30% dei comuni italiani, concentrati nelle aree interne dell’Appennino e del Sud – in particolare Campania, Puglia e Sicilia – nell’ultimo quarto di secolo restava al palo.
Con redditi bassi, tassi di disoccupazione alti non solo per i ragazzi tra i 20 e i 30 anni, ma anche per i 30-54enni, e una riduzione impressionante dei giovani: gli ultra 65enni in questi paesini sono aumentati dell’83% rispetto ai giovani fino a 14 anni. Se i cittadini italiani crescevano del 7%, nei piccolissimi borghi i residenti diminuivano del 6,3%, con 675 mila abitanti in meno.
Questione di condizioni ambientali? si chiede Legambiente. Non sempre, si risponde, perché se è vero che la montagna soffre, ma non dappertutto, ci sono centinaia di piccoli comuni a disagio in collina e pianura, segno che «più che le condizioni altimetriche sono le condizioni di collegamento e innervatura delle reti a governare lo sviluppo». Eccola qui la chiave di lettura: l’innervatura delle reti. Ci torneremo fra poco.KL Cesec CV 2014.03.16 Agrinido 001Come evitare che questi comuni diventino paesi fantasma? E pronta, l’associazione ambientaiola, fornisce la risposta:
Anzitutto sfruttando le opportunità residenziali, perché «Se solo un quarto delle 500 mila abitazioni non utilizzate lo fossero, potremmo addirittura ospitare fino a 1,5 milioni di nuovi cittadini, e se solo un quarto dei posti letto fossero utilizzati secondo le medie urbane, il turismo creerebbe benessere diffuso: 123 milioni di presenze ogni anno, un fatturato di quasi 10 milioni di euro con oltre 300 mila nuovi posti di lavoro».
Perfetto, e ci siamo costruiti un’identità disneyana di santi, navigatori, ristoratori, barman e camerieri.
E conseguentemente valorizzando l’agricoltura: «Se solo un quarto delle superfici agricole abbandonate negli ultimi 20 anni fosse riutilizzato, potremmo avere oltre 125mila nuove aziende agricole, con una media di 12 ettari ognuna» vale a dire 1.500.000 ettari complessivi, vale a dire 15.000 km2, insomma un po’ più della Calabria (15.221,90) e un po’ meno del Lazio (17.232,29). Non male, considerando che l’intera superficie italiana è pari a 302.072,84 km2.
E tutto questo grazie alle nuove forze di giovani laboriosi e capaci, «che scelgano di andare o tornare a vivere in posti molto più salutari, genuini, belli e semplici, potendo nello stesso tempo svolgere il proprio lavoro da casa, grazie a reti internet veloci e smartworking.» Insomma, parliamoci chiaro, qui non servono bamboccioni.
Ma occhio all’incongruenza, sostanziata da quel: svolgere il lavoro da casa grazie a reti internet veloci e smartworking. Spiegateci, cari ambientazionalisti: ma questi giovani vanno a recuperare le terre abbandonate per svolgervi attività agricola o cosa? E se svolgono attività agricola è ovvio che “lavorano da casa”, come è altrettanto ovvio che una rete internet veloce fa comodo ma non è un imprescindibile strumento per pacciamare, spollonare, mungere capre o voltare fieno. E la campagna è proprio il posto meno adatto per pensare ad uno “smart”working. C’è il working, e basta e avanza.CC 2016.06.09 Smartworking 001Ed ecco che Legambiente tira fuori la soluzione, corroborata da una proposta di legge a cura del piddino Ermete Realacci, attualmente in discussione alle Commissioni riunite Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici e Bilancio della Camera. Dichiara il parlamentare: «L’intenzione è di approvare questa proposta di legge per andare presto in Aula; è una legge su cui con Legambiente lavoriamo da tempo anche con la campagna Voler Bene all’Italia.»
Tra le misure principali del provvedimento la diffusione della banda larga e misure di sostegno per l’artigianato digitale (lo vogliamo vedere l’artigianato digitale: i bit fatti a mano uno per uno con materiali ecocompatibili, magari da portatori di disagio sociale? Chissà…).
Naturalmente il disegno di legge parla anche di semplificazione per il recupero dei centri storici in abbandono o a rischio spopolamento, al fine di convertirli “anche” in alberghi diffusi (attenzione: “anche”); di interventi di manutenzione del territorio con priorità alla tutela dell’ambiente; di messa in sicurezza di strade e scuole e interventi di efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico, nonché di acquisizione e riqualificazione di terreni e edifici in abbandono.
Bene, evviva. E il recupero del territorio, e l’agricoltura rinata grazie ai giovani operosi? Boh…
Il nostro sospetto è che, come suol dirsi, alla fine della fiera i piccoli borghi montani e collinari potranno in primo luogo beneficiare della banda larga a spese pubbliche. E che la riqualificazione ecosostenibile del territorio passi attraverso opere di cantieristica: case, strade, edifici pubblici, alberghi diffusi presumibilmente affidati a carrozzoni cooperativi e che, vedendo ben pochi clienti, dovranno prima o poi essere sostenuti da interventi di finanza pubblica.
Che ve lo diciamo a fare: se Legambiente non esistesse bisognerebbe inventarla.

Alberto C. Steiner

Abbiamo fatto il danno: scoperto il cugino maggiore della Terra

Il telescopio spaziale Kepler della Nasa ha individuato un pianeta situato a 1.400 anni luce dalla Terra e che pare condivida molte delle sue caratteristiche, salvo avere un diametro più grande del 60 per cento. Anche la stella attorno a cui orbita, situata alla medesima distanza con cui la Terra si muove intorno al Sole, ha caratteristiche simili alla nostra stella, pur essendo del 10 per cento più grande e brillante e più vecchia di 1,5 miliardi di anni.Cesec-CondiVivere 2015.07.23 Kepler 542b 001Lo ha annunciato la divisione scientifica della Nasa in una conferenza stampa definendolo il pianeta il più simile alla Terra finora osservato.
Chiamato Kepler 452b, che è come dire il 452 barrato, sarebbe proprio un pianeta fratello, cugino, gemello da colonizzare. Evviva, anzi no: siamo rovinati.
Già immagino concioni, sermoni e dibattiti: “Grandi possibilità di esplorare questo pianeta a soli 1.400 anni luce da noi!” mentre Salvini, come al solito, metterà le mani avanti: “Si, ma aiutiamoli a casa loro.”
Aspettiamoci la crescita esponenziale di movimenti e sette di ogni specie e sottospecie il cui fine sarà quello di partire per fondare, sul nuovo corpo celeste, nuove civiltà eco bio bau veg niueig pissendlove: grado di difficoltà E, consigliati giacca a vento leggera e calzature da trekking, colazione al sacco, rtrovo alle ore 05:00 davanti alla chiesa di Santa Maria Nascente.
Non mancherà chi, seduto nell’immancabile posizione del Lotto – ma vanno bene anche Conciliazione, Cordusio e Villa San Giovanni: in fondo si tratta di traghettare – alzerà la manina porgendo il palmo per accogliere la Luce astrale mentre altri saranno finalmente certi che colà sostarono i Pleiadiani prima di giungere a noi. I potentissimi telescopi nasali avrebbero infatti individuato  le tracce di quello che sembra un campo base, con iscrizioni attestanti senso di protezione, prosperità, nutrimento ed in particolare una, che raffigurerebbe inequivocabilmente due mammelle puntate verso il cielo a significare apertura di Bellezza verso una Nuova Visione.Cesec-CondiVivere 2015.07.23 Kepler 452b 002Non mancheranno, infine, coloro che si suicideranno in massa convinti di assurgere a nuova vita sul Pianeta dell’Amore Universale: ciao ciao, ma passate prima dal nostro notaio.
La questione seria è un’altra, credo: abbiamo finalmente l’opportunità di colonizzare e impestare un nuovo mondo. Perché mai affannarci a salvaguardare questa vecchia Terra ormai asfittica?

ACS

Sharing economy: una pericolosa “alternativa”.

A fronte di 90mila italiani che affittano per brevi periodi la propria casa evitando così di essere costretti a saltare le rate del mutuo, duemila Bed & Breakfast accetterebbero di essere pagati con un baratto senza presentare il conto agli ospiti.
E se centinaia di migliaia di persone abbattono le spese di viaggio del 75% caricando in auto passeggeri che non conoscono, sette milioni di persone nel mondo dormono gratuitamente in casa d’altri al posto di pagare un albergo. Numerosissime famiglie tedesche, invece di fare la spesa, consumano alimenti da altri ritenuti superflui,  risparmiando 400 euro mensili.Cesec-CondiVivere 2015.06.06 sharing economy pericolosa alternativa 001Ma non è finita: questi sono solo alcuni esempi della sharing economy, l’economia della condivisione che sta diventando il nuovo paradigma economico basato sullo scambio, sulla condivisione e sulla collaborazione che, secondo alcune stime, sembra valga almeno 110 miliardi di euro e sia in crescita del 25 per cento ogni anno.
È la tesi sostenuta da Gea Scancarello in Mi fido di te, libro edito da Chiarelettere che si definisce un viaggio nelle opportunità create dai nuovi network che offrono servizi legati all’economia collaborativa. Il tutto raccontato direttamente da chi ha provato house sharing, carpooling, social eating, foodsaving e via condividendo.
Concordo sul fatto che, nel pieno della crisi che attanaglia sistemi produttivi e consumatori, l’economia dello scambio contribuisca a ripensare il capitalismo in una logica redistributiva, nella quale i costi si trasformano in risorse e le persone possono riappropriarsi di occasioni economiche e sociali.
Ma, a parte il fatto che sarebbe stato bello leggere questo libro in italiano invece che infarcito di inutili anglicismi, in tutto devono esserci dei limiti. Primi fra tutti la propria integrità, ovvero il proprio Spazio Sacro, e la consapevolezza che non tutto ciò che viene contrabbandato come alternativo è oro che luccica. Mi spiego: questo modello ci porta a diventare accattoni credendo di essere fuori dal coro, ci fa smarrire il senso del lavoro e della sua dignità, non ci fa alzare la mattina determinati a costruire perché qualcosa comunque accadrà.
Ovvero: non preoccupiamoci se il nostro diritto al lavoro verra’ gradualmente smantellato, del resto il lavoro è pena, costrizione e sfruttamento e, mettendo insieme un po’ di reddito di cittadinanza e un po’ di elemosina barattata in giro, dovremmo riuscire a sfangare la fine del mese.
E poi io, scusate, ma non mi fido di uno che non solo non so come guida, non so se e come sia assicurato e non so infine se nel portabagagli trasporti un quintale di fumo.
E se i gestori di B&B vogliono svilire la loro professionalità regalando il soggiorno in cambio… in cambio di che? Dormo due notti e gli ridipingo le pareti? Ma figuriamoci, loro dimostrano di non valorizzare adeguatamente la risorsa imprenditoriale sulla quale hanno investito, e io in compenso so di non valere nulla come imbianchino.
Trovo che questo libro, al di là delle buone intenzioni, sia un inno al pressapochismo ed alla mancanza di professionalità ma, se decidiamo di vivere in una comune o in una setta di matrice orientaleggiante dove la condivisione è totale abbiamo fatto bingo. Peccato che gli hippies siano morti di vecchiaia e di stenti, tranne i più furbi che son diventati guru, e siano rimasti solo gli straccioni con la presunzione di insegnare agli altri come essere alternativi.
Oltretutto seguendo il percorso indicato nel libro si fa il gioco del potere più bieco, quello che oggi non è più neppure capitalista ma iperfinanziario, che vuole una massa di beoti non pensanti, amorfi, privi di iniziativa e massificati in ogni senso verso il basso come i negri (sissignori, ho scritto negri: consultare il Devoto-Oli) ridotti a vivere in attesa degli aiuti umanitari. L’iniziativa, signori, non consiste nello svegliarsi la mattina per andare a cercare la carità mascherata da new economy. Da delettare, libro e modello.

Lorenzo Pozzi

Montagna: giovani imprenditori, attenti ai nuovi camminanti!

Ancora oggi la montagna sa essere ostile come e forse più del mare: il suo territorio è un contesto complesso e pericoloso, non agevole quanto a comunicazioni specialmente durante l’inverno, duro da lavorare anche per l’impossibilità di utilizzare mezzi meccanici. In cambio di molta fatica la resa può essere scarsa. Il senso di isolamento, infine, ha fatto sì che nei decenni scorsi le montagne si spopolassero o, in alcune località, si trasformassero in isole per sport invernali che non solo nulla avevano a che fare con la cura del territorio, ma che contribuivano anzi a violentarlo: innumerevoli sono gli esempi di scempio condito da folclore, slavine, inquinamento, traffico, agenzie immobiliari, impianti di risalita e cannoni sparaneve devastanti.Cesec-CondiVivere 2015.03.13 Montagna 004Pur sapendo che il loro cammino sarà faticoso e che troveranno ostacoli di ogni tipo, molti giovani imprenditori stanno però tornando alla montagna, colpiti da quell’unicità che vi hanno saputo cogliere e dalla possibilità di dare vita ad un sogno.
Disillusi da una crisi economica che fa guardare di nuovo alla terra non tornano però semplicemente  all’agricoltura o all’allevamento ma inventano forme miste in cui turismo, valorizzazione e benessere costituendo alternative interessanti all’essere dei semplici coltivatori o allevatori. Giovani iperconnessi, consapevoli di quanto la comunicazione e la valorizzazione di prodotti e servizi siano dimensioni concrete quanto la natura che li circonda, avendo ben presente che il territorio montano costituisce il 43% della superficie nazionale.Cesec-CondiVivere 2015.03.13 Montagna 001Questi ragazzi sono spesso laureati in agraria, veterinaria, biotecnologie, economia, ingegneria, nessuno in filosofia o scienze politiche. Riconsiderano la montagna per dare avvio ad attività nel settore agro-ambientale sapendo che non sceglieranno un esilio nel quale gli unici clienti saranno i pochi sopravvissuti all’esodo urbano ma, consapevoli di strumenti e tecnologie che aiutano a costruire una storia intorno al prodotto, ne valorizzano l’origine per farlo conoscere oltre i confini del singolo paesino.
Oggi racconto le storie di alcuni di questi startupper pionieri che hanno saputo trasformare in valore ciò che è percepito come marginale .Cesec-CondiVivere 2015.03.13 Montagna 002Parto da quella che mi piace di più: Stefania Savardi, titolare, in una piccola fattoria nei pressi del lago di Iseo a Solto Collina, dell’azienda agricola L’Asino del Lago, specializzata nella produzione di cosmetici ipoallergenici a base di latte d’asina e erbe officinali. Interessante in questo caso il concetto di multifunzionalità dell’azienda, costruita intorno all’asineria e attiva non solo per la produzione alimentare e cosmetica ma anche come fattoria didattica e centro di pet-therapy. È importante sottolineare come in questo caso sia fondamentale acquisire competenze specifiche sia nell’ambito dell’allevamento che della coltivazione in territori collinari-montani, luoghi che spesso vedono una frammentazione dei pascoli e terreni. Quest’ultimo aspetto risulta di fatto vantaggioso perché la verticalità del contesto aiuta a sfruttare climi diversi per coltivazioni ed esigenze di pascolo diverse.
A seguire Valentino Bonomi: ritorna alla montagna, dove era nato e cresciuto vicino a Edolo, dopo aver studiato economia a Milano. Diventa uno dei primi laureati dell’Università della Montagna e prende in mano l’azienda agricola di famiglia, concentrandosi soprattutto sull’allevamento di capre che permettono una produzione di formaggi e derivati di qualità nel caseificio annesso. All’attività dell’agriturismo, si affianca anche quella di fattoria didattica e vendita diretta di formaggi, salumi e marmellate prodotte in loco.
E poi Marco Tacconi, fondatore di Terraxchange, iniziativa di riqualificazione di terreni incolti che, tramite una piattaforma di annunci online, mette in contatto proprietari e appassionati orticoltori con la voglia di far tornare queste friches (come le chiamerebbe l’architetto paesaggista Gilles Clement) di nuovo produttive. Si tratta di una riqualificazione funzionale ed estetica, destinata a ridare vita e forma a piccoli appezzamenti che prima producevano solo erbacce. Nella maggior parte di casi, il pagamento per la gestione del terreno avviene attraverso la concessione al proprietario di una parte dei prodotti coltivati.
Ed infine Andrea Campi, cuoco e imprenditore dell’Osteria al Dosso di Aprica, che ha messo in piedi la Snood Kitchen per unire le sue due passioni: snow, la neve, e food, il cibo. Ha trasformato un gatto delle nevi in una vera e propria cucina professionale mobile capace di funzionare in condizioni estreme, con il quale intercettare una fetta di mercato costituita da un target giovane, attento alla qualità ma anche al prezzo, che in orario di pranzo si trova sulle piste da sci e non certo al ristorante. Snood Kitchen li raggiunge sulle piste, proponendosi anche come punto di ritrovo e intrattenimento: oltre al cibo, mette a diposizione consolle per dj, hotspot wifi e punto di ricarica per i cellulari. E, considerando la scomodità di pagare in contanti in abbigliamento da sci, Andrea ha studiato un pratico pagamento tramite rfid-tag che permette di caricare del credito nel proprio chip, oltre a promozioni per i clienti più affezionati.
Punto di contatto tra queste 4 storie, i loro protagonisti. Tutti laureati dell’Università della Montagna, l’ateneo che offre corsi di laurea triennale in Valorizzazione e Tutela dell’Ambiente e del Territorio, unici in Italia per la specificità di strumenti e conoscenze che offre.Cesec-CondiVivere 2015.03.13 Montagna 005Ed ora il rovescio della medaglia, nell’ottica di quel medioevo prossimo venturo del quale non mi stancherò mai di parlare. Sono già centinaia, ed anch’essi fuggono dalla pazza folla per riconquistare una dimensione bucolica. In campagna però, forse perché in montagna fa troppo freddo. Sono quelli dei centri sociali. Mentre i montanari lavorano, hanno raccolto le loro avventure in un libro, che già dal titolo fa incazzare: Genuino e clandestino, edito dall’ineffabile ecochic Aam Terra Nuova, dove tengono a precisare che vi si narra della fuga in campagna di dieci famiglie in stile hippy per attuare la sfida dei nuovi contadini anarchici. Clandestino? Anarchici? Non hanno ancora capito che la terra non vuole politicanti, la terra, anzi Madre Terra, ti spacca la schiena.
Battaglia in difesa della terra e nascita di una rete che si batte per coltivare e distribuire prodotti sani al giusto prezzo, affermano. Duri e puri finché dura insieme impastano il pane, zappano, arano coltivi, seminano, curano viti e frutteti, governano animali lottando contro le leggi insensate che stravolgono la cultura della terra, contro la burocrazia. Conducendo battaglie importanti come quella per il prezzo sorgente perché il prodotto non possa essere rivenduto sul mercato a 20-30 volte quel che è stato pagato al contadino. I clandestini si sostengono tra loro con una rete di 21 siti di coordinamento locale e gruppi d’acquisto da Torino a Matera, da Vicenza a Napoli, passando per l’Emilia, le Marche, la campagna romana e l’Aspromonte calabro, fino alle pendici etnee. Iniziativa encomiabile, almeno nelle premesse, ma la prima domanda che sorge è: a che titolo occupano le terre che desiderano far rinascere? Le okkupano? Se le fanno assegnare da qualche carrozzone socialpolitico in qualche modo legato alla tetta del terzo settore?
No, chiariamo il concetto: chi non paga il costo del terreno, chi non sta pagando un mutuo, si mette in una posizione di vantaggio sleale nei confronti degli altri. Inutile poi farsi belli, equi e solidali!
Lo so, sarò limitato e politicamente scorretto ma, a mio avviso, i migliori difensori della terra e della montagna, anche sotto il profilo legislativo, rimangono quelli che la vivono attraverso la consapevolezza della tradizione e del lavoro, non i fighetti ecochic dell’orto urbano e della cascina cuccagna, o che per una volta hanno spollonato l’uliveta in un centro di meditazione.
Fra gli obiettivi di questa nuova comunità c’è quello di “costruire un movimento che metta assieme i lavoratori precari della città con i lavoratori precari della campagna”. A posto siamo.
Date le radici ben piantate nella cultura dei centri sociali non prescindono dall’impegno ambientalista e politico: “La storia e le realtà del movimento sono storie di resistenza contadina in nome della terra come bene comune” affermano, sforzandosi per creare mercati di vendita diretta, momenti di “scambio di saperi, sapori e informazione” conditi da sfide per “rivendicare il diritto alla sovranità alimentare, alla difesa della terra e dei territori”. Sfide? A proposito di sfide, vi siete portati la vanga o solo i libri che parlano della Boje?
Nessun portavoce, niente strutture gerarchiche, solo un manifesto di principi condivisi che punta a saldare un’alleanza tra i neo contadini anarchici e i consumatori, per evitare le trappole dell’agrobusiness e di una green economy, verde solo nella facciata. Una rete sociale e ambientale, dunque, che produce il cibo e l’etica del cibo di domani. Perché mangiare bene, sano e al prezzo giusto è la nuova battaglia da vincere. In difesa della terra.
Naturalmente la RIVE, Rete Ideologica Villaggi Ecomagici, ci ha messo lo zampino e il patrocinio.
Qualcuno ce la farà, ma temo fortemente che i numerosi falliti costituiranno l’embrione dei nuovi camminanti, ma ben più pericolosi dei loro antenati: una nuova società di predoni che non si limiterà a vagabondare di villaggio in villaggio vivendo di lavoretti, piccoli furti e carità.
Che nei centri sociali e nei vari collettivi universitari vi fossero centinaia di braccia rubate all’agricoltura era un fatto noto: vedo con piacere che l’agricoltura se ne sta riprendendo qualcuna… Mi auguro solo che vivano del proprio lavoro, felici e contenti. E senza pesare su Pantalone quando si renderanno conto che con natura e stagioni non puoi sovvertire le regole. La natura non è anarchica, per farla produrre ci vuole fatica attenendosi scrupolosamente alla realtà, e se non sapranno gestirla non potranno dar colpa alla polizia e ai suoi manganelli. Staremo a vedere fino a quanto durano e cosa produrranno, possibilmente senza incentivi gratuiti.Cesec-CondiVivere 2015.03.13 Montagna 003E che non si sognino, almeno dalle mie parti, di venire a predare. Sappiamo già come accoglierli.

Alberto Cazzoli Steiner

Sopravvivenza: ultima chiamata

Da oggi la nostra presenza sui social sarà meno assidua. È giunto il momento di occuparci concretamente delle realtà che sono sorte in questi ultimi anni sulla scorta di ciò che iniziammo a paventare, considerati quanto meno degli eccentrici, attraverso l’individuazione ed il recupero di aree boschive, di campagna o di montagna: terreni incolti e abbandonati che con pazienza, competenza e amore, e mettendo mano al portafogli senza aspettarci che nessuno lo facesse per noi abbiamo recuperato e reso vivibili.Cesec-CondiVivere-2014.10.07-Medioevo-prossimo-venturoIl tutto all’insegna di quel Medioevo prossimo venturo del quale da anni andiamo parlando. Ecco, quel medioevo ha bussato alla nostra porta. Ma non ha trovato impreparate numerose famiglie che hanno riconsiderato quanto possa essere piacevole e vantaggioso vivere in una comunità ristretta, autosufficiente ed in grado di difendersi.
Ai nostri bambini non insegniamo le danze sacre di Gurgieffo, non possiamo permettercelo, per ora. Insegniamo loro a tirare con l’arco: silenzioso, ecologico, letale. Specie se le punte delle frecce sono imbevute dei succhi di certe erbe delle quali anche le nostre montagne abbondano. Per cacciare e per difendersi.
A bambini e bambine insegniamo a governare le forze della Natura, con amore e rispetto e senza menate del tipo “la meditazione è di sinistra, l’esoterismo è di destra“. Noi siamo senza dio e senza santi, sovrastrutture o madonne: non servono quando si tratta di sopravvivere.
Con buona pace dei peace&love di orientaleggiante meditativa memoria: quell’edu-castrazione tendente all’annichilimento delle coscienze, all’osservare, a sviluppare “il femminile che è in noi“.
Abbiamo bisogno di guerrieri, ora. Un domani ne riparleremo. 90/10, abbiamo sempre affermato. Vale a dire per pochi, non per tutti.
Ultima chiamata…

ACS

EVA, un tripudio di profumi e colori dorati

Ottobre, nella Conca Aquilana, è il mese dello zafferano: uno strepitoso spettacolo di colori, odori, sapori, ed ora anche di saperi manuali attraverso il recupero della conoscenza che molti anziani hanno messo a disposizione.
Accade a EVA, l’Eco Villaggio Autocostruito dai cittadini di Pescomaggiore dopo il terremoto, stanchi di ascoltare chiacchiere ed aspettare aiuti che non arrivano. Con l’antichissima tecnica della terra cruda, del legno e della paglia che ci vede sostenitori hanno dato vita ad un esempio civico senza precedenti, utilizzando le risorse presenti sul territorio per autocostruirsi le abitazioni grazie alla loro buona volontà, ma anche a volontari che arrivano da altre parti d’Italia e d’Europa vivendo un’esperienza umana che cambierà loro per sempre la vita.Cesec-CondiVivere 2014.10.26 EVA Abruzzo 005Cesec-CondiVivere 2014.10.26 EVA Abruzzo 002Cesec-CondiVivere 2014.10.26 EVA Abruzzo 004Cesec-CondiVivere 2014.10.26 EVA Abruzzo 003Cesec-CondiVivere 2014.10.26 EVA Abruzzo 001Proponiamo qui una piccola galleria fotografica, tratta dalla pagina Facebook di EVA, come premessa ad un articolo che stiamo preparando avvalendoci anche delle conoscenze di Andrea Bertaglio, autore di Generazione decrescente edito da L’età dell’acquario, ed esperto che ha lavorato in Germania presso il Centre on Sustainable Consumption and Production, nato dalla collaborazione tra Wuppertal Institut für Klima, Umwelt, Energie e Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.

ACS

Chi sostiene la finanza sostenibile

Sfarfallano come foglie d’autunno gli inviti a partecipare alla kermesse della finanza sostenibile, che avrà luogo dal 4 al 12 novembre aprendosi a Roma e serpeggiando in varie lochescion itineranti per concludersi nella cornice di Palazzo Mezzanotte a Milano, sede della Borsa. Non male come epilogo per una finanza che vuole indossare il vestitino sostenibile…Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Io odio la finanza sostenibileQuest’anno non ci andrò. Abbiamo già dato, l’anno scorso. E le ragioni per cui non intendo fare da claque all’evento le scrissi nell’articolo intitolato Onoriamo il Lupo, per noi è un animale veramente Sacro. Soprattutto se parliamo di finanza, pubblicato il 7 novembre 2013 in questo Blog, al quale rimando chi volesse approfondire.
Rileggendolo l’ho trovato addirittura più attuale oggi rispetto ad un anno fa, e prima di passare oltre ne riprendo un breve periodo:
Abbiamo visto quello che dovevamo vedere, detto quello che dovevamo dire ma soprattutto annusato un odore che avremmo preferito non sentire.
Non ci sono piaciuti i toni paludati, saccenti, supponenti. Non ci sono piaciuti i sorrisi a 96 denti splendenti d’acciaio su tre file. Non ci è piaciuto il tono da accademici illuminati, tanto per cambiare da guru della finanza, questa volta eticobiobau.
Non siamo in grado di stabilire se e in quale misura siamo finanziariamente etici e sostenibili, secondo quelli che sono diventati i parametri ufficiali. Dei quali, sinceramente, non ci frega il classico beneamato cazzo perché sono artefatti, e possiamo dimostrarlo. Ma per quanto attiene al nostro piccolo mondo di Amélie dove ci piace vivere abbiamo ancora una volta dimostrato a noi stessi di avere gli attributi e di non essere in vendita. E nemmeno in fistfactoring o in fuckleasing.
Però di una cosa, che avevamo dapprima compreso o se preferite sentito, siamo certi: la finanza, quella vera, quella con i denti a sciabola, si è appropriata dell’ecosostenibilità, della sostenibilità e della solidarietà, con la complicità di coloro che preferiscono usare il termine collettivo al posto di pubblico e nelle retrovie stanno scaldando i motori delle loro Kooperativistiche und Onlusaistische Panzer Divisionen
Indossando il vestitino etico e solidale si sta preparando l’ennesimo atto sodomitico ai danni dei risparmiatori. Non stiamo farneticando: alcune cooperative edilizie che promettevano comunità residenziali in cohousing in autocostruzione lo hanno già dimostrato. Una per tutte: Alisei.
Abbiamo fatto ciò che era nostro dovere fare affinché non rimanessero margini di dubbio circa la supposta (appunto) eticità di una certa finanza e, pur nella limitata potenza della nostra voce, possiamo lanciare un monito: attenzione a chi, con retrostante pabulus politico, irretisce, seduce, indora pillole di ecosolidarietà finanziaria, perché vuole solo avere il controllo anche di quelle realtà, per portarvi l’acqua del proprio mulino fatto di drenaggio di denari pubblici, clientele, commissioni, carrozzoni, compagnie circensi, osservatòri e corte canterina varia.Cesec-Condivivere 2014.10.20 Squali della finanza sostenibileE veniamo all’oggi. Il forum è tecnicamente un’organizzazione non lucrativa la cui finalità è quella di promuovere una finanza etica. Desumendo dal sito si legge: Accanto alle questioni dell’etica della finanza, troviamo altri ambiti sicuramente rilevanti quando si tratti di istituzioni finanziarie e responsabilità verso altri soggetti. Come ad esempio la relazione tra attività finanziaria e sviluppo locale, lotta alla disoccupazione, integrazione degli immigrati, protezione dell’ambiente. Ecco quindi che l’esercizio dell’attività finanziaria è legato a filo doppio con il dibattito sullo sviluppo sostenibile. Un bel blabla di maniera che avremmo potuto leggere nel tema in classe di uno studente di ragioneria, e dal quale chi sa leggere può evincere una matrice sdegnosamente caritativa. Siamo rimasti alla raccolta dei tappini per aiutare i negretti
La compagine societaria, pardon sociale, del forum è così composta:Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Composizione societaria forum finanza sostenibileSoci sostenitori
ABI, Associazione Bancaria Italiana
Intesa San Paolo
Natixis
Petercam, Istitutional Asset Management
Vontobel,Private Banking
Soci Ordinari
ACRI, Associazioni di Fondazioni e di Casse di Risparmio SpA
Adiconsum
Allianz
ANASF, Associazione Nazionale Promotori Finanziari
ANIA, Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici
Assofondi Pensione
Assogestioni
Avanzi
Axa Investment Managers
Bloomberg
CDP, Carbon Disclosure Project
CGIL, Confederazione Generale Italiana Lavoratori
CISL, Confedeazione Italiana Sindacati Lavoratori
Cittadinanzattiva
Cometa fondo pensione
ECPI, Sense in Sustainability
EQUI, Private Equity
Etica Sgr SpA
FABI, Federazione Autonoma Bancari Italiani
Federcasse
Fondo Pensione Gruppo Intesa San Paolo
Generali Investment Europe
HDI Assicurazioni
Hines Italia
HSBC
ING Investment Management
Legambiente
MBS Consulting
Microfinanza
Morningstar
Pegaso Fondo Pensione
PensPlan Invest SG
RITMI, Rete Italiana Microfinanza
Societe Generale
Symphonia
Sodalitas
UBS, Unione Banche Svizzere
Unicredit
Unipol
Vigeo Italia
WWF Italia ONG Onlus

mentre il Consiglio di gestione è formato da:Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Struttura quote forum finanza sostenibilePresidente
Maurizio Agazzi – Fondo Cometa
Consiglieri
Chiara Mazzuoccolo – Vontobel
Franca Perin – Generali Investments Sgr
Gian Franco Giannini Guazzugli – ANASF
Anna Monticelli – Intesa Sanpaolo
Manuela Mazzoleni – Assogestioni
Salvatore Cardillo – Assofondipensione
Isabel Reuss – Allianz Global Investors
Angela Tanno – ABICesec-CondiVivere 2014.10.20 Gnomo nel boscoCurioso che nel Consiglio non compaiano esponenti di realtà non bancarie… Dietro il paravento dell’etico, del sostenibile e del sociale la finanza dei soliti noti porta avanti i propri interessi. Oggi il guadagno è nell’housing sociale, e allora piatto ricco mi ci ficco: “Per fare edilizia sociale non occorre essere filantropi, neppure costruttori, basta avere le spalle coperte“. Non l’ha detto uno qualsiasi bensì Giuseppe Guzzetti, classe 1934, banchiere, politico, avvocato ed uno degli uomini più influenti d’Italia. Presidente di Fondazione Cariplo dal 1997 e dal 2000 dell’Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio, si proprio quell’ACRI che siede fra i soci del Forum, azionista forte di Intesa San Paolo, presente tra i soci sostenitori del Forum.
Cito dall’interessante Il business del futuro? L’housing sociale, pubblicato dal sito matteo-equilibrio1.blogspot.it ed al quale rimando per approfondimenti: Presidente della Regione Lombardia dal 1979 al 1987, incarna il dominus del governo occulto delle banche e degli intrecci con il potere politico. Lo aveva capito Tremonti, che tentò di porre rimedio al suo strapotere mettendo in dubbio il regime privatistico delle fondazioni. Fu la Corte Costituzionale a stabilire che le fondazioni sono persone giuridiche private dotate di piena autonomia statutaria e gestionale. In quell’occasione gli corse in soccorso anche Gustavo Zagrebelsky, Presidente emerito della Corte Costituzionale, che siede in diversi organi della fondazione Cariplo.
Ad onta dell’aggettivo sociale il nuovo housing è un affare per pochi: banche, fondazioni bancarie e l’immancabile Legacoop con annessi, clientes e connessi.
Se l’edilizia da sempre rappresenta business, quella sociale lo è all’ennesima potenza, e non poteva essere che la Lombardia a tenerla a battesimo, nel 2004, quando vide la luce il progetto sperimentale di autocostruzione assistita gestito da Alisei Ong-Innosense Consulting.
Risultato: nel 2006 fu posata a Pieve Emanuele la prima pietra del cantiere, che si trova in stato di abbandono dal 2011 mentre 24 famiglie che si sono giocate risparmi, energie, tempo e fiducia attendono ancora una abitazione.
Alisei ed i suoi sodali e manutengoli hanno seminato più cadaveri dell’Ebola: a Cologno Monzese, Vimercate, Brugherio, Besana Brianza, Ravenna per citare solo le prime località che mi vengono in mente.
Del resto non dico nulla di strano, artefatto o ingiurioso: basta scorrere internet per trovare riferimenti a iosa. E dire che per non dilungarmi non ho parlato dei Social Bond

Alberto C. Steiner

Vieni a vivere con me?

Sembra che presto, unitamente al defibrillatore, tra la strumentazione salvavita delle unità mobili di rianimazione troverà posto una pulsantiera da ascensore.
Nelle intenzioni del legislatore dovrebbe essere di ausilio negli stati di choc conseguenti ad attacchi di panico: avete presente quegli orribili minuti che si dilatano nell’immensità verticale tra il pianterreno ed il settimo di un qualsiasi condominio in forzata compagnia del vicino che, ne siete certi, ha votato contro la rastrelliera per le biciclette a favore dell’impianto di videosorveglianza? Oppure quel greve silenzio riempito solo da un borbottato buongiorno mentre l’occhio, anziché sorridere alla vicina, è inchiodato sulle modanature satinate che rinserrano lo specchio o, per l’appunto, sulla pulsantiera?
A me non accade, in primo luogo perché dove abito l’ascensore non c’è ed inoltre perché attacco bottone con chiunque, nelle situazioni più impensate. Ma posso comprendere.
La sindrome dell’ascensore, quindi. Che la pulsione alla sperimentazione di nuove forme abitative nasca proprio da lì?
Come per i sacchetti di plastica, nulla si crea e nulla si distrugge… in questa era postmoderna l’idea di vivere in comune torna ad occupare il panorama sociale. Tutto però si trasforma: dimenticati gli echi rivoluzionari e venute a noia le seduzioni dell’amore libero, la nostra anima è oggi tutta per emozioni suscitate da termini quali solidarietà, ecosostenibilità, integrazione assistita, decrescita felice.
La neo tendenza (c’è sempre un neo, da qualche parte…) a coabitare ha da qualche anno accelerato la propria curva di crescita: perché più che a una casa aspiriamo ad un ecosistema, perché siamo cuori verdi bio, perché siamo cuori grandi e la famiglia non ci basta, perché siamo cuori allegri e stare da soli… uff che noia.
Evviva le neocomuni quindi ma, come faceva dire il Manzoni al cancelliere Ferrer, si puedes y con juicio e facendo ricorso all’iniziativa privata, senza aspettarsi che la manna cada dal cielo, senza associarsi, consociarsi o avvilupparsi a qualche carrozzone politico che promette, illude per tornaconto, non fa crescere ed alla fine si rivela come il carro di Mangiafuoco: luccicante di lumi ma pronto a trasformare tutti in ciuchi.
I fatti lo dimostrano: le 26 iniziative censite a fine 2012 risultano essere oltre 200 alla fine dello scorso mese di settembre, ma molte di queste non sono associate alla RIVE, non compaiono sui social, non si aspettano che nessuno assegni loro alcunché. Individuano una cascina o un gruppo di case in un borgo abbandonato, studiano la fattibilità dell’intervento, mettono mano al portafogli, contraggono un mutuo e partono con la cantieristica affidandosi all’autocostruzione integrata dall’aiuto di professionalità specifiche, in particolare per quanto riguarda la statica, l’ambito energetico e gli aspetti tecnico-finanziari.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 005Ed anche il fattore tempo è dalla parte dell’iniziativa privata: tre anni costituiscono la durata media del periodo che va dall’idea alla consegna degli immobili, mentre nell’ambito dell’ortodossia ecosocialsostenibile non è raro trovare gente che dopo un decennio non ha ancora deciso che nome darsi.
Non è la prima volta che lo scrivo: molti hanno iniziato a comprendere che la consapevolezza passa anche dal mollare quelle sovrastrutture denominate ideologie e nel guardare alla concretezza. Per crescere insieme dopo che ciascuno ha iniziato a crescere da solo, lasciando perdere utopie, sogni, fantasie fuori contesto o di dubbia realizzazione e rivendicando ciascuno, pur in un ambito solidale, le proprie autonomie ed i propri spazi.
Soprattutto rifuggendo da quella modalità che vorrebbe annientare l’individualismo mettendo tutto in comune, soprattutto il denaro riconoscendo di fatto solamente la paghetta mensile anche a chi opera esternamente all’ecovillaggio e porta alla casa comune lo stipendio. Obbligato a sottostare ad una decisione collettiva che suona come un processo pubblico anche qualora trattasi di acquistare un minipimer per casa propria.
Questa vera e propria logica della setta (sicuramente più vantaggiosa rispetto a quella dell’Opus Dei: qui si parla di mancette variabili da 50 a 200 Euro mensili, ai nipotini di Josemaría Escrivá ne spetterebbero solo 30) permea molte vicende, ed è quella propugnata da certi aggregati portati ad esempio da quella specie di bibbia dell’ecovillaggista che è Ecovillaggi e cohousing, dove sono, come farne parte. Fortunatamente ha fatto il suo tempo, riscuotendo ormai credito solo presso alcune fasce di militante marginalità attanagliata dal male di vivere.
Questo scritto costituisce l’ideale seguito di Ecovillaggi, la rivoluzione silenziosa pubblicato in questo stesso Blog il 13 ottobre scorso.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 002Tra le motivazioni che portano a voler vivere in cohousing, e più ancora in ecovillaggio, non vi è solo il desiderio di una vita più ecosostenibile orientata verso un paradigma differente, una maggiore coerenza con una visione realmente ecologica ed olistica dell’esistenza. Autoproduzione, economia condivisa nello scambio ed attraverso il mutuo sostegno, consumo consapevole ed attenzione all’alimentazione nel rispetto delle diversità per chi vuol essere onnivoro, vegetariano, vegano, uno stile di vita naturale ed essenziale sono tutte nobili motivazioni, ma nascono da ben altre e più profonde, vale a dire da un vero e proprio processo di cambiamento interiore.
Detto in altri termini: nascono quando si diventa Consapevoli, Risvegliati, Guerrieri.
Decidere di vivere in un cohousing o o in un ecovillaggio non significa semplicemente metter su casa nel verde, ma ricercare primariamente un’armonia interiore attraverso un percorso di risveglio che coinvolge i piani psicologico, energetico, emotivo, relazionale, pratico ed economico legati ai concetti di sostentamento e sopravvivenza.
Tanto è vero che non ci si arriva improvvisamente, bensì attraverso un graduale percorso di crescita i cui primi segnali sono costituiti dal senso di smarrimento, frustrazione, sofferenza per come l’essere umano sia capace di condizionare se stesso distruggendo e danneggiando gravemente la Natura. Condizionamenti, menzogne, assuefazione alla violenza, egocentrismo che vengono sentiti come obsoleti e distruttivi.
Rabbia e frustrazione portano a cercare informazioni valicando quei canali ufficiali che mantengono le persone nel senso di inferiorità, di asservimento a bisogni indotti, di impotenza e paura.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 003Ad alcuni prende l’illusione di denunciare e controinformare, salvo scoprire che anche nell’attivismo socio-politico apparentemente più genuino si nascondono truffe e truffatori. Ad altri non par vero di aderire a gruppi, movimenti, associazioni che accogliendo amorevolmente propugnano l’ecosostenibilità, salvo scoprire che sono delle sette, e che esistono funzionalmente a una casa editrice, un marchio, una catena di ditribuzione o tutte queste cose insieme, oltre che per aprire tavoli ed organizzare convegni fruendo di fondi pubblici drenati da quel sistema che tanto denigrano.
Chi sfugge a tali ennesime sovrastrutture, illusorie bandiere di un conformismo dell’anticonformismo, inizia a pensare non già a come fare per cambiare il vecchio, bensì a come dare alimento al nuovo. Il vecchio, non più nutrito,  morirà per inedia…
Inizia quindi a ricercare soluzioni reali per sè e per la propria famiglia, più o meno allargata ad amici e conoscenti sintonici con quel modo di sentire e pensare.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 001Da soli o in gruppo si va a vedere questo o quel villaggio abbandonato, ed intanto tempo e situazioni contribuiscono a scremare chi vive l’esperienza come socializzante gita in campagna od occasione per l’ennesimo imbonitorio blabla. E si passa ad una fase di profonda introspezione mettendo in discussione se stessi e le proprie scelte, non guardando più all’esterno accusando e giudicando. E parafrasando la storica frase pronunciata da John Kennedy il 20 gennaio 1961: Non chiedete che cosa il vostro paese può fare per voi, ma cosa voi potete fare per il vostro paese, si inizia a domandarsi cosa realmente sia possibile fare per se stessi.
Partendo quindi dal sé, per sè e per i propri cari e non più per un evanescente collettivo, si cessa di sentirsi una marionetta, una vittima lamentosa, iniziando ad ascoltarsi per seguire concretamente ciò che si desidera, ad essere per primi quel cambiamento che si desidera per il mondo.
Abitudine, comodità, resistenza al cambiamento, paura del giudizio, timore di non farcela o di ripercussioni da parte del sistema, depressione, fissazione su pensieri di fallimento, ansia dell’incertezza sul futuro scompaiono insieme con la desuetudine ad affidarsi al proprio intuito, alla scarsa stima di sé, ai condizionamenti religiosi, culturali e familiari passivamente subiti per secoli.Cesec-CondiVivere 2014.10.20 Ecovillaggio 004Ci si rende conto di essere Cocreatori della realtà e non si ha più voglia di perder tempo attendendo che la maggioranza si decida. E nemmeno di interagire con essa, nella finalmente maturata consapevolezza che c’è chi è nato per essere libero e chi per essere schiavo e che tutto dipende dal singolo, un singolo che si è fatto la propria rivoluzione armonizzando le parti in conflitto per agire verso un radicale cambiamento della realtà esterna generando armonia intorno a sé, senza più proiettare all’esterno tensioni interiori o timori.
E si arriva così alla creazione del nuovo, scoprendo che anche nel quotidiano ancora urbano si tende a frequentare persone che vedono l’essere umano come Anima incarnata connessa con il Tutto, attratte dall’idea di coltivare orti e frutteti, di affondare le mani nella Terra con la consapevolezza che può contribuire a fornire il sostentamento necessario nella connessione profonda con gli elementi naturali, ma soprattutto con il proprio Centro. E si arriva così all’autoproduzione, magari iniziando dal terrazzo o dal giardino di casa, al mutuo sostegno, alla creazione di reti di scambio di prodotti, tecnologie, lavoro, competenze e risorse. Scoprendo infine che è possibile vivere, e vivere bene, risparmiando drasticamente sui costi della vita e, diventando sempre più indifferenti ai prodotti delle multinazionali, costituire una società parlallela ecosostenibile e alternativa. Ma soprattutto creattiva.

Alberto C. Steiner

Ecovillaggi, la rivoluzione silenziosa

Cresce in Italia la voglia di cohousing e di ecovillaggio.
E molti sono sommersi, nel senso che non si pubblicizzano sui social, non aderiscono alla Rete Italiana Villaggi Ecortodossi. I loro promotori non ne hanno bisogno, specialmente da quando hanno provato a partecipare a corsi che avrebbero dovuto spiegare cose concrete e si sono ritrovati tra scambi reiki e danze sacre di Gurdjieff, fra gente che non aveva la più pallida cognizione del lavoro se non inteso come sfruttamento, e che a furia di cerchi di condivisione passava più tempo seduta in terra a cianciare che sui ponteggi. Tra filosofi piuttosto che fra ingegneri e carpentieri.Cesec-CondiVivere 2014.10.13 Ecovillaggio 002I nuovi cohousing ed ecovillaggi nascono da gruppi di amici che decidono di fare insieme una scelta senza cappellini ideologici in testa o sponsor dall’ecopedegree. Senza tante chiacchiere né aspettarsi che qualcuno assegni o conceda loro alcunché si guardano attorno, scelgono un appezzamento o un villaggio abbandonato, mettono mano al portafogli e comprano, sputandosi sulle mani ed impugnando la vanga o la mazzetta, e lavorando, ristrutturando.Cesec-CondiVivere 2014.10.13 Ecovillaggi 001Nel frattempo continuando a fare chi l’idraulico, chi l’avvocato, chi la cassiera, chi la mamma e via enumerando.
Tempo medio tre anni, mentre nell’ambito dell’ortodossia ecosocialsostenibile non è raro trovare gente che dopo un decennio non ha ancora deciso che nome darsi.
Finalmente molti hanno iniziato a comprendere che la consapevolezza passa anche di qui: nel mollare quelle sovrastrutture denominate ideologie e nel guardare alla concretezza. Uomini e Donne del Fare, per crescere insieme, ma solo dopo che ciascuno ha iniziato a crescere da solo.Cesec-CondiVivere 2014.10.13 Ecovillaggi 003E’ così che nascono e si sviluppano le motivazioni che conducono al desiderio di una vita più ecosostenibile, naturale ed essenziale, alla voglia di una scelta di vita orientata verso un paradigma differente, una visione realmente ecologica ed olistica dell’esistenza. Autoproduzione, economia condivisa nello scambio e mutuo sostegno, consumo consapevole ed attenzione all’alimentazione nel rispetto delle diversità: chi vuol essere onnivoro, chi vegetariano, chi vegano.
E che questa nuova visione sia vincente la dimostrano i numeri: alla fine del 2012 i progetti di ecovillaggio avviati e visibili erano 26, a settembre di quest’anno sono oltre 200.

ACS

Consapevolmente autosufficienti: vivere in piccoli borghi ci salverà dal Medioevo prossimo venturo.

Inizio citando Nietzsche: “Non vuoi oggi salire su un alto monte? L’aria è pura e puoi scorgere più mondo che mai”.
Attraverso lo sfaldamento delle identità locali e dei sentimenti nazionali parrebbe che l’Unione Europea stia attuando una strategia mirata a costituire una Paneuropa feudale propugnando simboliche eurocentriche: Euro, bandiera, passaporto, Inno alla gioia eletto ad inno europeo, passaporto e Stati artificiali.
Taluni sostengono come tale processo sia iniziato nel 1990 con la disintegrazione della ex-Yugoslavia e che sia tuttora evidente in Belgio, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna  e persino in Italia attraverso l’ascesa dei partiti autonomisti.
A me tutto questo, detto molto semplicemente, non interessa.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 FioreDa quando sono salito sulla cima del monte iniziando a respirare aria pulita, a camminare più lentamente – perché in montagna bisogna prestare attenzione alle asperità del terreno – ed a vivere di ciò che mi è necessario e mi fa stare bene, ho compreso quante siano le sovrastrutture che ammorbano l’esistenza umana. Tra queste l’eccessiva attenzione al giudizio, alle vicende politiche, al timore di complotti, all’identificarci in ciò che facciamo piuttosto che in ciò che siamo, cadendo nel tranello di individuare nel diverso, chiunque esso sia, un nemico per crederci migliori esorcizzando così le nostre paure più o meno ancestrali, ma soprattutto quella di non piacerci, di non accettarci, di essere abbandonati da soli di notte nella foresta. Questa è spazzatura, creata non da un Grande Vecchio ma dal basso per il basso.
Secondo me non vanno mai dimenticate le battute scambiate nel film Guardie e ladri tra Aldo Fabrizi, brigadiere dei Carabinieri, e Totò, ladro, durante un inseguimento a piedi:

Fabrizi: Fermati altrimenti ti sparo!
Totò: Non puoi … puoi sparare solo per legittima difesa: io non offendo.
Fabrizi: E allora sparo in aria a scopo intimidatorio!
Totò: E io non mi intimido.

Ecco… E’ anche per tale ragione che ho scelto di rivoltarmi come un calzino per seguire la mia Visione piuttosto che lasciarmi condizionare dai metodi di asservimento delle masse, dalle scie chimiche, dai vari deliri d’impotenza e dall’anestesia del lamento.
Limitandomi all’aspetto professionale, questo percorso mi ha portato a credere nella realizzazione di villaggi ecosostenibili e comunità coresidenziali, nel ridare vita a borghi e territori abbandonati: campo ugualmente, anzi meglio di prima perché incontro desideri, sogni, sorrisi e vibrazioni sintoniche con la mia Energia.
Diventare consapevoli, o risvegliati per usare un termine oggi tanto trendy, significa altresì essere coscienti che il peace&love ed il politicamente corretto ad ogni costo sono merce d’accatto, buona per ottundere le coscienze ed impedire che qualcuno osi alzare la testa dal trogolo. Ma soprattutto che non siamo tutti uguali: c’è chi dorme o è morto, credendo però di essere sveglio e vivo e, in difetto di drastici cambiamenti che devono promanare dall’interno, non potrà in un futuro più o meno prossimo che ingrossare le schiere di quella che sarà un’imponente massa vagante alla deriva, mossa ormai solo da pulsioni primordiali. Tra queste la ricerca del cibo.

Si vis pacem…
Desidero citare un vecchio libro, Il Medioevo prossimo venturo scritto da Roberto Vacca, che nel 1970 ipotizzò un’improvvisa regressione della civiltà umana, dovuta al blocco tecnologico e all’esplosione demografica, tali da costringere l’umanità a ritornare a forme di vita e di lotta simili a quelle medioevali.
Curiosamente, nel 1989 uscì un libro dal titolo identico, che lessi e che mi colpì molto: autore uno statunitense sul quale non sono riuscito a recuperare notizie, sembra quasi che non sia mai esistito…Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Medioevo prossimo venturoLa tesi sostenuta è che a causa del depauperamento dissennato delle risorse non rinnovabili in tempi compatibili con l’esistenza umana – in ragione dell’utilizzo massiccio che le tecnologie ne avrebbero richiesto – nonché della deforestazione e dell’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, la terra non avrebbe più potuto sfamare i suoi abitanti nonostante, anzi proprio in conseguenza, del massiccio ricorso agli organismi geneticamente modificati poiché avrebbero reso definitivamente sterili molte specie ed improduttivo il suolo.
Le risorse alimentari si sarebbero vieppiù ridotte, diventando privilegio di pochi, le città si sarebbero trasformate in bolge infernali sempre più pericolose e sempre meno vivibili, e le campagne sarebbero state percorse da vere e proprie bande di predoni decisi ad assalire chiunque possedesse cibo, di qualunque natura esso fosse. All’occorrenza anche umana.
L’umanità avrebbe dovuto fare i conti con una delle più ataviche fra le paure: la fame.
L’autore ipotizzava inoltre due fenomeni che si stanno puntualmente verificando: lo scioglimento progressivo dei ghiacciai e l’innalzamento del livello degli oceani, rendendo inabitabili non solo città costiere, ma anche insediamenti lontani dal mare sino ad altitudini non trascurabili: per quanto riguarda l’Italia, secondo tale previsione non solo città come Genova, Napoli, Palermo e Venezia avrebbero cessato di esistere, ma anche Firenze, Milano, Pavia, Rovigo. La sicurezza avrebbe potuto essere conseguita a partire dai 400 metri di altitudine.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Venezia sommersaA quel punto gli esseri umani avrebbero avuto un’unica possibilità di sopravvivenza: riunirsi in piccoli insediamenti autosufficienti sotto il profilo energetico ed alimentare, sfruttando le risorse del territorio ed acquisendo la capacità di difendersi da eventuali attacchi.
Libro profetico, tranne che per i tempi ipotizzati: le prime avvisaglie sono già presenti in tutta la loro evidenza.
Come salvare noi, le nostre famiglie, la nostra serenità da tutto questo? La risposta esiste. Si chiama condivisione, cohousing, rispetto del territorio, utilizzo selettivo e responsabile delle risorse. Non fra trenta, cinquanta o cento anni ma ORA. Perché oggi siamo di fronte ad un’opportunità irripetibile: quella di crescere interiormente rivedendo la scala dei bisogni reali e presunti, mentre la decrescita alla quale volenti o nolenti siamo costretti può contribuire a riqualificare i rapporti tra le persone.
Oggi esiste anche una possibilità, che non so se ed in quale misura potrà presentarsi domani: scegliersi serenamente e con tranquillità fra simili per decidere chi avere come vicini, come coabitanti del nostro futuro ecovillaggio.
Tutto questo non potrà, a mio avviso, prescindere da una chiave, non solo di lettura: quel piccoli insediamenti autosufficienti di cui ho scritto sopra. Autosufficienti e, piaccia o meno, in grado di difendersi. Credo che questa sorta di neofeudalesimo, per certi aspetti somigliante ad un neomonachesimo, probabilmente non avrà più i caratteri che abbiamo studiato sui libri di storia; magari sarà un Federalesimo o un Consorzianesimo, insomma un’alleanza fra borghi, villaggi, territori, comprensori. Ma soprattutto fra Persone che avranno scelto l’autodeterminazione, grazie alla profonda consapevolezza ed alla capacità di sentire con il cuore di quelli che immagino saranno gli abitanti dei borghi sorti dal recupero di insediamenti abbandonati.
Essi terranno certamente in alta considerazione la cultura dell’accoglienza del viandante ma, mi permetto di suggerire, senza dimenticare le parole di Cromwell: “Abbiate fiducia in Dio e nel prossimo, ma tenete asciutte le polveri”.

Alberto C. Steiner

Solo catastrofismo?
Non saprei dire se Madre Terra sia irritata, per non dir di peggio, da tutte le nefandezze che stiamo combinando ma di certo sta cambiando faccia: la crosta terrestre si sta muovendo sotto i nostri piedi e in varie parti del mondo si stanno aprendo nel suolo fenditure lunghe chilometri e larghe decine di metri.
Le placche terrestri sono uscite da un’era di relativo stallo geologico e si stanno spostando abbastanza rapidamente, una inevitabile trasformazione che stiamo vivendo e che ha già causato devastanti terremoti.
Più in particolare i movimenti della placca Indo-Australiana stanno provocando l’affondamento di Bangladesh, Pakistan e di gran parte dell’Indonesia; conseguentemente, la placca Pacifica si sta spostando verso ovest ed il Sud America sta iniziando a propria volta a migrare verso occidente: lo dimostrano le fenditure nella crosta terrestre osservate in Cile, Bolivia, Perù.
Il Nord America spingerà sulle placche di Cocos, di Nazca e su quella Caraibica, determinando terremoti, eruzioni vulcaniche e tsunami in tutto il Centro America; uno di proporzioni devastanti è previsto che avvenga nella regione della New Madrid Fault Line e se ciò accadrà, oltre a svilupparsi uno tsunami che si espanderà verso l’Europa,  si verificherà anche lo spostamento della placca Africana verso sud e verso ovest, con relative conseguenze nel bacino Mediterraneo.Cesec-CondiVivere 2014.10.07 Italia innalzamento acquePropongo un link interessante: http://quakes.globalincidentmap.com/ e questa cartina, che rappresenta l’Italia allorché il livello del mare si sarà innalzato di circa 60 metri, come previsto in seguito ad uno tsunami europeo.
Ma, giusto per stare tranquilli, è inoltre previsto che il livello delle acque marine si elevi di ulteriori 200 metri nell’arco dei due anni successivi. ACS